FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 53
settembre/dicembre 2019

Immersioni

 

KENIA CANO, UN ANIMALE PER GLI OCCHI

di Alessio Brandolini



Un animale per gli occhi [Un animal para los ojos, Ediciones Monte Carmelo] della messicana Kenia Cano (1972) è stato pubblicato nel 2016 (con una prima versione uscita nel 2013 con lo stesso editore). Nei libri precedenti dell’autrice è costante la presenza degli animali, fin dai titoli (Oración de pájaros, 2005, Autorretrato con animales, 2013), presenza che in questo lavoro diventa fondamentale, anche qui fin dal titolo e poi nella citazione tratta da una poesia della sua connazionale Elsa Cross messa in esergo: “Non c’è luogo dove guardi e non ci siano / i tuoi occhi di cervo che mi aspettano”. E il primo verso che apre il libro detta: “Lei ha un cervo bianco negli occhi”. Un racconto in versi, fiabesco, la raffigurazione di un’insolita caccia che prevede escursioni in luoghi domestici e verso la profondità, nei ricordi e nella propria vita intima e privata, tra materne montagne, brughiere e i bisonti.

Qualcosa di misterioso aleggia in queste pagine che si affianca via via a una inquietudine di fondo, a una immersione nella leggenda, nel misticismo (si citano Teresa d’Ávila e Ildegarda de Bingen) che si fa energia spirituale e creativa, dove la poesia (la preghiera) è un bene più prezioso dell’oro. Dalle immagini, dal ritmo e dai colori della più vivida fantasia sgorgano visioni che allarmano o inebriano fino all’estasi e nulla arresta la luce che si avverte sulla fronte, né il colore che dissolve la paura. Non una poesia visionaria dove regna il caos ma di immagini fantastiche e sensuali immerse in una natura suggestiva e rischiosa, in un paesaggio quasi medievale. Scene ricorrenti piene di animali talvolta sconosciuti, reali o immaginari che siano ma sempre e comunque “animali per gli occhi”, ovvero per nutrirsene con la vista e poi con tutto il corpo. Con al centro sempre il cervo, animale così simbolico da trasformarsi in una figura sacra e l’incertezza del viaggio, il dubbio e la paura come motore, come elemento attivo, non paralizzante e tra i versi vibra spesso la domanda: qual è il desiderio più profondo?

La scrittura di Kenia Cano tende a dilatarsi e, talvolta, anche a dilaniarsi per coinvolgere/stravolgere il lettore. Un espandersi di forme e colori che sembrano voler fuggire dalla pagina per poi fondare uno scenario del tutto nuovo, originale dove l’antico si mescola al moderno, la fiaba alla Storia e alla realtà del proprio Paese.
Se le forme a volte si sfaldano il disegno resta sempre terso, elaborato con destrezza, sebbene velato da una bruma arcaica, leggendaria e il corpo che osserva partecipe si dilata per farsi “pianura aperta” dove gli animali possano correre a proprio piacimento. Una libertà assoluta che sembra opporsi alla “casa in fiamme”, al presentimento della morte o all’animale che all’improvviso e d’istinto azzanna un corpo che poi, ferito, mostra nudità e sofferenza, come in un dipinto di Lucian Freud, il pittore che voleva che i suoi quadri fossero carne viva e qui citato nella prima poesia del libro. Più avanti si parla di altri pittori: Mirò, Balthus…

Kenia Cano è anche pittrice e questo nelle sue poesie si sente (si vede): i versi sono spesso lunghi, il testo poetico si avviluppa, suggerisce forme e colori, tratteggia sogni alla Chagall e non mancano riferimenti a episodi biblici e al mondo dell’infanzia ma all’improvviso appaiono animali dalla pelle umana o di cui non si sa nulla e si resta all’erta circondati da sguardi che sono parole, frasi, da “morsi scintillanti di Dio”, da bisonti enormi, da dubbi assillanti che incidono nomi e disegni sulla lavagna della notte. In Un animale per gli occhi ci si imbatte in una densità d’immagini stratificata che può mettere in difficoltà a una prima lettura ma lo spessore del linguaggio poetico di Kenia Cano affascina e innesca il desiderio di tenere a lungo lo sguardo dentro il giardino delle sue visioni con i suoi strani e mitici animali, di immergersi ancor più in profondità nel paesaggio sorprendente e autentico della sua poesia.




POESIE DI KENIA CANO
da Un animal para los ojos
Messico 2013, 2^ edizione 2016


*

UN CIERVO CON PIEL HUMANA SE PASEA POR MI JARDÍN
Anda pausado sobre la punta de sus patas.
No hace ruido, no espanta a nadie.
Quizá lleve órganos femeninos, vientre, trompas de Falopio.
Ovarios plenos de luz.


*

UN CERVO CON PELLE UMANA VAGA NEL MIO GIARDINO
Cammina lentamente sulla punta delle sue zampe.
Non fa rumore, non spaventa nessuno.
Forse ha organi femminili, ventre, tube di Falloppio.
Ovaie piene di luce.


*

TU CUERPO VACÍO ME INTERROGA.
Ese contorno alerta,
el hecho de estar siempre sorprendido.
Si no es el hueco que deja la inquietud,
la incertidumbre de pie:

¿Cuál es tu tamaño necesario?

Contesta desde tu muda cueva.
Por favor contesta voluntad,
indícame el camino
bajo el entramado callado de la madera
donde se esconde el insecto nocturno.


*

IL TUO CORPO VUOTO MI INTERROGA.
Questo profilo è in allerta,
il fatto di essere sempre sorpreso.
Se non è il vuoto che lascia l’inquietudine,
l’incertezza in piedi:

Qual è la tua giusta grandezza?

Rispondi dalla tua muta caverna.
Per favore fatti sentire,
mostrami il percorso
sotto la trama silenziosa del legno
dove si nasconde l’insetto notturno.


*

CUANDO DUDO APARECES.
Con un silbido cotidiano confirmas que sí:
Somos desde el austero salón de clases,
desde los patios terregosos,
bajo la lejana ceiba,
desde la olorosa carpintería
donde tus hijos tallan formas abiertas.

Cuando dudo apareces,
ocupas el cuerpo de otros seres
que también invitan al vacío.


*

QUANDO HO DEI DUBBI TI FAI VEDERE.
Con un fischio quotidiano confermi che sì:
Veniamo dall’austero salone,
dai patii zollosi,
sotto la lontana ceiba,
dalla profumata falegnameria
dove i tuoi figli intagliano forme aperte.

Quando ho dei dubbi ti fai vedere,
occupi il corpo di altri esseri
che ugualmente invitano al vuoto.


EL CIERVO QUE BUSCA EL CIELO

cada vez que olisquea en la hierba
levanta las varas para ver el brillo de algún insecto,
la luz que aún no penetra la semilla.

Espera a que llueva
para que en la gota que no rompe enseguida
vea el sol.

Verlo así, cerca de los hombres,
no lastima sus ojos.


IL CERVO CHE CERCA IL CIELO

ogni volta che annusa tra l’erba
innalza le sue corna per vedere il bagliore di qualche insetto,
la luce che non penetra ancora il seme.

Attende che piova
affinché nella goccia che non si frantuma all’istante
veda il sole.

Vederlo così, vicino agli uomini,
non ferisce i suoi occhi.


*

Mis ojos han sido tomados por los del bisonte del bosque.
Andarán ahora sobre un páramo real.
Aprendo a decir con tu peso generoso.
Este corpulento animal me presta su mirada.
Hoy parece que entendemos bien esta comunión.
Su criatura y la mía son la misma.
¿Crees que debemos anunciar algo?


*

I miei occhi sono stati presi dal bisonte della foresta.
Ora cammineranno in una brughiera reale.
Imparo a dirlo col tuo generoso peso.
Questo corpulento animale mi presta il suo sguardo.
Oggi sembra che comprendiamo bene questa comunione.
La sua creatura e la mia sono uguali.
Pensi che dovremmo fare un annuncio?


*

La duda es un elemento activo
pero no hay que ceder ante lo Incierto.
Aún estás sin duda junto a mí, en la paz,
bajo el manto del grave bosque.
La maternal montaña te tiene aún entre sus fuertes brazos
como a una hija.

Medita en el rostro amado.


*

Il dubbio è un elemento attivo
ma non bisogna cedere davanti all’Incertezza.
Di sicuro sei ancora con me, in pace,
sotto il mantello della grandiosa foresta.
La materna montagna ti stringe ancora tra le sue forti braccia
come una figlia.

Medita sul volto amato.


*

Mordidas de animales que aún no conocemos
dentro de nosotros mismos.
Filosas marcas del día no agradecido.

Una ardilla muerde un trozo de naranja seca.
Tiene la cola rala, sin generosidad.
Prensada al tronco con sus pequeñas uñas todopoderosas,
no cae, resiste, se alimenta.

Un cormorán muerde bajo las aguas del río
a un pez cuyo chasquido nos saca del centro.
Su movimiento se dirige hacia las profundidades,
hambriento, agradece a pesar del miedo.

Una mujer muerde una manzana y
siente el sabor dulce y bendito de huertos de su infancia.
La cáscara del fruto la ha guardado hermosa.

Hay mordidas centelleantes de Dios
que ningún ojo humano comprende.

Mordidas que entierran con alevosía
sus disparejos dientes sobre la tierra.

Vulnerables, con la boca torpe, no logramos sino presenciar.

Aún a veces muerdes y no comprendo
por qué se nos escapa verte en los ojos expectantes de los muertos.

¿Vendrás a alimentarnos?


*

Morsi di animali che ancora non conosciamo
dentro noi stessi.
Segni affilati del giorno ingrato.

Uno scoiattolo morde un pezzo di arancia rinsecchita.
Ha la coda rada, senza generosità.
Pressata al tronco con le sue piccole unghie onnipotenti,
non cade, resiste, si alimenta.

Un cormorano morde sotto le acque del fiume
un pesce il cui scricchiolio ci tira fuori dal centro.
Il suo movimento si dirige verso le profondità,
affamato, ringrazia nonostante la paura.

Una donna morde una mela e
sente il sapore dolce e benedetto degli orti della sua infanzia.
Il guscio del frutto l’ha conservata bella.

Ci sono morsi scintillanti di Dio
che nessun occhio umano comprende.

Morsi che seppelliscono con perfidia
i suoi irregolari denti sulla terra.

Vulnerabile, con la bocca rozza, non possiamo far altro che assistere.

Talvolta ancora mordi e non comprendo
perché ci sfugge di vederti negli occhi in attesa dei morti.

Verrai ad alimentarci?


NO QUERÍA HABLAR DE LA MUERTE

El sol calienta mi cuerpo imperfecto,
abraza lo opaco de mi sacro.

Lancé los huesos del ciervo por la ventana:
Porosos, amarillentos, ligeros,
durmientes ellos también.

Lo nuestro ¿Alguna vez fue nuestro?

¿Lo repetirías cien veces?

Ella dice que mire sólo este mundo
pero lo encuentro vulnerable.

Prefiero mirar la palabra cardo sobre el campo
que rodea la casa en que trabajo, existe.

Existe la huida del gamo,
la aparición del colibrí,
el perfume del cazahuate.

Confío en lo que me dice esta página,
en tu ropa blanca,
en cada una de tus preguntas.
En la lápiz sobre la mesa que esta vez sí te detienes a mirar:
La estructura molecular del grafito,
el fragmento de rama que lo sostiene.

Confío en el ritmo, en la asonancia,
en la urgencia de quedarte aquí un poco más.


NON VOLEVO PARLARE DELLA MORTE

Il sole scalda il mio corpo imperfetto,
abbraccia l’opaco di ciò che mi è sacro.

Ho gettato le ossa di cervo dalla finestra:
Porose, giallastre, leggere,
addormentate anche loro.

Il nostro? È mai stato nostro?

Lo ripeteresti cento volte?

Lei dice di guardare soltanto questo mondo
ma lo trovo vulnerabile.

Preferisco guardare la parola cardo nel campo
che circonda la casa in cui lavoro, esiste.

Esiste la fuga del daino,
la comparsa del colibrì,
Il profumo del cazahuate.
(*)

Mi fido di quello che mi dice questa pagina,
dei tuoi vestiti bianchi,
di ciascuna delle tue domande.
Della matita sul tavolo che questa volta sì che ti fermi ad osservare:
La struttura molecolare della grafite,
il frammento di legno che la contiene.

Mi fido del ritmo, dell’assonanza,
dell’urgenza di fermarti qui un poco di più.

(*) Pianta fiorita originaria del Messico.


*

ORO QUE DEJAS BAJO EL LODAZAL,
Oro que la corriente empuja.
Oro para que ellos encuentren esta riqueza.

En su forma amalgamada y sin pulir,
oro rojo.

Oración:
Línea fragmentada por el deseo,
tu deseo aún palpitando bajo la tierra.

Avanza entre estas líneas tensas, ora.
Árbol de níspero, fuente de soles.

¿Y yo qué espero?

Acaso el surgimiento de estas esferas luminosas.
Una imitación discreta entre mis glándulas salivales
para decir que sí es posible la alegría.

Tus ciervos muerden el fruto de estas palabras.
Nísperos en mi boca.
No espero más que compartir este sol contigo.


*

ORO CHE LASCI SOTTO LA FANGAIA,
Oro che la corrente spinge.
Prego che trovino questa ricchezza.

Nella sua forma amalgamata e non pulita,
oro rosso.

Preghiera:
Linea frammentata dal desiderio,
il tuo desiderio batte ancora sotto la terra.

Avanza tra queste linee tese, prega.
Albero del nespolo, sorgente di soli.

E io cosa mi aspetto?

Forse l’affiorare di sfere luminose.
Una discreta imitazione tra le mie ghiandole salivari
per dire che sì la gioia è possibile.

I tuoi cervi mordono il frutto di queste parole.
Nespole nella mia bocca.
Non aspetto altro che condividere con te questo sole.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Kenia Cano
pittrice e poeta, è nata a Città del Messico nel 1972 ma vive a Cuernavaca.
Tra i suoi libri di poesia: Hojas de una sibarita indiscreta (1994), Tiempo de hojas (1995), Acantilado (2000), Oración de pájaros (2005), Las aves de este día (2009 - Premio Iberoamericano de Poesía Carlos Pellicer 2010), Del amor ileso (2008), Poemas (2009), Un animal para los ojos (2009 e 2016), Autorretrato con Animales (2013) e Diario de poemas incómodos (2017).
Ha pubblicato anche libri di arte visuale e scrittura, tra i quali Imágenes para la boca inquieta de mi padre (2016).
Suoi testi sono stati inseriti in antologie ispanoamericane e tradotti in diverse lingue.


alexbrando@libero.it