FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 52
maggio/agosto 2019

Sorelle & Fratelli

 

VIRGINIA NAVALÓN, BESTIARIO

di Alessandro Mistrorigo



Nel libro L’aperto. L’uomo e l’animale (Bollati Boringhieri 2002), Giorgio Agamben individua il conflitto «fra l’animalità e l’umanità dell’uomo» (p. 82) come il conflitto politico decisivo interno alla nostra cultura. Il punto di partenza della sua indagine filosofica sta proprio nel «chiedersi in che maniera – nell’uomo – l’uomo è stato separato dal non-uomo e l’animale dall’umano» (p. 24). Si tratta di un’indagine senza dubbio urgente e che trascende l’umano perché, aggiunge Agamben, «forse anche la sfera delle relazioni col divino dipende, in qualche modo, da quella – più oscura – che ci separa dall’animale» (p. 24).

L’oscura distanza che colma questa separazione viene rischiarata dalla precisa tensione che traspare nei testi che costituiscono Bestiario di Virginia Navalón, raccolta poetica vincitrice nel 2018 della XIXª edizione del Premio Internazionale di Poesia Emilio Prados di Malaga. In quella occasione, la giuria ha affermato che Bestiario è «un libro minimalista, con note liriche che situano il personaggio poetico in comunione con la natura circostante». La particolare relazione tra soggetto lirico e il mondo naturale – animale, ma non solo – è, in effetti, l’asse su cui si organizza l’esperienza poetica del libro. Un’asse che simmetricamente mette in una relazione quasi speculare l’io lirico e la Natura, esistenza umana e mondo. Come scrive Luis Bagué Quílez su Babelia, gli animali che incontriamo in Bestiario sono i testimoni di un universo dove l’io lirico si scompone e si rigenera seguendo il ritmo del ciclo naturale. Le creature zoologiche – ma anche le piante e, in fine, pure una pietra –, continua Bagué Quílez, permettono di introdurre un elemento di stranezza nel discorso poetico e contribuiscono a svelare le crepe fantastiche che si nascondono sotto la superficie della quotidianità. In altre parole, queste forme animali sono strumenti per una riflessione ontologica.

L’autrice, nata a Valencia nel 1988, in un’intervista pubblicata in rete descrive le cinque parti di cui si compone la raccolta, ognuna definita da una parola: «‘Mundo’ parla della società, non in modo critico, piuttosto da una prospettiva esistenziale, domandandosi come questa condiziona la nostra libertà. ‘Tiempo’ rappresenta un’altra forma di condizionamento di quella stessa libertà, una forma quasi naturale, con il corpo e il tempo intesi come limiti. ‘Sola’ e ‘Daño’ sono le parti forse più intime del libro, che trattano la questione dell’essere, del perché esistiamo e del senso di questa vita. L’ultima parte, ‘Tránsito’, vuole offrire una specie di risposta, la mia risposta personale, a tutti quei perché, che sono l’amore. L’amore in astratto».

Questa è la quarta raccolta poetica di Virginia Navalón che, in precedenza, aveva pubblicato La hoja (2010), El peso de las alas (2014) e Matrioska (2017). Con Bestiario la sua poetica mostra un’ulteriore maturazione: recuperando dalla tradizione letteraria il modello di questo genere molto particolare – ovvero il Fisiologo, opera di autore ignoto redatta in ambiente alessandrino tra il II e il IV secolo d.C. che riporta la descrizione simbolica di animali e piante, reali e immaginari, oltre che di alcune pietre, presentati in chiave allegorica attraverso alcune citazioni delle Sacre Scritture – i testi di Bestiario percorrono attraverso un linguaggio preciso ed essenziale la distanza tra l’umano e l’animale, scoprendo nel mondo naturale i riflessi del soggetto lirico. Nel volo delle rondini che nonostante abbiano tutto il cielo a disposizione «[…] scelgono / di starsene qui, in circoli» si riflette la consapevolezza della limitazione umana resa esplicita nella strofa seguente con le parole finali «questa persecuzione propria / circolare». Aprendo gli occhi sul mondo, l’io lirico cerca di suturare la distanza tra l’animale e l’umano e, allo stesso tempo, come diceva Agamben, apre alla sfera delle relazioni tra l’umano e il divino: «Forse qualcuno sta osservando anche noi / preferire» quella persecuzione circolare. L’umano si trova quindi tra animale e divino, tra Natura ed Eternità, prigioniero della propria esistenza «come lo stercorario» che viene trascinato dalla palla che lui stesso ha costruito.

Il Bestiario di Virginia Navalón è un’indagine sull’esistenza – «È ora di fermarsi // e pensare / da dove, / verso dove, / perché / saliamo, […] È ora di scoprire come / siamo finiti / sulla scala impossibile.» – che squarcia il quotidiano aprendo delle vere e proprie crepe dimensionali verso un alto divino mescolato all’animale – «Nel centro del cielo, sempre, / un occhio. / Che sia pantera, mantide religiosa, / rondone, antilope o caimano, / il tempo / con un occhio ci scruta di giorno / e con l’altro di notte.» – come verso l’interno: così si ritrae nell’eterno la chiocciola «[…] fino al suo centro / in caduta infinita». Le rifrazioni tra animale, umano e divino, sono molteplici lungo tutto il libro che si chiude con un testo in cui, l’io lirico si accorge che «[…] questo sole amore che non tramonta» all’improvviso dà «[…] senso a tutto», dice, «anche alla pietra che sono / pietra ignorante, / affatto alla mercé della sua arroganza». La redenzione dell’esistenza nella separazione tra animale e umano – e divino – sta proprio in quella luce che, parafrasando le parole di un altro grande poeta spagnolo del secolo XX, sempre viene dal cielo ed è un dono.




POESIE DI VIRGINIA NAVALÓN
da Bestiario
Pre-Textos (Spagna, 2018)


*

Las golondrinas giran, remolino
de ceniza que amanece.
Las miro, tan desnudas,
tan sin nombre.
El cielo entero es suyo
y sin embargo eligen
estar aquí, en círculos.

Quizá también alguien nos mire
elegir
esta persecución propia
circular.


*

Le rondini volteggiano, mulinello
di cenere che albeggia.
Le osservo, così nude,
senza nome.
L’intero cielo è loro
e nonostante scelgono
di starsene qui, in circoli.

Forse qualcuno sta osservando anche noi
preferire
questa persecuzione propria
circolare.


*

Uno a veces se pregunta
por qué ha acumulado una bola
más grande que sus fuerzas
y la empuja como quien empuja el día.

Uno a veces se detiene
y comprende que el estiércol
tira de él
como del escarabajo.


*

Uno a volte si chiede
perché ha accumulato una palla
più grande delle sue forze
e la spinge come chi spinge il giorno.

Uno a volte si ferma
e comprende che lo sterco
lo trascina
come lo stercorario.


*

Es hora de pararse

y pensar
desde dónde,
hacia dónde,
por qué
subimos,

de pisar hacia atrás
sobre
la huella,

de oscilar sin caer
en abajos
o arribas.

Es hora de descubrir cómo
hemos acabado
en la escalera imposible.


*

È ora di fermarsi

e pensare
da dove,
verso dove,
perché
saliamo,

di calpestare all’indietro
su
l’orma,

di oscillare senza cadere
in giù
o su.

È ora di scoprire come
siamo finiti
sulla scala impossibile.


*

En qué tierra erguirse, desovar
en qué tierra, en qué carne, en qué rama
sostenerse, hacer nido.

A qué cielo subir, bajar, creer,
sacrificar las alas.


*

Su che terra alzarsi, deporre le uova
su che terra, su che carne, su che ramo
sostenersi, fare il nido.

Su che cielo salire, scendere, credere,
sacrificare le ali.


*

En el centro del cielo, siempre,
un ojo.
Sea pantera, mantis religiosa,
vencejo, antílope o caimán,
el tiempo
con un ojo nos vigila de día
y con otro de noche.


*

Nel centro del cielo, sempre,
un occhio.
Che sia pantera, mantide religiosa,
rondone, antilope o caimano,
il tempo
con un occhio ci scruta di giorno
e con l’altro di notte.


*

Este caracol deja haces de luz
sobre la superficie.

Tal vez ha hecho un pacto con el arte
y consagra su existencia a la belleza
a cambio de vivir
eternamente
refugiado en su concha.

Quizá un día, arrepentido,
se retraiga hasta su centro
en caída infinita
hacia una muerte helicoidal
que nunca llega.


*

Questa chiocciola lascia fasci di luce
sulla superficie.

Avrà forse fatto un patto con l’arte
e consacra la sua esistenza alla bellezza
a cambio di vivere
eternamente
rifugiata nel suo guscio.

Forse un giorno, pentita,
si ritrarrà fino al suo centro
in caduta infinita
verso una morte elicoidale
che mai arriverà.


*

Ostras y nueces,
manzanas en una cesta de mimbre,
un vaso de plata,
un manojo de espárragos,
un jarrón con doce girasoles,
una calavera de toro,

incluso
latas de sopa Campbell.

Todo para salir
de esta naturaleza muerta.


*

Ostriche e noci,
mele in una cesta di vimini,
un bicchiere d’argento,
un mazzetto di asparagi,
un vaso con dodici girasoli,
un teschio di toro,

persino
barattoli di zuppa Campbell.

Tutto per uscire
da questa natura morta.


*

La piedra
ha estado expuesta al sol por largo tiempo,
a este sol amor que no declina,
que de pronto se muestra
constante en su dar sentido a todo,
incluida la piedra que soy,
piedra ignorante,
tan a merced de su osadía.


*

La pietra
è rimasta esposta al sole per tanto tempo,
a questo sole amore che non tramonta,
che all’improvviso si mostra
costante nel suo dar senso a tutto,
anche alla pietra che sono,
pietra ignorante,
affatto alla mercé della sua arroganza.


Traduzione dallo spagnolo di Alessandro Mistrorigo





Virginia Navalón
è nata a Valencia, dove vive, nel 1988. È architetto e poeta. Ha pubblicato quattro libri di poesia con cui ha vinto importanti premi.
Al suo debutto letterario, nel 2010, ha ottenuto il Premio Jóvenes Creadores de Granada con il libro titolato La hoja pubblicato lo stesso anno da Editorial Alhulia; con El peso de las alas (2014) ha vinto il XVII Premio Internazionale “Flor de Jara” promosso dalla Città di Cáceres; con Matrioska (Editorial Escila, 2018) ha conquistato la 2ª edizione del Premio UNED “María Zambrano” nel 2017; mentre con Bestiario, al momento suo ultimo titolo, lo scorso anno ha vinto il XIX Premio Internazionale “Emilio Prados” di Malaga.
Bestiario è uscito per i tipi dell’editrice valenziana Pre-textos nel gennaio del 2019. Ha pubblicato anche numerosi studi nell’ambito dell’architettura. L’autrice è ospitata con la sua voce su Phonodia.


alemistrorigo@gmail.com