Il professor Rifredi, dirigente scolastico fresco di nomina, era sempre un po' nervoso quando il suo collaboratore gli comunicava che i genitori chiedevano espressamente un incontro con lui.
"I rappresentanti di classe della III B? Non avevano già parlato con lei?" chiese quella mattina alla professoressa Roviani.
"Si, preside, ma sono stati molto vaghi e insistono per incontrarla. Si tratta della professoressa Virgili, la docente di italiano che è arrivata quest'anno per trasferimento."
Il dirigente si concentrò, non aveva buona memoria visiva e non riusciva a rammentare che aspetto avesse la professoressa Virgili. Giovane? Anziana? Elegante? Casual? Sportiva? Non che l'aspetto fisico fosse importante, ma l'avrebbe aiutato a collegare il volto al nome.
La professoressa Roviani capì e venne in soccorso del preside.
"La professoressa Virgili è giovane, viene da una scuola media di una grande città e si è distinta nell'ultimo collegio dei docenti per i suoi interventi pacati ma acuti."
Ah, era lei la professoressa Virgili! Il dirigente annuì soddisfatto. Ora la rammentava benissimo, avevano avuto un colloquio cordiale e soddisfacente quando era venuta a presentarsi nel mese di agosto e gli aveva fatto una così buona impressione che aveva deciso di assegnarle proprio la III B, una classe impegnativa che aveva avuto nei due anni precedenti diversi insegnanti supplenti e aveva bisogno di essere condotta agli esami con più solide basi e con maggior impegno. Per quanto rammentava, si trattava di una classe vivace, con un buon potenziale che fino a quel momento nessuno era riuscito a mettere a frutto in una materia così importante.
"Qual è il motivo delle lamentele dei genitori? Perchè di lamentele si tratta, vero?" chiese il dirigente, un po' demoralizzato.
"Purtroppo sì, anche se io francamente sono scettica. Non posso dire di conoscere benissimo la collega, ma vedendola lavorare e sentendola parlare una certa idea me la sono fatta."
Scoprire che il suo collaboratore con comprendeva le lagnanze dei genitori ridiede un po' di buonumore al preside. Sicuramente si trattava di piccole incomprensioni che sarebbero state facilmente appianate.
"Vorrei incontrare la professoressa Virgili prima di vedere i genitori, insomma, conoscere il suo punto di vista sul problema. Piuttosto, quale sarebbe il problema? Almeno questo glielo avranno detto."
La professoressa Roviani scosse la testa. "Mi hanno detto solo che è molto esigente, troppo, ma non hanno voluto dire altro."
"Troppo esigente? Niente niente abbiamo in classe una professoressa che probabilmente si sta impegnando per farli rendere e questo è un problema? Per cortesia, dica al collaboratore scolastico di chiamarla e di farla venire da me così..."
Alcuni colpetti alla porta e il collaboratore scolastico in questione si affacciò.
"Mi scusi, preside, vorrei dirle che..."
"Andrea, proprio di lei avevo bisogno; per cortesia, vada a chiamare la professoressa Virgili e le chieda di venire da me."
"Si, signor preside, prima o dopo aver parlato con i genitori della III B che sono qui fuori e chiedono di incontrarla?"
"Sono tornati?" domandarono all'unisono il preside e la professoressa Roviani.
"Sì, i rappresentanti di classe più alcuni genitori che si sono uniti a loro."
"Il gruppo si è accresciuto!" commentò ironica la professoressa Roviani.
"Credo sia meglio riceverli e con la professoressa Virgili parleremo dopo. Resti qui, professoressa Roviani, desidero che anche lei sappia di che cosa si tratti in buona sostanza. Prego, Andrea, li faccia accomodare."
Scalpiccio di tacchi e strascicare di suole, bisbigli e risatine, il gruppo si presentò al cospetto del dirigente. Genitori giovani, donne fresche di parrucchiere inguainate in abiti attillati e uomini abbronzati che celavano lo sgurdo dietro occhiali a specchio.
"Buongiorno, prego, accomodatevi sulle poltroncine e sul divanetto."
Una bionda ossigenata si avvicinò ondeggiando sui tacchi vertiginosi e porse la mano dalle lunghe unghie rosso fuoco."
"Buongiorno, preside, sono Jessica La Quarta e sono una delle rappresentanti di classe. Sono stata invitata a parlare a nome dei genitori della classe."
"Tutti?" chiese il preside, preoccupato da tanta compattezza.
"Quasi tutti. Così non possiamo andare avanti, la professoressa Virgili è troppo esigente con le ragazze e i ragazzi, li carica di compiti e non hanno tempo per dedicarsi ad altro."
Il preside gettò un'occhiata alla professoressa Roviani, che si strinse nelle spalle.
"Posso chiedere quali attività extrascolastiche dei ragazzi vengano così stravolte dal carico di compiti della professoressa Virgili?" chiese il preside, sperando di non doversi pentire della domanda.
"Preside, la mia Samantha è iscritta a una scuola di ballo e a una di dizione perché partecipa a spettacoli televisivi e le assicuro che ha un promettente futuro come show girl. Ruben, il figlio del qui presente signor Corsaletti, gioca nel vivaio di una squadra di calcio e lo tengono sotto osservazione un paio di club importanti. Insomma, i ragazzi non riescono più a giocare con la PlayStation mentre le ragazze si perdono le puntate di 'Amici' e del 'Grande Fratello'."
Il preside era rimasto in silenzio e guardava i genitori che annuivano silenziosi. Un paio ruminavano gomme da masticare.
"E poi non sa ancora che cosa si è inventata l'ultima volta la professoressa Virgili!" riprese Jessica con impeto, mentre gli altri annuivano ancora. "Ha detto ai ragazzi che al mondo esiste una cosa che fuori è piccola ma dentro è grande, immensa, e vuole che scoprano che cos'è e che ognuno di loro ne abbia una!"
'Un Tardis... la professoressa Virgili è una fan del dottor Who e vuole che ognuno dei suoi studenti abbia un Tardis!' Il pensiero attraversò fulmineo la mente del preside e fu subito accantonato.
"In pratica che cosa vi aspettate che faccia?" chiese il preside, lievemente irritato.
"Che dica alla professoressa Virgili non dare così tanti compiti e lasci perdere questo indovinello che sta facendo impazzire i nostri ragazzi!" concluse Jessica, sostenuta da un mormorio di approvazione.
'Razza di analfabeti che non siete altro, secondo voi io vado da una professoressa in gamba e le dico di smettere subito di dare ai vostri figli rimbecilliti dalla tivù e dal mito del successo la possibilità di costruirsi un futuro migliore e più solido?' Anche questo pensiero transitò al galoppo nella mente del preside e fu di nuovo accantonato con rammarico.
"Signora... signori, io non posso entrare nel merito delle scelte didattiche degli insegnanti, ma vi assicuro che parlerò con la professoressa Virgili e sentirò le sue ragioni."
"Grazie, preside, è quello che volevamo. Arrivederci" concluse Jessica, ravviando con alcuni colpetti la capigliatura. Si volse a raccogliere il consenso dei convenuti, i quali non avevano mai aperto bocca, soprattutto i ruminanti, e si erano limitati a darle il sostegno della loro presenza. "Sì è fatto tardi. Direi che possiamo portarci al bar di fronte per l'aperitivo. Che ne dite?" altri cenni di assenso, un poco più rumorosi, e il piccolo gregge transitò per il corridoio, scomparendo ben presto alla vista.
"Una cosa piccola fuori e grande dentro... la professoressa Virgili è un mito!" esclamò ridendo la professoressa Roviani. "Non mi dica che non ci arriva, preside... chiedo scusa, non volevo insinuare che lei..." balbettò, arrossendo.
Il preside sventolò una mano a significare che non aveva nessuna importanza e si sarebbe staccato la lingua a morsi piuttosto che ammettere di non aver capito.
Mentre si alzava dalla poltrona, diede un'occhiata alla grande finestra che dal suo studio si affacciava sulla parte più soleggiata del giardino.
Proprio in quel momento la professoressa Virgili stava guardando i suoi studenti della III B che sistemavano le sedie in semicerchio e ridacchiavano, tra il curioso e l'eccitato.
"Allora, vi arrendete? Nessuno di voi è stato in grado di portarmi questa benedetta cosa, piccola fuori e grande dentro?" chiese la professoressa Virgili, agitando una grossa borsa che aveva appoggiato sul prato accanto alla propria sedia. "L'unica cosa al mondo che possa fare di voi ogni volta una persona diversa e trasportarvi in qualunque luogo e in qualunque tempo?" li incalzò con voce allegra.
"Ci arrendiamo... non lo sappiamo... ce lo dica lei... io non ci credo... non esiste..."
La professoressa rise e scosse la testa. "Eppure questa cosa è nella mia borsa e ne ho portata una diversa per ciascuno di voi, scelta apposta per ciascuno di voi. Siete pronti a partire con me per un'avventura?"
Il grido unanime dei ragazzi la convinse ad aprire la borsa. Il preside allungò il collo da dietro la tenda e sbirciò, curioso. Come aveva fatto a non pensarci subito? Si chiese, mentre guardava i ragazzi con le teste chine. Poi rivide se stesso alla loro età...
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa - non importa quanti esattamente - avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo...
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