Una scogliera affiorata dal mare
F283-J313
I should have been too glad, I see - Too lifted - for the scant degree Of Life's penurious Round - My little Circuit would have shamed This new Circumference - have blamed - The homelier time behind -I should have been too saved - I see - Too rescued - Fear too dim to me That I could spell the Prayer I knew so perfect - yesterday - That Scalding One - Sabacthini - Recited fluent - here - Earth would have been too much - I see - And Heaven - not enough for me - I should have had the Joy Without the Fear - to justify - The Palm - without the Calvary - So Savior - Crucify - Defeat whets Victory - they say - The Reefs in old Gethsemane Endear the Shore beyond - 'Tis Beggars - Banquets best define - 'Tis Thirsting - vitalizes Wine - Faith bleats to understand - |
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Sarei stata troppo felice, lo so - Troppo innalzata - per lo scarso grado Del misero Ciclo della Vita - Il mio piccolo Circuito avrebbe disonorato Questa nuova Circonferenza - avrebbe biasimato - Il più familiare tempo passato -Sarei stata troppo risparmiata - lo so - Troppo salvata - la Paura troppo fievole per me Perché potessi pronunciare la Preghiera Che sapevo alla perfezione - ieri - Quel Bruciante - Sabactani - Recitato di continuo - qui - La Terra sarebbe stata troppo - lo so - E il Cielo - non abbastanza per me - Avrei avuto la Gioia Senza la Paura - che la giustifica - La Palma - senza il Calvario - Quindi Salvatore - Crocifiggi - La Sconfitta stimola la Vittoria - si dice - Le Scogliere nel vecchio Getsemani Rendono cara la Riva più in là - I Mendicanti - descrivono meglio un Banchetto - Avere Sete - infonde vita al Vino - La Fede bela per comprendere - |
L'abbandono, la perdita, "Quel bruciante Sabactani recitato di continuo, qui" (vv. 11-12), sono la condizione comune della vita mortale. Riuscire a eluderla sarebbe troppo, significherebbe essere innalzati a un grado che non ci compete (vv. 2-3), e significherebbe anche essere "troppo risparmiata" (v. 7) da un "Calvario" (v. 17) che sembra essere tutt'uno con la vita. Nell'ultima strofa un fievole raggio di speranza, quella "riva più in là" del verso 21 che sembra essere l'unico luogo dove trovare la pace e la felicità; ma poi, nell'ultimo verso, il raggio si scolora, perché la fede non riuscirà mai a diventare conoscenza razionale. Per quest'ultimo verso il "bleats" sembra quasi un'invocazione che non riesce nemmeno a usare la caratteristica più umana, più razionale: la parola che accompagna il dubbio, mentre la variante a questo verso ("faints":"venir meno" ma anche "perdere coraggio, abbattersi", al posto di "bleats") suggerisce una fede che rinuncia, che si dà per vinta in quella impossibile ricerca della conoscenza. Nella versione inviata a Susan la lettura è naturalmente meno articolata, visto che la sola ultima strofa si avvicina di più alle poesie che descrivono, tout court, la conoscenza che deriva dalla privazione; l'ultimo verso può in questo caso essere letto come: "la mancanza di razionalità della fede stimola la voglia di conoscenza". Per "Sabacthini" (v.11) vedi i vangeli di Matteo (27,46) e Marco (15,34): "E verso l'ora nona Gesù gridò ad alta voce: «Elì, Elì, lemà sabactani?» cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»"
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F784-J708
I sometimes drop it, for a Quick - The Thought to be alive - Anonymous Delight to know - And Madder - to conceive -Consoles a Wo so monstrous That did it tear all Day, Without an instant's Respite - 'Twould look too far - to Die - Delirium - diverts the Wretch For Whom the Scaffold neighs - The Hammock's motion lulls the Heads So close on Paradise - A Reef - crawled easy from the Sea Eats off the Brittle Line - The Sailor does'nt know the Stroke - Until He's past the Pain - |
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Talvolta accantono, per un Attimo - Il Pensiero di esser viva - Anonima Delizia da sperimentare - E più Folle - da concepire -Consola un Dolore così mostruoso Che se lacerasse tutto il Giorno, Senza un istante di Respiro - Sembrerebbe troppo distante - Morire - Il Delirio - distoglie lo Sventurato Per Cui cigola il Patibolo - Il moto dell'Amaca culla le Teste Così prossime al Paradiso - Una Scogliera - affiorata lentamente dal Mare Divora la Fragile Linea - Il Marinaio non s'accorge del Colpo - Finché non è oltre la Pena - |
L'esser vivi, la vita in sé, come dolore continuo, tanto insopportabile che, se non riuscissimo ad accantonarlo per qualche istante, ci farebbe sembrare la morte sempre troppo lontana. È difficile riuscire ad accantonare la consapevolezza di essere vivi, sembra folle solo concepire un simile pensiero, ma è il solo modo di scacciare il dolore enorme, mostruoso, che lacera la nostra esistenza. Ma è un lenimento che non risolve, che mitiga soltanto, come il delirio con il quale si difende lo sventurato condannato al patibolo, una sorta di ninna-nanna che addormenta la consapevolezza di chi è prossimo alla morte, o come l'ingannevole linea della riva, divorata lentamente da una scogliera della quale il marinaio si accorge soltanto quando è ormai troppo tardi. Poesia di un pessimismo senza sbocchi, che tocca non gli aspetti dolorosi della vita, ma la vita stessa, descritta come un unico, mostruoso dolore che si può lenire solo per brevi, ingannevoli istanti, e solo se si riesce a dimenticare di esser vivi. Molto bella, e significativa di questo pessimismo cosmico, l'ultima strofa, con quella scogliera che affiora lentamente dal mare e divora la fragile linea della riva, quasi si sostituisse a quello che sembra un approdo sicuro, attirando nella trappola il marinaio, che se ne accorge soltanto quando il colpo è ormai inferto e nulla può salvarlo. Al verso 10 ED usa il verbo "to neigh" che, nei dizionari bilingue e nel monolingua moderno, ha l'unico significato di "nitrire". Anche Webster riporta solo questo significato, ma nell'etimologia della parola dice "In Welsh 'cnecu' signifies to jar or quarrel; 'cnec', a sharp noise". Ho perciò tradotto con "cigola" ("to jar"), pensando al sinistro cigolare di un patibolo. La traduzione nei Meridiani (Bacigalupo) è simile: "stride", mentre gli altri (Sabbadini e Seri) traducono letteralmente con "nitrisce". Curiosa la traduzione francese della Malroux: "Que guette l'Echafaud", che si potrebbe tradurre con "spia (nel senso di guarda con timore e preoccupazione) il patibolo".
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F1130-J1136
The Frost of Death was on the Pane - "Secure your Flower" said he. Like Sailors fighting with a Leak We fought Mortality -Our passive Flower we held to Sea - To mountain - to the Sun - Yet even on his Scarlet shelf To crawl the Frost begun - We pried him back Ourselves we wedged Himself and her between - Yet easy as the narrow Snake He forked his way along Till all her helpless beauty bent And then our wrath begun - We hunted him to his Ravine We chased him to his Den - We hated Death and hated Life And nowhere was to go - Than Sea and continent there is A larger - it is Woe - |
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Il Gelo della Morte era sul Vetro - "Salva il tuo Fiore" disse. Come Marinai che lottano con una Falla Combattemmo la Mortalità -Il nostro passivo Fiore assicurammo al Mare - Alla montagna - al Sole - Eppure anche sulla sua Scarlatta scogliera A strisciare il Gelo cominciò - Tentammo di staccarlo Noi stessi c'incuneammo Fra l'uno e l'altro - Eppure facilmente come l'esile Serpente Il Gelo forzò la via innanzi a sé Finché l'indifesa bellezza si piegò E allora la nostra ira ebbe inizio - Lo inseguimmo nel suo Burrone Lo braccammo nella sua Tana - Odiavamo la Morte e odiavamo la Vita E non c'era posto dove andare - Di Mare e continente c'è qualcosa Di più grande - è il Tormento - |
Il fiore della nostra vita è minacciato dalla morte. Facciamo di tutto per difenderlo, cerchiamo di legarlo alle possenti forze della natura, ma il gelo s'infiltra ovunque ed è più forte di qualsiasi potere a noi concesso. Alla fine, quando vediamo il fiore ormai vinto, abbiamo un ultimo sprazzo di energia vitale, sostenuto dalla rabbia, e dalla consapevolezza, di dover cedere alla nostra nemica. È questo il tormento, un sentimento di angoscia e di impotenza di fronte all'ineluttabilità del binomio vita-morte, che non lascia scampo perché non c'è nulla che ci permetta di sfuggirgli, nessun luogo dove andare se non quello che ospita la vita e quello oscuro e misterioso dove è di casa la morte. L'ultima strofa è un disperato, e bellissimo, grido di dolore contro la nostra impotenza di fronte al destino. Al verso 9 "pried" (passato di "to pry") significa "sollevare, o tentare di sollevare, con una leva". L'immagine è proprio quella di tentare di staccare il gelo dalla scogliera sulla quale striscia, come è confermato dal verso successivo, dove è usato "wedged" ("c'incuneammo"). Non ho trovato una soddisfacente traduzione letterale e ho perciò tradotto con "Tentammo di staccarlo". Al verso 11 "Himself" (maschile) è il gelo e "her" (femminile) è il fiore, sempre al femminile nelle poesie di ED; visto che in italiano i due termini sono maschili, ho tradotto con "Fra l'uno e l'altro" e ho ripetuto "Il Gelo" nel verso successivo al posto del pronome maschile.
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Dalla lettera 563 (930), primavera 1878 A Otis P. Lord
Tuesday is a deeply depressing Day - it is not far enough from your dear note for the embryo of another to form, and yet what flights of Distance - and so I perish softly and spurn the Birds (spring) and spurn the Sun - with pathetic (dejected) malice - but when the Sun begins to turn the corner Thursday night - everything refreshes - the soft uplifting grows till by the time it is Sunday night, all my Life (Cheek) is Fever with nearness to your blissful words - (rippling words) |
Martedì è un Giorno particolarmente deprimente - non è abbastanza lontano dal tuo caro biglietto perché prenda forma l'embrione di un altro, eppure che spazi di Distanza - e così mi estinguo dolcemente e disdegno gli Uccelli (la primavera) e disdegno il Sole - con patetica (depressa) malignità - ma quando il Sole comincia a superare lo scoglio del giovedì sera - tutto si rianima - il tenue sollievo aumenta fino a domenica sera, tutta la mia Vita (Guancia) è Febbre per l'approssimarsi delle tue parole benedette - (dell'onda con le tue parole) |
Otis Philips Lord era un giudice amico del padre di ED, nato nel 1812. Aveva continuato a frequentare i Dickinson anche dopo la morte dell'amico, nel 1874, e dopo essere diventato vedovo, nel 1877, l'amicizia con ED si trasformò col tempo in una relazione sentimentale, della quale abbiamo notizia dalle lettere di ED, tutte rimaste in brutta copia, mentre non abbiamo quelle di lui. Le parole tra parentesi sono nel manoscritto come varianti di quelle che le precedono. |
Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").
Il numero della lettera è quello dell'edizione critica dell'epistolario, curata da Thomas H. Johnson e pubblicata nel 1958, seguito, tra parentesi, da quello dell'ultima edizione critica: The Letters of Emily Dickinson, edited by Cristianne Miller and Domhnall Mitchell, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, 2024.
ierolli@hotmail.com
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