FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 4 ottobre/dicembre 2006 Sacro e profano |
LA COSMOLOGIA POETICA DI ARTURO ONOFRI di Magda Vigilante |
Che significato ha riproporre, all'inizio del nuovo secolo, un poeta come Arturo Onofri il quale, nato nel 1885, concluse la sua breve esistenza (morì, a 43 anni, il 25 dicembre 1928) nella prima metà del Novecento, in un periodo che ormai può apparirci remoto? Quale è soprattutto il suo messaggio poetico per noi che abbiamo assistito, sempre più disincantati e privi di certezze, alla fine di quel Novecento che era nato, invece, nel segno del progresso e di tanti cambiamenti positivi per l'umanità? Per rispondere a questi interrogativi si deve subito evidenziare la natura particolare della poesia onofriana, almeno da una certa fase in poi, che la colloca al di là della storia nel fornire una risposta alle domande ultime che l'uomo si pone sul senso della propria vita e sulla presenza di una dimensione trascendente che la giustifichi. Senza dubbio ogni opera di vera poesia presenta un carattere universale e atemporale, tuttavia la produzione poetica onofriana, soprattutto nel ciclo lirico della Terrestrità del sole, testimonia - in modo singolare per la sua epoca - la volontà di manifestare "il significato cosmico della vita degli uomini e dell'universo" come viene affermato nell'opera teorica Nuovo Rinascimento come arte dell'io1. Onofri era giunto a formulare la sua poetica attraverso un lungo e tormentato itinerario spirituale e stilistico, iniziato nel 1907 con il volume Liriche cui seguirono le raccolte Poemi tragici (1908) e Canti delle oasi (1909) dove si riconoscono i modelli dannunziani e crepuscolari, ma che già rivelano la presenza di una componente cosmica caratteristica dell'autore. Dall'adesione alla poetica del frammentismo e dalla lezione simbolista di Mallarmé scaturirono successivamente le prose liriche raccolte in Orchestrine (1917). In quello stesso anno il poeta scoprì l'opera del filosofo Rudolf Steiner, fondatore dell'antroposofia, nella quale si sostiene che ogni uomo può sperimentare nel suo intimo il proprio Io spirituale il quale, attraverso il Cristo, si unisce allo Spirito presente nell'Universo. Dall'antroposofia egli trasse la sua cosmologia poetica non seguendo del tutto le linee di pensiero steineriane, ma accettando solo i concetti che stimolavano maggiormente la sua fervida immaginazione artistica. Dopo la pubblicazione del volume Arioso (1921) - dedicato alla raggiunta felicità famigliare in seguito al matrimonio con Bice Sinibaldi e alla nascita dei figli Fabrizio e Giorgio - Onofri iniziò il nuovo corso poetico con il volume Le trombe d'argento del 1924 nel quale utilizzò strofe suddivise in versetti secondo il modello del poeta francese Paul Claudel. Negli anni successivi, fino alla morte, egli si votò completamente alla stesura di un complesso ciclo lirico, Terrestrità del sole, i cui primi due volumi Terrestrità del sole e Vincere il drago! furono pubblicati nel 1927 e nel 1928, mentre uscirono postumi: Simili a melodie rapprese in mondo (1929), Zolla ritorna cosmo (1930), Suoni del Gral (1932), Aprirsi fiore (1935). Il ciclo non è di facile lettura e suscitò le riserve dei critici, che vi scorgevano solo alcuni momenti di vera poesia all'interno di una programmata costruzione poetica il cui significato vuole essere universale e cosmico nel manifestare l'identità tra l'Io del mondo e l'Io spirituale presente in tutti gli uomini. Secondo Onofri, infatti, è essenziale "... svegliare e produrre, nella propria potenza individuale di coscienza del mondo, un'attività identificatrice dell'io, il quale ogni volta e in ogni atto può assumere come suo atto creatore l'intero universo...".2 La poesia allora darà "... suono vivente a una realtà unitaria d'armonia e di verità fra gli uomini" dal momento che in ciascun uomo vive lo Spirito Cosmico come il vero Uomo di ognuno... il quale, in quanto vero Uomo, partecipa e collabora e comunica con la vita di tutti e di ciascuno."3 Questo Spirito Cosmico viene definito da Onofri anche "l'Io-Uomo-Universo, l'Io tutt'uno col Padre, l'Io Cristo in ogni uomo". Da tali premesse deriva una concezione dell'arte come simbolo che rivela all'uomo la sua propria essenza spirituale e il suo destino di comunione infinita fra tutti gli esseri, in apparenza separati, ma in realtà uniti fra loro dall'unico Io che vive in loro. Onofri realizzerà nel ciclo una poesia come "religio" che "lega" insieme l'Uomo-Dio a tutto l'universo "in una triplice gerarchia celeste, umana e naturale". Per un compito così "totale" il poeta dovrà inventare le immagini e i modi di un linguaggio poetico che realizzino una nuova cosmologia. La sua opera può sembrare del tutto estranea e incomprensibile all'epoca contemporanea, ma in realtà come nota Raimon Panikkar, il sacerdote ispano-indiano, divenuto guida spirituale del mondo occidentale: "A partire da Galileo, non c'è una cosmologia, una visione del mondo capace di sos-tenere le verità cristiane e nemmeno le scoperte scientifiche. Giustamente la scienza moderna rifiuta di avere una cosmologia. Ma quando non si ha altro, si proiettano le descrizioni scientifiche in una visione della realtà che è l'estrapolazione scientifica del mondo scientifico."4 Anche l'umanità attuale avverte, sia pure in modo confuso, la mancanza di una visione della realtà che abbracci il mondo umano e naturale nella sua totalità, dopo che sono fallite le ideologie. Nella prima metà del Novecento, Onofri aveva presentito questa esigenza e aveva tentato di soddisfarla attraverso la creazione poetica del ciclo della Terrestrità. La sua opera però non fu compresa, seguendo in tale destino quanto accade in genere alla poesia metafisica. Tuttavia, nell'epoca odierna, si assiste ad un rinnovato interesse per la spiritualità, spesso non più ricercata attraverso le istituzioni ecclesiastiche. Lo stesso entusiasmo che suscita in Occidente Panikkar, religioso atipico e profondo conoscitore della tradizione cristiana e induista, testimonia la presenza di un irrinunciabile "istinto metafisico" nell'uomo di ogni tempo. Il periodo attuale può allora favorire la riscoperta e la giusta valutazione di un autore come Arturo Onofri, il quale dedicò l'ultima parte della sua vita a creare una nuova "innologia" che celebrasse la fusione di tutti gli esseri nell'unico Spirito vivente.
1 Cfr. la ristampa anastatica del volume , a cura di Marco Albertazzi, Trento, La Finestra, 2000, p.154 |
POESIE DI ARTURO ONOFRI
Per la finestra, aperta sull'odorosa terrazza, Vedendola tanto irata perché non può struggere l'ale (da Poemi tragici, 1908)
O Terra, o Madre, fa ch'io più non riesca a pensare tenere piume dei nati che per la prima volta di piume che s'impigliarono spiccando il primo volo. dimenando le braccia, l'orchestra delle cicale. Fa ch'io mi creda un sèrpere di fiume, calmo, argenteo Ma se mi meditasti, o Terra, con grande fatica, (da Canti delle oasi, 1909)
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PARTENZA Coi suoi colombi candidi, la casa ha preso il volo alla volta del mare. (da Orchestrine, 1917)
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MATTINATA
Lo senti il sapore dell'aria, stamani! (da Arioso, 1921)
quando gli azzurri tuonano a distesa, e qualsiasi colore si fa fiamma nell'urlo delle tempie. Ecco il cuor mio nella selvaggia ebbrezza di svincolare in esseri le forme disincantate a vortice di danza. Ecco i visi risolti in fiabe d'oro in lievi organi d'ali. Ecco gli alberi in forsennate lingue contorcersi, balzar fra scoppiettii di verdi fiamme dalla terra urlante. E fra l'altre manie del mezzogiorno, ecco me, congelato in stella fissa, ch'esaspero l'antica aria di piaghe metalliche, sull'erba di corallo. (Pulsa il fianco del mare sul granito come un trotto infinito di cavallo). (da Terrestrità del sole, 1927)
prima di risvegliarsi autunnalmente dai veli del suo sonno trasparente ammassati nel cavo della valle. Volano, insieme con le foglie gialle, Battono l'ali pavide, al riparo Umida luce ombreggia di viola (da Vincere il drago!, 1928)
quand'erano sull'orlo di sfatarsi nei superni silenzi, ardono pace nel mezzogiorno torrido le ondate ferme dei pini, sul brillio turchino del mare che smiracola d'argento. E ancora dalle masse di smeraldo divampa un concepirsi incandescenze; ma un pensiero di su le incenerisce in quella pausa d'essere ch'è cielo: azzurreggiar di tenebra, che intima (dal massiccio dell'alpe all'orizzonte) ai duri tronchi ergersi alati incensi a un dio sonoro, addormentato, in forma d'un paese celeste sulla terra. (da Simili a melodie rapprese in mondo, 1929)
dentro il sonno abissale d'ogni notte, riflette in sé le costellazioni massime; e immaginando, entro la sfera della sua breve nuvola, il superno giro dei dodici astri eterni, specchia in sé l'ordine identico dei mondi. Quando poi, sull'aurora, torna mia la veglia di quell'anima celeste, porto nel ritmo ciclico del sangue dodici forze d'oro per la vita, dodici gruppi di potenti suoni, benché taciuti in organi di terra. (da Zolla ritorna cosmo, 1930)
generato dal casco dei capelli che nei tuoi sguardi amplifica l'ascolto del mare in salmodie d'astri gemelli. La chiusa ansia del seno, ove è raccolto Ma il molleggiante ritmo dei tuoi lievi O creatura emersa dal mio petto, (da Suoni del Gral, 1932)
sviluppa di sollievi musicali sulla fronte infantile, suona argento di voci, nei miei sogni prenatali. Con l'onda che al mio petto ansa in accento Si stende il prato color giorno, e sembra Tu sorgi come un fiato dalla zolla (da Aprirsi fiore, 1935) |
ARTURO ONOFRI
Nacque a Roma il 15 settembre 1885 da padre romano, Vincenzo, e da madre di origine polacca, Beatrice Shreider. Nel 1907 iniziò la sua attività poetica con il volume Liriche cui seguirono le raccolte Poemi tragici (1908) e Canti delle oasi (1909). In queste prime prove poetiche sono facilmente riconoscibili i modelli letterari dannunziani, pascoliani e crepuscolari, ma già si rivela la tensione verso il trascendente ricercato nello slancio di liberazione dell'anima dalla realtà terrena o nella fusione panica con l'universo.
Edizioni e ristampe
Per gli scritti fino al 1999 si rinvia all'esauriente bibliografia edita nei volumi V e VI del ciclo lirico della Terrestrità del sole, ed. cit.
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Vedi anche, in questo numero:
Ritratti tra tenebra e luce
di Marco Testi