FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 49
maggio/agosto 2018

Consenso & Dissenso

 

CONCERTO CARIOCA
La poesia di Carlos J. Aldazábal

di Fabiola Rinaudo e Federica Silvino



Concerto carioca: Tra musica ed elegia
di Fabiola Rinaudo

Il poeta argentino Carlos Aldazábal (1974) vive e percorre la poesia. Difendendo questa inclinazione, questo penchant, vagabonda per quella patria della scrittura che è “la città”, con la logica del flaneur di Walter Benjamin.
Coloro che lo conoscono e lo seguono da tempo sanno bene che può affrontare la “etno-poesia”, come nel caso di Nadie enduela su voz come plegaria (2003), una specie di poema epico ed elegiaco, di quelli che non se ne scrivono quasi più e della cosa se ne dispiaceva già Neruda. O, come succede in questo Concerto carioca [Camerata carioca] pubblicato in Messico e in Spagna nel 2016 e poi in Argentina nel 2017, i passi dell’autore procedono – senza intenzione apparente – imbevuti nella musicalità in quegli altri Pan di Zucchero{1} che il poeta incontra e che lo stupiscono nella città di Rio de Janeiro di Geir Campos,{2} quella dei primi sogni di Manuel Bandeira.{3}

Con ritmo, pausa e accavallamenti, accenti che si iscrivono all’interno delle parole, delle sillabe, la religione, questi “giorni di tonno e di astinenza”, il poeta dialoga con il ballo sfrontato delle marionette, la samba, con una donna vestita di lustrini e di lutto. Non c’è un tono moralizzante né ironia ma un dolore quasi impercettibile dell’incredulità.
Il repertorio di questo Concerto sono le spiagge di Rio de Janeiro e l’azzurra curvatura di Guanabara, l’eternità dell’attimo a Copacabana; Leblon,{4} detta la bella, e i circoli e i labirinti che come un percorso di iniziazione, o forse come una trappola, conducono a percepirsi in modo scarno nel cristallo di una vetrata, e a dire: “Così abbandonato a me stesso, / che mi frantumo, / così abituato ad essere / ciò che sono stato / che mi addolora ricordare / quel che sono”. Si mostra sempre lo stesso crocevia del ragno, si ripete la stessa domanda che non trova certezza: “Il ragno è mai stato felice? / ha compreso il suo dovere verso le mosche?”

Rientrano in questo repertorio anche il carnevale che fa scordare pene e dolori e maschera la futilità dell’esistenza; le garotas, che sono le belle ballerine del Carnevale di Rio, alcune bagnanti norvegesi, il formaggio e la tenera pannocchia di un giallo impossibile come quello di un sole “allucinato di ottimismo”, e “il poeta”. Gelman, un Milton Tamborini narrativo, lo stesso autore, ovvero un Carlos Aldazábal che osserva, che condivide, che salta sul tram, che si toglie la maschera, che si domanda se è “questo” ciò che sente un poeta (a partire da una annotazione che un lettore ha lasciato in un libro di Drummond de Andrade{5}) e in mezzo a questi paesaggi esaltati si rivela ciò che è un uomo: un essere abbandonato.

La musica spunta nella sonorità del verso ma riserva i suoi segreti anche nell’atto della lettura. Ricordiamo che per Valéry “l’opera dello spirito esiste solo nell’atto” E, una volta scritta, la poesia, “azione poetica”, impone e causa una relazione continua tra la voce che è e la voce che arriva o che deve arrivare: l’esecuzione della poesia è la poesia stessa.
Aldazábal recupera un tamburo maracatù, un bandoneon e persino “I diavoletti del Cabildo”{6} come materiali, li integra con la logica del cacciatore-flaneur che lascia il tono e il pathos locale per osservare da spettatore che raccoglie qualche “istantanea” come quelle di un dagherrotipo: lo zafferano che profuma il riso della noia, il suono delle campane nella sera che riportano alla mente un olocausto. Questi riconoscimenti e somiglianze, tuttavia, non possono distrarre i demoni liquidi che escono dall’acqua e piangono, che poi sono coloro che vogliono ricondurlo a casa.

È con le parole che si fanno i versi, disse Mallarmé. Aldazábal trova il nucleo essenziale che reclama il canto e conosce a fondo il mestiere per iniziare il processo del congegno poetico che egli lavora col giusto impatto, con la sonorità e l’enfasi che danno parole intraducibili come saudade, e ne sottolinea e anticipa il “crescendo” di questo “Concerto” che lega, nella sua topografia, un ruolo amoroso a quello della “donna vagabondante” affinché possa procedere sulla fune che ha davanti e non arresti la sua marcia e a lei sussurra: “Ti offro questo scampolo della mia ombra / per imbiancare le mie pene col suo alito”.
Se la bellezza, come credeva Poe, è l’effetto in funzione del quale dev’essere “suonata” una poesia, occorre dire che Aldazábal in questo Concerto carioca, che regala ai suoi lettori, ci riesce perfettamente.



{1}Famoso colle di Rio de Janeiro.

{2}Poeta brasiliano (1924-1999).

{3}Poeta brasiliano (1886-1968).

{4}Guanabara, Copacabana e Leblon: spiagge e quartieri di Rio de Janeiro.

{5}Poeta brasiliano 1902-1987.

{6}Riferimento a un antico palazzo di Salta (Argentina), città di nascita dell’autore.




POESIE DI CARLOS J ALDAZÁBAL
da Camerata carioca (2016)


OTRO BAILE

Aquí no se ven los hilos
ni la mano que sujeta el carretel.

Cada marioneta se mueve con su música,
y si la música va para otra parte
también la marioneta terminará viajando.

Yo recuerdo esos viajes.

Pero ahora, otra es la fiesta,
el juego póstumo de los barriletes.

Era en agosto,
aunque la tijera no respeta almanaques
y no importa octubre ni julio ni feriado.

Algunas marionetas se pudren sobre el piso.

Lo sé por las noticias.

En nuestro caso, es otra vez el viento el que nos lleva.


UN ALTRO BALLO

Qui non si vedono i fili
né la mano che tiene la matassa.

Ogni marionetta si muove con la sua musica,
e se la musica va da un’altra parte
anche la marionetta finirà per viaggiare.

Ricordo quei viaggi.

Ma adesso è un’altra festa,
il gioco postumo degli aquiloni.

Era d’agosto,
anche se la forbice non rispetta almanacchi
e non conta ottobre né luglio né vacanze.

Delle marionette marciscono sul pavimento.

Lo so dal notiziario.

Nel nostro caso, è di nuovo il vento a trascinarci.


DESDE UNA NUBE

Escribo desde esta cortina espesa de memoria,
este telón de agua que se mira en el mar.
No intento confesar ni el rayo ni la lluvia,
sólo quiero asombrarme por los barcos, las piedras,
esas huellas de pasos en los moldes de azúcar.

Pronto será la luz, designio del descenso,
y yo correré en los llanos del cemento homicida,
al pie de las favelas, de los barrios, las villas,
al pie de los silencios donde la sangre corre.

Claro que respiré la brisa de los cerros,
claro que me extasié en los brazos del río,
claro que me acuné al borde de unas notas
que empujaban tranquilas la hamaca de la siesta.

Pero ahora que escribo se me escapa un recuerdo
y no puedo guardar los rayos ni la lluvia,
estas gotas dolidas que abandonan mi pulso
para abrir el camino seguro que me aguarda,
raíz de oscuridad repleta de silencio
donde acuno tu voz mientras sueño la tierra.


DA UNA NUVOLA

Scrivo da questa fitta cortina di memorie,
questo sipario d’acqua che si osserva nel mare.
Non intendo rivelare né il raggio né la pioggia,
voglio solo stupirmi per le barche, le pietre,
e le orme dei passi nelle forme di zucchero.

Presto sarà la luce, disegno del crepuscolo,
ed io correrò tra pianure di cemento assassino,
ai piedi delle favelas, dei quartieri, dei villaggi,
ai piedi dei silenzi dove scorre il sangue.

Certo che respirai la brezza delle colline,
certo che mi estasiai tra le braccia del fiume,
certo che mi cullai accanto alle note
che spingevano tranquille l’amaca della siesta.

Ma mentre scrivo mi sfugge un ricordo
e non posso trattenere i raggi né la pioggia,
queste gocce dolenti che abbandonano il mio polso
per aprire il cammino sicuro che mi attende,
fonte di oscurità satura di silenzio
dove cullo la tua voce sognando la terra.


SALVACIÓN

Un volcán en mi cabeza.
Las espinas del Cristo Redentor
y un Vía Crucis de silencio.

Si lo efímero se pareciera al agua
nuestro amor sería el fuego,
lucecita brillante en manos del volcán,
porción de las favelas sobre las playas
de Leblon y Copacabana.

No tocar la fragilidad que hiere
(lo oscuro de tu pelo, el pulso tornasolado de la distancia),
perderse bajo la lava como un buen romano
a punto de ingerir huevos de codornices.

Pero hay que ayunar para sanear la mente,
y en esta vastedad de precipicios
no hay soga suficiente que sostenga
(el carnaval pasó, igual que la alegría,
días de atún y de abstinencia
con poca prevención para el ahogo).

Por eso, mientras ruge el volcán vuelvo a decirte:

si lo efímero se pareciera al agua

tu melena de fuego

tu flequillo de noche

serían su suficientes para resucitar, para encontrarnos.


SALVEZZA

Un vulcano nella mia testa.
Le spine del Cristo Redentore
e una Via Crucis di silenzio.

Se l’effimero somigliasse all’acqua
il nostro amore sarebbe il fuoco,
barlume lucente nelle mani del vulcano,
un pezzo delle favelas sulle spiagge
di Leblon e Copacabana.{*}

Non toccare la fragilità che ferisce
(il nero dei tuoi capelli, il battito mutevole della distanza)
perdersi sotto la lava come un buon romano
sul punto di ingerire uova di quaglia.

Ma occorre il digiuno per purificare la mente,
e in questa vastità di precipizi
non c’è corda che possa sostenere
(il carnevale è passato, come l’allegria,
giorni di tonno e di astinenza
con scarse difese contro l’angoscia).

Così, mentre il vulcano ruggisce, torno a dirti:

se l’effimero somigliasse all’acqua

la tua chioma di fuoco

la tua frangia di tenebra

basterebbero a resuscitare, a incontrarci.

{*}Quartieri di Rio de Janeiro.


DESCUBRIMIENTO FRENTE A UNA VIDRIERA

Tan poco amado estoy,
tan mal querido,
tan abandonado a mí
que me estropeo,
tan acostumbrado a ser
lo que no he sido
que me apeno al pensar
lo que estoy siendo.


SCOPERTA DAVANTI A UNA VETRINA

Così poco amato,
così trascurato,
così abbandonato a me stesso,
che mi frantumo,
così abituato ad essere
ciò che non sono stato
che mi addolora ricordare
quel che sono.


LA ÚNICA CERTEZA

Durmiéndome en tus brazos
me volví a despertar en el infierno:
el infierno sin vos que es este mundo
donde todos te quieren,
como se quiere a un perro con su sarna.


L’UNICA CERTEZZA

Addormentandomi tra le tue braccia
mi risvegliai all’inferno:
l’inferno senza te che è questo mondo
dove tutti ti cercano,
come si cerca un cane con la rogna.


OTRO DESCUBRIMIENTO

Araña desorientada y torpe,
recuesto la cabeza en el poema
y aguardo la lección que me enseñe el camino,
un sendero de sal indicando la huida.

Cada palabra pretende una certeza
que se escapa de pronto:

¿fue la araña feliz?
¿Comprendió su deber hacia las moscas?
¿Se tejió su mortaja con la seda brillante?

Certezas que se acaban.

No hay lección. No hay camino.
Sólo la sal que quema las heridas.


UN’ALTRA SCOPERTA

Ragno disorientato e inerte,
chino il capo sulla poesia
e attendo la lezione che mi mostri il cammino,
un sentiero di sale che mi indichi la fuga.

Ogni parola esige una certezza
che subito si dilegua:

il ragno è mai stato felice?
Ha compreso il suo dovere verso le mosche?
Ha tessuto il suo sudario con la seta brillante?

Certezze che si esauriscono.

Non c’è lezione. Non c’è cammino.
Solo il sale che brucia le ferite.


BRISA DE PLAYA

El huracán tranquilo golpea lo invisible.

(¿Así duele la muerte, como aire,
suavísimo galope hacia la nada?)


BREZZA MARINA

L’uragano tranquillo colpisce l’invisibile.

(Così affligge la morte, come aria,
dolcissimo galoppo verso il nulla?)


LABERINTO

Abrir la ventana para trazar los círculos,
como una mariposa negra, deslucida,
que no puede escapar de su escondite.

Hubo una vez un muro,
muro virtual, real, muro de arena,
muro sin revocar, muro sin nadie,
a punto de llorar los cuerpos muertos.

Hubo una vez el mar, hubo la luz,
y ráfagas de insectos volando hacia lo oscuro,
avispas carroñeras llevando una porción a su morada.

Así se resolvió aquel dilema.

Nunca recuperamos el corazón perdido
y en tanta confusión la miel fue amarga.


LABIRINTO

Aprire la finestra per disegnare dei cerchi,
come una farfalla nera, opaca,
che non può fuggire dal suo rifugio.

C’era una volta un muro,
muro virtuale, reale, muro di sabbia,
muro senza intonaco, muro senza nessuno,
sul punto di piangere per i corpi morti.

C’era una volta il mare, c’era la luce,
e raffiche di insetti in volo verso il buio,
vespe carnivore che portavano scorte ai loro nidi.

Così è stato risolto il dilemma.

Non abbiamo mai recuperato il cuore perduto
e in tanta confusione il miele è stato amaro.


AVISO

Se busca traductora
capaz de descifrar esta “saudade”,
este castor sin dientes ni madera,
este cóndor nocturno y desvelado
que presume de buitre sobre un hueso.

No se admite “nostalgia”,
tampoco “la remota posesión del recuerdo”
o “el perfume gastado de la melancolía”.
No es posible “que extrañe”,
“que taladre”, “que asfixie”,
“que pretenda morirse de abandono”.
No se admiten metáforas de barcos
ni faroles tapados por la bruma de un puerto.

Se busca traductora de “saudade”
capaz de prescindir de la tristeza,
que sepa portugués,
que diga en castellano un sol de enero
bailando entre la espuma de Ipanema.


ANNUNCIO

Cercasi traduttrice
capace di decifrare questa “saudade”,
questo castoro senza denti né tronchi,
questo condor notturno e insonne
che si dà arie da avvoltoio sull’osso.

Non è ammesso “nostalgia”,
nemmeno “la remota risorsa del ricordo”
o “il tenue profumo della malinconia”.
Non è possibile “che susciti rimpianto”,
“che perfori”, “che soffochi”,
“che voglia far morire di abbandono”
Non sono ammesse metafore con barche
né lampioni coperti dalla bruma di un porto.

Cercasi traduttrice di “saudade”
capace di rinunciare alla tristezza,
che sappia il portoghese,
che dica in spagnolo un sole di gennaio
danzando tra la spuma di Ipanema.{*}

{*}Quartiere di Rio de Janeiro.


ENCUENTRO

Azafrán que perfuma el arroz del hastío.

Campanas en la tarde llamando a un holocausto.


INCONTRO

Zafferano che profuma il riso della noia.

Campane nella sera che invocano un olocausto.


EXPLICACIÓN DEL POETA

Donde dice “alma” escriba
“un cuerpo oprimido entre vocales”.

En “un lugar común” coloque “espanto”.

En el punto final
agréguele algún fósforo que arda.


SPIEGAZIONE DEL POETA

Dove si dice “anima” si scriva
“un corpo oppresso tra vocali”.

In “un luogo comune” si collochi “orrore”.

Nel punto finale
si aggiunga del fosforo che arda.


FESTÍN INÚTIL

Tiburón exaltado, convidado a un festín,
siento la perplejidad del aire.

No me sofoca el oxígeno.

Sólo me permito desvariar en mi traje
para saber que no he sido algún señuelo,
pez de pecera convertido en tiburón
antes de entrar a su lata.

Aquí no se trata de descifrar el mar, sino la arena,
o ni el mar ni la arena, sino la orilla,
esa línea finita de espumas y cadáveres,
muralla oxidada por el atardecer.

Un cazador reducido a souvenir:

garotas decorando la playa
para un tiburón que ha perdido los dientes.

Lo que sofoca es la memoria de la sal,
derrota de la sangre derramada en la orilla.


INUTILE BANCHETTO

Squalo esaltato, invitato a un banchetto,
avverto la perplessità dell’aria.

Non mi soffoca l’ossigeno.

Mi permetto soltanto di delirare nel mio abito,
per capire che non sono stato un’esca,
pesce d’acquario trasformato in squalo
prima di entrare nel suo barattolo.

Qui non si tratta di decifrare il mare, ma la sabbia,
o né il mare né la sabbia, ma la riva,
quella linea definita di spuma e cadaveri,
muraglia ossidata dal tramonto.

Un cacciatore ridotto a souvenir:

garotas{*} decorano la spiaggia
per uno squalo che ha perso i denti.

Quel che soffoca è la memoria del sale,
sconfitta del sangue versato sulla spiaggia.

{*}In brasiliano, “garotas” sono ragazze stupende.


Traduzione dallo spagnolo di Federica Silvino




Carlos J. Aldazábal
nato a Salta (Argentina) nel 1974 è poeta, editore e professore all’Università di Buenos Aires.
Ha pubblicato i libri di poesia: La soberbia del monje (1996), Por qué queremos ser Quevedo (1999), Nadie enduela su voz como plegaria (2003), El caserío (2007), El banco está cerrado (2010), Piedra al pecho (2013), Las visitas de siempre (2014) e Camerata carioca (2016 in Messico e in Spagna; 2017 in Argentina).
Ha ricevuto importanti premi letterari in Argentina e in Spagna. Suoi testi poetici sono stati tradotti in inglese, portoghese, arabo e italiano e inseriti in numerose antologie, tra le altre: El canon abierto. Última poesía en español (2015), pubblicata in Spagna dalla casa editrice Visor.

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