…Guendalina non si capacitava del fatto che Fiammetta preferisse accoccolarsi nella vecchia poltrona di cuoio anziché andare a sdraiarsi sul soffice letto nella sua cameretta; tuttavia, poiché nello studio non vi era altra distrazione che i libri, la governante si era ben presto disinteressata di quello che considerava solo un innocuo capriccio di ragazzina. Ovviamente Fiammetta non dormiva, vi si rifugiava perché quella era la stanza più frequentata dai suoi genitori, quando erano a casa, e lì aveva la sensazione di sentirli più vicini. Si accoccolava nella grande poltrona e osservava a uno a uno i quadri che occupavano l’intera parete: li osservava ogni volta, benché li conoscesse alla perfezione. Da anni erano appesi sempre nei medesimi posti, ed erano soltanto paesaggi: uno in particolare le piaceva, una marina notturna dai colori cupi, con la luna che si rifletteva sul mare, le barche dei pescatori in lontananza e le donne sulla riva, avvolte negli scialli, coi bambini stretti alle sottane.
Non era un quadro particolarmente pregiato e bello, ma Fiammetta lo preferiva a tutti gli altri per la sua storia curiosa e un po’ triste. Quando la nonna veniva a trovarla, se la faceva sempre raccontare, benché la conoscesse oramai a memoria, perché sapeva che pure lei la ricordava volentieri.
La nonna era giovane allora e la Seconda Guerra Mondiale infuriava distruggendo vite e legami d’affetto; lei viveva come tutti nella paura, con la sua famiglia, tra l’orrore di tutte quelle uccisioni e l’angosciosa attesa di notizie degli uomini di casa, dal fronte. Una sera bussò alla loro porta un giovanissimo soldato, ferito e stanco, sfuggito per miracolo alla morte nella violenta battaglia che per tutto il giorno aveva devastato la campagna circostante e decimato interi reparti di fanteria. Non si udivano più gli spari e le urla, ma la bisnonna era così impaurita che gli chiuse la porta in faccia, timorosa di accogliere uno sconosciuto in una casa dove erano rimasti soltanto donne, bambini e anziani. Il soldato aveva continuato a battere il pugno sull’uscio, sempre più debolmente, e a quel punto la nonna si era fatta avanti ricordando a tutti i loro uomini, figli, mariti, fratelli, lontani a combattere e che avrebbero potuto un giorno trovarsi nella medesima situazione di quel povero ragazzo, bisognosi di soccorso e di un rifugio. Detto ciò, aveva aperto la porta con risolutezza e il soldato le cadde tra le braccia, poiché era svenuto contro di essa. A fatica lo trasportarono nella stanzetta sotto il tetto, quindi la nonna si prese cura di lui, lavandolo, medicandogli le ferite e rifocillandolo. Il giovane si sentiva spaesato, parlava pochissimo ma sorrideva sempre, a tutti, e grazie alla sua fibra robusta in pochi giorni fu di nuovo in piedi, anche se un po’ vacillante. Seduto accanto al camino, cercava di rendersi utile in ogni modo; mantenendo acceso il fuoco, badando al cibo che cuoceva, strofinando le pentole di rame fino a farle risplendere e asciugando le stoviglie dopo ogni pasto. Un giorno chiese se in casa vi fossero pennelli e colori, così la nonna gli diede quelli che appartenevano a suo fratello, riposti in una cassa da quando egli era partito soldato. Le sarebbe piaciuto chiedere al giovane che cosa ne avrebbe fatto, ma non osò; strano, era stata così risoluta nell’aiutarlo e poi si era vergognata di rivolgergli una domanda tanto semplice. Per la verità nei giorni precedenti non gli aveva mai chiesto niente altro, della sua vita e del suo paese, né egli lo aveva fatto mai con lei e con nessun altro membro della famiglia. Per alcuni giorni la bisnonna si dette pena a cercare la piccola spianatoia che usava per impastare, poi vi rinunciò credendo che fosse stata messa a bruciare per errore, tanto non vi erano farina, uova, latte, burro e zucchero con i quali preparare la pasta o i biscotti. Ne avrebbe avuta un’altra alla fine della guerra, quando suo marito e i suoi figli sarebbero tornati, insieme con la pace e con l’abbondanza. Una mattina tutti si accorsero che il giovane soldato tardava a scendere e la nonna andò nella sua stanza, temendo si sentisse male. La trovò vuota e accanto al letto rifatto era appoggiata la spianatoia della bisnonna, sulla quale egli aveva dipinto una marina notturna, con semplici e affettuose parole di ringraziamento sul retro. Da allora la nonna non si era separata mai più dal dipinto e anni dopo lo aveva fatto incorniciare, donandolo alla figlia nel giorno del suo matrimonio. Si era fatta promettere che a sua volta lei lo avrebbe regalato al primo figlio, nella medesima circostanza.
(Da Fiammetta dei dipinti, Liguori Editore, Napoli, 1993)
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