FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 5
gennaio/marzo 2007

Alterazioni climatiche

LA POESIA DI MARIO RIVERO

a cura di Martha Canfield


Il movimento "nadaísta" - derivato dalla parola nada (dal lat. [res] nata), che significa "nulla", il non essere o l'assenza assoluta di essere -, propone in Colombia, con notevole ritardo rispetto ad altre nazioni latinoamericane, una formula originale di rivolta avanguardistica. Forse dovremmo dire meglio neo-avanguardistica, visto che siamo già negli anni '50 del Novecento e visto che una voce surrealista almeno era sorta, quella di Luis Vidales (1900-1990), con il suo Suenan timbres (1926), la cui eredità in parte fu raccolta da León de Greiff (1895-1976) e da Álvaro Mutis (1923). Il fondatore del Nadaísmo, Gonzalo Arango (1931-1976), lo definiva così nel suo primo Manifesto, pubblicato a Medellín nel 1958:

Il Nadaismo è una rivoluzione, nella forma e nel contenuto, dell'ordine dominante in Colombia. Per la gioventù è uno stato schizofrenico-cosciente contro gli stati passivi dello spirito e della cultura [...] Cercherò di definire la poesia come ogni azione dello spirito completamente gratuita e disinteressata da ogni presupposto etico, sociale, politico o razionale formulato dall'uomo in cerca di felicità e giustizia.

Il linguaggio di Gonzalo Arango era chiaramente provocatorio e la sua volontà di rottura e di abolizione di ogni compromesso fu definitiva. Al di là dei risultati, qualche volta discutibili in alcuni dei suoi seguaci, il movimento nel suo insieme riuscì a scuotere il panorama della cultura ufficiale e della retorica modernista e postmodernista, sopravvissuta in Colombia forse troppo a lungo. Il Nadaismo formulava nel 1958 idee che erano state al centro delle polemiche avanguardistiche in altri paesi ispanoamericani, in particolare in Argentina con l'ultraismo, in Cile con il creazionismo e in Messico con l'estridentismo. E in buona misura tendeva a una sorta di umanismo sartriano, tale come veniva formulato in particolare in una delle opere di Jean Paul Sartre, L'esistenzialismo è un umanismo, del 1946. Movimento di stirpe urbana, il Nadaismo si diffuse, a partire da Medellín, in altre città colombiane, come Cali, Barranquilla, Manizales, Pereira, per arrivare infine nella capitale Bogotà. Lì la provocazione, ormai riconosciuta come il metodo preferito da Arango e i suoi compagni, si rivolse in maniera particolare contro il clero, l'organo più sensibile dell'apparato istituzionale. "Non siamo cattolici", scriveva Arango nel 1959, come sintetica risposta ai partecipanti al Congresso Nazionale di Scrittori Cattolici, compiendo così una spericolata sfida alla Chiesa, dietro la quale c'era uno stato repressivo che poteva interpretarla come sfida all'"ordine pubblico".
Negli anni '60 il Nadaismo era già un gruppo numeroso di grande coesione e fervente attività. I nomi più rilevanti del gruppo sono senz'altro quelli di Jotamario Arbeláez (1940) e Jaime Jaramillo Escobar (1932), conosciuto anche come X-504. L'opera di entrambi conta molto nell'eredità della poesia colombiana, e forse perfino di più di quella dello stesso Arango.

Tra la generazione dei nadaisti e quella successiva, si colloca la figura di Mario Rivero (1935), considerato dai critici talvolta membro della prima, talvolta della seconda.
Mentre il Nadaismo raggiungeva il suo apice alla fine degli anni '60 per poi declinare velocemente, un gruppo di giovani si andava formando nello spazio poetico della solida tradizione ispanica, che è sempre stata della Colombia. Questa tradizione era stata sensibilmente allargata dalla Generazione di Mito, che aveva adottato i contributi della grande poesia di lingua inglese, da Eliot a Pound, della poesia tedesca, da Rilke a Trakl, del surrealismo e dei suoi eredi. Questi giovani - molto colombiani e molto cosmopoliti - si sarebbero fatti avanti negli anni '70, riconoscendosi nel gruppo della "Generación sin Nombre", così poco felicemente battezzato da Álvaro Burgos e dallo scrittore spagnolo Jaime Ferrán. Si tratta di Juan Gustavo Cobo Borda (1948), Darío Jaramillo (1947), Henry Luque Muñoz (1944-2005), Augusto Pinilla (1946), Elkin Restrepo (1942), e di una voce femminile che tuttavia non sempre aderì alle manifestazioni del gruppo, María Mercedes Carranza (1945-2003). Più tardi essi si sarebbero autodenominati la "Generación Golpe de Dados", rifacendosi alla rivista emblematica del periodo, fondata da Mario Rivero e battezzata così da Cobo Borda come un omaggio a Mallarmé (Un coup de dès).1 Fra loro e il Nadaismo, spiccano due voci isolate e magnifiche, quelle di Mario Rivero (1935) e Giovanni Quessep (1939 - di cui si è parlato nel numero 3 di questa rivista).

Forse per quella compulsione a catalogare inseparabile dal mestiere didattico e critico, Mario Rivero è stato associato appunto al Nadaismo, anche se molto presto dichiarò la sua estraneità al movimento; mentre Giovanni Quessep è stato associato alla "Generación sin Nombre", o "Generación Golpe de Dados", pur premettendo che lui è più anziano e che il suo inserimento nel gruppo sarebbe stato "tardivo". In realtà sono forzature. Entrambi rappresentano due tendenze poetiche che potremmo considerare opposte e che scandiscono la storia della letteratura colombiana. E ognuno nella sua ha raggiunto una densità creativa incomparabile: Rivero nella poesia che si nutre del vissuto e che sfrutta tutte le sfumature espressive della lingua parlata, della canzone popolare, dei mass media; Quessep nella poesia che si nutre del sogno e della lingua scritta raffinata e passata attraverso il filtro delle più antiche tradizioni poetiche. Sia l'uno che l'altro hanno generato molti epigoni, soprattutto dalla metà degli anni ottanta a oggi, e molti fra i più giovani li considerano Maestri e punti di riferimento fondamentali.


Notizie biobibliografiche di Mario Rivero

La vita e la personalità di Mario Rivero si confondono con la leggenda, e anche se si dice - e lui conferma - che sia nato nella città di Envigado, nella provincia colombiana di Antioquia, nel 1935, molti hanno messo in dubbio questi dati, senza però proporre "verità" alternative. È sicuro che è nato nel seno di una famiglia povera per cui ha dovuto lavorare fin da piccolo, che ha studiato da solo, con passione e disordinatamente, al punto di autodefinirsi "autodidatta". Si dice che ha partecipato alla Guerra di Corea, che per un po' ha campato del contrabbando di frigoriferi, che ha partecipato nel commercio degli smeraldi. Il suo amico Gonzalo Arango, famoso anche lui per varcare costantemente la soglia tra l'invenzione poetica e la testimonianza storica, disse in una celebre narrazione-biografia:

Quando [Mario Rivero] era disoccupato e senza impicci amorosi, veniva nella biblioteca dell'Università di Antioquia dove io lavoravo e mi chiedeva qualche libro che riportasse comizi e conferenze. Io gli prestai i Dialoghi dei morti di Fénelon, che lui trovò cupo e noioso, e un altro di Rafael Maya, Alabanza del hombre y de la tierra.2 Dopo averlo sfogliato, mi disse con gioia: "Ecco la mia salvezza". E si mise a copiare a mano gli spropositi lirici del vate di Popayán.
Siccome aveva una memoria prodigiosa, imparò un bel po' di discorsi e iniziò una tournée come conferenziere per i paesi di Antioquia, offrendo serate culturali in cui alternava i postulati estetici con le recite romantiche e i concerti di tango.
[...] Tutto questo Mario lo faceva con candida geniale innocenza. Non aveva ancora scritto i suoi versi, ma era già un poeta; il poeta epico della propria vita.
3

Non sapremo mai quanto c'era di Rivero e quanto di Arango in questo ritratto. Ma sicuramente uno dei mestieri citati è vero, e Rivero continua tuttora a renderne testimonianza: quello di cantante di tango. Chi l'ha sentito - e certo lui non si fa pregare - non può dimenticare la sua voce profonda, virile e carezzevole.
Tra storia e leggenda, tra ambiguità volute dallo stesso "poeta de la calle" (si veda sotto la poesia dedicata al padre, 1945), sono però indiscutibili e certi i molti titoli pubblicati, i premi ricevuti, la grande impresa culturale della rivista "Golpe de Dados", creata da lui nel 1971 e tuttora in vita.


Opere pubblicate

  • Poemas urbanos, 1963
  • Noticiario 67, 1967
  • Poema con cámara, 1967
  • Y vivo todavía, 1972
  • Baladas sobre ciertas cosas que no se deben nombrar, 1973
  • Baladas, 1985
  • Vuelvo a las calles, 1986
  • Del amor y su huella, 1992
  • Mis asuntos, 1995
  • Poemas del invierno, 1996
  • Flor de pena, 1997
  • V salmos penitenciales, 1998
  • Qué corazón, 1998
  • La elegía de las voces, 2002.


Premi ricevuti

  • Premio Nazionale di Poesia "Eduardo Cote Lamus", Bogotá 1972
  • Primo Premio al Festival Internazionale Proartes, Cali 1992
  • Medaglia al Merito Letterario, Festival Internazionale d'Arte, Cali 1999
  • Premio Nazionale di Poesia "José Asunción Silva", Bogotá 2000
  • Medaglia "Gran Orden del Ministerio de Cultura", Bogotá 2001
  • "Cruz de Boyacá" con il grado di Commendatore, Bogotá 2001



1In quegli anni, e prima del mio trasferimento definitivo in Italia, io stessa ebbi modo di partecipare attivamente alle manifestazioni del gruppo, ancora "senza nome", e pubblicai il mio primo libro di poesie in quel preciso contesto (Anunciaciones, Bogotá, 1976). Poco prima Cobo Borda - un po' la voce storica della generazione - mi aveva considerata "ufficialmente" parte integrante del gruppo come "transterrada", un modo meno drammatico di dire espatriata (Juan Gustavo Cobo Borda, Obra en marcha. La nueva literatura colombiana, tomo II, Instituto Colombiano de Cultura, Bogotá, 1976, pp. 89-100).
2Rafael Maya (1897-1980) è uno dei nomi più ricordati della poesia del Novecento in Colombia. Nato a Popayán, nel sud della Colombia, si stabilì presto e definitivamente a Bogotà. Di formazione classica, studioso di Virgilio, la sua poesia testimonia la sua vasta cultura e l'amore per la sua terra d'origine.
3Gonzalo Arango, Biografía de un poeta, in Lecturas Dominicales, inserto culturale del quotidiano "El Tiempo", 17-IV-1966, p. 2.




BREVE ANTOLOGIA POETICA DI MARIO RIVERO


    Da Poemas Urbanos / Poemi Urbani (1963)

Sábado

Sábado en la alcoba y en las vitrinas
bostezo largo como camino de piedras.
Los pantalones están arrugados
sobre el ropero
que cansado de ser celestino
protesta en un silencio de caoba.
Ella tiene una mariposa en la cara
y hay semen desde las sábanas hasta la voz.
Después un hasta luego
mirando el reloj.
Te vas a la oficina?
Sí. Hoy es sábado. Habrá sifón en el bar
frente al cinematógrafo.
Hay banquitos rojos
y trae la cerveza una muchacha.
Después, el problema del amigo
que no pudo comprar el perfume que le gusta a su novia.
Se llama "Canción para dos"
y viene envuelto en un papel
oro y estrellas
En el fondo del bar está Zarkof
el polaco que llegó un día sin equipaje
hace muecas y toma un vaso de whisky
dice entre dientes que odia a los Alemanes
y su mirada se pierde en las botellas.

La noche muestra media cara...
los vendedores de periódicos parecen ángeles mojados.
En esta mesa se ha detenido el tiempo.
Siento el ruido de un traganíquel.
Todo lo que fui y lo que soy
lo tengo tras de esta vidriera.
Afuera el mundo. Un frío puro. Charcas.
Carros que arrastran carga humana
papeles arrugados
y el neón que se deslíe en mi cara.
Esta noche no quiere morir simplemente...
no sé qué hacer tal vez me vaya al cine
quiero atrapar el gato malo de Walt Disney
y ver cómo un bandido se roba una reina.
Tal vez me vaya al cine...


Sabato

Sabato in camera da letto e nelle vetrine
uno sbadiglio lungo come strada selciata.
I pantaloni sono da stirare
sul cassettone
che stufo di fare il ruffiano
protesta in un silenzio di mogano.
Lei ha una farfalla sul viso
e c'è dello sperma dai lenzuoli alla voce.
Dopo un "ci si vede"
mentre si guarda l'orologio,
"vai in ufficio?".
Sì. Oggi è sabato. C'è la birra al bar
di fronte al cinema.
Ci sono sedie rosse
e la birra la porta una ragazza.
Dopo, il problema dell'amico
che non ha potuto comprare il profumo preferito dalla fidanzata.
Si chiama "Canzone per due"
e viene dentro una carta
dorata con le stelle.
In fondo al bar c'è Zarkof
il polacco che arrivò un giorno senza bagaglio
facendo smorfie a bere un bicchiere di whisky
mentre dice tra i denti che odia i tedeschi
e il suo sguardo si perde dietro le bottiglie.

La notte si affaccia solo a metà...
i venditori di giornali sembrano angeli bagnati.
Su questo tavolo il tempo si è fermato.
Sento il rumore di un giradischi a gettone.
Tutto ciò che sono stato e ciò che sono
lo serbo dietro quei vetri.
Fuori resta il mondo. Un freddo puro. Pozzanghere.
Macchine che trascinano cariche umane
carte stropicciate
e il neon che si infrange sul mio volto.
Questa notte non vuole morire semplicemente...
non so cosa fare, forse andrò al cinema,
voglio catturare il gatto cattivo di Walt Disney
e vedere come un bandito si ruba una regina.
Forse me ne vado al cinema...

    ***
Una pequeña historia

A las seis de la tarde
cuando la calle se deja lamer por las basuras
y bostezan los edificios por sus ventanas
las aceras y los árboles
la mecanógrafa espera...

Una vez tuvo quince años.
Se pintaba los labios y las uñas furiosamente de rojo
usaba zapatico ilusión
y tenía un novio
que la llevaba a las heladerías
a tomar café con tostadas
mientras el gringo del acordeón
tocaba una canción
que todavía recuerda.

Ahora son las seis de la tarde.
El tiempo es un caballo leproso
que pisotea las cosas.

Qué haces mecanógrafa
con esa cara de otoño
y esos senos de naranja enferma?
Mañana volverás a la oficina
donde un jefe
de uno con cincuenta de estatura
acaricia su pequeño vientre
en el que guarda recibos
huevos de tortuga
y una muerte grande.

No esperes más.
Escucha otra vez la música del gringo
y deja que un hombre te tome de la mano...


Una piccola storia

Alle sei di sera
quando la strada si lascia lambire dalla sporcizia
e gli edifici sbadigliano attraverso le finestre
i marciapiedi e gli alberi
la dattilografa aspetta...

Una volta aveva 15 anni.
Si dava il rossetto e sulle unghie uno smalto furiosamente rosso
usava scarpine fantasia
e aveva un fidanzato
che la portava al caffè
a prendere un cappuccino con pane tostato
mentre l'americano della fisarmonica
suonava una canzone
che ancora si ricorda.

Ora sono le sei di sera.
Il tempo è un cavallo lebbroso
che calpesta le cose.

Che fai dattilografa
con quel viso autunnale
e quei seni come arancia appassita?
Domani tornerai in ufficio
e vedrai il capo
di un metro e cinquanta
che si accarezza il piccolo ventre
dove si tiene le ricevute
uova di tartaruga
e una morte grande.

Non aspettare altro.
Ascolta di nuovo la musica dell'americano
e lascia che un uomo ti porti con sé...

    ***
Secuencia urbana

Un día miramos
con más hambre
la corteza de un árbol
y el olor de la gasolina
es un buen olor
Y no nos molesta
la economía de las monedas
vivimos un momento
infinito
cuando descubrimos
inapelablemente
que nos vamos a morir

Entramos al cine
con el plan de arañarle
los muslos a la amiga
y sucede
que lo que vemos en el lienzo
nos hace llorar a los dos

Se encienden las primeras luces
Banco de Londres Chicles Clark
National City Bank
detrás de la cortina
el hombre y la mujer se miran
y se ponen la última prenda
Hay cara de fin en cada cosa
cuando se encienden las primeras luces

El gamín irrumpe de pronto
por la puerta del bus
acosado como un ladrón
Ofrece un rápido espectáculo
recoge unas monedas
y escondiendo el botín
en su chaqueta
escapa como un perro apaleado
cuando la lava del día
nos cubre
nos queda algo de su voz amigdalina
y un pedazo de su canción

El tren avanza fatigado
como una tortuga
respirando humo y carbón
el tren será chatarra
todo será polvo y chatarra

No me digan que vivir está mal
aunque algo nos venga desde el fondo
No todos saben
lo que pasa en el día
estar vivo es una cita
frente a un mantel a cuadros
o decir vamos a la esquina
de los cacahuetes
Es bueno sentarse a la sombra
en verano
a oír el martilleo de los latoneros
que trabajan en las barracas
a lo lejos
Vivir está muy bien
pues no hay nada más bello
que un obrero mezclando cemento
o una puta joven
elástica
lavándose la boca
y soñando en su pueblo
perdido entre valles azules
y balsámicos
O el viejo que va despacio
calle abajo
deteniéndose a menudo
y que lleva unidos por una cuerda
un sartal de peces rojo-dorados
y la tarde
la tarde hinchada de pitos y de pájaros
y un recuerdo
con olor a tabaco y madera


Sequenza urbana

Un giorno si guarda
con più fame
la corteccia di un albero
e l'odore di benzina
sembra un buon odore
E non ci disturba
l'economia delle monete
viviamo un attimo
infinito
quando scopriamo
inappellabilmente
che dobbiamo morire

Si entra al cinema
con l'idea di strofinare
le cosce della nostra amica
e poi succede
che ciò che si vede sullo schermo
ci fa piangere tutti e due

Si accendono le prime luci
Banca di Londra Chewing-gum Clark
National City Bank
dietro la tenda
l'uomo e la donna si guardano
e s'infilano l'ultimo capo
Ogni cosa mostra il volto della fine
quando le prime luci si accendono

Lo scugnizzo irrompe a un tratto
attraverso la porta dell'autobus
assillato come un ladro
Offre uno spettacolo veloce
raccoglie qualche moneta
e nasconde il suo bottino
dentro la giacca
scappa come un cane bastonato
quando la lava del giorno
ci ricopre
e ci rimane un po' della sua voce gutturale
e un brano della sua canzone

Il treno avanza con fatica
come una tartaruga
respirando fumo e carbone
il treno sarà rottame
tutto sarà polvere e rottame

Non mi vengano a dire che vivere è brutto
anche se qualcosa ci arriva dal profondo
Non tutti sanno
quello che avviene in una giornata
essere vivo è un appuntamento
di fronte a una tovaglia a quadretti
o dire andiamo in quella via
dove vendono gli arachidi
È bello sedersi all'ombra
d'estate
o ascoltare il martellare dei lattonieri
che lavorano nei capannoni
laggiù lontano
Vivere è proprio bello
perché non c'è niente di meglio
di un operaio che mescola il cemento
o di una giovane prostituta
elastica
che si lava la bocca
e che sogna il suo paese
perso tra le valli azzurre
e balsamiche
O quel vecchio che cammina piano
scendendo la strada
fermandosi spesso
e che porta legati da una corda
una filza di pesci rosso-dorati
e il pomeriggio
il pomeriggio gonfio di fischi e di uccelli
e un ricordo
con odore di tabacco e di legno


    Da Baladas / Ballate (1969-1985)

Balada de la colina ocupada

1089, 1124, 1383 son las colinas de los Vietnamitas
un pequeño pueblo de un pequeño país
llamado Vietnam
El Capitán Sher de ojos azules
es el que conquistó las tres colinas
la 875 es la que no se consigue tomar
Capitán Sher por qué os quedáis en tierra extranjera?

Recibió la orden de ocupar la cumbre a toda costa
pero le falló el ataque
Los norvietnamitas están detrás de cada árbol
Aquella colina les pertenece a ellos
como las demás colinas y las llanuras y los ríos
y los albaricoqueros y los pétalos de los lotos
y los mechones del bambú
y los campos de arroz brillantes y verdes
- Pero es que todo esto puede contenerlo la palabra Paz? -
El Capitán Sher está allí para arrebatárselos
en nombre de la Justicia y de la Libertad

Porque en este pequeño país siempre hubo alguien más fuerte
y que no debía estar
Primero fueron los Japoneses y después los Chinos
y después los Franceses
y luego vuestros embajadores del chicle
vuestros inocentes misioneros del LSD y del yoghurt
demasiado inocentes como para saber del bien y del mal
"Detesto parecer optimista pero considero que puedo anunciarles
que esta noche la colina 875 caerá"
Fusil al hombro los Vietcones van a combatir
a los norteamericanos por esto
y lo que antes era encantador como una acuarela de Hokusai
se vuelve horrendo

Aún es hermosa la línea de la montaña
y el vuelo de los pájaros
y dicen que en el Ben Hai aún es primavera
Pero he aquí que en la 875 cielo y tierra cambiaron
regresó el Carro del Dragón
Un paisaje de barro rojo un fuego negro
ennegrecidos restos de árboles
restos de un bosque quemados por "deshojadores"
- qué expeditos son los Norteamericanos qué eficaces son -
Los árboles así quemados no pueden retoñar ni en 30 años
Los Vietcones no pueden esconderse en el verde
y se ha de ir lejos muy lejos a buscar agua y yerba
- Pero es que todo esto puede contenerlo la palabra Guerra? -

Capitán Sher por qué os quedáis en tierra extranjera?

Se llora y los sollozos llegan a las cumbres
Los sollozos brotan de todo campo de arroz
de cada cocotero de cada canal
Los días y las noches pasan
En este sitio se amañó la muerte porque nunca está ociosa
Comparte ahora la cama de los novios y las noches de primavera

Capitán Sher por qué os quedáis en tierra extranjera?


Ballata della collina occupata

1089, 1124, 1383 sono le colline dei Vietnamiti
un piccolo popolo di un piccolo paese
chiamato Vietnam
Il Capitano Sher dagli occhi azzurri
è colui che ha conquistato le tre colline
la 875 è quella che non si riesce a prendere
Capitano Sher perché volete rimanere in terra straniera?

Ricevette l'ordine di occupare la cima a ogni costo
ma fallì nell'attacco
I nordvientamiti sono dietro a ogni albero
Quella collina appartiene a loro
come le altre colline e le pianure e i fiumi
e gli albicocchi e i petali del loto
e i ciuffi del bambú
e i campi di riso brillanti e verdi
- Ma sarà che tutto questo è contenuto nella parola Pace? -
Il Capitano Sher è lì per strappare loro tutto quanto
in nome della Giustizia e della Libertà

Ché in questo piccolo paese c'è sempre stato qualcuno più forte
che non doveva esserci
Prima i Giapponesi e dopo i Cinesi
e dopo ancora i Francesi
e più tardi i vostri ambasciatori del chewing-gum
i vostri innocenti missionari del LSD e dello yogurt
troppo innocenti per saper distinguere il bene dal male
"Detesto sembrare ottimista ma ritengo di poter annunciarvi
che questa notte la collina 875 cadrà"
Il fucile sulla spalla i Vietcon andranno a combattere
contro i nordamericani per questo
e ciò che prima era incantevole come un acquerello di Hokusai
ora diventa orrendo

C'è ancora bellezza nella sagoma della montagna
e nel volo degli uccelli
e dicono che nel Ben Hai è tuttora primavera
Ma ecco che nella 875 cielo e terra sono cambiati
il Carro del Dragone è tornato
Un paesaggio di fango rosso un fuoco nero
residui anneriti degli alberi
avanzi di un bosco bruciato dagli "sfogliatori"
- quanto sono spediti i Nordamericani quanto sono efficienti -
Gli alberi così bruciati non possono germogliare nemmeno in 30 anni
I Vietcong non possono nascondersi nel verde
e bisogna andare molto lontano per trovare acqua ed erbe
- Ma sarà che tutto questo è contenuto nella parola Guerra? -

Capitano Sher perché volete rimanere in terra straniera?

Si piange e i singhiozzi arrivano in cima alle montagne
I singhiozzi sgorgano da tutto il campo di riso
da ogni palma da cocco da ogni canale
I giorni e le notti passano
In questo posto la morte si è sentita a casa e non riposa mai
Condivide ora il letto degli sposi e le notti della primavera

Capitano Sher perché volete rimanere in terra straniera?

    ***
Tango para Irma la Dulce

Aquí estuvo
sacudida por el manoseo las habladurías
                                      y los despertadores
Aquí estuvo demasiado triste en el final
Las palmas bajo la nuca y el pelo desparramado
                                agreste como barba de coco
mirándolo todo con simpleza y admiración
"cómo se ve que tú eres escritor" me dice
a mediavoz en la tiniebla de un cuarto con ginebra
                                                      estéreo
y flores de plástico de todos los colores
Allí figuraban y no podían faltar
                                claro está
Sosa Beny Moré Gardel
los clásicos del tango y del bolero
                                               y los otros
los Mozart y los Beethoven de siempre
en fin todo eso que uno no ha aprendido a sentir
pero que sí parece
lo único verdaderamente pulcro
                                adecuado
para evadir la brutalidad de los sucesos
Yo estaba lejano triste tratando de animar
                                               falazmente
la cansada sangre en las venas
y ella ancha casi tapando la cama
                                funcionando soberbiamente
con lo que se podría llamar su belleza
                                               o sea "su verdad"
una cosa hecha de calor-poder-y-fuerza
                                               un desbordamiento
como una yegua blanca con sus patas traseras
                                               bien abiertas
que se vuelven plateadas y empiezan a brillar
en un cabrilleo de luces
                                inestable
una rendija de luz en la persiana

que sube por sus piernas e impone a su cuerpo
                                               una lividez de avena
y todo todo perdiendo la certeza y la eternidad
como si la luz estuviera de veras inventando
una forma nueva
Ya la noche se había acabado
ella puso su mano en mi cara y dijo "soy una mujer cansada"
tan grata su mirada que me sentí ablandado
                                               sin luchas
quise adelantarme empujar la persiana
admitir la franqueza del día
                                la circuntristeza
romper el espejismo el sortilegio engañoso
"por qué hablas así gatita ésas son las cosas que dicen
                                las intelectuales neuróticas"
"lo sé pero créeme que hablo completamente en serio"
Y luego como la cosa más natural del mundo
"sé que el error está en mí misma"
                                      llama "error" a su vida
y me contó de su marido músico
                                               mafioso
chupando la trompeta como si fuera marihuana
hasta la madrugada
"no no es un programa estar sola todas las noches no creas"
y continuó hablando y vistiéndose un sostén modelo televisión y un liguero negro
y diciendo que "qué barbaridad" y que "qué tontería"
como respuesta a una pregunta conocida
                                      a una inquisición cifrada
"sí creo que así es lo mejor"
                                      agrega
"no hay complicaciones ni números de teléfonos ni cartas de amor ni nada"
"me gusta la vida libre el cambio"
                                      le digo
"le tengo un horror sagrado a las posesiones
y ahora ya sabes mi nombre y donde vivo para que se empiecen
                                      a amarrar los nudos
para que todo se empiece a terminar"
Y le invento una historia mediocre
                                profundamente provinciana
o de la literatura considerada como la coartada perfecta
ella no lloró ni se rio
                           miró melancólicamente
frente a sí como si hubiera visto un vacío
evidentemente no conocía ni a Yago ni a Otelo ni a "Chéspier"
y ni siquiera a Maupassant
y ésta ignorancia la conducía hacia la niñez
                                               dulcemente
"El mundo es así" concluyo
                           como si ya me estuviese yendo lejos
de un modo gentil y frío
y termino con un instantáneo "la gente"...
es la vaga indecisa palabra
                                en la que le he decretado
de pronto su fin
Afuera en la tiembla-luz
las casas cerradas envueltas en un vapor esmerilado
                                               un postigo
que se abre como un párpado y que luego se cierra
intento tocar de nuevo
su ombligo oloroso sus teticas apretadas forradas
                                               bajo un dique
de botones y flecos
tratando de inventar el gesto la actitud la palabra
que diluya en un aire amable casual
                                la tristeza largalargalarga
                                               de pozo ciego
el encantamiento muerto
Pero hay que irse no podemos esperar demasiado
se cubrió con los vidrios oscuros
                                      alta lejana ya yéndose
con su olor ruda-y-sal bajo las axilas del suéter
con su carne viva templada bajo la piel
                                               con el amor...
"Llámame cuando quieras" me dijo a modo de despedida
Sobre los árboles con hojas de pelusa plateada
comenzaba un cielo azul-bandera...


Tango per Irma la Dolce

È stata qui
scossa dai palpeggiamenti dai pettegolezzi
                                e l'allarme delle sveglie
È stata qui alla fine troppo triste
Le foglie di palma sotto la nuca e i cappelli distesi
                           agreste come le fibre del cocco
guardando tutto con semplicità e ammirazione
"si vede che tu sei uno scrittore" mi dice
a voce bassa nella penombra di una stanza con bottiglia di gin
                                               un giradischi
e fiori di plastica di tutti i colori
C'erano lì e non potevano mancare
                                      è chiaro
Sosa Beny Moré Gardel
i classici del tango e del bolero
                                               e gli altri
i Mozart e i Beethoven di sempre
insomma tutto quello che non abbiamo imparato a sentire
ma che sembra veramente
l'unica cosa pulita
                           giusta
per evadere la brutalità degli eventi
Io ero assorto triste cercando di animare
                                               fallacemente
lo spossato sangue delle vene
e lei voluminosa quasi a coprire tutto il letto
                                      meravigliosamente funzionante
grazie a quello che potremmo chiamare la sua bellezza
                                      ossia la sua "verità"
qualcosa fatto di calore-potere-e-forza
                                      uno straripamento
come una cavalla bianca con le sue gambe di dietro
                                                      bene aperte
che diventano argentate e cominciano a brillare
in un scintillìo di luci
                           instabile
una fessura di luce nella gelosia

che sale lungo le sue gambe e impone al suo corpo
                                      una lividezza di biada
e tutto tutto quanto perde la certezza e l'eternità
come se la luce potesse davvero inventare
una forma nuova
Ormai la notte è quasi finita
lei ha messo la sua mano sul mio viso e ha detto: "sono una donna stanca"
così caro il suo sguardo che mi sono sentito ammorbidito
                                      senza resistenza
ho voluto farmi avanti spingere la persiana
ammettere la franchezza del giorno
                                      la circontristezza
rompere il miraggio il sortilegio ingannevole
"perché parli così gattina quelle sono cose che dicono
                                le intellettuali nevrotiche"
"lo so ma credimi che parlo assolutamente sul serio"
E poi come la cosa più naturale del mondo
"so che l'errore è in me stessa"
                                chiama "errore" la sua vita
e mi racconta del marito musicista
                                      mafioso
succhiando la trombetta come fosse marijuana
fino all'alba
"no non va bene restare sola tutte le notti non ti credere"
e continuava a parlare mentre s'infilava un reggiseno da soubrette e un reggicalze nero
e diceva "che tremendo" e "che sciocchezza"
come risposta a una domanda conosciuta
                                a un'inquisizione cifrata
"sì credo che questa sia la cosa migliore"
                                               aggiunge
"senza complicazioni né numeri di telefono né lettere d'amore nulla"
"mi piace la vita libera il cambiamento"
                                               dico io
"provo un orrore sacro per le dipendenze
e oramai conosci il mio nome e sai dove abito per cui
                                               si creano legami
e tutto quindi si avvicina alla fine"
E m'invento una storia mediocre
                                profondamente provinciale
o letteraria che potrebbe giudicarsi l'alibi perfetto
ma lei non ha pianto né riso
                                ha fissato un punto davanti a sé
malinconicamente come se avesse visto un abisso
evidentemente non conosceva né Iago né Otello né "Scespier"
e neanche Maupassant
e questa ignoranza la riportava nell'infanzia
                                               dolcemente
"Il mondo va così" concludo
                           come andandomene ormai lontano
in un modo gentile e freddo
e finisco con un fulminante "la gente"...
che è la vaga incerta parola
                                con cui ho decretato
improvvisamente la sua fine
Fuori nella luce tremolante
le case stanno chiuse avvolte in un vapore smerigliato
                                      e ci sono delle imposte
che si aprono come una palpebra e che poi si chiudono
cerco di toccare ancora
il suo ombelico odoroso i suoi piccoli seni stretti ricoperti
                                               da uno scudo
di bottoni e frange
cerco di inventare il gesto l'atteggiamento la parola
che diluisca in un'aria amabile e casuale
                                la tristezza lungalungalunga
                                               da pozzo cieco
l'incantesimo morto
Ma bisogna andare non possiamo attendere troppo
si è nascosta dietro gli occhiali scuri
                                      alta lontana ormai andando via
con il suo profumo di ruta-e-sale nelle ascelle sotto il maglione
con la sua carne viva temperata sotto la pelle
                                               con l'amore...
"Chiamami quando vuoi" mi ha detto a mo' di congedo
Sugli alberi con le foglie di lanugine argentata
cominciava un cielo blu-bandiera...


    Da Del amor y su huella / Dell'amore e la sua traccia (1992)

Las hojas doradas del otoño

Las hojas doradas del otoño caen,
en un susurrante parpadeo amarillo.
Sus pardos oros, se elevan y se mecen.

Las escucho callando, cerrado,
a todo otro que no sea ese sonido,
que sólo en los otoños se conforma.

Me recojo en silencio para oír la agonía,
ese suspirar leve de las hojas que caen,
igual al desflecar suave de la melancolía.

Cuando girando en círculos, de tedio y de vida,
en cobijados días, entre cuartos cerrados,
y un aromar rondando de oros viejos y fríos,
- el oro de los días extasiados -
las horas amarillan también, como las hojas.


Le foglie dorate dell'autunno

Le foglie dorate dell'autunno cadono,
in un batter d'occhio giallo e sussurrante.
Gli ori scuri s'innalzano, e si cullano.

Io ascolto e taccio, nel rifiuto
d'ogni altro suono che non sia quello
che soltanto d'autunno si ricrea.

Mi raccolgo in silenzio per sentire l'agonia,
quel sospirare lieve delle foglie che cadono
come lo sfilacciarsi dolce della malinconia.

Mentre girano in cerchi di noia e di vita,
in riparati giorni, nella stanza ben chiusa,
e un aroma d'oro vecchio e freddo passa
- l'oro dei giorni in estasi rapiti -,
le ore ingialliscono anche esse, come le foglie.

    ***
Mi ciudad

La he edificado en un lugar muy cálido,
o más frío que el frío más extremo.
Alrededor las tiendas de los cambistas,
los mercaderes del Templo.
Las posadas abiertas a todo el mundo,
con sus camas de una noche, sus establos,
y sus estercoleros.

En el centro una plaza que reserva a unos pocos,
un espacio de amistad perfecta.
Más afuera, extramuros, las casetas para mis perros,
de pelos leonados, animales de ataque y de defensa.

Es mi ciudad secreta, dorada, prohibida.
Con mis arcos de triunfo, mis retiros,
mis cabalgaduras y mis mujeres.
Sólo yo, el aventurero, me aventuro a ella,
por caminos escarpados como sus montañas,
sin traspiés, sin pérdida de vuelta.

¡Mi altiva y encumbrada ciudad!
Con el palacio de mis sortilegios.
El lugar a donde quiero llegar...
No lo describo más, no lo entrego.


La mia città

L'ho costruita in un posto molto caldo,
o più freddo del freddo più assoluto.
Tutto intorno i negozi dei cambiavalute,
i mercanti del Tempio.
Le locande aperte a tutto il mondo,
con i loro letti per una notte, e poi le stalle
e i letamai.

In centro una piazza riservata a pochi eletti,
uno spazio per l'amicizia perfetta.
E fuori dalle mura, le casette per i miei cani,
dal pelo fulvo come i leoni, animali d'attacco e da difesa.

È la mia città segreta, dorata, proibita.
Con i miei archi di trionfo, i miei luoghi di ritiro,
le mie cavalcature e le mie donne.
Soltanto io, l'avventuriero, mi azzardo a entrarvi dentro,
per strade scoscese come le sue montagne,
senza scivoloni, senza pericolo di perdersi.

La mia elevata e superba città!
Con il palazzo dei miei sortilegi.
Il posto dove voglio arrivare...
Non lo descrivo più, non lo consegno.

    ***
Abril ha llegado

Abril ha llegado. Y cómo no decir que es cruel?
Hay flores (aunque no lilas), como para partir el corazón.
Esa otra amapola de carne y sangre que es el corazón.
Hay flores de mil colores en las ventanas,
sobre los canteros,
corolas en las aguas que corren y en las aguas estancadas,
y corolas en los remolinos de las aguas.

Incendia el rojo de los geranios contra la pared,
y ese encendido rojo me hace daño, envejezco.
Ya no soy aquel hombre de antaño,
y sin embargo igual me inclino para oler las violetas.


Aprile è arrivato

Aprile è arrivato. E come dire che non è crudele?
Ci sono fiori (anche se non lilla), come per spezzare il cuore.
Quell'altro papavero di carne e sangue che è il cuore.
Ci sono fiori di mille colori alle finestre,
nelle aiole,
corolle sulle acque fluenti e sulle acque stagnanti,
e corolle sui mulinelli delle acque.

Brucia il rosso dei gerani contro il muro,
e quel rosso acceso mi fa male, invecchio.
Non sono più l'uomo di una volta,
eppure ugualmente mi chino per annusare le viole.

    ***
Los caminos del año

Los caminos de año traen los vientos de agosto.
En doloridos ecos el viento errante se alza,
su responso obsesiona.
El hocico del viento aúlla hacia la noche.

Más absorto y más solo yo te despido.
Yo que soy tal vez un niño pero no sé llorar.
Te pierdo de vista cuando doblas hacia atrás tu mano borrada,
dejando sólo a tus espaldas el tiempo en pasado,
fijado ya sobre ti sin remedio, sin socorro,
esa ráfaga que modela un momento a tu cuerpo el vestido,
y estos vientos que gritan en un fúnebre coro.


I cammini dell'anno

I cammini dell'anno portano i venti di agosto.
Negli echi sofferenti il vento errante si alza,
il suo responso ossessiona.
Il muso del vento ulula verso la notte.

Più assorto e più solo mi congedo da te.
Io che forse sono un bimbo ma che non so piangere.
Non ti vedo più quando pieghi all'indietro la tua mano scancellata,
e ti lasci alle spalle solo il tempo del passato
fisso ormai sopra di te senza rimedio, senza ausilio,
questa folata che per un momento ti disegna il corpo sotto il vestito,
e questi venti che urlano in un coro funereo.


    Da Mis asuntos / Miei affari (1995)

La luna

Es la luna...
Tal vez sea la luna...
Pero la luna llena hace que
sucedan cosas extrañas...

Pelean los borrachos,
se ajustan viejas cuentas.
Los amantes exploran por sendas blancas,
de relente, el pecho de sus amantes,
y las persuaden para que vayan a la playa
a pasar la noche con ellos...

Hay el deseo de estar entre gentes íntimas,
entre antiguos camaradas,
inclinados el uno hacia el otro
a través de las mesas de los cafés...

Se enderezan con aire consternado
las ancianas avaras y solitarias,
que atisban por las escaleras silenciosas
a los asesinos solapados...

La luna, esa luz muerta que roza las cosas,
cuyo tono de blanco y de plata
parece hacer juego con los fantasmas
- fantasmas que ya lo son, o que lo serán un día -
hurgando, buscando, cumpliendo su papel de mirona,
¿qué quiere encontrar?
Un astro donde todo está muerto, muerto, muerto...

En noches como éstas,
todos los perros guardianes ladran,
husmean algo...
Y el que jamás mira hacia lo alto, mira...


La luna

È la luna...
Forse sarà la luna...
Ma la luna piena fa sì che
avvengano cose strane...

Gli ubriachi litigano,
i vecchi rancori vengono a gala.
Gli uomini esplorano per candide vie,
come senza volere, il petto delle loro amanti,
e le convincono ad andare in spiaggia insieme,
per passarci la notte...

C'è il desiderio di stare fra intimi,
tra vecchi amici,
chini l'uno sull'altro
sopra i tavoli dei caffè...

Si ergono con aria costernata
le vecchie signore avare e solitarie,
che spiano attraverso le scale silenziose
gli assassini mascherati...

La luna, quella luce morta che sfiora le cose,
la cui sfumatura di bianco e argentato
sembra accordarsi con i fantasmi
- fantasmi ormai divenuti tali, o che lo diverranno un giorno -
frugando, cercando, adempiendo al suo ruolo di guardona,
cosa vuole trovare?
Un astro dove ogni cosa è morta, morta, morta...

In notti come queste,
tutti i cani da guardia abbaiano,
annusano qualche cosa...
E perfino quello che mai guarda verso l'altro, guarda...

    ***
1945

Poco fue lo que pude entender de la vida de mi padre
porque él era un mecánico de telares
invariablemente arisco
que se levantaba a las 5 de la mañana
y trabajaba en serio

Su nombre y apellido no importan
Ni siquiera los llevo

Pero fue un buen maestro me enseñó la dureza
Cuando era joven se afeitaba los vellos del pecho
para que le crecieran más tupidos
En 1922 contrajo la gonorrea

Musculoso y peludo
yo no habría podido enlazar su vientre
con mis dos brazos juntos
Sus pertenencias una chaqueta azul y un pantalón azul
no se llamaban blue-jeans ni eran la moda en aquel tiempo

Viví diez años con la imagen de aquellas ropas
que siempre estaban sucias con grasa y con aceite
Pero quizás no sea mi padre el que describo
sino cualquiera otro
el padre de Juan el padre de Saúl el padre de Nicolás
o el padre de Pedro


1945

Non è stato molto quello che ho potuto capire della vita di mio padre
perché lui era un meccanico di telai
invariabilmente intrattabile
che si alzava alle 5 del mattino
e lavorava sodo

Il suo nome e il suo cognome non importano
Non li porto nemmeno

Ma è stato un buon maestro, m'insegnò la durezza
Quando era giovane si radeva i peli del petto
affinché gli venissero più folti

Nel 1922 contrasse la gonorrea

Nerboruto e peloso
io non avrei potuto abbracciare il suo ventre
con le mie due braccia distese
Le sue proprietà una giacca blu e un paio di pantaloni azzurri
non si chiamavano blue-jeans allora né andavano di moda

Ho vissuto dieci anni con l'immagine di quei vestiti
che erano sempre sporchi di grasso e di olio
Ma forse non era mio padre quello che descrivo
bensì un uomo qualsiasi
il padre di Giovanni il padre di Saul il padre di Nicola
il padre di Piero1


    Da Los poemas del invierno / Le poesie dell'inverno (1996)

VI

Ven pues invierno,
blanco y helado invierno.
No hay nadie. Ya no hay nada ni nadie que consuele.

No entra nadie que se esfuerce por ello.
Tan solo una pequeña mariposa,
que aletea, desvalida, soplada por el viento,
de sitio en sitio vuela.

Hace frío en el cuarto.
Oigo hilar a la lluvia, la brillante hilandera
con sus más finos dedos...

Respiro tedio,
ya no respiro anhelo.
¡Ven y tómame invierno!
Ésta no puede ser tu mano, y sin embargo lo es.
Tu blanco pecho... y yo estoy tan cerca.


VI

Vieni dunque inverno,
bianco e gelido inverno.
Non c'è nessuno. Nulla e nessuno che possa consolare.

Non arriva nessuna che si adoperi per quello.
Soltanto una piccola farfalla,
che scuote le ali, smarrita, spinta dal vento,
svolazza da una parte all'altra.

Fa freddo nella stanza.
Ascolto filare la pioggia, la brillante filandaia
con le sue dita sottilissime...

Respiro la noia,
non respiro più l'anelito.
Vieni e prendimi, inverno!
Questa non può essere la tua mano, eppure lo è.
Il tuo bianco petto... e io ci sto così vicino.

    ***
VII

Me tiendo para escuchar el sonido de las aguas,
¡enormes, blancas olas!
Blancas olas vertiendo espumosos ruidos
sobre la rocosa playa de arena...

Entre el oleaje y el sueño,
nuevas visiones prenden con fáciles lazos,
se despliegan en el fondo de mi mirada cerrada.

Blancos paisajes de invierno. Duras planicies
de nieve. De explícito hielo.
Como icebergs nacidos de una partícula
de ti, desconocida y helada,
que se escapa de mis brazos, libre,
y emprende el vuelo...


VII

Mi sdraio per ascoltare il suono delle acque,
enormi bianche onde!
Bianche onde che rovesciano rumori schiumosi
sulla sabbiosa spiaggia delle rocce...

Fra il mareggio e il sogno,
nuove visioni emergono con facili lacci,
si stendono in fondo al mio sguardo chiuso.

Bianchi paesaggi invernali. Dure pianure
di neve. Di esplicito ghiaccio.
Come iceberg nati da una particella
di te, sconosciuta e gelida,
che sfugge dalle mie braccia, libera,
e innalza il volo...


    Da V Salmos Penitenciales / V Salmi Penitenziali (1999)

Salmo V

Hijo del Hombre, Cristo,
vuelvo a Ti, Señor, Cristo, como al Dios
de quien eres la forma viviente.
En 1962 te llamé Amigo, hoy te llamo Padre.
Como un hijo pródigo - el creyente perdido -
desde esta casa rodante del mundo
hasta Ti, yo encaramo mis ruegos.

Cristo, derriba la mesa de los mercaderes.
Que el rico no se enriquezca aún más,
no hinche su vientre, sorbiendo
de la vid de los pobres, hasta el último daño.
Que por el milagro de los panes y los peces,
para cada mesa haya un bocado.

Señor Santo, receptáculo de claridades,
donde se tranquilizan todas las sombras.
Que de tanta entenebrecida senda,
salga Tu Reino,
en el cual rehacer el proyecto que fuimos.
Y desde el venido Reino, que el tiempo cambie en redondo,
y que el cambio traiga las olvidadas manos
de un niño, caminando con su madre sin miedo.
En el nombre de todos los raptados.
En el nombre de todos los aún no nacidos.

En el nombre de todos los huérfanos,
que ni ahora ni después
se caven tumbas en la desconocida oscuridad de las peñas
- para seres jamás hallados -.
Que el canto del gallo no se alce día a día,
como clarín del crimen,
desde los corrales abandonados,
sino para llamar labriegos madrugadores
a sus blancas faenas.
Y en el nombre de nadie y en el nombre de todos
los poetas en cuyo nombre taño,
que el poeta conturbado, no salmodie.

Padre de la Belleza y de la gran Poesía:

Oh, por nosotros, que no podemos sino cantar,
que este granito de polvo, bebedor de sol,
pueda cantar todavía de nuevo esa maravilla
de un verano con naranjas y sandías.
Y el milagro latiendo vivo siempre, en el agua
de los ríos y de los pájaros cantores.

Y como si los elementos todos del desplome,
se regocijaran de que un hombre todavía se arrodille,
mi flaqueante rodilla se dobla.
Ruego que Tu sangre fluya sobre el martirio de mi país
y sobre la aflicción del mundo. A Ti Resurrecto,
Dios vivo - el por los siglos de los siglos -.
Limpia de sus densas nubes la tierra.

Amén y Así sea.


Salmo V

Figlio dell'Uomo, Cristo,
torno da Te, Signore, Cristo, come il Dio
del quale sei la forma vivente.
Nel 1962 ti ho chiamato Amico, oggi ti chiamo Padre.
Come un figliol prodigo - il credente smarrito -
da questa casa vagante che è il mondo
fino a Te io innalzo le mie preghiere.

Cristo, abbatti il tavolo dei mercanti.
Che il ricco non si arricchisca ancora,
non gonfi il suo ventre, risucchiando
la vite dei poveri, fino all'ultimo danno.
Che tramite il miracolo dei pani e dei pesci,
in ogni tavolo ci sia un boccone.

Signore Santo, ricettacolo di chiarori,
dove si rasserenano tutte le ombre.
Che da tutta questa ottenebrata strada
possa uscire il Tuo Regno,
in cui possiamo rifare il progetto che eravamo.
E dal Regno a noi venuto, possa il tempo cambiare in tondo,
e il cambiamento sia portato dalle trascurate mani
di un bambino, che cammina con sua madre senza paura.
In nome di tutti i sequestrati.
In nome di tutti coloro che non sono ancora nati.

Nel nome di tutti gli orfani
né ora né mai
vengano scavate tombe nella tenebra incerta delle rocce
- per creature che non si sono trovate -.
Che il canto del gallo non si sollevi giorno dopo giorno,
come clarino del crimine,
dagli abbandonati cortilili rurali,
ma per chiamare i contadini mattinieri
alle loro bianche faccende.
E nel nome di nessuno e nel nome di tutti
i poeti con la cui voce io canto,
che il poeta turbato eviti di salmodiare.

Padre della Bellezza e della grande Poesia.

Ah, per noi, che non possiamo fare altro che cantare,
che questa particella di polvere, assetata di sole,
possa cantare ancora nuovamente quella meraviglia
di un'estate con arance e con angurie.
E che il miracolo palpiti sempre, vivo, nell'acqua
dei fiumi e degli uccelli cantori.

Infine, come se tutti gli elementi del collasso
potessero godere perché un uomo ancora s'inginocchia,
il mio tremante ginocchio si piega.
Prego il Tuo sangue che bagni il martirio del mio paese
e l'afflizione del mondo. Mi rivolgo a Te, Risorto,
Dio vivente - colui che è nei secoli dei secoli -.
Delle sue fitte nuvole sgombera la terra.

Amen e Così Sia.


1Abbiamo scelto di tradurre i nomi perché in questo caso non alludono a qualcuno in particolare, ma vogliono indicare persone anonime, designate da nomi comuni e correnti.


Traduzione di Martha Canfield




INTERVISTA A MARIO RIVERO
di Martha Canfield


Alcuni critici ti hanno messo in relazione con il movimento nadaista, ma tu te ne sei molto presto dichiarato estraneo. Sei ancora della stessa opinione? Credi che la poesia nadaista sia ancora attuale? E quale sceglieresti come tuo poeta nadaista preferito?

Si potrebbe dire che il movimento nadaista fu la reazione giovanile e un po' catastrofista di una generazione in lotta contro il nostro canone culturale, con il suo ormai sorpassato sistema di valori e assiomi, i suoi modi retorici, la sua inerzia spirituale, insomma, le nostre carenze e i nostri eccessi, in un momento in cui la Colombia viveva in un ritardo tremendo rispetto al corso centrale della storia e delle lettere. Un movimento degli anni Sessanta che, ti ripeto, fu prima di tutto letterario, ma anche molto ludico e catastrofista insieme, e di cui io ho seguito in qualche modo il cammino, anche se per vie traverse, senza una piena affiliazione, dato che i miei interessi riguardo gli usi e i modi del linguaggio poetico erano diversi. Per questo non ho aderito più di tanto al Movimento, che costituiva senza dubbio un fatto importante in quanto a propositi, ricerche e contestazioni, per un'opposizione naturale del mio temperamento a quell'aspetto ludico, che fonda gran parte della poetica del Nadaismo (come base d'identità collettiva), in una mentalità o in uno spirito da Club o da parrocchia, che arriva a confondere l'atto di umorismo o semplice ingegno con l'atto puramente poetico. Certo questo tipo di poesia è tuttora ammirata da un certo pubblico, che però mi sembra abbia più che altro un ruolo di "claque" permanente. Non credo possa essere amato da chi cerca il piacere e il sapore della vera poesia. Questo peraltro non diminuisce l'ammirazione che provo per alcuni notevoli poeti di questo gruppo, tra cui Jaime Jaramillo Escobar e Jota Mario Arbeláez.

Anni fa (più precisamente, una ventina), studiando la poesia colombiana, mi era sembrato che si potessero stabilire due correnti contrapposte, ugualmente intense e ugualmente rappresentative di due diversi modi di sentire. Per me i due poeti che meglio incarnavano queste due correnti erano Giovanni Quessep per la corrente simbolista, post-piedracielista; e tu per la corrente della poesia post-avanguardista, colloquiale e engagée. Che ne pensi oggi di quella mia teoria degli anni '80?

Mi sembra sempre valida, Martha. Validissimo il tuo giudizio e la tua visione ordinatrice, capace di identificare con pertinenza queste due correnti della nostra poesia. Due linguaggi diversi, ciascuno con una propria direzione: Quessep, una specie di giullare dal lirismo puro, istallato nel suo territorio di "fiaba", che seduce l'orecchio cantando di una realtà virtuale, sognata amorosamente, e io all'altra estremità del registro, sulla mia isola urbana, nella giungla di cemento, nell'altra realtà e con un lirismo diverso, che parte da un altro sentimento, roco, generato o evinto da una visione del mondo diversa.

Negli anni '60 ti sei fatto conoscere con Poemas urbanos e Vuelvo a las calles. Lì la voce del poeta si confondeva (o voleva confondersi) con quella dell'uomo della strada, e il paesaggio che lo circondava era il paesaggio difficile della città, le antenne della televisione, la solitudine in mezzo alla moltitudine, la nostalgia per l'amico o l'amata, l'assenza di Dio. Non importava che quella città fosse Bogotà o New York. Le coordinate erano più o meno le stesse. Vorrei sapere diverse cose riguardo a questo:
a. A quei tempi conoscevi i Poemas de la oficina di Mario Benedetti? Cosa pensi oggi della sua ars poetica e in special modo di quelle poesie?

Quelle poesie mie cominciarono a vedere la luce pubblica attraverso le pagine letterarie del quotidiano "El Tiempo", in un momento in cui la mia attività di fattore fortuito cominciava a collegarsi, ogni tanto, con la poesia; io ho dovuto essere autodidatta, ed è stata proprio questa vita di strada e di contingenze a farmi fare queste "scoperte", se si possono chiamare così - su cui già avevo un po' lavorato soggettivamente - e che da allora cominciai a riversare in poesia.
Per quanto riguarda Benedetti, mi duole confessarti che non l'ho letto con applicazione, il che mi pare un'ennesima mancanza della mia cultura precaria. A tutt'oggi ancora non conosco i suoi Poemas de la oficina, e ho letto solamente il suo romanzo Grazie per il fuoco. Per cui, senza voler brevettare la quotidianità, né le strade, né le puttanelle, né le dattilografe come elementi di una poesia peculiare, mi viene da dirti che quella cosmovisione da cui si nutrono questi libri nasce da una maniera autentica di sperimentare la vita, dalla constatazione di una certa vita poetica, al di là della scrittura, ossia di chi ha visto e fatto poesia a partire da una propria particolare esperienza vitale. Ma ovviamente si sa che esistono vasi comunicanti e affinità all'interno delle diversità di scrittura, che possono mettere alcuni poeti in comunicazione con altri più illustri che scrivono o hanno già scritto.

b. Dagli anni 70 (che io sappia) tu conoscevi Aurelio Arturo e con lui e altri poeti avevamo l'abitudine di riunirci nelle tertulias1 prima de La Castellana, poi in altri caffè del quartiere del Lago di Bogotà. La poesia di Arturo, che tutti ammiravamo, era forse, quanto a paesaggio letterario, esattamente l'opposto della tua. Come ti sentivi rispetto a lui e alla sua opera poetica?

Sì, quel modo di far poesia di Aurelio, così tonificante e "balsamico", così carico di stupore, già allora oltrepassava nobilmente, e di molto, il nostro ammuffito apparato retorico. Io, anche se appena arrivato in quel piccolo Parnaso, non mi sentivo antagonista di questa sua "mitica" emozione per il paesaggio natale. Poesia che può essere letta come una parabola del peso di ciò che ci circonda, del peso del paesaggio stesso, assunto dal poeta come una morale. Una volta inteso questo significato, associato a un'infanzia che per lui fu un'esperienza bella, spiegai a me stesso, come un imperativo, il mio paesaggio di cemento, di antenne TV, di interrogativi, di solitudine tra Dio e gli uomini. Per questo, quel suo dire ciò che è giusto, con i silenzi e le pause dovute, è la "magia" di Arturo, combinata con la musicalità della forma.

c. Dagli ultimi decenni del XX secolo al XXI secolo, tutto è cambiato vertiginosamente. Credi che le città di oggi, la Bogotà di oggi, la New York di oggi, mantengano quegli aspetti che delineavi nei tuoi poemi urbani?
d. E ancora: il processo di globalizzazione è generale, con i suoi pro e i suoi contro. Tu come lo interpreti? E la città di Bogotà, come la vedi? È davvero cambiata?

Ah, sì, certo, Bogotà è cambiata e molto. E questo cambio è inevitabile. Chi potrà resistere alla "Bestia" finanziaria, in questa visione integrativa che oggi investe il mondo? La Globalizzazione e la commercializzazione vanno di pari passo, e prefigurano un mondo materialista e pragmatico, carente di spiritualità e di vere essenze umane, e, come tale, avversario della nostra povera poesia, che non "rende". Tutto questo comporta un'atmosfera di abbattimento, disgusto e scetticismo, almeno nel mio caso, un clima di tenebre e addirittura di barbarie se lo confrontiamo con quelle tertulias a cui partecipavi negli anni '70, perché il riunirsi per una conversazione letteraria oggi non esiste più, sono spariti i compagni di tertulia e i luoghi in cui ritrovarsi. E la poesia, per la cultura ufficiale, devota dello Sport, il Turismo e i fenomeni da baraccone è diventata un'attività quasi clandestina, mendicante, obsoleta...

Se è vero che le tue Baladas del 1973 si presentano, come diceva Cobo Borda, come "un libro fervorosamente focalizzato sui volti più visibili dell'attualità di allora", e Bonnie e Clyde, Ho-Chi-Minh, Cortázar e Bob Dylan, fra gli altri, assumono una dimensione epica, è vero anche che la tua prospettiva urbana non è cambiata. È sempre proiettata nella Storia, e coniuga esperienza individuale ed esperienza collettiva. E questo si percepisce anche in Mis asuntos (1986) e in Vuelvo a las calles (1989). Sei d'accordo?

Beh, a me più che i volti più in vista dell'epoca, mi hanno commosso poeticamente i volti di quelli che si giocano tutto e che incarnano romanticamente l'Avventura contro l'Ordine. Sacrificandosi, come il Ché, ovviamente il personaggio più bello e ricco di pathos del suo tempo. A quell'esercizio di libertà e ribellione che lui incarnò storicamente, ho dedicato il mio Poema con Cámara. Quanto alla mia prospettiva urbana intesa come quell'ambito o contesto che già fa parte della mia poesia, per quanto mi riguarda continua ad essere valida. Mi reputo incapace di sovrappormi del tutto a questo incendio e a questo abbagliamento delle strade, quel paesaggio caleidoscopico in cui trovo uno strano potere di umanizzazione e una grande forza espressiva.

Un cambiamento di tono evidente nella tua poesia si manifesta negli anni '90. Del amor y su huella (1992), ma soprattutto Los poemas del invierno (1996), propongono un linguaggio fortemente lirico, in cui il dramma intimo e personale - dell'amore, del tempo che fugge, della morte - trova la sua ragion d'essere nella nobiltà della parola e nella delicatezza del sentimento che trasmettono. Diresti oggi che l'impronta dell'amore rimane sempre indelebile? E diresti che l'inverno, malgré tout, annuncia comunque una primavera, al di là dell'età che abbiamo? Penso al valore polisemico, pluridirezionale di alcuni tuoi versi, come questo: "Profumo di notte muta!".

L'amore, il tempo, la morte sono in primis gli elementi del poeta. Temi che invariabilmente invitano a filosofare, a far poesia, temi pieni di suggestioni e di mistero. Quanto ai Poemas del invierno, in realtà sono stati un cambiamento significativo. Presero forma in momenti in cui la vita già si lasciava dietro tracce infinite di stagioni estinte, ormai condannate a soccombere, e io, andando avanti, com'è naturale, mi spostavo verso altre variabili comunicazionali. Gli anni e la stagione non più della paura e della voce roca e veemente, bensì della serenità. Sono poesie che mi piacerebbe fossero interpretate come un segno tranquillo di maturità poetica. Tracce di un percorso che ha attraversato momenti diversi insieme a quei vissuti dell'anima da essi suscitati: il fatto poetico e la testimonianza serena.

Quello stesso processo che ti porta a una poesia prima intima e poi di riflessione filosofica ed esistenziale, ti porta poco dopo a una poesia profondamente religiosa, che contesta l'ottuso materialismo miscredente del nostro tempo: i V Salmi penitenziali (1999). Il linguaggio della fede si associa a un fervente affidarsi alle mani di Dio: "Buon Pastore, scendi dal Cielo a pascolare il tuo gregge [...] / Ti accoglieremo stendendo foglie di palme". Questo linguaggio religioso, tuttavia, non è astratto: è impregnato della storia e della drammaticità delle vicissitudini umane. A differenza di Ernesto Cardenal, tu non fai una parafrasi dei Salmi biblici: ti rivolgi a Dio con parole meno rituali e più personali. Che pensi della poesia di Padre Cardenal? La consideri affine alla tua?

Salmos penitenciales, con la sua colorazione così metafisica, non obbedisce a nessuna costrizione religiosa. Si centra soprattutto in una responsabilità spirituale che mi strappa da me stesso, dal mio solipsismo, e mi inserisce in una trama di relazioni umane, senza però dipendere da nessuna religione, da nessuna confessione o alibi. Denotano un profondo straniamento di quella razionalità a oltranza che ci condanna a essere una collettività di disperati o squilibrati, straniamento che invece ci aiuta a comprendere che il nostro sapere è sempre limitato, e che la nostra scienza ci rinchiude in un sapere ottuso, che non sa guardare in alto, verso il mistero, verso quella realtà sconosciuta di cui facciamo parte. Quanto alla mia affinità con Cardenal, può essere possibile solo in una piccola percentuale. Con il tempo la sua poesia ha cominciato a sembrarmi un "discorso", e il fattore discorsivo nella poesia non mi ha mai attirato. Quella di Cardenal è una "predica", completamente strumentalizzata, "compromessa" in ogni senso. Comunque mi piacciono sempre due dei suoi libri: Epigrammi, e ancora di più il Cardenal che ci si rivela in Ghetsemani, Ky.

Assumono sempre più potere di suggestione e di comunicazione i linguaggi audiovisivi, e la poesia visiva sta conoscendo una nuova primavera. Un tuo libro di quarant'anni fa, Poema con cámara (1967), si esprimeva attraverso parole associate a foto, per meglio comunicare il dolore e lo sconcerto per la morte del Che Guevara. Da allora a oggi abbiamo attraversato molti e diversi stati d'animo vincolati alla storia e alla politica: momenti di entusiasmo e momenti di delusione e disperazione, e poi un ritorno alla fede e alla speranza. Molti miti si sono eclissati, ma la figura del Che ancora oggi sembra più viva che mai. E il destino dell'America Latina sembra finalmente trovare una via più giusta e promettente. Lo stesso paese dove il Che fallì oggi ha un presidente indigeno che sembra voler compiere, per la via democratica e pacifica, quello che in un'altra epoca sembrava impossibile se non attraverso la cosiddetta "violenza rivoluzionaria". Cosa pensi di tutto questo? E che ne pensi oggi della "poesia impegnata"? O, detto altrimenti: può la poesia creare coscienza? E se può, deve farlo? Deve essere una sua priorità?

In Poema con cámara, un poemetto in forma di micro-racconto sui fatti di Camiri nel 1967, credo di aver risposto alla chiamata a quell'impegno che tacitamente viene fatta a noi scrittori dalla società, dal fatto di essere storicamente e politicamente "collocati"; ma anche se sprofondato fino al midollo nella disperazione, volli evitare l'"arringa" e addirittura cercai di stringere l'otturatore, come un fotografo. Allora poi non ci fu nessun intellettuale che rimanesse indifferente a quell'avventura utopica del Che e alle sue gesta americaniste. Adesso, venendo più precisamente alle tue domande, non credo né mi aspetto che la poesia possa creare una coscienza associata ad alcuna teoria politica o sociale, né che questa debba essere una sua priorità. Non mi interessa l'arte strumentalizzata. Credo che l'atto poetico, quando avviene, debba consolare il cuore dell'uomo che interroga la realtà in cerca di appigli o quanto meno di un qualche senso che non ritrova a portata di mano.

La tua rivista "Golpe de dados" è ormai un fatto storico della poesia colombiana e ispanoamericana. Come definiresti la tua esperienza esistenziale e letteraria legata a quella rivista?

La rivista ha da poco compiuto 35 di onesta e ininterrotta vita editoriale. Il titolo, che fu suggerito dal poeta Cobo Borda, ha dato poeticamente e storicamente vita alla "Generazione Golpe de Dados". Tuttavia, non potendo dipendere solamente dai lettori per sopravvivere, e non ricevendo il minimo aiuto ufficiale, è ogni giorno più difficile mantenerla in vita. Del resto, in questo schematismo del mondo globalizzato, sotto lo sguardo del "Grande Fratello", come già avevano previsto Mc Luhan e Orwell, in uno staterello in piena violenza che cerca di dare il vertiginoso balzo dalla precarietà alla postmodernità, quale posto può avere questa strana creatura che è il poeta? A mala pena è un paria tollerato, e la sua poesia è quasi un anacronismo: con libri che non si vendono, e in un luogo poi, questa "Atene Sudamericana",2 in cui il numero dei poeti continua a superare quello dei lettori di poesia.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

La salute non mi permette di fare grandi progetti. Ma la scrittura poetica non mi abbandona mai e per la rivista ricevo grande aiuto da molti buoni amici. Da un po' di tempo si presenta in forma di numeri monografici, dedicati a un solo poeta ogni volta. E uno dei prossimi numeri porterà le tue belle poesie.

Sì, poesie che fanno parte del mio prossimo libro in spagnolo intitolato Corazón-abismo. Grazie, Mario. Discorrere con te è sempre un grande piacere. Ti faccio tanti auguri per la salute, per "Golpe de Dados" e per tutte le belle cose che ci regali da più di quarant'anni.



1Con il termine spagnolo tertulia si indica la riunione di persone che si danno appuntamento periodicamente in un determinato posto, per lo più in un caffè, per conversare e discorrere di argomenti di interesse comune. La parola è di origine incerta. Veniva usata anche dai contertulios che si riunivano attorno a Luzi, Bigongiari, Oreste Macrí ed altri illustri scrittori e studiosi, a Firenze negli anni '80 e '90, prima alle Giubbe Rosse, poi da Doney, infine nel Caffè San Marco.
2Così, "Atene Sudamericana", è stata chiamata la città di Bogotà per la sua proverbiale vocazione intellettuale.


La Candelaria, Bogotá, gennaio 2007

 

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