Geremia era nato e cresciuto in una casa piena di libri.
I libri erano sempre stati i suoi migliori amici.
Nei momenti di umore nero, si diceva che, con un nome come il suo, non sarebbe riuscito ad avere altri amici che non sentissero l’irrefrenabile voglia di mettersi a ridere ogni volta in cui lo pronunciava.
Geremia leggeva dappertutto. A letto, nei ritagli di tempo prima a scuola e poi al lavoro, nelle sale d’attesa, per strada. Persino ai semafori rossi quando era in automobile.
Qualsiasi momento era buono per immergersi nella lettura di un libro.
Poi aveva scoperto i mezzi pubblici. Treno, autobus e metropolitana lo liberavano dall’assillo di dover guidare nel traffico caotico della città e gli regalavano prezioso tempo in più per la lettura. Aveva così scoperto che non era vero ci fosse poca gente che leggesse sui mezzi pubblici.
Treno, autobus e metropolitana erano pieni di gente che leggeva.
E non solo quotidiani o riviste, ma proprio libri.
Il guaio è che a volte ciò si rivelava un danno per gli altri viaggiatori e il lettore si trasformava in una malefica entità che si materializzava accanto a un innocente passeggero in procinto di schiacciare un pisolino o con lo sguardo perso fuori dal finestrino.
A questo punto è necessario un chiarimento.
Geremia faceva distinzione tra lettore puro e lettore ostentativo.
Alla prima categoria appartenevano lui e quelli come lui che, appena si immergevano tra le pagine del loro libro, perdevano la cognizione del tempo e dello spazio, non riconoscevano più parenti, colleghi e amici, ignoravano le più elementari regole della buona creanza e sbagliavano fermata.
Assai minor simpatia suscitava il lettore appartenente alla seconda categoria.
Geremia lo definiva ostentativo, ma gli saliva alle labbra un altro termine, vagamente sacrilego: ostensorio. Sì, nel senso dell’irritante sacralità con la quale quel tipo di lettore esibiva il proprio status.
Per Geremia era ormai facile individuarlo ed evitarlo, ma per molti altri no.
Generalmente il lettore ostensorio saliva sul mezzo con il libro già ben in vista, stretto al busto e con l’aria di dire “Guardatemi, sono uno che legge, e scusate se è poco!” poi si assideva, sempre vicino a un altro passeggero sprovvisto di qualcosa da leggere, e apriva cerimoniosamente il volume, sbirciando le reazioni del vicino.
Qualcuno ci cascava e gettava un’occhiata, altrettanto furtiva, alla copertina e al titolo.
A questo punto iniziava il rito della lettura, che si esauriva in breve tempo e dopo poche pagine. E sì, perché il lettore ostensorio trae linfa vitale dal coinvolgimento dei vicini.
Se era particolarmente fortunato, gliene capitava almeno uno che domandasse timido:”È interessante?”
A questo punto il nostro, che non aspettava altro, si lanciava in un vertiginoso e dettagliatissimo esame del testo e del suo autore, a riprova della profonda conoscenza che aveva di entrambi, lasciando presto tramortito l’incauto vicino, il quale non poteva far altro che incassare il colpo e maledirsi per l’insana curiosità.
Accadeva tuttavia che l’interlocutore a volte fosse in grado di tenergli testa e allora il lettore ostensorio ingaggiava con lui un serrato duello all’ultima battuta e quasi sempre riusciva a farlo capitolare per sfinimento.
Ma la sorte peggiore toccava al malcapitato e ignaro passeggero che il lettore ostensorio individuava come interlocutore privilegiato con fiuto infallibile secondo criteri a lui solo noti. Incominciava a circuirlo, avvolgendolo in uno sguardo complice, e gli si rivolgeva con la bonaria superiorità riservata al prescelto di turno, il quale solitamente non valutava appieno la portata del pericolo.
In quei casi Geremia assisteva impotente alla lenta agonia del poveretto, il quale magari si preparava a schiacciare un pisolino e invece era letteralmente tramortito e travolto dalla piena di informazioni sul libro esibito dal lettore ostensorio, che completava l’infame opera commettendo il più atroce delitto che si possa perpetrare in ambito letterario: la rivelazione del finale del libro. Questa vile azione aveva fatto germogliare nella testa di Geremia un folle desiderio di vendetta, trasformandolo in un giustiziere della carta stampata, nel paladino dei diritti del lettore puro e di ogni altro innocente passeggero.
Non era dunque vero che ci fosse poca gente che leggesse sui mezzi pubblici.
Più semplicemente certi tipi venivano furtivamente spinti fuori da Geremia all’aprirsi delle porte alla fermata più vicina e non si sapeva più niente di loro.
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