FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 3 luglio/settembre 2006 Signore Bestie |
LA POESIA DI GIOVANNI QUESSEP di Martha Canfield |
L'esordio poetico di Giovanni Quessep (1939) avviene con la raccolta giovanile, Después del paraíso (1961), costituita da una serie di sonetti di cui l'autore si sarebbe pentito poco dopo facendo scomparire completamente l'edizione. Dato che questo libro è ormai irreperibile e ne è rimasto soltanto il titolo, citato qua e là dagli storici della letteratura colombiana, dobbiamo considerare come il suo primo libro quello che in realtà fu il secondo, cioè El ser no es una fábula, del 1968. Questo si presenta come un libro maturo, con un ritmo musicale austero, che preferisce l'endecasillabo anche se non disdegna il settenario né il più popolare ottonario, rimanendo sempre in un campo lessematico aulico, con tono riflessivo e sentenzioso, nella sicura composizione di una rete simbolica serrata come un codice: Un giorno non è stato forse nostro Il mare è in questa raccolta simbolo di solitudine e di silenzio; ma esso si pone anche come il vestigio di una ricchezza passata e perduta. E la certezza di questa perdita, e quindi di una precedente felicità, è la causa della nostalgia, altro sentimento predominante. Alla nostalgia si associa la certezza dell'aridità e dell'inutilità del presente, cioè dell'esistenza. Ma la stessa nostalgia spinge all'insensata speranza. Per Quessep, erede della grande poesia concettista spagnola e di Quevedo, vivere è una forma di morire sperando, e sperare è una forma di morire. La speranza ci uccide tanto quanto il fallimento dei sogni, perché i sogni portano dentro una sostanza suicida, la consapevolezza della propria irrealtà: Ogni speranza ha la sua memoria, In questo agonico vivere si offrono all'uomo due forme di riscatto: l'amore e la poesia. Buona parte di questa raccolta, con un gusto tipicamente novecentesco, è dedicata a parlare della poesia stessa, dell'avventura della scrittura. Attraverso la scrittura l'individuo supera i propri confini: si brucia e si perde - si dimentica - come individuo, ma si guadagna come poeta. E la voce poetica - per Quessep come per Borges - non è dell'individuo, bensì della tradizione: Siamo. Apparteniamo all'oblio. L'essere, l'entità sostanziale, è al di là dell'io e delle favole. Il noi, prolungamento generico dell'io, l'entità contingente, appartiene all'oblio. Da questo doppio movimento nasce la voce poetica. L'amore invece appartiene all'io, ed è forse la sua più bella favola, quella che dà materia al sogno più alto, all'illusione di sconfiggere l'irrimediabile "caduta": Tutto di te è duro cielo. M'abbracci Il primo libro di Quessep, sottilmente legato all'ermetismo italiano e a Montale, è tuttavia una fase che l'autore si lascia velocemente indietro. La raccolta successiva, Duración y leyenda (1972), preferisce il canto alla sentenza e il racconto alla meditazione. In questa cifra machadiana - come a lui stesso preme di dichiarare - produrrà i suoi più bei componimenti: le storie rivisitate di Alice, della Bella Addormentata, del "Cavaliere del Secolo XX", una "Parabola del Secolo VIII" che rimanda al poeta cinese Li Po, e la magnifica Parabola, per antonomasia, che ripropone la leggenda dei mangiatori di loto. La raccolta successiva, Un jardín y un desierto (1993), contrappone il sogno alla riflessione e sembra - come l'amore "invernale" di Mario Rivero - voler afferrarsi in un ultimo slancio alle vaghe sagome dell'illusione, miraggi caritatevoli per chi sa di avviarsi verso la cupa frontiera dell'indistinto. La tematica del disincanto o della mutisiana desesperanza, strettamente legata alla forza della memoria, agente di redenzione o di conforto, costituisce il nucleo della sua ultima produzione, a partire da Carta imaginaria (1998). Nell'ultima raccolta, Brasa lunar (2004), emerge tuttavia, con vigile e dolente consapevolezza, la certezza della morte che attende, dell'ultimo porto, del silenzio che verrà a confermare il nulla che è l'essenza e l'assoluto: "No hables, estás solo / con tu nada indecible, siempre lejos / del azul más profundo" (Non parlare, sei solo / con il tuo indicibile niente, sempre lontano / dall'azzurro più profondo, "Cántico de las dos rosas"). Eppure intatta rimane la fede nel canto: Non tacere, che dopo sarà il vuoto, Magica e purissima, la poesia di Giovanni Quessep insegna a sognare e a riflettere e poiché consapevole della fragilità dei sogni, avverte e ammonisce - è il lato quevediano dell'autore - ; ma soprattutto conforta, stimola, dona ricchezza fantastica e bellezza, ci fa migliori, non attraverso lo studio ma attraverso l'immaginazione e la speranza. È il suo lato più epicureo ed orientale, che gli viene forse dal patrimonio culturale dei suoi avi.
Breve antologia poetica di Giovanni Quessep |
AUTODEFENSA DE UN CABALLERO DEL SIGLO XX
Señores del jurado (da Duración y leyenda, 1972)
Signori giudici ***ALGUIEN SE SALVA POR ESCUCHAR AL RUISEÑOR
Digamos que una tarde (da Duración y leyenda, 1972)
Diciamo che una sera ***CERCANÍA DE LA MUERTE
El hombre solo habita Rostro perdido del amor Extranjero de todo (da Canto del extranjero, 1976)
L'uomo solo abita Volto perduto dell'amore Straniero in tutto ***CANTO DEL EXTRANJERO
Penumbra del castillo por el sueño Dime el secreto de tu voz oculta Cómo entrar a tu reino si has cerrado Pero hay alguien que viene por el bosque Cuento de lo real donde las manos La víspera del tiempo a tus orillas Pero hay un caminante en la palabra Nave y castillo es él en tu memoria Si pronuncia tu nombre ante las piedras ¿Qué es esta voz despierta por tu sueño? Ya te olvidas Penélope del agua Dime el secreto de esta rosa o nunca Maravilloso cuerpo te deshaces Los pasos en el alba se repiten A través de mi mano por tu cauce Y el poeta te nombra así la múltiple Escucha al que desciende por el bosque ¿De qué país de dónde de qué tiempo Torre de Claudia aléjale el olvido Nave y castillo es él en tu memoria (da Canto del extranjero, 1976)
Penombra del castello lungo il sogno Dimmi il segreto della tua voce occulta Come entrare al tuo regno se hai sbarrato Ma c'è qualcuno che nel bosco avanza Racconto vero dove le sue mani La vigilia di un tempo alle tue rive Ma un pellegrino v'è nella parola Nave e castello è nel tuo ricordo Se pronuncia il tuo nome nella roccia Che voce è questa destata dal tuo sogno? Penelope dimentica dell'acqua Dimmi il segreto già di questa rosa Meraviglioso corpo ti disfai I passi si ripetono nell'alba Dalla mia mano lungo il tuo fluire Il poeta ti nomina molteplice Ascolta colui che scende dal bosco Da quale paese e quale tempo viene Torre di Claudia annulla in lui l'oblio Nave e castello nel tuo ricordo è lui ***CALLAR ES BELLO
Callar es bello, a veces, y oír apenas esa música Callar es bello, entonces, Nada decir, mirar en sueños Oh tú que reinas en la noche, Dime, ¿qué azul me guardará en tu cuerpo Callar es bello en la desdicha (da Madrigales de vida y muerte, 1978)
Tacere è bello, a volte, e ascoltare appena quella musica Tacere è bello, allora, Dire niente, guardare nei sogni Oh tu che regni nella notte, Dimmi, nel tuo perduto corpo, che azzurro Tacere è bello nella disgrazia ***EPIFANÍA DEL AZUL
Hay un color azul detrás de la casa, Entonces ya no sabes de dónde vino todo, En el color te acercas hasta el origen (da Muerte de Merlín, 1985)
C'è un colore azzurro dietro la casa, Allora non sai più da dove è venuto tutto, Nel colore ti avvicini all'origine ***ENTRE ÁRBOLES
Si eres tú la que busco Aquí te espera un tiempo Si eres tú la que vienes Ven que la muerte espera, (da Muerte de Merlín, 1985)
Se quella che cerco sei tu Qui ti attende un tempo Se quella che verrà sei tu Vieni che la morte attende, ***MUERTE DE MERLÍN
Entre bosques el reino ha concluido. Sin embargo - para quien pueda ver Aquí el laurel no habita (da Muerte de Merlín, 1985)
In mezzo ai boschi il regno s'è concluso. Tuttavia - per chi potrà vedere Dove il lauro non cresce ***METAMORFOSIS DEL JARDÍN
Del jardín en verano A pesar de la muerte Todo es ya polvo en nuestras manos, El jardín sin escalas (da Muerte de Merlín, 1985)
Del giardino d'estate Malgrado la morte Tutto è polvere ormai nelle nostre mani, Il giardino senza scale *** APÓCRIFO ALEJANDRINO
En sueños invocó Su nombre el Caballero, Leyó entonces su fábula y otras fábulas, sus (da Carta imaginaria, 1998)
Nei sogni il Cavaliere invocò il Suo nome, Lesse allora la sua fiaba, e altre fiabe, le ***CARTA IMAGINARIA (De Ulises a Nausica)
Vivo en un reino milenario. El cielo Tengo aún en mis manos una rama Si supieras, Nausica, cómo ha sido Tú me guiaste a la ciudad, desnudo, En mi sueño me vi, Rey abatido que no volvería a ver en los espejos Vivo en un reino milenario, es cierto, Yo no escuché la historia de mis viajes, (da Carta imaginaria, 1998) (Da Ulisse a Nausica)
Vivo in un regno millenario. Il cielo Conservo ancora in mano un ramo Se tu sapessi, Nausica, come è stata Tu mi portasti nella città, nudo, Nel suo sogno mi vidi, re abbattuto Vivo in un regno millenario, è vero, Io non ascoltai la storia dei miei viaggi, ***EN LA HORA DE NUESTRA MUERTE
Si estamos solos, Si la penumbra ¿Por qué tanto deseo de estar vivos Si ha muerto el aire ¿Por qué seguir contándonos la fábula ¿Para qué amarnos no cree en la maravilla de los lirios Dejémoslos pasar Ah, tú, felicidad, ¿de dónde vienes? ¿No es nuestra vida el ala de unos pájaros (da Brasa lunar, 2004)
Se siamo soli, Se la penombra Perché tutto questo desiderio d'esser vivi Se è già morta l'aria A quale scopo raccontare ancora la favola A quale scopo amarci non crede alla meraviglia dei gigli Lasciamoli passare Oh tu, felicità, da dove vieni? Non è forse la nostra vita l'ala degli uccelli ***PATIO DE NIÑOS
La luz viene del aire (da Brasa lunar, 2004)
La luce viene dall'aria ***MONÓLOGO DE SHEREZADA
Ya no quiero palabras, sólo un largo (da Brasa lunar, 2004)
Non voglio più parole, soltanto un lungo |
(traduzione di Martha Canfield) |
Foto di Vicky Ospina |
GIOVANNI QUESSEP
(San Onofre, Colombia, 1939). Nato nella provincia di Sucre, sulla costa caraibica della Colombia, ha fatto i suoi studi superiori a Bogotà dove si è laureato e dove è stato docente universitario per lunghi anni. Dal 1985 si è ritirato nella città di Popayàn, dove continua ad insegnare all'Università. Solo eccezionalmente partecipa ad eventi culturali nazionali o internazionali, benché continuamente sollecitato da organismi pubblici e privati. Membro dell'Accademia Colombiana della Lingua, vincitore nel 2004 del Premio Internazionale della "Casa de Poesía Silva", è oggi uno dei poeti più letti e più seguiti dalle giovani generazioni, considerato dalla critica indiscutibile punto di riferimento nella storia della poesia colombiana. Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: Después del paraíso (1961), ben presto rinnegata come opera giovanile immatura e mai più ripubblicata, El ser no es una fábula (1968), Duración y leyenda (1972), Canto del extranjero (1976), Madrigales de vida y muerte (1977), Libro del encantado (1978), Preludios (1980), Muerte de Merlín (1985), Un jardín y un desierto (1993), Carta imaginaria (1998) e Brasa lunar (2004). Ha riunito la sua vasta opera in tre antologie: Poesía (1980), Antología poética (1993), pubblicata nella collana di classici colombiani del prestigioso Istituto Caro y Cuervo di Bogotà con una corposa prefazione di Hernán Reyes Peñaranda, e infine Libro del encantado (2004). |
Vedi anche, in questo numero:
La poesia colombiana degli ultimi decenni (prima parte)
di Martha Canfield