FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 15
luglio/settembre 2009

In cornice

 

PASSEGGERA IN TRANSITO
LA POESIA DI MARINA COLASANTI

di Vera Lúcia de Oliveira



È estremamente variegato il panorama della poesia brasiliana contemporanea ed è difficile, in questo universo, individuare movimenti e correnti ben definite. Possiamo parlare, in realtà, di una galassia con sistemi di pianeti spesso con pochi collegamenti fra loro. Le antologie recenti sono solite utilizzare categorie temporali o geografiche per cercare di fare un minimo di ordine in tale produzione, con generalizzazioni del tipo: «Poesia degli anni '60», «Poesia degli anni '80», «Generazione '90», «Poesia paulista», «Poesia mineira», «Poesia carioca» e così via.
È vero che il Brasile è un continente e che la sua stessa storia è fatta di isole di improvviso sviluppo e ricchezza, legate allo sfruttamento di materie prime caratteristiche di determinate regioni che il mercato internazionale richiedeva di volta in volta, come lo zucchero nel Seicento, che arricchì il Nord-est del paese, l’oro nel Settecento e nell’Ottocento, che portò alla nascita di tante città nella regione centrale, o il caffé per buona parte del Novecento, che fece grandi gli stati del Centro-sud, come San Paolo e Paraná.
Questa crescita a macchia di leopardo portò alla concentrazione economica, culturale e politica che caratterizza ancora oggi il Brasile. Le distanze, d’altronde, sono enormi e questa forse è la causa principale della mancanza di un maggiore interscambio fra poeti, editori e lettori, anche se negli ultimi anni si sono affermati i festival di letteratura, la vera novità del panorama culturale brasiliano, che porta anche in città e regioni dell’interno grandi scrittori, avvicinandoli ai lettori e al pubblico in generale.

In questo parziale e frammentario tentativo di mapeamento della poesia brasiliana contemporanea, di tracciare cioè alcune delle sue linee portanti, vorrei soffermarmi sulla poesia femminile, che non emerge nel panorama regionale e nazionale con la stessa frequenza e abbondanza di quella maschile e i motivi non sono, poi, diversi da quelli che determinano lo stesso fenomeno in molte letterature. Uno di questi è la maggior difficoltà di accesso alla formazione scolastica e universitaria delle donne e talvolta la precarietà economica di molte di loro che debbono, prima di tutto, pensare al sostentamento dei propri cari e solo dopo alle parole e ai libri che vorrebbero scrivere. Si potrebbe e si dovrebbe fare molto affinché le donne abbiano le stesse possibilità e diritti, le stesse facilità di accesso ai beni fondamentali.
Eppure, è di grande importanza e qualità la presenza delle donne nella letteratura brasiliana, prova ne è che la stessa Accademia Brasiliana di Lettere annovera fra i suoi membri grandi scrittrici, come Lygia Fagundes Telles, Ana Maria Machado, Nélida Piñon.
In questo e nei prossimi numeri cercherò di presentare degli spaccati di poesia femminile brasiliana, poesia non sempre e necessariamente femminista, visto che la gamma dei temi trattati dalle autrici spazia dalle questioni locali alle domande universali di ognuno di noi.

La prima poetessa di cui mi occuperò è Marina Colasanti, che, nata il 1937 ad Asmara, in Eritrea, da una famiglia di italiani emigrati in Brasile nel 1948 e radicatasi a Rio de Janeiro, ha conservato molti legami con il paese d’origine dei genitori. Scrittrice, giornalista, traduttrice, saggista, artista plastica, ha vissuto i primi dieci anni in Italia anche se, poi, tutta la sua vita e la sua carriera professionale si sono svolte in Brasile. Donna di grande versatilità creatrice, pubblica la prima opera nel 1968, Eu sozinha [Io sola], dando alle stampe, da allora, più di quaranta titoli, fra poesia, prosa e libri per l’infanzia. Collabora con quotidiani e riviste e lavora anche per la televisione. Ha ricevuto per la sua opera alcuni dei premi letterari più importanti del Brasile.
Il suo ultimo libro, Passageira em trânsito [Passeggera in transito], ci regala, come i precedenti, una poesia delicata e intensa di donna alla ricerca del senso profondo di ogni momento e gesto, anche quelli apparentemente più banali. Il suo sguardo va sempre oltre per cogliere quello che c’è di irripetibile in ogni attimo, in un tentativo di strapparlo alla dispersione. La sua è una poesia concreta e sensuale in cui le parole si impregnano di vita e carezzano la superficie del mondo come se fossero un prolungamento del corpo.

Il tema della raccolta è il viaggio, così connaturale all’autrice, la sensazione di precarietà del passeggero in transito, l’attraversare i non luoghi degli aeroporti, stazioni, alberghi, portandosi dentro comunque il senso della propria identità, il che non è in contraddizione con il desiderio di avvicinarsi e di conoscere profondamente l’altro, proprio in ciò che più lo distingue da noi e che ci attrae e spaventa allo stesso tempo. In questo libro, gli stessi significati dei termini «viaggio» e «viaggiare» si arricchiscono di nuove connotazioni: si viaggia anche senza uscire di casa e non sempre chi si sposta nello spazio compie dei veri viaggi. Un malato viaggia nel dolore (come nella poesia «Hérnia é o nome»), un gioiello antico viaggia da corpo a corpo di donna (come in «Viagem na pele»), il silenzio viaggia nelle bocca e nelle coscienze che non denunciano il male del mondo («Boca travada»), e una donna viaggia nel viaggio, impegnata in uno dei più antichi mestieri femminili, il ricamo, del tutto in contraddizione con la fretta spasmodica degli esecutivi piegati sui loro note-book: «Na Classe Executiva deste avião / aplicada como o homem com seu laptop / uma mulher borda. (…) Olhar posto no bastidor / perfil recortado contra a janela do avião / a mulher viaja.» [«Nella Classe esecutiva di questo aereo / impegnata come un uomo con il suo lapto / una donna ricama. (…) Sguardo fisso sul ricamo / profilo ritagliato contro il finestrino dell’aereo / la donna viaggia.]

I versi sono chiari, asciutti, spesso ironici, misurati e musicali: ogni parola è al posto giusto. Molti dei testi hanno la data e l’indicazione del luogo in cui sono stati scritti, il che aiuta il lettore a realizzare, con l’autrice, questi viaggi in profondità nelle cose. Scorrendoli, tracciamo una mappa affettiva che ci porta alla stessa poetica e alla vita di Marina Colasanti: Asmara, Seoul, Miami, Città del Messico, Parigi, Gerusalemme, Roma, Madrid, Mar Baltico, Beja, Cairo e altre città e paesi. Alcune poesie sono scritte in italiano, quasi a riprendere un dialogo con la lingua dei primi anni di vita, che ha il dono di cullarla e che è, come afferma, il riflusso, in bocca, della sua anima:

        Fra l’arrosto e l’insalata
        si scatta la foto al ristorante.
        Il sorriso si fredda con la carne e
        del momento
        resterà un sapore vago
        come quello dell’unto in fondo al piatto.
        Ci vorrà poi la data scritta dietro
        Per non dimenticare il giorno in cui
        Fummo tanto felici.

                                         Roma 2001

Nella dedica, posta all’inizio della raccolta, leggiamo: Para Affonso, que comigo partilha a dupla viagem de vida e poesia [Per Affonso, che con me condivide il doppio viaggio di vita e poesia], dove «Affonso» sta per Affonso Romano de Sant’Anna, noto scrittore, poeta e saggista, suo compagno nella vita. Dalla dedica si evince che, per la Colasanti, poesia è viaggio, ricognizione, recupero e, allo stesso tempo, perdita e abbandono di luoghi e persone. Non è un caso che la morte serpeggi qua e là nel libro, mostrando il suo volto di attesa angosciosa, come nella poesia “Meu corpo”, qui tradotta.

Oggi che il viaggio ha perso quell’aura quasi iniziatica con cui, per secoli, fu praticato e visto da artisti e intellettuali, esso è diventato un movimento vuoto il cui senso si compie solo nel momento in cui si raggiungono i luoghi, spesso affollati e alienanti. E invece il libro ci fa vedere che nulla va perso e che lo spostamento, il transito e il passaggio hanno già in sé il senso compiuto di scoperta e spesso di rivelazione. Infatti lo spaesamento e l’estraniamento che ci coglie quando avvertiamo attorno a noi profumi, rumori e suoni di voci sconosciute aiutano a creare le condizioni affinché la poesia si manifesti. I più bei versi di questo libro colgono proprio il momento in cui il poeta è più libero perché lascia se stesso e si lancia nell’avventura della scoperta del mondo, visto da un’altra dimensione e prospettiva:

        Rulla sulla pista
        l’aereo che mi porta.
        Dal lato esterno del campo
        i molti vagoni di un treno
        avanzano sulle rotaie.
        Due forze si lanciano
        nella stessa direzione
        sorelle per secondi,
        e subito
        l’aereo si stacca dal suolo
        le ruote si nascondono nel ventre
        l’aereo si fa uccello.
        Sotto
        Il treno lentamente diventa
        un tratto di lapis
        nel verde.

        (“E subito”)
Ciò che l’autrice svela e evidenzia non sono solo impressioni rapide di luoghi o notazioni di pittoresche abitudini e paesaggi, ma la densità dell’incontro con la vita e con l’altro, che si imprime nella sua sensibilità e nella coscienza e che è il vero obiettivo del viaggio. Marina Colasanti ci porta per mano a rivisitare il mondo con la magia che solo i poeti posseggono e, in questi tempi di egotismo e chiusura, ci invita a lasciare la comodità della nostra poltrona per fare con lei un viaggio verso l’anima del mondo.




POESIE DI MARINA COLASANTI
da Passeggera in transito
(Passageira em trânsito, Rio de Janeiro, Record, 2009)



ESSA CHUVA

Essa chuva não cai
ela é atirada como se atiram pedras,
lapida o ar ferindo folha e telha
sangrando em lama o chão
por entre talos.

Essa chuva não cai
ela é lançada com acerto de flecha
por mão que bem conhece o seu ofício.
E para o olho ausente
tudo é alvo.


QUESTA PIOGGIA

Questa pioggia non cade
essa è scagliata come si scagliano pietre,
lapida l’aria ferendo foglie e coppi,
sanguinando in fango la terra
fra gli steli.

Questa pioggia non cade
essa è scagliata con precisione di freccia
da mano che conosce il suo mestiere.
E per l’occhio assente
tutto è bersaglio.


DE LÍNGUA MACIA

Meu homem está nu
lendo na cama.
Sessenta anos
e seis
tem esse homem.
E no entanto
é cariátide sentada
que o tempo aflora
como aflora a pedra
e que
no meu olhar
lhe lambe
a pele.

           Paris 2003


CON LA MORBIDA LINGUA

Il mio uomo sta nudo
mentre legge sul letto.
Sessanta anni
più sei
ha quest’uomo.
Eppure
è cariatide seduta
che il tempio sfiora
come sfiora la pietra
e che
nel mio sguardo
gli lecca
la pelle.

           Parigi 2003


NO ANTIGO TEMPO

Chove sobre Seoul.
Onze milhões de pessoas levam o celular ao ouvido intermitentemente.
Nenhum espaço se abre entre os carros que
como lava
escorrem para o túnel, enquanto
               abaixo
o verme luminoso do metrô perfura a escuridão.
Nas altas fachadas dos prédios
pulsam
mensagens luminosas em caracteres Sejon que
os vidros replicam
gigantescas.
Só a chuva e
o rio Hangan fluindo no antigo tempo entre ponte e ponte
falam língua que sei.

                                   Seoul 2005


NEL ANTICO TEMPO

Piove su Seoul.
Undici milioni di persone portano il cellulare all’orecchio ad intermittenza.
Nessuno spazio si apre fra le macchine che
come lava
scorrono verso il tunnel, mentre
               sotto
il verme luminoso della metropolitana perfora il buio.
Nelle alte facciate dei palazzi
pulsano
messaggi luminosi in caratteri Hangeul che
le vetrate replicano
gigantesche.
Solo la pioggia e
il fiume Han che scorre nell’antico tempo fra ponte e ponte
parlano una lingua che so.

                                   Seoul 2005


MEU CORPO

Se eu pudesse escolher
minha mortalha
a Dürer pediria que a desenhasse.
Severas pregas
– que severo é o escuro –
rigor em cada dobra do tecido
linhos exatos como se talhados
em dura pedra.

Coberto em precisão, o corpo meu
embora rijo
por contraste seria quase suave
entregue sem ceder ao último traço
salvas as curvas côncavas/convexas
morto e vivo o meu
corpo de mulher.


IL MIO CORPO

Se io potessi scegliere
la mia veste funebre
a Dürer chiederei che la disegnasse.
Severi drappeggi
- che severo è il buio -
rigore ad ogni piegatura del tessuto
lini esatti come se intagliati
in pietra dura.

Coperto di precisione, il mio corpo
sebbene rigido
per contrasto sarebbe quasi soave
consegnato senza cedere all’ultimo rigo
salve le curve concave/convesse
morto e vivo il mio
corpo di donna.


SEGURANÇA E NORMAS

Este avião tem
seis portas de emergência
assinaladas com
saída-exit
máscaras descerão do céu
como espírito santo
se a pressurização
for para o espaço
e no choco do assento cochilam,
amarelos coletes salva-nada.
Fumar está proibido
nos toaletes
e fora deles
a poltrona apertada
o cinto é frouxo
e longo o tédio em vôo
nesta aeronave.
O que nos salva é
o céu vedado pelo
chão de nuvens
e a gratidão
que a companhia expressa
por termos escolhido
estar aqui.


SICUREZZA E NORME

Questo aereo ha
sei porte di emergenza
segnalate da
uscita-exit
maschere scenderanno dal cielo
come spirito santo
se la pressurizzazione
dovesse andarsene nello spazio
e sotto il nido del sedile sonnecchiano
gialli giubbotti salva-nulla.
Fumare è vietato
nelle toilette
e al di fuori di esse
la poltrona è stretta
la cintura è floscia
e lungo il tedio in volo
in questa aeronave.
Quel che ci salva è
il cielo occultato dal
tappeto di nuvole
e la gratitudine
che la compagnia aerea esprime
perché abbiamo scelto
di essere qui.


DISTANTE ESTÁ

Para estudar a luz, Manet pintou
vezes sem conta
a Catedral de Rouen.
Deitada o dia inteiro neste quarto de hotel em
Downtown Miami acompanho o deslizar das horas
no vidrespelho do edifício em frente
escudo
que se tinge de sol e aceita a noite, sem nada
revelar do seu reverso
falésia
que despenca precisa como um corte
fachada
      lisa
lâmina.

Distante está aquela
antiqüíssima
em que o tempo se prende entre pregas
no manto dos santos.

                                         Miami 2007


È DISTANTE

Per studiare la luce, Manet dipinse
innumerevoli volte
la Cattedrale di Rouen.
Sdraiata tutto il giorno in questa camera d’albergo a
Downtown Miami accompagno lo scivolare delle ore
nel vetrospecchio dell’edificio di fronte
scudo
che si tinge di sole e accetta la notte, senza nulla
rivelare del suo rovescio
falesia
che cade precisa come un taglio
facciata
      liscia
lamina.

Distante è quella
antichissima
in cui il tempo si annida fra le pieghe
nel mantello dei santi.

                                         Miami 2007


NO DELTA DO RIO PARANÁ

Vai este rio de barro e transparência
veia da terra entregue
a céu aberto
água
sempre indo ao encontro
de outra água.
O peso de um navio ara sem pressa
corrente acima,
descem por entre escamas que o sol traça
ilhas de verdes plantas
como peixes.

A terra não é firme
do outro lado.
Firme é o sempre mover-se
deste rio
líquido chão
que quando colhe o pé
não lhe dá pouso.

                           Rosário 2004


NEL DELTA DEL FIUME PARANÁ

Va questo fiume di fango e trasparenza
vena di terra ceduta
al cielo aperto
acqua
che va sempre all’incontro
di altra acqua.
Il peso di un nave solca senza fretta
la corrente al contrario,
scendono fra le scaglie che il sole traccia
isole di piante verdi
come pesci.

La terra non è ferma
dall’altro lato.
Di fermo c’è il muoversi continuo
di questo fiume
liquido suolo
che quando accoglie il piede
non gli dà approdo.

                           Rosário 2004


VIAGEM POR UM FIO

Na Classe Executiva deste avião
aplicada como o homem com seu laptop
uma mulher borda.
Fino fio liga mão e tecido
- cordão e placenta -
enquanto a agulha vai
ponto a ponto
tecendo a nova vida de um desenho.
Olhar posto no bastidor
perfil recortado contra a janela do avião
a mulher viaja.


VIAGGIO IN UN FILO

Nella Classe Esecutiva di questo aereo
impegnata come un uomo con il suo laptop
una donna ricama.
Fino filo lega mano e tessuto
- cordone e placenta -
mentre l’ago va
punto su punto
tessendo la nuova vita di un disegno.
Sguardo fisso sul ricamo
profilo ritagliato contro il finestrino dell’aereo
la donna viaggia.


FARTURA

Agradeço, Senhor,
as três orquídeas roxas
no jardim
e as mãos do meu amor
nas minha coxas.


ABBONDANZA

Ti ringrazio, Signore,
per le tre orchidee rosse
nel giardino
e le mani del mio amore
nelle mie cosce.


FOTO NO ÁLBUM

A minha mãe casou em campo aberto
às vésperas da guerra, uma das tantas.
O seu magro tailler
seu chapéu de menina
e o enorme buquê,
flores silvestres
colhidas pela tropa da montanha.
Tão jovem minha mãe e
diante dela
aquele altar cercado de soldados
na mira cega das metralhadoras.
Se sorri não se vê
na foto antiga.
Mas meu pai
de uniforme
cruza os braços por sobre as cartucheiras
adianta o pé na bota de campanha
e posa
vencedor da sua batalha.


FOTO NELL’ALBUM

Mia madre si sposò in campo aperto
alla vigilia della guerra, una delle tante.
Il suo magro tailler
il suo cappello da bambina,
e l’enorme bouquet,
fiori di campo
raccolti dalle truppe di montagna.
Così giovane mia madre e
dinnanzi a lei
quell’altare attorniato da soldati
nel mirino cieco delle mitragliatrici.
Se sorride non si vede
nella foto antica.
Ma mio padre
in divisa
incrocia le braccia sulle cartucciere
avanza un piede nello stivale militare
e posa
vincitore della sua battaglia.


Traduzione dal portoghese di Vera Lúcia de Oliveira


velucia@tin.it