FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 11
luglio/settembre 2008

Generazioni

LETTERATURA SLOVENA PER L'INFANZIA (2)
Branko Hofman, Marjeta Novak

a cura di Jolka Milič



Chi prende in giro la mamma?
di Branko Hofman

Chi si lava senz’acqua e si pettina senza pettine?

Niko.

Chi butta qua e là i giocattoli e si ficca le dita nel naso?

Niko.

Chi non ce la fa a inghiottire un cucchiaio di minestra ed è capace di mettersi in bocca tre tavolette di cioccolato?

Niko.

E chi è Niko?

Un ragazzo eccezionale:

Quando corre per le scale tutta la casa sussulta e gli inquilini credono che ci sia il terremoto. Quando gioca al pallone abbassano le tapparelle per salvare i vetri. Quando fischia si tappano le orecchie con l’ovatta per timore di assordarsi. Quando si piazza davanti al televisore corrono al telefono per avvertire lo zoo che dalla camera di Niko si sentono i ruggiti delle tigri. Inoltre il ragazzo mastica il chewing-gum a quattro palmenti, fa scoppiare i palloncini e sputacchia dal balcone. Fa i dispetti alle ragazzine, parla a bocca piena e ne combina tante che la sua mammina non immagina nemmeno.

Ma soprattutto Niko è così ingegnoso da far venire il capogiro a chi l'ascolta. Sa ogni cosa e s'intende di tutto. Se per caso non sa qualche cosuccia se la inventa e così sa sempre qualcosa che gli altri non sanno.

Per lo più è la mamma a non sapere. Perciò Niko la erudisce:

“Secondo me bisogna mantenere le promesse.”

“Davvero?” si meraviglia la mamma.

“Verissimo,” risponde Niko dirigendosi verso la porta. “Dove vai?” Gli chiede la mamma.

“In cortile.”

“Ma guarda! E senza chiedere il permesso?”

“Mi avevi promesso di poter andarci dopo aver messo a posto i giocattoli.” Niko fa il broncio perché a suo giudizio non bisogna dimenticare cose così importanti.

“Li hai messi davvero a posto?”

Niko le assicura che tutto è okay. La mamma però non capisce l'inglese e quindi le deve ripetere che i giocattoli sono tutti in ordine.

“Vado proprio a dare un'occhiata,” dice la mamma e si avvia verso la stanza di Niko.

Sulla soglia si ferma di botto. Guarda in giro e non riesce a staccare gli occhi da ciò che vede:

Cinque automobiline sparpagliate per la camera e la sesta giace capovolta sotto il letto. I dadi sono disseminati sotto l'armadio e il tavolo, dappertutto. L'orsacchiotto senza un orecchio prende il sole sul davanzale. La giraffa ha una sciarpa al collo, le sue gambe però sporgono da sotto la coperta di Niko. Il vigile è appeso al lampadario e osserva col cannocchiale l'orizzonte. Il brigante Bibi guarda feroce dal comodino e tre gattini bianchi sbirciano intorno sul calorifero. Per terra in un angolo c'è un libriccino illustrato malconcio sul quale galleggia la nave di Niko.

La mamma lo guarda come se tutto quello che vede fosse il colmo del disordine, un vero caos, e Niko si rende subito conto di quale piega prenderanno le cose ma non ha nessuna voglia di parlare e lascia che sia la mamma ad attaccare il discorso:

“È così che hai messo a posto i giocattoli? Ma bene, benissimo!”

Niko sospetta che la mamma pensi diversamente da come parla e per ciò per prudenza non apre bocca.

La mamma passeggia per la stanza e inciampa nei dadi:

“È questo il posto dei dadi?”

“No,” risponde Niko, “ma questi non sono i dadi bensì le rovine di un grattacielo distrutto dal terremoto.”

“Potresti mettere a posto anche le rovine,” dice la mamma.

“Non posso farlo, finché non arrivano le squadre di soccorso.”

“E dove sono?” s'incuriosisce la mamma.

“Stanno arrivando con queste vetture,” la mette al corrente Niko, mostrandole col dito le automobiline sparse il giro.

“E l'orsacchiotto alla finestra?”

“Gli ho detto che andavo a giocare al pallone e, accidenti, è salito sul davanzale per fare il tifo per me.”

“Anche la giraffa si è infilata da sola sotto la tua coperta?”

“No, la giraffa no!” ammette Niko.”L'ho messa io perché ha un forte raffreddore. È venuta dal sole africano che è molto più caldo del nostro ed ha preso freddo.”

“E cosa fa il brigante Bibi nel comodino?” continua a tempestarlo di domande la mamma.

“Non è nel comodino, ma in prigione. Non toccarlo!”

“È pericoloso?”

“Con un morso può staccarti un dito. Non vedi i suoi occhi torvi?”

“E quanto tempo rimarrà in prigione?”

Niko fa le spallucce come per dire: ”non sono io a decidere, ma il vigile sul lampadario,” che però non si pronuncia finché non cattura anche i corsari che navigano col tesoro a bordo del vascello verso l'isola del libretto illustrato.

“E i gattini sul calorifero?”

“Sono Bim, Bam, Bum.”

“Bene,” ribatte la mamma, “dimmi cosa stanno facendo Bum, Bim, Bam?”

“Non sono Bum, Bim, Bam, ma Bim, Bam, Bum. Per carità, non scambiarli, altrimenti succede una baraonda.”

“Che baraonda?”

Niko spiega alla mamma che i mici sono dei gran furbastri, non c'è da fidarsi di loro. Non perdono nessuna occasione per combinare qualche disastro. Basta che Niko guardi irato Bum, ecco che Bum giura di essere Bim e d'un tratto ci sono due gatti Bim e nessun Bum. Se invece loda Bam, vogliono essere Bam tutti e tre. Insomma, tutto va a catafascio. E addio ordine.

“A te l'ordine sta molto a cuore?” gli chiede la mamma.

“Sì, molto. Voglio averlo, punto e basta,” dice Niko, perché così parla il papà, quando cerca gli occhiali che ha dimenticato in ufficio, però è colpa della mamma se non li trova a casa.

“Anch'io pretendo l'ordine!” replica la mamma. “Perciò metti prima a posto la camera, se vuoi andare in cortile.”

“Perché devo farlo?”

“Perché è la tua camera.”

“L'ho ceduta ai giocattoli, appartiene a loro. I giocattoli quindi sono responsabili dell'ordine, perciò rivolgiti a loro, me cancella pure dall'elenco.” Niko si ribella disperatamente, gli sembra addirittura incredibile che la mamma si ostini a non capire verità così elementari.

“Esigo da te di riordinare la stanza, e perciò non m'interessano i tuoi patti con i giocattoli,” lo rimbecca la mamma.

“Ma non vedi che è a posto?” insiste testardo.

“Ti sembra?” La mamma lo guarda in un modo che solo lei conosce.

“Non si può fare di più, meglio di così è impossibile. Inoltre, al giocattoli non rinfacci mai il disordine. lo invece non sento altro che rimproveri. Non è giusto.”

“Credi che i giocattoli mi ubbidirebbero se pretendessi da loro di tornare dritti dritti al loro posto negli scaffali?”

Niko increspa la fronte e alla fine sbotta:

“Anche se ti ubbidissero, te ne vorrebbero.”

“Perché?”

“Perché interromperesti tutte le straordinarie avventure che stanno felicemente vivendo. Li priveresti della gioia e senza gioia non c'è vita. I giocattoli non se lo meritano proprio.”

“E questa dove l'hai pescata?”

“Non l'ho pescata da nessuna parte. So che è così.”

“Oh, le tue solite vanterie!” sospira la mamma, poi si mette a pensare e, alquanto perplessa, non sa che partito prendere.

Per Niko è un buon segno, anzi, è venuto il tempo, a suo parere, di non dover risparmiare le parole: “Lascia in pace la stanza. Se ai giocattoli piace così, deve piacere pure a noi. Su, mammina, andiamo, spicciamoci,” la sollecita.

La mamma finalmente sorride e gli dà una tiratina ai capelli:

“Sei proprio bravo a prendermi in giro, mio piccolo zazzerone! A furia di frequentarti imparerò ancora moltissime cose.”

“Senza dubbio,” giubila Niko, compiaciuto.

Poi pian piano chiudono la porta per non disturbare i giocattoli mentre giocano.

Niko è contento che tutto sia finito in questo modo, anche se non capisce perché la mamma sopporti con tanta indulgenza le sue burle. Senza spazientirsi perfino o provare imbarazzo. Al contrario: sorride dolcemente e cammina ancora più disinvolta.

Da Niko, naturalmente, imparerà ancora tanto, ma proprio tanto. Nessuno ne dubita.


Titolo del testo originale "KDO MAMICI SOLI PAMET"
Mladinska knjiga, Ljubljana 1985

Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič




I micicani
di Marjeta Novak

Oltre la ringhiera del balcone sbuca la testa rotonda di Lentigginino. Il bambino, in punta di piedi, è già grandicello. Ieri la mamma l'ha portato a una mostra canina e, da allora, non si dà pace. Alla mostra gli è venuto un terribile desiderio, così espresso: “Vorrei avere un cane.” Sembra un desiderio comunissimo, ma non è così. Ogni desiderio deve trovare l'orecchio giusto per poter realizzarsi, ma per il desiderio di Lentigginino di orecchi giusti non ne esistevano proprio. Al contrario nelle sue orecchie entrano già i profondi sospiri del padre: “Ma non vedi che da noi non c'è spazio?” E gli strilli indignati della mamma: “Che altro ti verrà in mente!”

Mentre Lentigginino meditava tristemente, perfino le sue efelidi diventarono livide.

“Bau, bau, bau,” sentì allora abbaiare sotto il balcone. Lentigginino stentava a crederci, sotto c'era un'enorme bestiaccia simpatica e accattivante, aveva una coda lunghissima. Arrivava certamente fino in fondo alla via e perfino dietro l'angolo. Mamma mia, che spavento per tutti. Lentigginino però non si perse d'animo, anzi, armandosi di coraggio filò come una freccia giù per le scale. Giunto in strada, dovette camminare cinque minuti da una zampa all'altra e altri cinque in senso inverso.

“Cosa stai curiosando, pulce canina'!” abbaiò a piena gola il cane pieghevole Elastico. “Bau, op là!” e subito si restrinse diventando un normale cane di piccola taglia. A Lentigginino non incuteva più paura. “Assomiglia a una vecchia e buona fisarmonica”, pensò tra sé.

“Bau, op là, allungati. Bau, op là, acciambellati”, saltellava Elastico. Teneva la testa in su e la coda in giù, tutto come si deve. Solo il corpo era ad un tratto cortissimo.

“Posso diventare più piccolo del più piccolo orsacchiotto di pezza”, si vantava Elastico. “Sono un cane moderno per un appartamento moderno. Mi arrotolo e, op là, puoi nascondermi nella scatola dei giocattoli. Domenica hai gente in visita e, op là, mi stiro e allungo per tutto il corridoio, così gli ospiti vedono che bel cane sono. Pratico, no?

“Sei davvero un portento'“ bisbigliò Lentigginino con ammirazione.

“Le giraffe avevano il collo pieghevole molto prima dei cani a fisarmonica”, spiegò modestamente Elastico. “Ma purtroppo un giorno il collo si guastò e da allora nessuno è più capace di piegarlo per quanti sforzi faccia”.

Elastico sembrava molto saggio ma anche un po' triste.

“Che preoccupazione ti sta rodendo!” gli chiese Lentigginino gentilmente.

“Mi sento terribilmente solo. Sono l'unico cane pieghevole al mondo mugolò malinconicamente e questa volta arrotolò in fretta solo la coda. “Mi piacerebbe trovare qualcuno per andare a spasso di notte, qualcuno che sappia cacciare le ombre variopinte e per giunta acciuffare la stella cometa per la coda.”

Lentigginino posò il dito sulla sua più grande efelide e si mise a pensare, a pensare. “Ecco,” disse dopo qualche minuto,”credo che Micetta sarebbe il tipo ideale per vagabondaggi di questo genere.”

“E che razza di gatta è Micetta” si interessò Elastico.

“Ha il coraggio dei cani in genere e la cortesia dei gatti in particolare.” “Bau-miao”, si sentÌ allora miagolare sul tetto vicino.

“Cosa sono queste smancerie?” si stupì Elastico.

“Ecco che arriva la nostra Micetta,” disse compiaciuto Lentigginino. “La gatta più istruita del luogo, puoi convincerti da solo che cocuzza ha. Parla tutte le lingue canine e feline, e quando le vien voglia di qualche coscia di merlo sa anche fischiare. Eh, sÌ, Micetta è in gamba!”.

“Bau, ap - cì!” starnutì Elastico. Questo gli succedeva sempre quando qualcosa di bello stuzzicava i suoi occhi. Ma non si lasciò adescare dal tenero e scintillante sguardo di Micetta. Neanche per sogno. Si arrotolò ancora più stretto per contemplarla con tutto comodo da lontano.

“Miao, miao”, Micetta si tirò il pelo più lungo dei suoi baffi d'argento e cominciò a suonare su di esso in modo struggente.

Sapeva anche tutte le vecchie melodie canine ed Elastico finì per trovarsi a proprio agio, come in famiglia, dimenticò perfino di ripiegare il suo grande cuore canino sentendosi irresistibilmente attratto lassù, verso il comignolo di Micetta. Lentigginino fu preso da spavento temendo per lui. Lo afferrò subito per la coda, ma era troppo tardi. Elastico cominciò ad allungarsi a non finire, finchè non raggiunse il tetto. Micetta aveva una bella pelliccia grigia, però agli occhi lucenti di Elastico pareva tutta d'argento. Accettò anche il suo regalo. Un regalo? Sì. Il gustoso osso pieghevole di un prosciutto cotto in casa. Era stata Micetta a prepararlo alla canina. Elastico non aveva altra scelta. Vuoi non vuoi, lui stesso e spontaneamente ammise alla fine a Lentigginino:

“Sì, Micetta è proprio in gamba!” Insomma si degnò di stringere amicizia con lei e non è il caso di commiserarlo per questo o di tenergli il muso.

Da allora in poi, tutte le notti erano piene di latrati e di miagolii, finché... finché... un bel giorno non nacquero - piegati alla perfezione - dei piccolissimi micicani. Proprio sei. Per precisare: tanti quanti erano i bambini del caseggiato. Lentigginino naturalmente decise di tenersi Elastico, preferendolo a tutti. Fino a quando i micicani erano piccoli si piegavano a fatica, dopo però se la cavarono discretamente, Avreste dovuto vederli! Erano vari e multiformi, con la nobile testa canina e il soffice corpo felino, con un’altissima coda canina e tenere zampette di gatto. Tip - tap, tip - tap, a passettini felpati i micicani giravano e se la spassavano con i bambini davanti al caseggiato, lasciandosi accarezzare da chiunque.

“Bau, miao, bau, miao”, dicevano di tanto in tanto, a seconda dell'umore. Gironzolavano a testa alta con spavalderia. Perfino il ringhioso cagnaccio di un vicino non interessava più nessuno.

“Uffa! come mi annoio,” sbadigliò mettendo in mostra le zanne.

“Suvvia, mettiti a baumiagolare un pochino con noi,” gli proposero magnanimi i micicani.

Avreste dovuto vedere con quanta pazienza imparava a baumiagolare il feroce bestione. Non ringhiava più con tanta arroganza. Ripeteva umilmente. Da principio pareva che prendesse in giro se stesso:

“Biau, biau, mau, mau”. Alla fine però riuscì a spuntarla.

“Bau, miao, bau, miao”, echeggiava da una casa all'altra.

Solo ogni tanto si sentiva:

“Biau, mau, biau, mau”, quando insomma il cane del vicino sbagliava e faceva una stecca.

“Cagnone stupido e presuntuoso”, lo motteggiavano i micicani, ma con simpatia, senza guardarlo in cagnesco.


Titolo del testo originale "KUŽMUCKE"
Mladinska knjiga, Ljubljana 1984

Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič




Note biografiche di Branko Hofman e Marjeta Novak Kajzer

Branko Hofman, poeta, scrittore, drammaturgo e pubblicista, nacque nel 1929 a Rogatec in Stiria e morì stroncato dal cancro al culmine della sua creatività, nel 1991, a Ljubljana in Slovenia, dove passò la maggior parte della sua vita. Laureato in letteratura comparata e filosofia, iniziò la sua carriera come giornalista, poi fino alla morte fu redattore in una delle case editrici più importanti, concentrate quasi tutte nella capitale.
Opere letterarie: sette raccolte di poesia, quattro libri per l’infanzia, cinque lavori di teatro, un libro di racconti e tre romanzi, l’ultimo dei quali Noč do jutra (Notte fino all’alba), 1981, ha sollevato in quei tempi molto scalpore, trattandosi di un suggestivo romanzo giallo psicologico con colpi di scena, ma anche con un capitolo che i governanti non si aspettavano che trattava con abbondanza di dettagli l'inquietante tematica dei detenuti politici sul Goli otok e della violenza repressiva comunista che allora erano argomenti severamente proibiti e messi sotto silenzio. Ben poche persone ne sapevano qualcosa. Il libro, per un dato periodo, è stato tolto dalla circolazione e Hofman sottoposto a pressioni di ogni genere, ma i tempi erano ormai maturi anche per questa specie di informazioni carenti di critica e autocritica del governo. Dopo la… burrasca il libro è stato rimesso in vendita e tradotto in più lingue pubblicato anche all’estero. Hofman ha pubblicato inoltre due volumi di conversazioni. Il primo è intitolato: Pogovori s slovenskimi pisatelji (Conversazioni con gli scrittori sloveni), 1978, in cui c’è un esiguo numero di donne tra gli imperanti uomini e, dopo dieci anni, nel 1988, forse per riparare il torto fatto nei confronti del sesso gentile ha dato alle stampe Iskani in najdeni svet (Il mondo cercato e trovato), riempendolo stavolta solo di… penne al femminile, dedite all’arte difficile della scrittura, anche questa operazione ironico-arbitraria non è passata inosservata, ma discussa da ambo i sessi, comunque tutti e due i libri molto letti e di piacevolissima lettura.
E adesso i titoli dei libri per l’infanzia: Ringo star, 1980; Tonka Paconka (Simona la pasticciona), 1982; Kdo mamici soli pamet (Chi prende in giro la mamma?), 1985 e Ringo potepuh (Ringo, il vagabondo), 1990.




Scrittrice, redattrice, giornalista, traduttrice e adesso consigliere del ministro al Ministero della cultura in Slovenia, Marjeta Novak Kajzer è nata nel 1951 a Ljubljana, dove generalmente vive e dove si è anche laureata alla Facoltà di filosofia in lingua e letteratura slovena e in lingua e letteratura francese, ottenendo qualche anno dopo il dottorato di ricerca in letteratura francese a Parigi all’INALCO. Nello stesso istituto parigino si è laureata in seguito in lingua ungherese.
Prima di approdare al Ministero ha svolto molte cariche importanti e di grande responsabilità nel campo della cultura, giornalismo ed editoria. Ha intervistato importanti scrittori francesi, tra cui L. Aragon, I. Ionesco, A. R. Grillet, N. Sarraute, R. Gary e altri presentandoli ai lettori sloveni. Ha tradotto anche qualche libro, prevalentemente dalla letteratura francese. Ha pubblicato quattro romanzi: Vrtiljak (La giostra), 1983; Kristina, 1985 (premio Kajuh, tradotto anche in serbocroato); Vila Michel (Villa Michel), 1987 e Posebne nežnosti (Tenerezze particolari), 1990. Nel 1993 è uscito il suo libro di colloqui con gli scrittori sloveni dal titolo Kako pišejo (Come scrivono) e nel 1994 è coautrice dell’almanacco Noč v Ljubljani (Notte a Ljubljana).
Ha scritto cinque libri per l’infanzia: Sova v pižami (La civetta in pigiama), 1982; Kužmucke (I micicani),1984; Nepovabljeni rožnati gost (Il non invitato ospite rosa), 1990; Mama gre trikrat okrog sveta, 1993 (nel 2005 esce anche l’edizione italiana: La mamma fa tre giri intorno al mondo) e Arne na potepu (Arne a zonzo), 1995, quest’ultima opera anche in audiocassetta e tradotta in cinese e coreano.

(foto di Sašo Trupej)

 

jolka.milic@siol.net




Vedi anche, sul n. 10
Letteratura slovena per l'infanzia (1). Gitica Jakopin, Kajetan Kovič
a cura di Jolka Milič