Nei mesi scorsi è stato molto condiviso sul web un video che riprende un momento del concerto di Bruce Springsteen del 6 maggio scorso, a Houston, Texas.
Ci sono questi due ragazzi del pubblico che salgono sul palco e cantano No surrender insieme al Boss. C’è stato chi si è chiesto cosa avranno significato per quei due adolescenti quei cinque indimenticabili minuti (cantare sul palco insieme al tuo idolo, a quell’età e forse anche dopo, credo sia qualcosa cosa che non ti faccia dormire per giorni). Altri hanno sottolineato la bella reazione di Springsteen che senza scomporsi si è unito al coro e non ha lesinato sguardi di sincera ammirazione nei confronti dei due ragazzi. Ciò che ha colpito di più me, invece, è stata la reazione del pubblico. Pubblico che anziché inveire contro quella che - di fatto - è l’interruzione di un’esibizione artistica per la quale si è pagato (e io ho pagato per sentir cantare Spingsteen, non due ragazzini sguaiati), accoglie con entusiasmo il fuori programma e lo considera - a giudicare dalle braccia alzate, dagli applausi, dalle acclamazioni - un valore aggiunto.
Sia chiaro, non sto criticando il pubblico, anche io avrei reagito allo stesso modo. Ma mentre vedevo il video ho pensato a uno dei CD di musica classica che ho acquistato di recente: una delle leggendarie esecuzioni del Parsifal di Wagner diretto da Knappertsbusch. Questa è stata registrata al festival di Bayreuth nel 1962 (anche questo un live, dunque). Nei commenti al CD, su Amazon, alcuni si lamentano dei colpi di tosse del pubblico (un classico dei concerti di classica) che si avvertono in sottofondo. Pochi, sporadici colpi di tosse nell’ambito di una registrazione di quattro ore.
Si potrebbero scrivere libri interi sulle differenze tra musica classica e musica leggera, sul piano tecnico e su quello storico. Ma se ci limitassimo a volerle mettere a confronto sul piano sociale, ecco che basterebbero due episodi come quelli qui descritti per spiegare tutto.
federico.platania@samuelbeckett.it
|