FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 46
aprile/giugno 2017

D'acqua o di fuoco

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli



Come il fuoco rifluisce a ondate


J175-F165

I have never seen "Volcanoes" -
But, when Travellers tell
How those old - phlegmatic mountains
Usually so still -

Bear within - appalling Ordnance,
Fire, and smoke, and gun -
Taking Villages for breakfast,
And appalling Men -

If the stillness is Volcanic
In the human face
When upon a pain Titanic
Features keep their place -

If at length, the smouldering anguish
Will not overcome,
And the palpitating Vineyard
In the dust, be thrown?

If some loving Antiquary,
On Resumption Morn,
Will not cry with joy "Pompeii"!
To the Hills return!

    Non ho mai visto "Vulcani" -
Ma, quando i Viaggiatori narrano
Come quei vecchi - flemmatici monti
Di solito così calmi -

Portino dentro - spaventose Artiglierie,
Fuoco, e fumo, e cannoni -
Che prendono Villaggi a colazione,
E terrorizzano gli Uomini -

Se la calma è Vulcanica
Nel volto dell'uomo
Quando in Titanica pena
I lineamenti restano inalterati -

Se a lungo, l'angoscia covata
Non uscirà in superficie,
E il palpitante Vigneto
Nella polvere, non sarà gettato?

Se qualche amante dell'Antico,
In un Rinnovato Mattino,
Non griderà gioioso "Pompei"!
Alle Colline ritorna!

Il vulcano è metafora classica di qualcosa che cova sotto la cenere, pronta a erompere senza più limiti. I tre "if" che aprono le ultime tre strofe sono da intendersi implicitamente preceduti da "allora mi chiedo", in uno scioglimento della metafora che si conclude con una "Pompei" riscoperta sotto la lava dei millenni.
L'ultima strofa sembra dirci che l'unica possibile "Pompei" dell'anima, ovvero l'agnizione finale, lo sciogliersi dell'angoscia dell'ignoto che ci accompagna durante la vita, sarà possibile soltanto nella resurrezione, quando finalmente saremo liberati dal buio in cui siamo immersi.

 

J291-F327

How the old Mountains drip with Sunset
How the Hemlocks burn -
How the Dun Brake is draped in Cinder
By the Wizard Sun -

How the old Steeples hand the Scarlet
Till the Ball is full -
Have I the lip of the Flamingo
That I dare to tell?

Then, how the Fire ebbs like Billows -
Touching all the Grass
With a departing - Sapphire - feature -
As a Duchess passed -

How a small Dusk crawls on the Village
Till the Houses blot
And the odd Flambeau, no men carry
Glimmer on the Street -

How it is Night - in Nest and Kennel -
And where was the Wood -
Just a Dome of Abyss is Bowing
Into Solitude -

These are the Visions flitted Guido -
Titian - never told -
Domenichino dropped his pencil -
Paralyzed, with Gold -

    Come i vecchi Monti grondano di Tramonto
Come gli Abeti fiammeggiano -
Come la Felce Bruna è drappeggiata di Brace
Dal Sole Stregone -

Come i vecchi Campanili afferrano lo Scarlatto
Finché il Globo ne è colmo -
Ho il labbro del Fenicottero
Per osare dirlo?

Poi, come il Fuoco rifluisce a Ondate -
Sfiorando tutta l'Erba
Con un fuggente - aspetto - di Zaffiro -
Come se passasse una Duchessa -

Come un piccolo Imbrunire striscia sul Villaggio
Fino a oscurare le Case
E la sporadica Lampada, che nessuno regge
Luccica sulla Via -

Come si fa Notte - nel Nido e nella Tana -
E dov'era il Bosco -
Solo una Cupola d'Abisso si Ripiega
Nella Solitudine -

Queste sono le Visioni sfuggite a Guido -
Tiziano - non le raccontò mai -
Domenichino lasciò cadere il pennello -
Paralizzato, dall'Oro -

L'indicibile bellezza di un tramonto, descritto man mano nel suo svilupparsi: dagli abeti fiammeggianti del secondo verso alle notturne "cupole d'abisso" del verso 19. Per raccontare questa bellezza non basterebbe "il labbro del fenicottero", e nemmeno i più grandi pittori, evocati nell'ultima strofa, sono mai riusciti a catturarne per intero il fascino potente e misterioso, abbagliati da quell'oro che sfugge a qualsiasi descrizione.
La poesia è costellata da immagini che sorprendono quasi quanto lo farebbe la visione degli eventi che descrivono, con una inventiva che sembra inesauribile; quasi ogni verso ne contiene una, mai convenzionale, in un susseguirsi di fantasia che ci porta quasi a dar torto a ED: forse qualcuno ci è riuscito a descrivere questo indicibile tramonto.
Nel primo verso dell'ultima strofa "Guido" è Guido Reni.

 

J460-F695

I know where Wells grow - Droughtless Wells -
Deep dug - for Summer days -
Where Mosses go no more away -
And Pebble - safely plays -

It's made of Fathoms - and a Belt -
A Belt of jagged Stone -
Inlaid with Emerald - half way down -
And Diamonds - jumbled on -

It has no Bucket - were I rich
A Bucket I would buy -
I'm often thirsty - but my lips
Are so high up - You see -

I read in an Old fashioned Book
That People "thirst no more" -
The Wells have Buckets to them there -
It must mean that - I'm sure -

Shall We remember Parching - then?
Those Waters sound so grand -
I think a little Well - like Mine -
Dearer to understand -

    So dove nascono i Pozzi - Pozzi mai Secchi -
Scavati in profondità - per i giorni d'Estate -
Dove i Muschi non vanno più via -
E il Ciottolo - gioca al sicuro -

È fatto di Profondità - e di una Cintura -
Una Cintura di Pietra scheggiata -
Intarsiata di Smeraldo - nella parte di mezzo -
E di Diamanti - gettati alla rinfusa -

Non ha Secchio - fossi ricca
Un Secchio comprerei -
Sono spesso assetata - ma le mie labbra
Sono così in alto - lo vedi -

Ho letto in un Libro Antiquato
Che la Gente "non avrà più sete" -
I Pozzi avranno Secchi per loro là -
Deve significare ciò - ne sono sicura -

Ci ricorderemo dell'Arsura - allora?
Quelle Acque sembrano così maestose -
Penso che un piccolo Pozzo - come il Mio -
Sia più prezioso per capire -

Abbiamo sete. Una sete indefinita, di acqua, di conoscenza, di felicità, di vita. Ma i pozzi che potrebbero toglierci questa arsura sono fuori dalla nostra portata. Bellissimi, profondi, mai a secco, rivestiti di gemme, ma gli manca la cosa più semplice e più essenziale: un secchio affinché le nostre labbra possano gustare quell'acqua. Da qualche parte c'è scritto che verrà un giorno in cui nessuno avrà più sete, sicuramente significa che, là dove questo avverrà, ci saranno secchi in abbondanza, per tutti. Ma in questa abbondanza, in questa idrica maestosità, saremo capaci di ricordarci dell'arsura che provavamo, e gustare così l'acqua che ci viene offerta con tanta prodigalità? O non è meglio studiare a fondo, capire, gustare, il piccolo pozzo che abbiamo, piuttosto che aspettare, e sperare, di abbeverarci a quello che ci viene promesso ma di cui non siamo certo sicuri?

 

J490-F1058

To One denied the drink
To tell what Water is
Would be acuter, would it not
Than letting Him surmise?

To lead Him to the Well
And let Him hear it drip
Remind Him, would it not, somewhat
Of His condemned lip?

    A Chi è negato il bere
Dire cos'è l'Acqua
Non sarebbe più acuto, forse
Che lasciarlo fantasticare?

Condurlo al Pozzo
E lasciargliene udire il gocciolio
Non gli rammenterebbe, forse, piuttosto
Il Suo labbro condannato?

Quando un desiderio, un bisogno, non può concretizzarsi è meglio lasciarlo nel mondo della fantasia. Svelarne la concreta essenza, sentirne di lontano il "gocciolio" sarebbe solo l'acutizzarsi di una privazione, il rammentarsi della propria condanna.
"would it not" (nel terzo e nel settimo verso) è un'interiezione che di solito accentua una precedente affermazione in negativo, il modo migliore per renderlo mi è sembrato quel "forse", che in italiano perde in certi contesti la funzione dubitativa per assumerne una accentuatamente affermativa ("non è forse vero che ieri mi hai visto e non mi hai salutato?").

 

J638-F703

To My Small Hearth His fire came -
And all My House aglow
Did fan and rock, with sudden light -
'Twas Sunrise - 'twas the Sky -

Impanelled from no Summer brief -
With license of Decay -
'Twas Noon - without the News of Night -
'Twas further - it was Day -

    Al Mio Piccolo Focolare il Suo fuoco giunse -
E tutta la Mia Casa accesa
S'infiammò e si scosse, con improvvisa luce -
Era l'Aurora - era il Cielo -

Convocati non da un editto dell'Estate -
Con licenza di Declinare -
Era Mezzogiorno - senza l'Annuncio della Notte -
Era di più - era il Giorno -

La descrizione di un fuoco che arriva all'improvviso e accende un focolare sopito, che vive stancamente nel naturale alternarsi del giorno e della notte, e che all'arrivo di questo fuoco rigeneratore si infiamma e si scuote, effondendo la luce che gli dovrebbe esser propria, ma che prima non era capace di emettere.
È una nuova aurora, un nuovo cielo; non più quelli di un'estate che ci dà sì la luce e il calore, ma già dall'inizio segnati dalla caducità del loro inevitabile declinare. Questa invece è una luce perenne, un mezzogiorno che non ha in sé l'annuncio della prossimità della notte. Qualcosa di più di qualsiasi luce naturale: una luce che ci scalda dentro e somiglia tanto al giorno immortale dell'anima.
Se ne può dare un'interpretazione più concreta: la luce come un amore terreno ed eterno, nel senso di eterno che può avere una vita umana (e allora "His" al primo verso è un Lui vero e proprio), o una più spirituale: la luce della fede, che scaccia la caducità della vita promettendoci un giorno perenne (e qui "His" è naturalmente Dio).

 

J1063-F1097

Ashes denote that Fire was -
Revere the Grayest Pile
For the Departed Creature's sake
That hovered there awhile -

Fire exists the first in light
And then consolidates
Only the Chemist can disclose
Into what Carbonates -

    Le ceneri denotano che c'era un Fuoco -
Venera il Cumulo più Grigio
Per amore della Creatura Estinta
Che là si librò per un momento -

Il Fuoco esiste dapprima come luce
E poi si consolida
Solo il Chimico può svelare
In quali Carbonati -

Una tomba non è soltanto un ricovero di resti mortali ma anche un luogo da venerare, perché là riposano ceneri che una volta ospitavano il fuoco vitale dell'esistenza. La vita, come il fuoco, ha nella luce la sua parte visibile e temporanea; cosa ne sarà di lei dopo, una volta diventata cenere, lo sa solo qual chimico che l'ha creata e ne conosce l'intima essenza.
Ancora una volta ED descrive il nostro essere disarmati di fronte ai misteri della vita e della morte; così come del fuoco vediamo soltanto la parte luminosa, della vita conosciamo solo il breve percorso che vediamo con i nostri occhi, il resto (i "carbonati" nei quali ci "consolideremo" è una chiara metafora del giudizio finale) è riservato al "chimico", da intendersi qui come colui che sa, che conosce cose inconoscibili ai comuni mortali e, perciò, identificabile con Dio.

 

J1235-F1245

Like Rain it sounded till it curved
And then I knew 'twas Wind -
It walked as wet as any Wave
But swept as dry as Sand -
When it had pushed itself away
To some remotest Plain
A coming as of Hosts was heard
That was indeed the Rain -
It filled the Wells, it pleased the Pools
It warbled in the Road -
It pulled the spigot from the Hills
And let the Floods abroad -
It loosened acres, lifted seas
The sites of Centres stirred
Then like Elijah rode away
Upon a Wheel of Cloud -
    Come Pioggia risuonava finché non curvò
E allora seppi che era Vento -
Passava umido come un'Onda
Ma soffiava secco come Sabbia -
Quando si era ormai spinto lontano
Nella più remota delle Pianure
Un venire come di Schiere si udì
Che era davvero la Pioggia -
Riempì i Pozzi, allietò gli Stagni
Gorgheggiò per la Via -
Tolse lo zipolo dalle Colline
E lasciò libere le Acque -
Sciolse le terre, gonfiò i mari
I luoghi dei Centri rimescolò
Poi come Elia si allontanò
Su un Carro di Nuvole -

Una vivida descrizione dello scrosciare della pioggia, preceduta dal vento che ne diventa la naturale anticipazione. Le immagini sono come sempre piene di invenzioni e i versi sono costruiti con un sapiente alternarsi di momenti fortemente dinamici (il vento che soffia, la pioggia che risuona come schiere all'assalto, le acque lasciate libere di inondare) e più pacati (il vento che passa - "walked", ovvero come se passeggiasse -, la pioggia che allieta gli stagni e gorgheggia per le vie) che sembrano anticipare il rimescolamento dei "luoghi dei centri" del terzultimo verso, un termine che sta per i punti immaginari dove risiedono le caratteristiche visibili delle cose, rimescolate dalla pioggia che tende a uniformarli immergendoli nel suo vorticoso scrosciare.
Negli ultimi due versi il riferimento è al Secondo libro dei Re 2,11: "Mentre camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo." La citazione biblica viene utilizzata per descrivere la fine del temporale, con la pioggia che si allontana sul carro a lei più congeniale: quello fatto di nuvole.

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").


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