FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 7 luglio/settembre 2007 Altre terre |
QUANDO "LA TERRA IN CONFLITTO" di Stefano Greco |
È la scena iniziale di Novecento, il "monologo" di Alessandro Baricco che il regista Giuseppe Tornatore ha brillantemente riportato nel film "La leggenda del pianista sull'oceano".
I primi oggetti che centinaia di emigranti di oggi vedono, al posto della Statua della Libertà, sono le motovedette della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera che accerchiano il gommone o la carretta su cui "viaggiano" per scortarli fino ad un centro di prima accoglienza, in un Paese per loro straniero, un'altra terra.
Tuttavia, deve essere stata dura anche per i "nostri" emigranti negli Anni Cinquanta e Sessanta, quando per esempio si trasferivano in Germania o, più semplicemente, quando "quelli del Sud" andavano a vivere a Torino per lavorare in una catena di montaggio d'una fabbrica. Quando per esempio cercavano un alloggio e si trovano di fronte a cartelli con la scritta "Non si affitta la casa ai meridionali", o quando provavano a farsi nuove amicizie.
Dal punto di vista psicologico, lo "sradicamento dell'Io" dalla terra in cui la persona è nata e cresciuta provoca una lacerazione che soltanto in parte verrà sanata dalla speranza e dalle opportunità che si dischiuderanno nella nuova destinazione.
La voglia di ritrovare un po' delle radici perdute la possiamo rilevare nella prima reazione psicologica delle persone quando arrivano in "Terra straniera": quella di starsene da solo o soltanto con i propri simili, ricreando gruppi che molto spesso finiscono per costituire delle monadi all'interno dei contesti sociali ospitanti. Le "Little Italy", le "China Town", le comunità di calabresi, pugliesi, siciliani e tutte le altre delle varie etnie internazionali, presenti nei luoghi in cui più massicciamente si è verificato il fenomeno dell'immigrazione, sono la chiara esemplificazione del fatto che il concetto di integrazione è l'utopia verso la quale tendere. Sarebbe molto più realistico e opportuno lavorare per una sana convivenza tra gruppi piuttosto che sperare in una "integrazione" pura e semplice. Tale considerazione deriva al fatto che, in vari casi, le diversità culturali e linguistiche sono così ampie e profonde da generare delle vere e proprie incompatibilità comunicative e relazionali. I recenti fatti di Milano con la comunità cinese lo dimostrano ma anche i numerosi episodi di violenza e furti che vedono coinvolti quei nomadi rimasti ai margini della società civile. Scrive Umberto Eco (La struttura assente, Bompiani, 1968):
Inutile nascondersi dietro un dito e vendere "buonismo" utile soltanto per fare demagogia: la soluzione al problema che oggi affligge molte "terre in conflitto" non è l'apertura indiscriminata delle porte dei Paesi più avanzati, né il ricercare l'accanimento integrativo e neanche il far finta di niente o sperare che le cose cambino da sole, con il trascorrere del tempo. No, le soluzioni pratiche devono essere altre. In primo luogo, bisogna smettere una volta per tutte di fare le guerre per sfruttare le risorse dei cosiddetti Paesi poveri, che così poveri non sono mai, soprattutto se hanno risorse energetiche (come petrolio e gas). È indispensabile invertire totalmente - e subito - la rotta: portare tecnologie sane e sviluppo sostenibile laddove ce n'è più bisogno.
Oggi abbiamo tutte le possibilità e le risorse per realizzare un mondo migliore. Quello che purtroppo manca, come al solito, è la volontà di farlo. L'enorme divario esistente oggi tra i Paesi "sviluppati" - lo metto tra virgolette perché il concetto di sviluppo è sempre molto relativo - e quelli non sviluppati è prima di tutto culturale. La fame la si sazia con un po' di cibo ma per formare la coscienza d'una persona ci vuole molto di più ed è il lavoro più impegnativo!
È giunto il momento, per ogni abitante della Terra, di capire che il medioevo è finito da un pezzo. Adesso ognuno, nel proprio contesto privato e sociale, deve sentirsi responsabile nel costruire un mondo in cui l'obiettivo sia valorizzare la vita (di tutti) attraverso la ricerca della felicità personale e collettiva, il rispetto di se stessi, del prossimo e di tutte le culture e le religioni esistenti, senza essere invasivi, arroganti o credersi il portatore della verità assoluta.
I Governi hanno naturalmente una enorme responsabilità da questo punto di vista ma il loro approccio al problema risulta sempre più inadeguato e di fatto inefficace. Ideologie politiche egoistiche ed autoreferenziali rappresentano ancora quella pesante zavorra che impedisce al vero progresso di mettere salde radici e diffondersi a largo raggio sul nostro pianeta.
Con il trascorre dei secoli, l'uomo non ha ancora imparato a gestire il potere, la cui natura è fortemente emotiva e distruttiva. Incredibilmente chi comanda ripete da sempre gli stessi errori: guerra, arroganza, aggressione, corruzione, presunzione, megalomania.
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