FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 52
maggio/agosto 2019

Sorelle & Fratelli

 

HORACIO CAVALLO, LUCE DELL’ULTIMA ORA

di Giovanni Gemito



I testi poetici di Horacio Cavallo selezionati per questo lavoro sono tratti dall’antologia Luz de última hora, – edita dalla casa editrice argentina Editorial Lisboa – al cui interno è raccolta l’intera opera poetica dello scrittore uruguayano (dal 2006 al 2018). Il libro raggruppa infatti tre raccolte: El revés asombrado de la ocarina, Descendencia e Luz de última hora che dà il titolo all’opera.

La poesia di Horacio Cavallo è particolarmente articolata in termini metrici (con l’alternanza di endecasillabi e versi liberi) e stilistici (data la varietà di toni e di tematiche). Per quanto concerne l’aspetto tematico, questo ha come minimo comune denominatore il tempo, incarnato dal ricambio e dall’interazione tra generazioni, dalle relazioni umane in generale, ma anche dall’alternanza ciclica delle stagioni dell’anno.

L’intensa eterogeneità delle poesie di Cavallo ha rappresentato la principale sfida nel tentativo di resa in italiano della poesia dell’autore: nonostante la nota appartenenza alla stessa famiglia linguistica, sono stati frequenti i casi di asimmetria sillabica tra le parole del testo originale e le corrispondenti italiane; in tale ottica rientrano anche le differenze sintattiche (una su tutte, il diverso uso del gerundio, per il quale non è stato sempre possibile mantenere la corrispondenza in italiano).




POESIE DI HORACIO CAVALLO
da Luz de última hora (Poesía, 2006-2018)
Editorial Lisboa, 2018


HIJO

En poco tiempo mi hijo cumplirá diez años
y no ha aprendido a andar en bicicleta.
No hay nadie más culpable que su padre
¿Qué pudo estar haciendo
que no supo enseñarle a equilibrarse,
a mantener el bajo de los pantalones
lejos de la cadena,
a cultivar los primeros callos
en donde nace cada uno de los dedos,
para arrancarse los pellejos
en las tardes aburridas de la escuela?
¿Qué sabe de uno mismo quien no tuvo
que llegar desde lejos
mirando una cubierta destrozada?


FIGLIO

Tra poco mio figlio compirà dieci anni
e non sa ancora andare in bicicletta.
Non c’è nessuno più colpevole del padre
Cosa stava facendo
da non potergli insegnare a stare in equilibrio,
a mantenere le estremità dei pantaloni
lontano dalla catena,
a coltivare i primi calli
lì dove nasce ognuna delle dita,
per strapparsi la pelle
nei noiosi pomeriggi scolastici?
Cosa ne può sapere chi non è dovuto
arrivare da lontano
a guardare una ruota distrutta?


TEMBLAR

En la lista de mis miedos recurrentes
temblar frente a una hoja en blanco
va ganando por tres cuerpos.
Alguno de esos cuerpos es el mío
que ahora, al despuntar el día,
se marcha a trabajar mientras yo mismo
balbuceo el poema que no escribo
para temblar de frío, en la parada.


TREMARE

Nell’elenco delle mie paure ricorrenti
il tremolio davanti a un foglio bianco
è primo di tre lunghezze.
Una di queste lunghezze è quella
del mio corpo che ora, all’alba,
va al lavoro mentre io stesso
farfuglio la poesia che non scrivo
per tremare di freddo, alla fermata.


DURAZNO ABIERTO

Estoy temblando, madre,
como me sacudía una tarde
con un durazno abierto
en medio de las manos.

Estoy temblando, madre,
parado sobre un charco,
con los ojos abiertos, madre, padre,
y una palabra oscura al borde de la lengua.

Madre que estoy temblando,
bajando la escalera con pasos de reloj.

Te estoy pidiendo agua, madre.
Agua.


PESCA APERTA

Sto tremando, madre,
come mi capitò una sera
con una pesca aperta
tra le mani.

Sto tremando, madre,
fermo su una pozzanghera,
con gli occhi aperti, madre, padre,
e una parola sulla punta della lingua.

Madre, sto tremando,
mentre scendo le scale a passo cadenzato.

Ti sto chiedendo dell’acqua, madre.
Acqua.


SENTENCIA

Sacás apuntes en las páginas de un libro
sin saber que no volverás a abrirlo en 20 años,
y que entonces darás cualquier cosa
por ser el que eras hace 20 minutos.


SENTENZA

Prendi appunti nelle pagine di un libro
Senza sapere che non lo riaprirai per 20 anni,
e che allora darai qualsiasi cosa
per essere quello che eri 20 minuti fa.


VERDE

Me detengo en tu espalda. Ronca el grave
latido del metal en la madera.
Se multiplica el verde entre tus dedos.
Los tallos en la esquina de la tabla
son diez palos montados de un mikado.
Respiro, te sorprendo, se suspende
el parejo vaivén que dio tu brazo.
Apoyo mi mentón sobre tu hombro.
Imagino tus ojos que se cierran
cuando cierro los míos.
Asciende hacia nosotros, silencioso,
el perfumado adiós del perejil.
Me llevo tus tres dedos a la boca.
Reconozco imposible —aunque deseo—
rematar un poema que se huela.


VERDE

Mi blocco alle tue spalle. Risuona il grave
battito del metallo sul legno.
Si moltiplica il verde tra le tue dita.
I tagli all’angolo della tavola
sono dieci pali montati con un mikado.
Respiro, ti sorprendo, si sospende
l’incessante viavai del tuo braccio.
Appoggio il mento sulla tua spalla.
Immagino i tuoi occhi che si chiudono
quando chiudo i miei.
Giunge verso di noi, silenzioso,
il profumato addio del prezzemolo.
Mi porto le tue tre dita alla bocca.
Reputo impossibile – anche se vorrei –
concludere una poesia profumata.


LIRIO DE AGUA

Con la mañana abrió un lirio de agua.
Pensaba en escribirlo, o hacerte con los brazos ese gesto
que vuelvo a repetir si los nenúfares muestran el corazón.
Estirar ambos brazos y plegarlos
hacia ese gesto tuyo en la ventana.
Ver que en la superficie ha ganado terreno ese silencio,
que es todo menos eso,
que trepida a medida que gira la madera
y que enronquece al agua en su manía
de subir, y caer, y subir y caer…

Saliste a ver la flor desde allá arriba:
una nadita roja entre mis manos.
Llevabas varias prendas. Las colgaste.
La primera era blanca: quiero verte.
La negra iba segunda: por la noche.
Después colgaste un trapo color cielo.
Interpreté que sale por trabajo y que no vuelve
hasta que el día tenga sus colores.
Pensé en el salto mirando hacia el tejado.
La hora de la tarde en la que vas
a prender y apagar la luz del velador.
Y yo abriré los brazos temeroso
con el lirio asomando en el bolsillo,
apoyaré los pies en la baranda,
—rezarás en silencio en ese rato
para que me de fuerzas el impulso,
para que él no adelante su regreso,
y nos encuentre juntos,
oyéndonos al fin, comiendo arenques—
Voy a saltar buscando el filo del balcón
desde donde llegar a la ventana.
Puede caerse el lirio, lo sabemos,
resbalar y soltarse e ir pegando
un golpe y otro golpe por las interminables escaleras.

Nada de todo eso va a escucharse.


GIGLIO D’ACQUA

In mattinata si spalancò un giglio d’acqua.
Pensavo di scriverlo, o di farti con le mani quel gesto
che ripeto di nuovo quando i nenufari mostrano il cuore.
Stendere le due braccia e piagarle
verso quel tuo gesto alla finestra.
Vedere che in superficie ha guadagnato terreno quel silenzio,
che è tutto tranne quello,
che trema a mano a mano che gira il legno
e che arrochisce l’acqua nella sua mania
di salire, e scendere, salire e scendere…

Andasti a vedere il fiore da lassù:
un nulla rosso tra le mie mani.
Avevi diversi panni. Li stendesti.
Il primo era bianco: voglio vederti.
Quello nero in seconda posizione: a stasera.
Dopo stendesti un capo color cielo.
Interpretai che parte per lavoro e non ritorna
fino ai primi colori dell’alba.
Pensai al salto guardando verso l’alto.
L’ora della sera in cui
accenderai e spegnerai la luce del comodino.
E io aprirò le braccia impaurito
con il giglio che spunta dalla tasca,
appoggerò i piedi sulla ringhiera,
– pregherai in silenzio in quel momento
affinché la spinta sia sufficiente,
affinché lui non anticipi il suo rientro,
e ci trovi insieme,
e alla fine ci senta, mentre mangiamo aringhe –
Salterò cercando il filo del balcone
da cui arrivare alla finestra.
Il giglio può cadere, lo sappiamo,
scivolare, liberarsi e sbattere
una volta dopo l’altra per le interminabili scale.

Non si sentirà niente di tutto questo.


TREPAR

Trepar por Yaguarón como si fuera
Ulises afiebrado junto al mástil.
Darle las buenas tardes al portero.
Ir nombrando los pisos. Tocar timbre.
Seguir por el pasillo hasta tu cuarto
y anidar en tus piernas mientras dictan
su envidia en el alféizar las palomas.


SCALARE

Scalare Yaguarón come se fossi
Ulisse con la febbre vicino al palo.
Dire buona sera al custode.
Dare un nome ai piani. Suonare alla porta.
Percorrere il corridoio fino alla tua camera
e annidarmi tra le tue gambe mentre i piccioni
manifestano la loro invidia sul davanzale.


PRIMAVERA

Hay dos caras
diametralmente opuestas
en setiembre.

Una que se construye hacia la luz,
donde brota el verdor de la enramada.

Otra que la provocan siete vientos
que empujan a gorriones desplumados
hacia el cuadrado gris de las veredas.

Puedo mirar al cielo en primavera,
pero en puntas de pie.


PRIMAVERA

Ci sono due facce
diametralmente opposte
a settembre.

Una che si costruisce verso la luce,
là dove sboccia il verde delle fronde.

Un’altra provocata dai sette venti
che spingono i passerotti spennati
verso il quadrato grigio dei marciapiedi.

Posso guardare il cielo in primavera,
ma in punta di piedi.


VIII

Peinar a una mujer en la penumbra,
oír el crepitar entre los dientes,
hilachas que descienden serpenteando
y dan en los empeines del descalzo.
Peinar a una mujer en la penumbra,
oírla respirar entre las sombras.


VIII

Pettinare una donna nella penombra,
sentire il crepitio tra i denti,
fili che scendono barcollando
e finiscono sulle piante dei piedi dello scalzo.
Pettinare una donna nella penombra,
sentirla respirare tra le ombre.


IX

Adoramos a las mujeres somnolientas,
por eso,
cuando menos lo piensan
las guardamos así,
amodorradas:
las guardamos así,
tras de los ojos.
Y cuando no sabemos hacia dónde
tirar el carro, el lomo y tantas cosas,
sacamos de la nada esos recuerdos:
una tiene ambos brazos hacia el cielo,
otra hunde el mentón sobre la palma,
la tercera bosteza y mira al techo.
Pasamos el invierno casi siempre
evocando mujeres somnolientas.


IX

Adoriamo le donne assonnate,
per questo,
quando meno ci pensano
le ricordiamo così,
addormentate:
le ricordiamo così,
dietro gli occhi.
E quando non sappiamo in che direzione
tirare il carro, il dorso e altre cose,
prendiamo dal nulla quei ricordi:
una ha le braccia tese verso il cielo,
l’altra affonda il mento sul palmo,
la terza sbadiglia e guarda in alto.
Passiamo l’inverno quasi sempre
a invocare donne assonnate.


I

Mirar desde la siesta
las ramas amarillas de los plátanos.
Mirar mientras se pueda,
sin saber,
el día que termine esta faena,
hacia dónde se pierde lo mirado.


I

Guardare nel sonno
i rami gialli dei platani.
Guardare finché si può,
senza sapere,
quando finirà questo lavoro,
in che direzione si perde ciò che guardiamo.


Selezione a cura di Marisa Martínez Pérsico

Traduzione dallo spagnolo di Giovanni Gemito





Horacio Cavallo
è nato a Montevideo (Uruguay) dove vive, nel 1977. È poeta e narratore.
Ha pubblicato oltre dieci libri di poesia, narrativa e letteratura per bambini, tra i quali si segnalano: El revés asombrado de la ocarina (poesia, 2006), Oso de trapo (romanzo, Premio Municipal de narrativa 2007), El silencio de los pájaros (racconti, 2013 - Premio Nacional de Literatura Ministerio de Educación y Cultura 2015), Invención tardía (romanzo, 2017), Los dorados diminutos (2018, romanzo composto da sonetti e illustrazioni, con disegni di Matías Acosta) e nel 2018 Luz de última hora (Poesía, 2006-2018).
Tra i libri per bambini figurano: Figurichos (con i disegni di Sebastián Santana, 2014 - Premio Bartolomé Hidalgo), El marinero del canal de Suez (2018, con disegni di Matías Acosta) e El pequeño vecino del señor Trecho (2018, con disegni di Isabel Go Guízar).


ggemito@gmail.com