FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 13 gennaio/marzo 2009 Nutrimenti |
LETTERATURA SLOVENA PER L'INFANZIA (4) a cura di Jolka Milič |
Il bambino più forte del mondo
Ivan aveva cinque anni. Era il bambino più forte di tutti, non solo in casa o all'asilo, ma in tutto il mondo. Nessuno riusciva a batterlo. Tutti lo temevano e se la davano a gambe soltanto a vederlo. Una volta volle dimostrare la sua forza al mondo intero. Si piazzò in mezzo alla strada per impedire il passaggio alla gente, ai cavalli e agli autobus. Tutti quanti si fermarono implorando e nitrendo: “Per carità, Ivan, lasciaci passare!” Se qualche autobus osava avvicinarsi troppo, Ivan lo respingeva con un dito solo. E l'autobus si metteva a correre in retromarcia, fermandosi appena fuori città, in mezzo alle ortiche e ai denti di leone. Una folla crescente di persone, cavalli e vetture gli si parava davanti. E nessuno sapeva come allontanare dalla strada quel bambino così forte. Nessuna preghiera giovava, perché Ivan, facendo di no con la sua testolina tonda e spettinata, diceva: “Non vado via e non permetto a nessuno di proseguire il cammino.” Allora arrivarono i vigili per scacciarlo. Ivan afferrò il primo di loro e lo scagliò sul filo del telegrafo. E così fece col secondo e il terzo, finché non finirono appollaiati tutti quanti sui cavi del telegrafo come rondini in autunno. Allora la gente pensò che forse i soldati avrebbero potuto mettergli paura. Ma non appena i militari giunsero sul posto a passo di marcia, Ivan strappò il fucile al primo, al secondo, al terzo e all'ultimo, scaraventandoli uno sopra l'altro in mezzo alla strada. Ben presto si formò un monticello di fucili sul quale Ivan si arrampicò. Improvvisamente sopraggiunsero ronzanti gli aeroplani per toglierlo di lì, giacché nessuno osava salire fino a lui. Ma Ivan afferrò gli aerei per le ali, buttandoli con tanta energia verso la montagna, sì da farli volare come foglietti di carta al vento. Ormai la gente non sapeva più cosa fare per sconfiggere Ivan e toglierselo di torno. Quindi un vecchio cavallo saggio dalla criniera grigia e dalla grande esperienza pensò: “Andiamo dal suo papà.” E andarono dal padre di Ivan. Suonarono il campanello, e quando il paparino si affacciò alla porta, gli raccontarono tutto per filo e per segno, e cioè che Ivan se ne stava in mezzo alla strada, terrorizzando i passanti, i cavalli e gli autobus, e impediva il traffico e nessuno riusciva a vincerlo. “Aspettatemi davanti al negozio!” disse il papà. “In pochi istanti me lo riporto a casa.” Prese i soldi, entrò nel negozio e appena ne uscì si diresse col vecchio cavallo e la gente verso l'alto mucchio di fucili in mezzo alla strada, e si mise a chiamare: “Ivan, vieni giù!” “Non scendo!” urlò lvan. “lo sono il bambino più forte del mondo e nessuno può battermi!” Allora il papà tirò fuori dalla tasca un sacchetto di caramelle e glielo mostrò. “Ecco, se vieni giù, ti do le caramelle!” Alla vista delle caramelle, lvan spalancò gli occhi e, in quattro e quattr'otto, scese a terra. Prese il sacchetto e cominciò a riempirsi la bocca di caramelle. Subito i soldati raccolsero i fucili e se ne tornarono lesti lesti in caserma. I vigili, servendosi di una scala, scesero dai fili telegrafici, e i cavalli - tra cui il vecchio cavallo saggio - gli autobus e la gente poterono finalmente seguitare indisturbati la loro strada, come sempre. E così, le piccole caramelle rosse vinsero lvan. Come mai che prima a nessuno fosse venuta in mente una idea tanto geniale?
Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič
Il lombrico Abbicì
Su un’isola lontana viveva un pescatore che si chiamava Analf Abeta. Non sapeva né leggere né scrivere. Perciò gli affibbiarono il nomignolo Ignorante. Non sapeva tracciare correttamente nemmeno il suo nome. Si firmava così: AFNA BE Però era un pescatore coi fiocchi. Pescava tanti pesci che ne avanzavano anche per tutti gli altri isolani. Un bel giorno prese all’amo un coso strano. Non era un pesce ma una bottiglia sigillata che sturò prontamente, perché conteneva qualcosa. Infatti, un pezzo di carta scritta. - Segni misteriosi! esclamò. Chissà cosa significano. - Te li spiego io, se mi prometti di non darmi in pasto ai pesci, borbottò un vermetto da una vecchia scatola di conserva accanto al suo sedile. - Strano, si stupì il pescatore. Non sapevo che anche i vermi parlassero. - Che verme d’Egitto! Sono il lombrico ABBICCÌ. Conosco a puntino questi segni misteriosi. Si chiamano lettere. Tutte insieme formano l’alfabeto. - Alfabeto, dici? Uh, come mi piacerebbe saperlo. Così dopo comprenderei questo messaggio. - Promettimi di non buttarmi ai pesci e io te lo insegnerò. - Sì, ti risparmierò la vita e diventerò anche tuo amico. - D'accordo. Cominceremo dalla lettera A. A come agave. - Ah ah! - E adesso B come ballare. - Bravo! Benissimo! - C come cagnolino. - ... e come civetta. - E ora D come dormire sul divano. - Dannato dormiglione. - E come esperto equilibrista. - Eccezionale! Emozionante! - F come fagiolo. - Fetente! - G come gabbiano. - Sempre in giro a volare l’alato ghiottone. - H come help, help! Aiuto, una piovra. - Parla italiano. Non capisco un’acca! - E I come indovina indovinello. - Intelligentone! - J come judo, jolly, jeep, jumbo jet, juke-boxe, jazz, Jacopo. - Mica poco! Dove sei andato a pescarli? - N come nuvola. - ... e come nebbia. - O come l’o di Giotto. - Ottimo! - P come pesce. - In padella o pescecane? - R come rena, detta più comunemente sabbia. - Saltiamo la sabbia e diciamo S come sole smagliante. - Che sfolgora e sfavilla. - E sibila e striscia come un serpente... - ... a sonagli. - T come torta. - A tre piani? Troppa grazia! - U come ubriacone. - Uffa! non ci mancava che lui... - V come vino... - ... vecchio o vinsanto o quello battezzato? - Anche vermut, se vuoi, e vodka. E infine Z come zenit e zodiaco. - E chi li conosce? Meglio come Zorro, zebra, zoo e zucchero. - Impara, zuccone! Chi sa leggere scopre misteri! - Sta zitto! E dopo? - Niente. Abbiamo finito. Questo è l’alfabeto. Vedi? - Si è fatto troppo scuro, non riesco più a vedere un accidente, tanto meno a decifrare il messaggio. - Abbi pazienza. Per oggi hai imparato abbastanza. Domani sarà un altro giorno e potrai apprendere ciò che manca da poter leggere e capire il messaggio.
E così il lombrico Abbiccì insegnò l’alfabeto al pescatore. Analf Abeta mantenne la promessa e con Abbiccì diventarono due amici inseparabili. Andavano insieme a pescare e di tanto in tanto - a ogni morte di papa - ripassavano l'alfabeto e approfondivano di qualche millimetro il loro sapere. Quel tanto che bastava per non perdere il vizio o la passione di pescare diventando troppo sapienti. Ripassalo anche tu, ma non esagerare.
Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič
Chi riparerà la luna?
All’imbrunire Sanja dovette andare a letto. Strinse a sé Miro e Nina, i gemelli di pezza che ogni sera l'aiutavano ad addormentarsi. La mamma e il papà spensero la luce e le augurarono la buona notte. Poi tutti e tre si misero a guardare oltre la finestra la notte buia. “Santo cielo”, esclamò Sanja, “oggi manca mezza luna. Guardate un po’!” “È vero!” disse Miro. “La luna dovrebbe essere rotonda.” Nina assentì con un cenno del capo. Essendo Miro il suo gemello erano sempre dello stesso parere. “Che cosa facciamo?” A Sanja venne voglia di piangere e se non avesse avuto accanto il mattacchione Miro, il suo lettino sarebbe stato all’alba tutto grondante di lacrime. “La luna deve essere grande e tonda per poter sbirciare nei letti di tutti i bambini e controllare se dormono sodo”, disse allora anche Nina. “Quindi dobbiamo trovarla e ripararla.” “Ma come?” chiese stupita Sanja. “Probabilmente”, venne in mente all’astuto Miro, “qualcuno l'ha tagliata a metà e si è portato via un pezzo. Ah, ah”, aggiunse ridacchiando. “Sei proprio buffo”, disse Sanja divertita, abbozzando un bel sorriso. “E che se ne fa con mezza luna?” Miro incominciò a riflettere e per un po' di tempo rimase silenzioso e meditabondo. “Lo so, lo so”, sbottò all’improvviso, farfugliando con la sua boccuccia disegnata con un pennarello. “Voleva che la luna gli splendesse proprio in casa. Si tagliò una grande fetta e se la portò con sé rientrando.” “Che ne dici”, gli chiese tristemente Nina, “la riporterà indietro?” “Oh, no, neanche per sogno”, disse Sanja. “Dobbiamo andare a cercarla noi.” “Da soli non la troveremo. Piuttosto dovremo chiamare gli ometti aggiustaguai. Quelli che di notte trovano tutti i giocattoli persi e li rimettono al loro posto. E inoltre riparano i balocchi ammaccati o guasti.” “Pensi che possono veramente trovare e riparare anche la luna?” “Certo.” Miro ne era convinto, “La troveranno di sicuro perché è luminosa.” “E la aggiusteranno”, soggiunse prontamente anche Nina.“Tanto hanno i martellucci e i chiodini.” “E come faremo a richiamarli?” chiese Sanja allarmata. “Non preoccuparti, risolveremo noi questo problema. Aiutano i giocattoli e per questa ragione ubbidiscono solo ai giocattoli”, le spiegarono i gemelli di pezza. “Dormi pure tranquillamente e vedrai che la luna sarà di nuovo grande e rotonda.”
Dopo un paio di giorni Sanja si ricordò della luna. Prima di andare a dormire guardò fuori dalla finestra la notte tenebrosa, in mezzo alla quale risplendeva la luna, di nuovo grande e rotonda.
Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič |
Note biografiche di Lojze Kovačič, Marjan Manček e Tatjana Pregl Kobe
Lojze Kovačič, romanziere e narratore sloveno, è nato a Basilea in Svizzera il 9 novembre del 1928 ed è morto il primo maggio del 2004 a Ljubljana, in Slovenia. La madre era tedesca e il padre sloveno. Il padre, che si occupava di affari, non avendo la cittadinanza nel 1938, come tanti altri, fu costretto a lasciare la Svizzera. Fece ritorno in patria con la famiglia e durante la seconda guerra mondiale, nel 1944, morì precocemente. Subito dopo, già in tempo di pace, le nuove autorità jugoslave scacciarono la famiglia di Lojze Kovačič oltre confine, in Austria, che nei primi tempi finì in un centro di raccolta per esiliati. Lui rimase a Ljubljana, ma ebbe, agli inizi, un rapporto piuttosto difficile con i governanti, perché lo ritenevano una persona sospetta. Nel 1945, a soli 17 anni, fu perfino rinchiuso per tre mesi; due anni dopo, mentre faceva il soldato nell’Armata popolare jugoslava, fu condannato per insubordinazione dalla corte marziale a sei mesi di battaglione disciplinare. Tornato a casa, finì gli studi e si laureò in slavistica e germanistica all'Accademia pedagogica di Ljubljana. Dapprima trovò lavoro in una impresa come redattore del loro giornale aziendale. Dal 1963 fino al pensionamento fu pedagogo artistico al Pionirski dom, una specie di casa o centro culturale plurivalente con una grande biblioteca e altre attività, prevalentemente per la gioventù e l'infanzia.
Marjan Manček, illustratore, caricaturista e scrittore per l'infanzia, è nato nel 1948 a Novo mesto in Slovenia, dove ha frequentato le elementari e il ginnasio, continuando gli studi universitari a Ljubljana e laureandosi alla Facoltà di Filosofia in storia e inglese. Già da studente faceva caricature per giornali nazionali ed esteri. Dopo la laurea fece l'insegnante a Ljubljana, ma abbandonò presto questa professione per quella di redattore presso la casa editrice Borec, mansione che svolse egregiamente ma per soli dieci mesi, decidendo alfine di diventare - e lo è tuttora - "artista libero". Dalle nostre parti, e cioè in molti paesi dell'Europa orientale, dove vigeva l'ex socialismo reale, artisti, scrittori, poeti et consortes che dimostravano talento - e si davano anche da fare - più per le arti (spesso deficitarie in quanto ai proventi) che per il sostentamento di se stessi in altri impieghi, venivano aiutati finanziariamente dallo stato, e questa specie di sovvenzione è sopravvissuta al passato regime, anche se lo stato ora è meno largo di manica. Con quello che ricevono mensilmente, non corrono minimamente il rischio di arricchire, però basta per coprire le spese di prima necessità da poter lavorare quasi in santa pace, senza il terrore di cadere nella miseria più nera. Più di qualcuno poi riesce anche a "sfondare" e a farsi un nome e di conseguenza anche a migliorare di molto le proprie condizioni di vita.
Tatjana Pregl Kobe, laureata in storia d'arte, poetessa, saggista, prevalentemente scrittrice di libri per l'infanzia, e altro, è nata a Maribor nel 1946 e vive e lavora a Ljubljana. Allestisce mostre, scrive cataloghi, critiche d'arte e recensioni; fino a poco tempo fa si occupava anche di editoria pubblicando e curando sette raccolte di poeti e pittori sloveni contemporanei, in dieci lingue, impreziosite da dipinti per bibliofili ed edite anche in edizione abituale, una raccolta di tre poeti - Un fiume di immagini poetiche - adornata da xilografie e sette raffinate raccolte di poesia d'impareggiabile bellezza anche tipograficamente. Insomma si occupava di cose che comportavano enormi spese, stracapita spesso perfino dai poeti che sono stati gratificati dal suo impegno, e quindi ha dovuto smettere e chiudere baracca per non... accumulare solo delusioni, indebitarsi oltre misura e finire male, finanziariamente parlando.
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Vedi anche, sui nn. 10, 11 e 12, le prime tre parti
Gitica Jakopin, Kajetan Kovič
Branko Hofman, Marjeta Novak
Milan Dekleva, Slavko Pregl
a cura di Jolka Milič