FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 12
ottobre/dicembre 2008

Suoni di versi

LETTERATURA SLOVENA PER L'INFANZIA (3)
Milan Dekleva, Slavko Pregl

a cura di Jolka Milič



Alle diciannove di mattina
di Milan Dekleva

Miro è un ragazzetto moderno. Con una mamma e un papà moderni, vive in un appartamento moderno, naturalmente, in una città altrettanto moderna. Miro non riesce a immaginare che l'elettricità sia giunta nella sua città solo novant'anni fa. Adesso vi si trovano studi televisivi e radiofonici, cinematografi e teatri, case editrici e sedi giornalistiche, istituti di ricerca e centri di elettronica, telegrafi, telefoni, insomma tantissime società che ogni minuto ricevono e trasmettono migliaia di dati e di informazioni. Il papà dice che la vita si è automatizzata e che siamo schiavi della tecnica. La mamma replica che la gente, a furia di studiare, è diventata completamente idiota. Queste cose Miro non le capisce del tutto, ma quando non ha voglia di andare all’asilo dice alla mamma che ha paura di diventare troppo furbo. Un'altra cosa non entra nella testolina di Miro: visto che tutto è automatizzato, come mai la gente ha così poco tempo per giocare al pallone, a nascondino, e per raccontare le favole?

“Sapresti spiegarmi”, chiese Miro un mattino al padre, “perché guardi sempre l'orologio quando ti faccio una domanda e dici di non aver tempo?”.

“Non ho tempo”, gli rispose il paparino.

“Odio il tempo”, stabilì testardamente Miro. Il papà smise di annodarsi nervosamente la cravatta e lo guardò con tenerezza: “Sai, il tempo ci domina, ho fretta di andare in ufficio, manca solo un quarto alle otto.”

“Se manca un quarto alle otto,” disse Miro, “significa che hai ancora tre quarti d'ora a disposizione, prima di dover filare in ufficio. È un bel po' di tempo.”

“No, no”, sorrise il papà, “quando manca un quarto alle otto, vuol dire che sono le sette e tre quarti, ossia è pochissimo tempo.”

“Queste cose io proprio non le capisco e non le capirò mai”, ribatté Miro.

“Certo che le capirai”, disse il papà. “Te le spiegherò stasera.”

“Alle sette?” chiese Miro.

“Beh, diciamo alle diciannove”, gli rispose il papà. “Le sette di mattina sono di sera le diciannove.”

Quando il papà se ne andò, la mamma condusse Miro all'asilo e cercò, strada facendo, di spiegargli perché il telegiornale cominciava alle venti e non alle otto.

“Cosa succederebbe”, chiese Miro, “se cominciasse alle otto?”

“Allora andrebbe tutto alla rovescia”, gli rispose la mamma.

Ed infatti dopo andò tutto alla rovescia. Innanzi tutto nella testolina di Miro, e di sera quando andò a dormire, nei suoi sogni. Alle diciannove, il papà non rientrò e quindi non trovò il tempo di spiegargli come era complicata tutta questa storia.

Alle ventiquattro, cioè a mezzanotte, Miro sognò che nella sua città moderna e automatizzata qualcuno aveva commesso uno sbaglio. All'alba, nel centro per la regolamentazione elettronica del tempo, una pulitrice aveva sbadatamente interrotto il commutatore principale. Il tecnico di turno, dopo aver schiacciato un pisolino, si era svegliato di soprassalto e aveva guardato l'orologio digitale constatando che erano le sette. Poiché faceva ancora buio, aveva pensato che fuori fosse sera e che l'orologio avrebbe dovuto segnare le diciannove. Aveva ordinato al cervellone di fissare l'ora esatta sul suo orologio. Dopo un istante, in tutte le case, le scuole e le fabbriche, erano le sette di sera, invece delle sette di mattina. Gli operai che stavano per mettere in moto i macchinari, si erano sentiti prendere da una grande stanchezza e filarono a casa per cenare. I bambini, che si stavano affollando davanti alla scuola, avevano visto che lì non c'era nessuno e, di corsa, tornarono a casa, per non perdere il cartone animato alla TV. Gli annunciatori televisivi, già pronti per leggere i notiziari del mattino, e per riposare poi un pochino durante la trasmissione di agricoltura già registrata, si misero a cercare febbrilmente gli spezzoni dei film della settimana, i quiz e le interviste. Il redattore del programma radiofonico, mentre telefonava all'ufficio, dalla rabbia stava per divorare il filo del telefono. A casa, proprio quando si infilava il pigiama, gli avevano telefonato dalla Radio avvertendolo che tra un paio di minuti, in mattinata avrebbe avuto inizio una riunione straordinaria del governo.

Alle otto i rivenditori di generi alimentari in giro per la città a far consegne si erano accorti esterrefatti di aver fatto nientemeno che dodici ore di straordinario. Basta per oggi, esclamarono, chiudendo gli sportelli dei camion. Allo stesso tempo si potevano vedere per le vie molti frettolosi violinisti, ballerini e attori, ancora in costume, e qualche fornaio con le borse sotto gli occhi per la stanchezza. Gli artisti correvano ai concerti e alle recite con sensibile ritardo, senza sapere il perché. I panettieri che avevano appena smesso il lavoro notturno, si erano resi conto all'improvviso che si era fatta nuovamente sera e se n'erano tornati al lavoro, completamente distrutti dalla fatica.

Alle dieci del mattino le vie erano deserte. Solo qualche guardia notturna pedalava in bici verso il posto di lavoro, anche se le pareva eccessivo il chiarore, data la stagione in corso. I beoni ritardatari, bussavano invano alle porte delle osterie e dei buffet chiusi. La gente chiudeva le imposte e nonostante le severe norme di economia energetica, aveva acceso le luci in pieno giorno. Tutta la città era in procinto di andare a dormire, gli aerei che sorvolavano il territorio nazionale e i treni internazionali alle stazioni di frontiera si erano accorti, per la prima volta nella storia del traffico, di essere arrivati a destinazione con dodici ore di anticipo.

Alle quattro, quattro e mezzo pomeridiane, erano cominciati ad arrivare nelle fabbriche i primi operai, alquanto sorpresi a causa degli autobus vuoti. Il caos era totale, così totale da svegliare Miro. Nella sua stanzetta però c'era un gran silenzio e buio pesto.

“Mamma, papà, vi siete dimenticati di venire a prendermi all'asilo”, strillò Miro. Dalla stanza accanto si sentirono dei brontolamenti assonnati.

“Sei impazzito a svegliarci nel cuore della notte?” borbottò il papà che era rincasato alle ore piccole, facendo tardi in un convegno. Al lettino di Miro si avvicinò pian piano la mamma, gli accarezzò i capelli e gli domandò: “Cosa hai sognato? Hai combinato di nuovo qualche pasticcio? Questo succede perché papà non ha mai abbastanza tempo per spiegarti le cose per filo e per segno.”

Per un po' Miro rimase zitto, poi bisbigliò: “Sai, mamma, stavolta è andato tutto liscio. Come in un film.” E si mise a ridere.

“Vuoi saperne di più?”

“Dimmi.”

“Adesso mi è tutto chiaro riguardo al tempo. Ti spiegherò domattina alle diciannove come stanno queste cose.”


Titolo del testo originale "OB DEVETNAJSTIH ZJUTRAJ"
Mladinska knjiga, Ljubljana 1985

Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič




Medicina per bimbi indocili
di Slavko Pregl

NON SI SA

La penna stilografica rinfacciò alla matita automatica a sei colori: “Sei troppo volubile. Non ci si può fidare di te. Cambi colore secondo le occasioni.”

OGNI COSA A TEMPO DEBITO

“Senza di me, tutto il traffico certamente finirebbe con l'arrestarsi”, disse
il semaforo facendo l'occhietto al lampione stradale.
In quell’istante arrivò un vigile, mise fuori funzione il semaforo e si piazzò
in mezzo alla strada.
Del semaforo nessuno più nemmeno si accorse.

STORIELLA NOIOSA

La noia sonnecchiava sul divano.
“Vieni con noi,” le disse l’allegria. “Andiamo a ballare.”
“Ci andrei, ma devo riposare ancora un pochino sul fianco sinistro,” rispose la noia voltandole le spalle.
“Vieni con noi,” la invitò il gioco. “Ci divertiremo.”
“Oh, un pisolino supina non l’ho schiacciato ancora”, borbottò la noia.
“Faremo delle belle corse, unisciti al nostro gruppo”, la chiamò il movimento.
“Neanche per sogno, bocconi non ho dormito ancora”, sbuffò la noia.
Di sera, volgendo lo sguardo verso il soffitto, disse:
“È terribile come passa presto il tempo. Non riesco a combinare proprio niente.”

CHI HA RAGIONE

La vetrina era piena di maschere. C’era un viavai di gente e tutti incollavano i nasi sui vetri.
“Oh, oh, che maschere buffe”, rideva la gente.
“Oh, oh, che gente buffa”, ridevano le maschere.

CURIOSITÀ

“Mi scusi,” disse la D salutando gentilmente la I, “che dieta osserva per essere così straordinariamente snella?”

SAGGEZZA SPICCIOLA

“Pian pianino comincerò a dubitare di tutti questi discorsi sulla libertà,” finì per spazientirsi la matita. “Io scrivo di continuo sotto pressione.”

PUNTI DI VISTA

“Uh, non vorrei essere al tuo posto per niente al mondo,” disse l'inizio del film chiacchierando con la fine. “Al tuo arrivo tutto è già bell'è finito da un pezzo.”
“Infatti,” replicò senza scomporsi la fine del film. “Però alla mia apparizione si alzano tutti quanti.”

CHE RAZZA DI OCCUPAZIONE

“È una cosa tremenda'” esclamò la gomma. “Tutta la vita non faccio altro che imbattermi in errori!”

GLI INCERTI DEL MESTIERE

“Ogni cavallo di questo mondo può finire sotto di me!” si vantava la sella. “Già, già, ma appunto per questa ragione tu servi ogni sedere che ti monta addosso,” soggiunse il frustino.

FORSE LA PROSSIMA VOLTA?

L’occasione mancata arrivò di corsa alla stazione delle autocorriere. “Uff”, ansimava, “mi piacerebbe tanto sedere sul sedile davanti, accanto al conducente.”
“Niente di più facile,” le disse l’orario.
“Il posto era libero. Però la corriera è già partita.”

PESSIMO COLLABORATORE

“Tu non avrai mai amici,” disse la squadra al compasso, “durante il lavoro pungi continuamente.”

TRISTE SORTE

“Taluni se la passano malissimo al mondo”, piagnucolò lo zerbino.
“Durante la settimana tutti si puliscono le scarpe su di me, ma giunto il sabato la padrona me le dà di santa ragione col battipanni, invece di essermi grata per averle trattenuto tutta la sporcizia davanti alla porta.”

MISURA DELLE FORZE

“Io sono il più forte”, disse l'argano. “Sollevo intere pareti per edifici.”
“Io sono ancora più forte,” obiettò il camion. “Trasporto due gru contemporaneamente.”
“Non so cosa pensare a questo riguardo,” mormorò il guasto meccanico. Però se mi salta il ticchio, posso mandarvi a carte quarantotto.”

PERICOLOSE FANFARONATE

Il bottone di una camicia da uomo e quello della cabina di pilotaggio di un aereo finirono per incontrarsi.
“Basta solo che qualcuno mi schiacci e già l'aereo comincia a decollare o ad atterrare”, si gloriava il bottone della cabina.
“Tu sei certamente il bottone più importante al mondo”, disse rispettosamente il bottone della camicia.
“Non scordatevi di me”, s'intromise il bottone dell’ascensore e tutti e tre rimasero inaspettatamente bloccati tra due piani.

CONVERSAZIONE FUMOSA

Il fumo del comignolo di una casa, il fumo di un tubo di scappamento e il fumo di una sigaretta giocavano all'uomo nero e conversavano fra loro.
“Io sono il più importante, perché raggiungo altezze vertiginose”, disse il fumo del camino.
“Io sono il più importante, perché esalo dall'automobile”, disse il fumo del tubo.
“E io che penetro nei polmoni umani?” vociferò il fumo della sigaretta.
“Accidenti che aria infetta!” disse l'uomo nero svignandosela dalla carta nel bosco.

LIBERTÀ E PRIGIONIA

“Penso che si dovrebbe abolire le parentesi”, esclamò il punto esclamativo.“Non è assolutamente ammissibile che ancora ai giorni nostri le parole vengano rinchiuse.”

OGNUNO HA QUALCHE COSA

“La mia vita è stupenda”, si vantò il callo. “Giro sempre con scarpe nuove ai piedi.”
“Anch'io non posso lamentarmi”, disse la T maiuscola, “dovunque io vada, ho un tetto.”

MISERA RICOMPENSA

“La vita è piena di ingiustizie”, singhiozzava lo spazzolino da denti, “giorno e notte cerco di fare solo del bene alla gente, questi ingrati invece mi mostrano i denti.”

PIACERE E DOVERE

“Mi piacerebbe proprio vedere quei bambini che preferiscono te a me”, si pavoneggiava la caramella.
“Tutti i bambini che ti vogliono bene, prima o poi vengono da me”, le rispose il trapano dentistico.

ACQUA LIMPIDA E ACQUA TORBIDA

“Sfacciato”, montò su tutte le furie il lago, prendendosela con il ruscello che gli saltellava vivacemente addosso. “Turbi solo la pace e dondoli le barche sul mio specchio!”
Il ruscello allora cambiò letto scorrendo a rispettosa distanza dal lago. L'acqua del lago diventava sempre più scura.
Le barche arricciarono i nasi: “Che schifo! In acque così sporche non navigheremo.”
E se ne andarono altrove.

CHE COSA È PIÙ IMPORTANTE

La locomotiva fischiò:
“Io sono il pezzo più importante del treno. Senza di me non può neanche muoversi!”
“Ma va là”, disse il vagone, “il treno è importante per merito nostro che trasportiamo buone mercanzie!”
E dagli tutti e due a litigare e a rimbeccarsi.
“Smettetela una buona volta”, uscì dai gangheri lo scambio, “soltanto assieme valete qualcosa, ognuno per sé non contate niente!”

OGNI GIORNO

“Oggigiorno con maniere graffianti e incisive non si fa strada”, brontolò l'unghia, accorciata poc'anzi con un colpo secco di forbici.

DUE TOMI SCONTENTI

Sul tavolo del maestro s'incontrarono la cartella delle circolari e il libro di lettura per la seconda classe elementare.
“È orribile”, disse la cartella. “Non ne posso più. In un anno scolastico devo frequentare tutte le classi senza eccezione.”
“Ma dai, non esagerare”, protestò il libro di lettura. “Comunque te la cavi meglio di me. Io piuttosto dovrò ripetere la seconda per tutta la vita.”

LA RUOTA ANTERIORE E QUELLA POSTERIORE

La ruota anteriore dell’automobile girava guardando indietro la ruota postenore: “Ah, ah! Gira un po’ più in fretta, su, acchiappami, se ci riesci!”
La ruota posteriore girava e ansimava rimanendo però sempre indietro.
La ruota anteriore cicalava spensieratamente: “Io sono la più brava, sempre la prima dappertutto.”
Ma un bel giorno sulla strada venne a trovarsi un chiodo. La ruota anteriore gli passò sopra e si sgonfiò completamente. L'autista la staccò fissando al suo posto la ruota di scorta. La ruota posteriore girava e ansimava, poi strizzò l'occhio alla sua vicina: “A volte è perfino utile starsene didietro!”

MEDICINA PER BIMBI INDOCILI

Nella sala del concerto, prima delle prove, succedeva un pandemonio. La grancassa strepitava, la tromba strombettava, i violini stridevano, tutti gli strumenti accennavano per conto proprio brani vari di musica. “Fate silenzio!” sbraitava il podio, ma nessuno gli dava ascolto: ogni strumento musicale si stava accordando con la propria melodia.
Allora la bacchetta del direttore d'orchestra diede qualche colpetto al pulpito: “Toc, toc, toc!”
E subito regnò il silenzio.
“Che vergogna!” sussurrò il leggio. “Con le buone non si ottiene niente da voi. Solo la bacchetta vi tiene a freno!”

PUNTO DI VISTA

“Beh, almeno una volta mi piacerebbe condurre in qualche altra direzione”, si lamentò la svolta destra.
“Niente di più facile,” interloquì bruscamente la pietra miliare”, volgi lo sguardo sul cammino percorso.”

VANTERIE INUTILI

Nell'armadio scolastico da una scatola sbucò un gessetto, si stiracchiò e disse: “Oh, come sono felice.”
“E perché mai?” gli chiese il grande compasso.
“Perché appartengo a una famiglia dotta. In tutte le scuole del mondo scriviamo ogni genere di saggezze che i bambini dopo devono imparare”, rispose il gessetto, dandosi delle arie.
“E non romperci le scatole con la tua saggezza“, sbottò la spugna. “Tanto sparisce subito. Basta che io la sfiori.”
“Perché non dite piuttosto che tutti e due non servite a nulla, finché il maestro non vi prende in mano?” chiese il compasso.

MALATTIE PROFESSIONALI

Il lavello, quando gli chiesero come stesse di salute e di valute, emise un gemito: “Male, male. Ho sempre l'acqua alla gola!”

CHE TEMPI!

“Il mondo sta diventando sempre più triste”, sospirò una vecchia barzelletta, “è da un pezzo che non vedo più una faccia ridente da nessuna parte!”

SPIEGAZIONE INTERESSANTE

“Ecco cosa succede a chi vuol prendere le curve troppo in fretta!” Così la M maiuscola ammonì le piccole m, mentre passavano davanti alla W.

VITA GRAMA

“Nessuno al mondo mi ama”, sospirava il pallone, “non appena corro verso qualcuno, mi piglia a calci.”

DOVE SI STA MEGLIO

Il cappello si guardava intorno con aria d'importanza.
“Accipicchia, com'è bello quassù”, disse. “Tutti mi stanno sotto.”
Poi un bel giorno cominciò a soffiare un vento contrario, al quale non era avvezzo. Una raffica lo portò via e finì miseramente nella polvere.
“Checché se ne dica, coi piedi per terra si sta molto meglio”, abbozzò un sorrisetto malizioso la scarpa. “Inoltre, è impossibile cadere più in basso.”

IL VERO ARTISTA

“Io sono un vero artista”, sosteneva il lapis, “in ogni opera che intraprendo, ci metto una parte di me stesso.”

LAVORO INGRATO

“È estremamente pericoloso diffondere notizie”, disse il manifesto. “Non appena esco, mi mettono subito al muro.”

SERIO AVVERTIMENTO

“Non frequentarlo assolutamente quello là”, suggerì il tetto alla giovane antenna, mentre discorrevano del fulmine. “Chiunque sia venuto in contatto con lui, si è scottato.”

CONSIDERAZIONE OVVIA

“La vecchiaia è proprio una rogna”, andava rimuginando la buca nella strada. Più invecchio e ingrandisco, più tutti mi scansano!”

STRANEZZA

“È davvero strano”, ragionava l'ombra. “Quando fa buio e quando piove sono dappertutto, ma nessuno si accorge di me. Tutti mi cercano solamente quando brilla il sole e non sono un granché.

NIENTE DI STRANO

“Niente di eccezionale se è caduto”, disse la sedia alla vista di un bel pezzo d'uomo sbronzo. “In fondo, il poverino ha solo due gambe!'”

OSPITE MALINCONICO

“Non ho nessunissima voglia di prender parte a quel the”, mugolò il limone, “perché tutti incominciano subito a torcere la bocca e a fare smorfie acide.”

CHE FARE?

L'imbarazzo si lambiccava il cervello su come procurarsi del cibo e riempirsi la pancia. La vergogna, passando di là, gli sedette accanto e si mise a riflettere dove scovare qualcosa da mettere sotto i denti. Ai due si unì anche l'esitazione.
“Non so, non so proprio,” disse l’imbarazzo.
“Ehm, ehm,” soggiunse la vergogna.
“Ebbene, sì, veramente,” fece eco l’esitazione. “Chi non adopera la lingua, non mangia pane.”


Titolo del testo originale "ZDRAVILO ZA POREDNEŽE"
Mladinska knjiga, Ljubljana 1982

Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič




Note biografiche di Milan Dekleva e di Slavko Pregl

Milan Dekleva, poeta, prosatore, saggista e traduttore è nato nel 1946 a Ljubljana, dove vive e lavora. Laureato in letteratura comparata e teoria letteraria. Per un certo periodo ha insegnato musica, poi ha fatto il giornalista, infine – da moltissimi anni – è redattore alla TV Slovenija. Era membro del gruppo musicale Salamander e compositore di musica da scena. Scrive poesia e prosa per l’infanzia, scenari televisivi e pubblicistica letteraria e musicale, traduce dall’inglese e dall’italiano. Ha pubblicato 18 raccolte di poesia, 5 libri di narrativa, 2 volumi di saggi, 8 lavori teatrali e radiofonici e 2 scenari televisivi. Per le sue opere di poesia, prosa e saggistica ha vinto tutti i premi nazionali più importanti. Inoltre ha dato alle stampe otto libri-racconti per l'infanzia: Ob devetnajstih zjutraj (Alle diciannove di mattina), 1985; Totalka odštekan dan (Un giorno del tutto svitato), 1992; Bučka v Broodwayu (Zucchina a Broodway), 1993; A so kremšnite nevarne (Sono pericolosi i pasticcini?), 1997; Virus za smeh (Virus per ridere), 1997; Naprej v preteklost (Avanti nel passato), 1997; Kako so nastale ZDA (Come sono sorti gli Stati Uniti d’America), 1998 e Rahlo pegaste sanje (Sogni leggermente lentigginosi), 2003. È stata messa in scena una dozzina di suoi lavori per l’infanzia: musical, recite teatrali e rappresentazioni con le marionette, tra cui: Zgodba o Ferdinandu (Storia di Ferdinando), 1978; Sanje o govoreči češnji (Il sogno del ciliegio parlante), 1982; Magnetni deček (Il ragazzino magnetico), 1982; Zveza diamantnega čuka (Unione della civetta di diamante), 1989; Igra o strašnem volku (Recita sul terribile lupo); Mi se ne damo (Noi teniamo duro), 1995; Od ene do nič (Da uno a zero), 1999 e Tri prašičji prašički (I tre maialeschi maialini), 2006.




Slavko Pregl, scrittore, editore e pubblicista, è nato nel 1945 a Ljubljana, dove vive e lavora. È laureato in economia. Ha scritto libri umoristici e satirici: Nova zgodovina (La nuova Storia), Basni (Favole), Olimpiada v živalskem vrtu (Olimpiadi allo zoo), Zadnja želja (L’ultimo desiderio) e nel 2003 per un racconto satirico ha ottenuto il Grand prix al concorso internazionale Aleko a Sofia in Bulgaria. Ha pubblicato una trentina di libri per l’infanzia e la gioventù e ricevuto tutti i premi indetti in Slovenia per questa specie di letteratura. Inoltre dalle sue opere hanno tratto due serial televisivi: Odprava zelenega zmaja (La spedizione del drago verde) e Geniji in genijalci (Geni e genialoidi) e due serie di cartoni animati: Basni (Favole), Zgode na dvoru kralja Janeza (Avventure alla corte di re Janez). Dalla lunga lista dei suoi libri per l’infanzia e la gioventù - di solito ristampati e fatti di racconti brevi dal piglio umoristico e con una solare visione della vita - ne citerò solo una decina: la già menzionata "Spedizione del drago verde"; Priročnik za klatenje (Manuale per vagabondare); Bojni zapisi mestnega mulca (Annotazioni battagliere di un ragazzo di città); Papiga v šoli (Il pappagallo a scuola - che poi in un nuovo libro ci ritorna); Počesane muhe (Mosche pettinate – nozioni divertenti di galateo); Geniji v kratkih hlačah (Geni in calzoncini corti – premio Levstik); Geniji v dolgih hlačah (Geni in pantaloni lunghi); Male oblačne zgodbe (Piccole storie nuvolose); Srebro iz modre špilje (L'argento della caverna azzurra – premio Večernica) e Spričevalo (La pagella). In stampa Zgodba iz sedmega nadstropja (Una storia dal settimo piano) e Geniji brez hlač (Geni senza pantaloni).

(foto di Tomaž Berčič)

 

jolka.milic@siol.net




Vedi anche, sui nn. 10 e 11, le prime due parti
Gitica Jakopin, Kajetan Kovič
Branko Hofman, Marjeta Novak
a cura di Jolka Milič