FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 15
luglio/settembre 2009

In cornice

 

NADA QUEDA ATRÁS / NULLA RESTA INDIETRO
Milton Rogovin e Carlos Trujillo

di Alessio Brandolini e Ambra Laurenzi




NULLA RESTA INDIETRO, di Carlos Trujillo

Nell’aprile 2004 entrai in contatto con una persona perché suo padre era stato nell’isola di Chiloé e ci teneva molto a mostrarmi delle foto scattate lì. “Forse potrei riconoscere qualche volto”, questa fu la semplice considerazione che mi collegò a Ellen Rogovin Hart.

Parlammo per telefono e lei si offrì di spedirmi alcune foto scattate da suo padre nel 1967. Le dissi che forse avrei potuto riconoscere qualcuno del posto, visto che fino a quell’anno avevo lasciato ben poche volte la mia città natale, Castro. Ellen fu molto felice di aver incontrato una persona nata e vissuta a Chiloé, un chilote, così da poter portare avanti quella ricerca, io invece avevo molto dubbi visto che lei non sapeva esattamente in che luogo di Chiloé suo padre aveva scattato quelle foto. Forse nemmeno si rendeva conto della grandezza dell’isola e, probabilmente, neanche sapeva che tutto l’arcipelago ha quel nome.

Ne parlai con mia moglie e lei mi incoraggiò: “Qualcuno riconosceremo!”.

Nel ricevere il pacchetto scoprimmo che quel fotografo non era un semplice turista attratto dalla bellezza del paesaggio del sud del Cile, dai piatti tipici del posto, dal folklore o dalla mitologia chilota. Non ricevemmo un certo numero di foto, ma un pacco di libri e di riviste piene di fotografie di Milton Rogovin, che la nostra ignoranza non ci aveva permesso di conoscere prima.

Enorme fu la sorpresa e la gioia per l’impressionante lavoro che questo fotografo nordamericano aveva compiuto nella nostra terra. Però restammo anche un po’ delusi visto che, tra tutti quei volti, riconoscemmo soltanto una persona. La maggior parte delle fotografie, scattate quasi quaranta anni prima, erano ritratti di gente della zona di Quemchi, luogo in cui ero stato solo una volta, e soltanto per un’ora, a metà degli anni ottanta.

Molto presto ci rendemmo conto che la famiglia Rogovin ci considerava parte di un importante progetto: incontrare “La Madonna”, ovvero una giovane contadina ritratta accanto a sua figlia, che dal 1967 in poi si era guadagnata un posto rilevante sia nelle varie esposizioni del fotografo che nel cuore di quel gruppo familiare.

Da quel momento in poi il seguito della storia è stato breve ma intenso e di sicuro sarà il tema di un prossimo libro.

In poche parole, dopo una nota pubblicata in un quotidiano locale dell’isola, ricevetti una risposta semplice ma esaustiva da chi, in tempi brevi, aveva riconosciuto molte delle persone ritratte. Tra le quali, dopo alcune incertezze, c’era anche “La Madonna”, che da quel momento Milton Rogovin e la sua famiglia hanno potuto chiamare con il suo nome completo: Sylvia Huentelicán.

L’angelo, mago o stregone, che ha reso possibile unire le persone fotografate ai loro ritratti, e il fotografo con l’immagine attuale della madre di quella foto da sempre chiamata “La Madre y El Niño”, è Luis Rafael Tapia Charme e la sua fortunata ricerca ha dato a Ragovin, e alla sua famiglia, una delle gioie più grandi.

Havertown, gennaio 2006




Tratto da: Milton Rogovin (Fotografías), Carlos Trujilllo (Poemas), Nada queda atrás, Editorali Isla Grande, Cile, 2007.

Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




SULLE FOTOGRAFIE DI MILTON ROGOVIN
di Ambra Laurenzi


Milton Rogovin e Carlos Trujillo


Nel corso del tempo le fotografie spesso incontrano imprevedibili percorsi i cui risvolti culturali, umani e storici ne accrescono il contenuto e il valore, ad ulteriore dimostrazione che questo strumento, la fotografia, non è mai statico ma capace di rinnovamento.
È questo il caso delle immagini del fotografo nordamericano Milton Rogovin che, spinto dal desiderio di fotografare la verità del Cile, nel 1966 si mise in contatto con il poeta Pablo Neruda. Da questo incontro, e dalla successiva collaborazione, è nato un importante libro, Windows That Open Inward, Images of Chile, che racchiude le fotografie scattate da Rogovin e una selezione delle poesie di Pablo Neruda.
A distanza di quasi quarant’anni il magico incontro tra poesia e fotografia si ripete e alle immagini realizzate da Rogovin si affiancano le poesie del cileno Carlos Trujillo.
Milton Rogovin infatti ha l’opportunità, nel 2004, di conoscere il poeta che gli fa rincontrare Sylvia Huentelicán, una giovane madre che egli aveva fotografato trentasette anni prima.



La fotografia era conosciuta come La Madre y El NiÑo, o anche come la Madonna, si tratta di un intenso ritratto di campesina con il suo bambino, uno di quei visi che raccontano la storia di un intero popolo per intensità e contegno. Questa immagine racchiude tutta la precedente esperienza che Rogovin fece negli anni Trenta, durante la Grande Depressione, quando come fotografo della Farm Security Administration, raccontò la drammatica situazione dei contadini degli stati del Sud. Esperienza che lo segnò inevitabilmente e che ampliò in lui l’esigenza di impegnarsi per una maggiore giustizia delle popolazioni e delle classi disagiate, un impegno che espresse attraverso incisivi racconti di storia sociale.



Così come è incisivo il ritratto di due piccoli Ángeles caídos, dagli occhi tristi e innocenti totalmente inconsapevoli dell’esistenza di avvenimenti e celebrazioni riportati dai giornali incollati alla parete che contengono immagini e parole distanti, non comprese, e per questo appartenenti ad un mondo ancora più sconosciuto. Rogovin riesce a cogliere con profondità la contraddizione tra queste due realtà suscitando in noi, di fronte allo sguardo delle bambine, un profondo disagio.
L’identità di un paese e della sua popolazione si rintraccia, non solo nei visi e nei luoghi, ma anche nei prodotti della terra che rappresentano uno stretto legame con le origini e con la storia di un popolo.



Ed ecco le nature morte: frutta alla luce di una finestra e teste d’aglio appoggiate su di un tavolo.
Contengono un’atmosfera di sapore atavico e tutta la poesia di storie che si perpetuano, storie come quella della famiglia che felicemente si prepara a vivere una giornata di festa, simbolicamente rappresentata dalla luce calda del sole, dall’abbigliamento curato e dalle espressioni felici ed orgogliose.



Memorie ed emozioni si intrecciano nelle fotografie di Rogovin che riesce a cogliere di una terra, pur non essendo la sua, il senso di una tradizione che si trasforma in un simbolo dai significati più complessi. Sono immagini senza tempo, perché l’identità di un luogo non si esaurisce nei momenti unici e irripetibili di un tempo preciso, ma in una rappresentazione che possa consegnarla ad una storia universale.
Molto più di una semplice documentazione del Cile, infatti, queste fotografie cercano ancora una volta di rispondere ad una delle esigenze che la fotografia ha sempre inteso risolvere, la ricerca di relazione tra l’uomo ed il suo ambiente.


LETTERA DI PABLO NERUDA A MILTON ROGOVIN


    Isla Negra
    13 Nov - 66

    Caro amico,

    il tuo lavoro è splendido e mi sentirò enormemente onorato se affronteremo assieme questa avventura.

    C’è una grande isola: Chiloé, molto al sud, dovrebbe essere il posto giusto. Si mantiene meravigliosamente intatta, povera e piena di interesse umano. Posso accompagnarti la prossima estate, gennaio, febbraio del 1967, o l’estate del 1968?

    Dimmi tutto sulle tue possibilità, tu qui ora hai un amico,

      tuo,
                 Pablo Neruda

(testo originale in inglese)




POESIE DI CARLOS TRUJILLO
da Nada queda atrás / Nulla resta indietro


VAN LA FOTOGRAFÍA A LA PALABRA

Van la fotografía a la palabra
Y la palabra a la fotografía
Como el cántaro al agua

Van y regresan una vez
Y otra. Van y regresan
Repletas siempre

Va la palabra a la fotografía
Y se queda frente a ella
Mirándose a los ojos
En ese espejo de otro tiempo

Va la palabra
Va y regresa
Sin quebrarse nunca


VANNO LA FOTOGRAFIA ALLA PAROLA

Vanno la fotografia alla parola
e la parola alla fotografia
come l’anfora all’acqua

Vanno e ritornano una volta
e un’altra ancora. Vanno e tornano
sempre stracolme

Va la parola alla fotografia
e le si ferma davanti
guardandosi negli occhi
in quello specchio d’un altro tempo

Va la parola
va e torna
senza mai fermarsi


ÁNGELES CAÍDOS

                Hay tiempos de oscuridad tan densa
                Que hasta los ángeles
                Observan temerosos
                Antes de iniciar el vuelo
Fuego y agua en la Noche de San Juan. No le tengo miedo a Jorge Toro.
Fotografías amontonadas sobre las hojas de periódicos. Noticias envejecidas
en la pared-cartel. Historias sin sentido. Paisaje grotesco de la precariedad
estampando el rostro más amargo de la miseria. Dos ángeles tristes y que aún
no saben leer ni han oído de Jorge Toro ni saben de noches de San Juan ni
otras celebraciones.

Las noticias de la pared no son noticias de nada. Las fotografías, sólo luces y
sombras amontonadas al azar por un pintor ciego y loco. Las hojas de periódico,
miserable mueca de papel Decomural en un sitio donde el único texto con
sentido son esos ojos que te miran sin acusarte y sin ni sospechar de tu
existencia más allá de la página y la foto.

Tristes miradas inocentes de un ayer que para ti fue ayer,
Lejano ayer mirado desde tu hoy.



ANGELI CADUTI

                Ci sono tempi di oscurità così densa
                che persino gli angeli
                osservano timorosi
                prima d’iniziare il volo
Fuoco e acqua nella notte di San Giovanni. Non ho paura di Jorge Toro.
Fotografie affastellate sui fogli di giornale. Notizie invecchiate
sulla parete-cartellone. Storie senza senso. Paesaggio grottesco della precarietà
riproduce la faccia più amara della miseria. Due angeli tristi, che ancora
non sanno leggere né mai hanno ascoltato di Jorge Toro né sanno della notte
di San Giovanni né di altre celebrazioni.

Le notizie sulla parete non sono notizie da poco. Le foto: soltanto luci e
ombre affastellate a caso da un pittore cieco e pazzo. I fogli di giornale:
miserabile smorfia di carta da parati in un posto dove l’unico testo
che abbia un senso sono quegli occhi che ti osservano senza accusarti e
senza nemmeno sospettare della tua esistenza al di là della pagina e della foto.

Tristi sguardi innocenti di un ieri che fu ieri anche per te.
Lontano ieri visto dal tuo oggi.


ESOS OJOS QUE MIRAN

¿Qué miran lo que miran esos ojos que miran?

Tantos planetas diferentes en este mismo mundo
Que a veces no sabemos lo que somos
Ni cuándo somos
Ni dónde
                                     Ni quién se es.


QUEGLI OCCHI CHE GUARDANO

Che cosa guardano quello che guardano quegli occhi che guardano?

Tanti pianeti diversi in questo stesso mondo
che a volte non sappiamo se siamo quello che siamo
né quando siamo
né dove
                                     né chi si è.


AJOS CHILOTES

      A Custodio Trujillo Barría, mi padre
Dicen que son lo más grande del mundo
“Tamaña cabeza” dicen los afuerinos
Cuando los llevamos al mercado
Y los dejamos reposando
Sobre los largos mesones de tablas.
Para nosotros son ajos nomás
Ajos para el resfrío, ajos para la tos
Ajos para conservar la juventud.

Una cucharadita de miel
Y el ajo machacado
Pasa como un licor por la garganta
En la mañana
Cuando el sol recién empieza
A codearse con la nubes
Para hacerse un espacio
En el pizarrón del cielo

No hay nada como el ajo
Los inviernos más fríos
Se vuelven primaveras para el cuerpo
A punta de puro ajo



AGLI DI CHILOÉ

      A Custodio Trujillo Barría, mio padre
Dicono che sono i più grandi del mondo
“Testa grossa” dicono i forestieri
quando li portiamo al mercato
e li lasciamo riposare
sopra i grandi banchi di tavole.
Per noi sono soltanto agli
agli per il raffreddore, per la tosse
agli per conservare la giovinezza.

Un cucchiaino di miele
e l’aglio pesto
passa per la gola come un liquore
nella mattina
quando il sole incomincia
a sgomitare con le nuvole
per farsi un po’ di spazio
nella lavagna del cielo.

Non c’è nulla come l’aglio
gli inverni più freddi
si fanno primavere per il corpo
a forza di aglio puro.


*

Y si otros males se atrevieran a curiosar por cualquier casa
Con unos dientes de ajo
Colgados en la puerta
No entran ni los brujos ni los diablos.


*

E se altri mali osassero curiosare in qualche casa
con alcuni spicchi di aglio
appesi sulla porta
non entrano né diavoli né stregoni.


FRUTAS DEL NORTE EN SU MARCO DE VIDRIO

Unas cositas por aquí otras cositas por allá
Acomodadas en le pequeña pieza
Húmeda y oscura.
La harina y el azúcar
El té y el café
Las velas y los fósforos
Los porotos burritos y los pallares
Todo llegado en lancha motora desde Puerto Montt.
Hasta las arvejas a granel
Y el jurel en latas
Nos llegaban del norte
Como si nuestras islas
No sirvieran más que para papas y mariscos
Y había años en que esa verdad no andaba muy lejos

Decidirse a sembrar trigo o avena
Era como jugar a la lotería

¡Y para qué recordar los años cuando florecían las quilas!



FRUTTA DEL NORD INCORNICIATA NEL VETRO

Alcune cose qui altre cosette più in là
sistemate su una piccola base
umida e scura.
La farina e lo zucchero
il tè e il caffè
le candele e i fiammiferi
i fagioli asinelli e quelli bianchi di Spagna
tutto pervenuto con la veloce lancia da Porto Montt.
Persino i piselli sciolti
e il pesce tracùro nei barattoli
ci arrivano dal nord
come se le nostre isole
fossero buone soltanto per patate e frutti di mare
e c’erano anni in cui quella verità non andava molto lontano

era come giocare alla lotteria
decidersi a seminare avena o grano

e perché ricordare gli anni in cui fiorivano i bambù di queste parti!


DOMINGO CON SOL

Cuando nos cae el sol es día de fiesta

Hemos guardado tantos siglos las sonrisas
Que en domingos con sol
Se extienden como pájaros para iniciar el vuelo
Y se quedan allí, fijas, revoloteando
Sin atinar a nada como huevo sin crío.

Niños también los ojos
No paran de sonreír
Cuando el cielo se abre y se vuelve ventana
Por donde entran un aire y una luz
Que vienen derechito desde el cielo.

Sonríe entera la foto cantando nuestros nombres
Y la sonrisa es aire
Y la sonrisa es vuelo
Y hasta vivir se vuelve día de fiesta
Con su camisa blanca y bien planchada
Como rogando a alguien
Que domingo con sol
Se vuelvan nuestro pan de cada día.



DOMENICA DI SOLE

Quando il sole ci batte addosso è giorno festivo

Abbiamo conservato per tanti secoli i sorrisi
che nelle domeniche di sole
essi s’allargano come uccelli che spiccano il volo
e rimangono lì, fissi, volteggiando
senza pensare a nulla, come vuoti gusci di uovo.

Bambini anche gli occhi
non smettono di sorridere
quando il cielo s’apre e diventa una finestra
da dove passano un’aria e una luce
che arrivano giù direttamente dal cielo.

Sorride tutta la foto cantando i nostri nomi
e il sorriso è aria
il sorriso è volo
e persino la vita si trasforma in un giorno di festa
con la camicia bianca e ben stirata
come pregando qualcuno
affinché le domeniche di sole
siano il nostro pane quotidiano.


ME ESPERA EL DÍA

Me espera el día atento como un niño
Y yo que lo esperaba abro la puerta
- ¿Entras o salgo?, le pregunto, amable
- ¿Entras o salgo?
Y él me invita a salir
Como si fuera
Un día-niño que perdió a su madre
Y yo, su abuela



MI ASPETTA IL GIORNO

Mi aspetta il giorno vispo come un bambino
ed io che lo attendevo apro la porta
- Entri o esco?, gli domando in modo gentile
- Entri o esco?
E lui mi invita a uscire
come se fosse
un giorno-bambino che ha perduto sua madre
ed io, sua nonna.

Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




MILTON ROGOVIN

Nato a New York nel 1909 dove, nel 1931, si laurea all’Università di Colombia con il titolo di Oculista. Dopo vari anni di pratica nella sua città nel 1938 si trasferisce a Buffalo. Si sposa nel 1942 con Anne Snetski e in questo stesso anno acquista la sua prima macchina fotografica. Nel 1958 inizia a scattare foto che comunicano il suo profondo desiderio di una società più giusta e ugualitaria. Nel 1972 ottiene un insegnamento in Arte (specializzazione in Studi Americani) presso l’Università di Buffalo, dove per alcuni anni farà corsi di Fotografia Documentaria.
Durante la sua straordinaria carriera come fotografo, il suo lavoro è apparso in più di 160 quotidiani, settimanali, riviste e altre pubblicazioni. La sua opera è stata esposta in più di trenta collettive e in sessanta esposizioni personali. Inoltre sono stati pubblicati numerosi libri sopra la sua fotografia. Molte sue foto fanno parte di collezioni permanenti in più di una decina tra i più importanti musei del mondo, tra i quali quello della Biblioteca Nazionale di Parigi, il Museo di Arte Moderna di New York, il Museo J. Paul Getty di Los Angeles e il Museo Victoria e Alberto di Londra.
Nel corso della sua vita la macchina fotografica di Milton Rogovin ha portato alla luce grandi temi sociali del nostro mondo contemporaneo, come gli effetti dell’embargo economico sul popolo cubano; le miserabili condizioni di vita dei minatori in diverse parti del mondo, la decadenza dell’industria dell’acciaio a Buffalo; le difficili condizioni di vita di alcuni settori della popolazione del sud del Cile, dove arrivò - su suggerimento di Pablo Neruda - nell’estate del 1967.
Tra i numerosi premi ricevuti si segnala il Premio W. Eugene Smith per la Fotografia Documentaria, ricevuto nel 1983, che permise al fotografo di viaggiare in Cile, Cuba, Cecoslovacchia, Germania, Messico, Spagna e in Zimbawe, così da poter continuare con la serie fotografica sulla vita dei minatori.
Nel 1999 la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti ha acquistato 1130 originali delle foto di Rogovin, assieme a suoi negativi e alle sue pubblicazioni, che ora fanno parte della collezione permanente dello stessa Biblioteca.


CARLOS TRUJILLO

Nato nel 1950 a Castro, città situata sull’Isola Grande di Chiloé, in Cile. Si laurea come professore di spagnolo nel 1974 all’Università del Cile, nella sede di Temuco. Nel 1974 ritorna nella sua isola dove insegna in diversi licei fino al 1989, anno in cui trasferisce negli Stati Uniti per compiere studi post-universitari. Nel 1992 ottiene il Dottorato in Letteratura Ispanoamericana presso l’Università della Pennsylvania e dal 1990 è professore al Dipartimento di Lingue e Letterature Moderne all’Università di Villanova, dove attualmente è Direttore del Programma post-laurea in Studi Ispanici.
Nel 1975, nella sua città natale, fonda e dirige il Taller letterario Aumen, che fu non soltanto il primo laboratorio di questo tipo nato dopo il colpo di stato, ma anche quello di maggiore continuità durante la dittatura. Il Laboratorio, durante i suoi quattordici anni di esistenza, segue la formazione letteraria di centinaia di giovani e organizza attività culturali e artistiche, nonostante tutti gli ostacoli interposti dalla dittatura.

I suoi libri di poesia:

  • Palabras (2005)
  • Todo es prólogo (2000)
  • La hoja de papel (1992)
  • Mis límites. Antología poética 1974-1983 (1992)
  • Los que no vemos debajo del agua (1986)
  • Los territorios (1982)
  • Escrito sobre un balancín (1979)
  • Las musas desvaídas (1977)
Testi poetici di Carlos Trujillo sono stati tradotti e pubblicati all’estero. Tra i vari premi ricevuti si segnala il “Pablo Neruda” (1991). Ha pubblicato anche libri di critica letteraria.


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