FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 27
luglio/settembre 2012

Attese & Risvegli

 

UN SOLO OCCHIO PER TANTE FINESTRE
La poesia di Javier Vicedo Alós

di Antonio Bux



Ho conosciuto la poesia di questo giovane autore nativo di Castellón ma residente a Madrid spulciando, come mio solito, tra le pagine web in cerca di qualche valida voce sparsa qua e là tra le innumerevoli galassie del mondo interattivo. Imbattendomi nei versi di Javier Vicedo Alós non ho avuto dubbi per la trasparenza delle tematiche e del suo linguaggio. Poesia straripante e diretta che non indugia in futili narcisismi; una poetica perentoria e spavalda che sale di tono nel suo esaurirsi, quasi a voler lasciare interdetto chi legge; come a voler donare, in una ipotetica sinergia autore/lettore, spazio e voce all’altro.
Una lirica aspra e sottilmente aperta all’infinito e alla fatalità dell’esistenza; un dire che si fa in alcuni tratti duro, intransigente, soprattutto nei confronti dell’uomo, nonostante permanga l’impronta esistenziale delle tematiche affrontate (“Si nasce senza parole / e con tutte le parole distrutte / ce ne andiamo”).

Il titolo della raccolta Ventanas a ninguna parte, che nel 2009 ha vinto il «Premio de Poesía Joven» bandito da RNE (la Radiotelevisione spagnola) e poi pubblicato in Spagna nel 2010, tradotto in italiano suona Finestre su nessun luogo quasi a voler invocare la solitudine dell’autore che osserva il mondo nella sua inesauribilità da un luogo neutrale, irraggiungibile. Un angolo appartato da dove fissare le coordinate anche della propria tristezza, imposta dalla carne, dalla materia; dirigendo le proprie emozioni da una finestra (a volte spalancata, in altre occasioni socchiusa o serrata). Varco che assurge a rappresentazione della propria anima, attraverso il quale il poeta ci invita a percorrere una escursione verticale.

Le poesie hanno come tema centrale la visione ambigua e mutevole della vita: il desiderio di infinito, affiancato però a un’indagine sulla realtà circostante di ardua interpretazione. Javier Vicedo Alós riserva alla parola un’attenzione maniacale, resa monito e simbolo da difendere costantemente, come la finestra, figura principale della raccolta, metafora di distacco e anelito a una nuova simbiosi con tutti gli esseri della terra e con il grande vuoto sapienziale dell’universo (“Scomporre il mio nome in questa sera / come l’uccello che si schianta in canto / fino a intonare la sua stessa assenza”).
Nell’ultima poesia della raccolta il giovane poeta spagnolo lascia socchiuso uno spiraglio verso il nulla, un soffio aperto alle sue intime finestre: sapremo guardarci dentro, sapremo cosa e dove guardare?




POESIE DI JAVIER VICEDO ALÓS
da Ventanas a ninguna parte
(PRE-TEXTOS, POESÌA, 2010)



HOMENAJE VERTICAL

        a Roberto Juarroz

I

Echamos fuego al agua
y apagamos la transparencia.
Así quema el hombre la claridad del mundo
y la prende de silencio.
El temblor humano del fuego,
el estrépito de una voz abriéndose
enmudece cualquier palabra.
Al fuego le basta con arder.


OMAGGIO VERTICALE

        a Roberto Juarroz

I

Diamo fuoco all’acqua
e spegniamo la trasparenza.
Così arde l’uomo la limpidezza del mondo
facendola avvampare di silenzio.
Il tremore umano del fuoco,
lo strepitio d’una voce disserrandosi
ammutolisce qualsiasi parola.
Al fuoco basta ardere.


CENTRO POSIBLE

Cuerpo, rasgas la noche, y hay mundo.
Hay ventanas, y vértigo de ahora,
de siempre;
la tentación también, tan quieta, del objeto:
ser madera o piedra,
clausura de la propia forma.
Pero el gesto es futuro:
un cuerpo queda quieto, o retrocede,
y la ventana está ya más cerca.
El instante es urgencia, aire, salto
-en pensar se hace el movimiento:
caída o ascenso, nadie sabe-.
Cuerpo, centro de todos los posibles.


CENTRO POSSIBILE

Corpo, strappi la notte, e c’è mondo.
Ci sono finestre, e vertigine di adesso,
di sempre;
la tentazione anche, così ferma, della materia:
essere legno, o pietra,
prigione della propria forma.
Ma il gesto è futuro:
un corpo resta impalato, o indietreggia
e la finestra è più vicina.
L’istante è impellenza, aria, lancio
– nel pensare si ha il movimento:
caduta o ascesa, nessuno può saperlo –.
Corpo, centro di tutto il possibile.


DESEANDO MUNDO

        a Santiago Pantós

Doy un paso hacia el mundo.
Dar un paso es tender los labios,
sacrificar nuestra vocación de tristeza,
abrir la dura cáscara de la noche.
Doy un paso hacia el mundo
agotado de tanta suerte inmóvil
-un pájaro es sus alas, un hombre su deseo-.

Palpitan como venas los caminos.
Y sé el humo de tantos gestos,
la luz vencida en la espesura de los árboles.
Es arriesgado el ritmo de la carne,
este salto hacia el mundo
y su respiración de cuerpos enlazados.
Pero ahí es el hombre: en ese riesgo a serlo.


DESIDERANDO MONDO

        a Santiago Pantós

Faccio un passo verso il mondo.
Fare un passo è tendere le labbra,
sacrificare la nostra vocazione alla tristezza
aprire il duro guscio della notte.
Faccio un passo verso il mondo
esausto di tanta sorte immobile
– un uccello è le sue ali, un uomo il proprio desiderio –.

Palpitano come vene le strade.
E so il fumo di tanti gesti
la luce vinta nello spessore degli alberi.
Rischioso il ritmo della carne,
questo salto verso il mondo
e la sua respirazione di corpi vincolati.
Però lì è l’uomo: in quel rischio ad esserlo.


TRÍPTICO DE LA CAÍDA

I

No hace falta, no intentemos la palabra
ni los gestos hacia el ánimo,
sólo podéis acompañarme
como yo os acompaño a vosotros.

Que ya nadie prometa una mano junto a otra,
el universo es una mano que tiembla a solas.

II

Demos presencias a la intimidad
como se llena un abismo.
Demos los pájaros en fuga de los significados,
la mirada oscura de lo que aguarda.
Demos a lo cercano nuestro perfil de roca.
Precipitemos promesas, ecos, turbulencias.
Abramos la mano y cifremos el mundo.

III

Una mano escribe su soledad de hombre,
la igual caída de sus distintos,
el vértigo de ser
en otros.


TRITTICO DELLA CADUTA

I

Non c’è bisogno, non tentiamo la parola
né i gesti verso l’animo,
solo potete accompagnarmi
come io accompagno voi.

Ché più nessuno prometta una mano stretta all’altra,
l’universo è una mano che trema da sola.

II

Diamo presenze all’intimità
come si riempie un abisso.
Diamo gli uccelli in fuga dai significati,
l’oscuro sguardo di quello che aspetta.
Diamo al prossimo il nostro profilo di sasso.
Precipitiamo promesse, echi, turbolenze.
Apriamo le mani e decifriamo il mondo.

III

Una mano scrive la propria solitudine di uomo,
la stessa caduta del diverso
la vertigine di essere
in altri.


PRINCIPIO DE LA LLAMA

        a Gorka García Herrera

A ti que en lo imposible fuiste hombre,
a ti que articulaste el sueño de las palabras,
que seguiste en desdibujados caminos
un instinto de luz; tuya es,
a ti pertenece la noche entera.

Ahora tienes un fin como quien tiene un fuego,
como quien recibe la mirada de un dios claro.
Si todo fue bordear la voz infinita,
ceñirla a la silueta de nuestros afanes;
si todo fue dar pulso a un cuerpo
cada vez menos cuerpo.

Tú has sido la luz en las horas,
la ardiente aguja en los objetos
-el calizo resplandor de las piedras,
el nervioso latido de las hojas…-
Por fin en tu consumirte has sabido la llama.
A ti no será en vano la noche.


PRINCIPIO DI FIAMMA

        a Gorka García Herrera

A te che nell’impossibile fosti uomo,
a te che articolasti il sogno delle parole,
che seguisti per cammini sfumati
un richiamo di luce; è tua,
a te appartiene l’intera notte.

Ora hai un fine come chi possiede un fuoco,
come chi riceve lo sguardo di un dio splendente.
Se tutto fu costeggiare la parola infinita,
cingerla nella forma dei nostri affanni;
se tutto fu dare polso a un corpo
ogni volta meno corpo.

Tu sei stato la luce nelle ore,
l’ago ardente negli oggetti
– il calcareo splendore delle pietre,
il nervoso battito delle foglie … –
Finalmente nel tuo esaurirti hai saputo la fiamma.
Per te la notte non sarà a vuoto.


SUPERFICIES

Has dado forma a tus respuestas
a través de los cuerpos.
La mano se deleita en la mentira
como la hoja marrón del lago
celebra el agua mientras se hunde.
Una superficie arde y no ilumina.

Ya no recuerdas de dónde la luz;
cómo las manos tiemblan cuando el miedo,
que tu cuerpo los cuerpos,
                                     nada y nada.


SUPERFICI

Hai dato forma alle tue risposte
attraverso i corpi.
La mano si diletta nella menzogna
come la foglia marrone del lago
celebra l’acqua mentre si affonda.
Una superficie arde e non illumina.

Già non ricordi da dove la luce;
come le mani tremano quando la paura,
che il tuo corpo i corpi,
                                 nulla e nulla.


EN LOS ARMARIOS

        a Juan Gómez Bárcena

Vivir también es recogerse en los armarios:
una palabra demasiado áspera,
el disfraz del momento manchado para siempre,
aquél abrigo de tu madre
o una pieza de azul intenso
sin estación de tan azul...

Vas viviendo tu retirada.

Mide bien tu felicidad de ahora
antes de colgarla como una percha.

Un día no cabrás en los armarios,
te guardarán con fuego,
                             bajo aire.


NEGLI ARMADI

        a Juan Gómez Bárcena

Vivere è anche raccogliersi negli armadi:
una parola troppo aspra,
il travestimento del momento macchiato per sempre,
quel cappotto di tua madre
o una pezza di azzurro intenso
senza stagione d’un così azzurro…

Stai vivendo la tua ritirata.

Misura bene la tua felicità presente
prima di appenderla come una gruccia.

Un giorno non entrerai più nell’armadio.
Ti stiperanno col fuoco,
                             sotto l’aria.


AMBICIÓN

        a Carlos Marzal

Descomponer mi nombre en esta tarde
igual que el pájaro se rompe en canto
hasta cantar su propria ausencia.

Quebrar los nudos pétreos de la carne
y ser la incandescencia pura
sin motivo ni superficie.

Ser por un sólo instante –ya sin término-
Porción silenciosa del mundo,
Voz más lejana que la voz.


AMBIZIONE

        a Carlos Marzal

Scomporre il mio nome in questa sera
come l’uccello che si schianta in canto
fino a intonare la sua stessa assenza.

Spezzare i ruvidi nodi della carne
ed essere pura incandescenza
senza motivo né superficie.

Essere per un solo istante – senza termine –
porzione silenziosa del mondo,
voce più lontana della voce.


Traduzione dallo spagnolo di Antonio Bux




Javier Vicedo Alós
è nato a Castellón nel 1985 ma vive a Madrid, dove studia filosofia. Ha pubblicato i libri di poesia: El azul silencio del hombre (2008), La última distancia (2010) e Ventanas a ninguna parte (2010). Con le sue opere ha ottenuto diversi riconoscimenti.


 

redellemosche@gmail.com