A un anno di distanza dall’uscita del suo libro di versi Narciso selvagem, di cui si è scritto nel numero 63 di questa rivista, il poeta brasiliano Narlan Matos ha dato alle stampe la sua ottava raccolta poetica Rebanhos de estrelas e outros poemas (Greggi di stelle e altre poesie, 2023). Il libro si presenta diviso in due sezioni: la prima parte, Rebanhos de estrelas, è costituita da 52 brevi composizioni, quasi frammenti, di carattere classico, la seconda sezione, Cânticos, comprende 25 poesie più lunghe e articolate, che gradualmente ritornano ai temi del mondo attuale.
A proposito di questa sua recente opera, il poeta ci riferisce che, in realtà, si tratta di un libro la cui genesi risale a una quindicina di anni fa e, nel corso del tempo, in anni di profondo disagio esistenziale, ha subito frequenti modifiche, aggiunte, limature, sino ad arrivare all’attuale definitiva stesura.
Lo sradicamento dal suo paese natale e il suo, pur volenteroso, inserimento nella nuova realtà nordamericana, aveva fatto insorgere in lui uno stato di acuta sofferenza interiore che lo indusse ad allontanarsi per un certo periodo dal caos urbano alla ricerca di un rifugio nella natura. Partì con la giovane moglie e, viaggiando allo sbaraglio senza una meta precisa, si fermò solo quando vide, o riconobbe, un piccolo lago immerso in un paesaggio, la cui bellezza gli infuse quel senso di quiete che andava cercando. E lì la poesia cominciò a sgorgare pura, come acqua di fonte. Dice il poeta: “Ecco che allora, invece di scrivere un libro triste e doloroso sulla mia tragedia personale, io scelsi di dar forma a un libro classico, lieve e con molta luce. La vita è questo: imparare a trasformare l’oscurità in limpidezza!”
Nella prima parte, Narlan Matos si accosta, con toni quasi reverenziali, a una natura che si offre in tutta la sua sacralità e nitidezza, sia nel fulgore del giorno, come nei riflessi argentati della notte, sia nel trionfo della flora e della fauna, come nei profumi, nei suoni e nei colori. Ritornano gli echi dei versi sublimi dei lirici greci (soprattutto Saffo e Alcmane), degli idilli pastorali delle Bucoliche virgiliane, ma anche del simbolismo di Baudelaire, come nel primo frammento: “estou diante da Natureza pura//com minha harpa e minha lira//e não a contemplo como coisa em si//mas como um templo” (sto dinanzi alla Natura pura//con la mia arpa e la mia lira //e non la contemplo come cosa in sé //ma come un tempio).
Narlan si fa, in questa suo cammino immersivo, pellegrino in cerca di amore, cioè di un rapporto di armonia con le cose, nel deserto della vita. Lo spettacolo multiforme della natura suscita nel suo cuore il miraggio di un’oasi di pace, di una tregua dagli affanni, in un momento di pura contemplazione. Immergersi in questo mondo autentico, poiché non antropizzato, in questo scenario semplice, ma che racchiude in sé un occulto organismo vitale e dinamico, fa sì che spontaneamente scaturisca la poesia che già è presente nella realtà stessa e che non richiede ulteriori interventi immaginifici.
In effetti, questa poesia non è invenzione, ma scoperta e intuizione nitida e prodigiosa dell’intenso, occulto palpitare della vita cosmica. Nel momento stesso in cui il poeta giunge a percepire il linguaggio misterioso della natura – e lo fa in maniera frammentaria, attraverso rapidi e fuggevoli flash – la sua parola assume un ruolo che va oltre la pura e semplice rappresentazione del mondo naturale: ricrea e dà nuova forma alla realtà, ne scopre l’intima essenza. È questo il senso della “poesia pura”, che non ricerca nuovi contenuti, ma si concentra sul valore assoluto del linguaggio, che scaturisce dal silenzio e dallo scavo nelle profondità dell’io.
In questa prima sezione del libro, la scelta di Narlan Matos di assegnare a ciascuna delle 52 brevi o brevissime poesie una pagina tutta per sé, fa sì che queste si presentino graficamente focalizzate al centro di un grande spazio bianco, dando un’immagine visiva del vasto e profondo silenzio circostante, dal quale emergono i suoi versi.
Nella seconda parte del libro, Cânticos, il poeta, pur senza rinunciare all’impostazione classica dei suoi versi, ci offre 25 poesie non più in forma di frammento: in esse ritornano le problematiche del mondo attuale, le difficoltà della vita, ma anche i dialoghi d’amore e d’amicizia. E, per dirla con le parole del poeta brasiliano José Eduardo Degrazia, autore della prefazione, “anche in tempi di violenza e di perdita dei valori umani fondamentali, la voce del poeta si leva come resistenza del bello e del buono. La poesia di Narlan Matos, per queste sue caratteristiche, s’affianca alla grande poesia contemporanea internazionale.”
POESIE DI NARLAN MATOS
Da Rebanhos de estrelas e outros poemas
Bestiário, Brasile, 2023
I
estou diante da Natureza pura
com minha harpa e minha lira
e não a contemplo como coisa em si
mas como um templo.
I
sto dinanzi alla Natura pura
con la mia arpa e la mia lira
e non la contemplo come cosa in sé
ma come un tempio
II
um lago sereno e raso me observa
o tempo é uma grande borboleta azul
pousada sobre o verde das vitórias-régias
II
un lago liscio e sereno mi osserva
il tempo è una grande farfalla blu
posata sopra il verde della victoria regia
IX
são as rosas silvestres
e as sálvias violetas
que sustentam o firmamento
nesta tarde
IX
sono le rose selvagge
e le salvie violette
a sostenere il firmamento
questa sera
XI
morangos silvestres
são espadas vermelhas
sangrando o dia
XI
fragoline di bosco
sono spade vermiglie
che feriscono il giorno
XII
vespas mansas nas sálvias
brisa azul nos prados amarelos
oh musas, inspirai a beleza!
XII
miti vespe tra le salvie
brezza blu sui prati gialli
oh muse, ispirate la bellezza!
XIV
violetas azuis escuras
abrem seus abismos
para a eterna primavera
XIV
violette blu scuro
aprono i propri abissi
all’eterna primavera
XVIII
a safira do céu derrama azul em mim
teu olhar, oh Érato
teus olhos são os deuses pagãos deste céu
XVIII
lo zaffiro del cielo versa l’azzurro in me
il tuo sguardo, oh Erato
i tuoi occhi sono gli dei pagani di questo cielo
XIX
no bosque que não existe de tão belo
o outono apaga o verde e acende o amarelo
XIX
nel bosco, che non ne esiste altro più bello,
l’autunno spegne il verde e accende il giallo
XXIII
o inverno é quando todas as estações foram embora
o outono é quando o vento sangra as folhas
com seu punhal invisível de cores
XXIII
l’inverno è quando tutte le stagioni son finite
l’autunno è quando il vento insanguina le foglie
col suo invisibile pugnale di colori
XXXI
mesmo que seja o mesmo
o caminho da ida
não é o mesmo caminho
da volta
XXXI
che sia pure lo stesso
il cammino dell’andata
non è lo stesso cammino
del ritorno
LII
Deus quer que eu seja belo
como as nuvens e as figueiras
Deus quer que eu seja um deus
e que habite de novo seu Éden
LII
Dio vuole che io sia bello
come le nubi e le piante di fico
Dio vuole che io sia un dio
e che torni ad abitare il suo Eden
In Rebanhos de estrelas (I parte)
ANTIGUIDADE
por estas águas azuis claras
de cristal líquido
já navegaram águias
de ouro barcaças elmos
imensas galeras gregas
habitadas por servos
escravos senhores
belas nobres e servas
e por infinitas esperas
nesta tarde sem tempo
quase posso vê-los
quase posso ouvi-los
gritos sussurros louvores
em idiomas estrangeiros
no fundo deste mar
de nome Mediterrâneo
dormem cetros cantos
tridentes tesouros lanças
imortais guerreiros mortos
e preciosos cântaros
à noite de lua nova
as sirenas calmas entoam
cânticos por seus amores
perdidos para sempre
na vastidão da história
o invisível está coberto de hera
estou sentado num templo
em ruínas e olho ao meu redor
um vento muito pretérito
chega até mim após seu
longo e cansativo périplo
me conta antigas narrativas
e com meus olhos de nuvens
percebo o imperceptível
por estes caminhos milenares
já marcharam as legiões romanas
com seus cavalos adestrados
insígnias e gládios afiados
com suas gramáticas e éditos
filosofias éticas e poetas
com seus estandartes e bucinas
espalhando democracia e
desespero pelos quatro cantos
da Terra.
ANTICHITÀ
su queste acque azzurre e chiare
di liquido cristallo
già navigarono aquile
d’oro navigli elmi
immense galere greche
abitate da servi
schiavi signori
belle nobildonne e serve
e in infinite attese
in questa sera senza tempo
quasi posso vederli
quasi posso sentirli
grida sussurri lodi
in idiomi stranieri
sul fondo di questo mare
chiamato Mediterraneo
dormono scettri canti
tridenti tesori lance
immortali guerrieri morti
e preziose anfore
nella notte di luna nuova
le sirene calme intonano
cantici ai loro amori
perduti per sempre
nella vastità della storia
l’invisibile è coperto d’edera
io sono seduto in un tempio
in rovina e mi guardo intorno
un vento molto remoto
giunge fino a me dopo il suo
lungo ed estenuante periplo
mi racconta antiche vicende
e con i miei occhi di nuvola
avverto l’inavvertibile
su questi cammini millenari
già marciarono le legioni romane
coi loro cavalli addestrati
insegne e spade affilate
con le loro grammatiche ed editti
filosofie etiche e poeti
con i loro stendardi e buccine
diffondendo democrazia e
disperazione per i quattro angoli
della Terra.
AQUELES VERÕES
eram solares aqueles verões
que passávamos na ilha
perdida no Atlântico Sul
eram aquários coloridos
cobertos de puro azul
os rapazes e as moças
felizes pelas praias afora
– tão distinto do que vejo agora –
sorriam brincavam viviam
dias tão belos como marmelos
ah, doces siriguelas amarelas...
aqueles verões eram diferentes
de tudo: o sol os mares as gentes
à noite sentados nas areias
acreditávamos em amores e sereias
e Netuno e ouvíamos o vento
devaneios aquelas casas de veraneio
nas noites daqueles verões
contávamos estrelas cantávamos canções
e como éramos ingênuos
e a vida era viva como uma água-viva
naquelas manhãs naqueles arrecifes
naqueles corais era uma festa sem fim
ah, que saudades daqueles verões!
tudo era tão lindo tão real
inclusive todas as ilusões...
hoje eu caminhando sozinho
como marinheiro em busca de cais
ainda esperando que retornem
aqueles belos verões de nunca mais!
meus passos se apagam pela praia deserta
onde já não há mais verões nem ilusões
nem moços e moças daquela época antiga
ah, como são terríveis todas as coisas perdidas!
QUELLE ESTATI
erano piene di sole quelle estati
che passavamo sull’isola
perduta nell’Atlantico del Sud
erano acquari variopinti
coperti di puro blu
i ragazzi e le fanciulle
felici su quelle spiagge
– così diverso da quel che vedo ora –
sorridevano giocavano vivevano
giornate belle come mele cotogne
ah, dolci frutti gialli...
quelle estati erano differenti
da tutto: il sole i mari la gente
di notte seduti sulla sabbia
credevamo all’amore e alle sirene
e a Nettuno e ascoltavamo il vento
deliri quelle case di vacanze
nelle notti di quelle estati
contavamo le stelle cantavamo canzoni
e com’eravamo ingenui
e la vita era viva come una medusa
in quei mattini su quegli scogli
tra quei coralli era una festa senza fine
ah, che rimpianto di quelle estati!
tutto era così bello così reale
compresa ogni illusione...
oggi sto camminando da solo
come un marinaio in cerca d’approdo
sperando ancora che ritornino
quelle belle estati che non torneranno più!
svaniscono i miei passi sulla spiaggia deserta
dove non ci sono più estati né illusioni
né ragazzi e fanciulle di quei tempi passati
ah, come sono terribili tutte le cose perdute!
CANÇÃO DA MUSA DO BOSQUE
mesmo à noite teus olhos são de manhãs
e teu silêncio é uma geleira azul
cercada de beleza por todos os lados
o céu é uma lousa azul onde Deus
com giz de nuvens escreve lições
de eternidade
mas só quando tua brisa sopra calma
sobre meu lago triste me sinto eterno
vem bela Ofélia que brincas nos bosques
com teu perfume de ervas e flores
com tua presença de Atena
e salva-me de mim mesmo.
CANZONE DELLA MUSA DEL BOSCO
perfino di notte sono mattinali i tuoi occhi
e il tuo silenzio è un azzurro ghiacciaio
cinto di bellezza da ogni lato
il cielo è una lavagna blu su cui Dio
con gessetti di nuvole scrive lezioni
d’eternità
ma solo quando la tua brezza spira calma
sopra il mio lago triste io mi sento eterno
vieni bella Ofelia tu che giochi nei boschi
col tuo profumo d’erbe e di fiori
simile nel portamento ad Atena
e da me stesso salvami.
CANTIGA AO LUAR
quando estás nua
teu corpo parece a lua
branco cisne
navegando o lago azul
de minha noite
mas estás quieta
estás parada
é a noite quem flutua
enluarada e bela
e nossos olhos imóveis
são testemunhas
teus seios dormem
e mesmo adormecidos
sonham comigo
teu corpo cheira
a flor de laranjeira
e nesta noite te sinto:
corcel negro ao vento
cavalgando a clara estrada
teus pés alvos descalços
parece que têm asas
e me abraçam até que o
fim seja um novo começo
até que o tudo seja nada
estou perdido em tua enseada
devorado pelo silêncio
– ah, gentil criatura!
tua claridade é enamorada
de minha noite escura
os grilos e seus noturnos
todos param para me ouvir
cantar esta cantiga a ti
e tu então ouves calada
a minha calma serenata
e sou teu menestrel
sob os olhos claros das estrelas
CANZONE AL CHIAR DI LUNA
quando sei nuda
il tuo corpo somiglia alla luna
bianco cigno
che solca il lago blu
della mia notte
ma tu sei quieta
sei ferma
è la notte che fluttua
lunare e bella
e i nostri occhi immobili
fanno da testimoni
dormono i tuoi seni
ed anche nel sonno
sognano me
il tuo corpo profuma
di fiori d’arancio
e in questa notte ti sento:
nero destriero al vento
che corre sulla strada chiara
scalzi i tuoi piedi bianchi
sembra che abbiano ali
e m’abbracciano affinché la
fine sia un nuovo inizio
finché il tutto sia niente
sono perduto nel tuo golfo
divorato dal silenzio
– ah, creatura gentile!
la tua limpidezza è innamorata
della mia notte scura
i grilli e i loro notturni
tutti s’arrestano per udirmi
cantare questa canzone per te
e intanto tu ascolti muta
la mia calma serenata
e sono il tuo menestrello
sotto gli occhi chiari delle stelle
LITORAIS DO SUL
quando tua alma fala
a minha alma se cala
tuas melodias já dizem
tudo o que preciso dizer
tal pássaro solto no ar
gosto de te buscar
nas nuvens no azul
nas cores de cada lugar
só tu sabes ser vaga e mar
infinito e finito lua e luar
na sombra de teu coqueiro
tenho espaço para ser inteiro
oh mulher, Deus te criou
para que fosses a deusa
de sua perfeita criação
nutre-me com teu momento
minha alma é teu instrumento
quando eu for uma flauta
me toca com tua boca
quando eu for um piano
me toca com teus dedos
e se ainda for pouco
me toca com teu corpo
sê sol e brisa calma
e tarde verde de setembro
sê, mulher, poeta como eu
senta sobre a areia breve
desta infinita enseada
de minha exausta existência
e reescreve minha vida.
LITORALI DEL SUD
quando parla l’anima tua
tace l’anima mia
le tue melodie dicono già
tutto ciò che vorrei dire
come uccello libero lassù
amo venirti a cercare
tra le nuvole nel blu
nei colori d’ogni dove
solo tu sai esser onda e mare
finito e infinito luna e chiaror lunare
all’ombra del tuo palmizio
c’è spazio perché io sia completo
oh donna, Dio t’ha creato
perché tu fossi la dea
della sua perfetta creazione
nutrimi del tuo momento
la mia anima è un tuo strumento
quando io sarò flauto
suonami con la tua bocca
quando io sarò piano
suonami con le tue dita
e se fosse troppo poco
suonami col tuo corpo
sii sole e brezza calma
e verde serata di settembre
sii, donna, poeta come me
siediti sulla fine sabbia
di questa infinita baia
della mia esistenza esausta
e riscrivi la mia vita.
POEMA PARA A MUSA DO LESTE
teus cabelos de noite derramados
sobre tua pele de luar
é belo existir, é belo te contemplar
e belas estrelas azuis brilham
dentro dos teus olhos oh Musa
nem o Mar Mediterrâneo
nem o irretocável céu de Trieste
nenhum azul é mais azul
que teu olhar em setembro
oh delicada Eurídice do Leste
que bailas solitária nas florestas
com o leite de teus seios de deusa
amamenta a terra e os lírios
nas noites veranis tua presença
exala aromas de jasmins e anis
é assim que te quero
é assim que te sinto:
estrelação azul sobre uma calma
enseada – mais nada.
é com a tinta azul que roubo
de teus olhos eslavos que escrevo-te
este poema, este édito
como se fora imperador da Terra
para que sejam decretados teu amor
tua indizível beleza e tua misericórdia
sobre este mundo destroçado pelo ódio
POESIA PER LA MUSA DELL’EST
i tuoi capelli di notte sparsi
sulla tua pelle di luna
è bello esistere, è bello contemplarti
e belle le stelle blu che brillano
nei tuoi occhi, o Musa
né il Mar Mediterraneo
né l’impeccabile cielo di Trieste
nessun blu è più blu
del tuo sguardo a settembre
oh delicata Euridice dell’Est
che balli solitaria nelle foreste
con il latte dei tuoi seni di dea
alimenti la terra e i gigli
nelle notti d’estate la tua presenza
esala aromi di gelsomino e anice
è così che ti voglio
è così che ti sento:
costellazione blu sopra una calma
baia – niente di più.
è con l’inchiostro blu rubato
ai tuoi occhi slavi che per te scrivo
questa poesia, questo editto
come se fossi l’imperatore della Terra
affinché siano proclamati il tuo amore
la tua indicibile bellezza e la tua misericordia
sopra questo mondo devastato dall’odio
REDONDILHA MAIOR
é proibido o amor
então nos amaremos no silêncio
das carícias proibidas
nas noites escuras sem luar
onde apenas o brilho de nossos olhos
iluminará o breu do firmamento
é proibido o amor
e mesmo assim nos amaremos
nestas cartas apaixonadas que escrevemos
e nunca nos mandamos
e pensamos no que nunca foi
como um tempo já acontecido
é proibido o amor
mesmo assim ficaremos a sós
e despirei teus seios de luar
e teu corpo de espuma branca
te inventarei com minhas mãos
sabes bem amada que nem mesmo
podemos dizer que nos amamos
é proibido o amor
de permitido mesmo apenas
o silêncio, esse vasto silêncio
e quando nos vemos a distância
nossos olhos se convertem em crianças
correndo soltas nos campos de setembro
é proibido o amor
resta-nos apenas esta dor
e estes versos que te dou
que te escrevo como o sol
escreve os seus sobre o mar
para que a lua leia de noite
deitada num lençol de estrelas
e como é proibido o amor
aprenderemos a amar sem ele.
REDONDILHA MAIOR
è proibito l’amore
e allora noi ci ameremo nel silenzio
delle carezze proibite
nelle notti scure senza chiar di luna
dove soltanto il brillio dei nostri occhi
illuminerà il buio del firmamento
è proibito l’amore
e pur tuttavia noi ci ameremo
in queste lettere appassionate che scriviamo
e che mai ci mandiamo
e pensiamo a ciò che non è mai stato
come fosse un tempo già accaduto
è proibito l’amore
e pur tuttavia resteremo da soli
e io svelerò i tuoi seni di luna
e il tuo corpo di bianca spuma
t’inventerò con le mie mani
sai bene, cuor mio, che nemmeno
possiamo dire che ci amiamo
è proibito l’amore
è permesso solamente
il silenzio, questo vasto silenzio
e quando ci vediamo da distante
i nostri occhi si trasformano in fanciulli
che corrono liberi nei campi di settembre
è proibito l’amore
a noi resta solo questo dolore
e questi versi che ti dono
che ti scrivo come il sole
scrive i suoi sopra il mare
affinché la luna li legga di notte
distesa su un lenzuolo di stelle
ed essendo proibito l’amore
impareremo ad amare senza di lui.
TREM NA ALTA NOITE
que trem é esse apitando na noite?
é a derrocada final dos sonhos?
foi o coração da época que parou?
é a vida perdida gritando?
são as coisas mortas conversando?
são os amores mortos ainda vivos
no obscuro sótão do coração?
um terremoto de magnitude oito no Haiti?
é o vazio de uma vida ocupada demais?
que trem é este cortando a noite?
é a pasta cheia de papéis que explodiu?
é o carteiro da história anunciando
a morte da poesia? É a lucidez do suicida
que resolveu dar mais uma chance à vida?
é o mundo se acabando?
é o clima se derretendo feito metais na fornalha?
é o desejo atômico incontrolável dos mortais?
que trem é este dividindo a noite?
é o comboio dos desesperados?
foi o vírus que dizimou mais um?
a boneca semiótica que falou?
foi a amante que assassinou o amado?
a carretilha das loucuras escondidas
dançando de repente na sala vazia?
foi o suicida que não suportou mais
e se atirou do precipício ao lado?
foi o cidadão comum que depositou
sua esperança na chama frágil de um
cigarro solitário no meio da noite?
foi o poeta sonhador na janela
contemplando a humanidade que suspirou?
TRENO A NOTTE FONDA
che treno è questo che fischia nella notte?
è la fine catastrofica dei sogni?
è il cuore di quest’epoca che s’è fermato?
è la vita perduta che ha gridato?
sono i dialoghi delle cose morte?
sono gli amori morti ancora vivi
nell’oscura soffitta del cuore?
un terremoto di magnitudo otto ad Haiti?
è il vuoto d’una vita troppo indaffarata?
che treno è questo che fende la notte?
è la cartella piena di carte ch’è scoppiata?
è il postino della storia che annuncia
la morte della poesia? È la lucidità del suicida
che ha deciso di dare un’altra chance alla vita?
è il mondo che sta finendo?
è l’ambiente che sta fondendo come metallo nell’altoforno?
è l’incontrollabile smania atomica dei mortali?
che treno è questo che divide la notte?
è il convoglio dei disperati?
è stato il virus che ha colpito una volta ancora?
la bambola semiotica che ha parlato?
è stata l’amante che ha assassinato l’amato?
la spoletta delle follie nascoste
che d’un tratto danza nella sala vuota?
è stato il suicida che alla fine ha ceduto
e s’è buttato giù dal vicino dirupo?
è stato il cittadino comune che ha deposto
la sua speranza nella fragile fiamma d’una
sigaretta solitaria nel cuore della notte?
è stato il poeta sognatore alla finestra
che, contemplando l’umanità, ha sospirato?
In Cânticos (II parte di Rebanhos de estrelas)
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Traduzione dal portoghese di Manuela Colombo
Narlan Matos Poeta, musicista e accademico brasiliano, è nato a Itaquara, nello stato di Bahia, nel 1975 e dal 2004 risiede negli Stati Uniti. È considerato uno dei poeti emergenti latino-americani più importanti del nostro secolo. A ventun anni esordisce con Senhoras e senhores, o amanhecer! (Signore e signori: l’aurora!, 1997), che ottiene il premio Copene de Literatura. Nel 1998, fa la conoscenza di Waly Salomão col quale realizza la sua prima tournée di letture poetiche in Brasile. Nel 2001 dà alle stampe il suo secondo volume poetico No Acampamento das Sombras (Nell’accampamento delle ombre, 2001) che riceve il Premio Xerox per la Letteratura brasiliana. Nel 2002 è selezionato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per rappresentare il Brasile all’International Writing Program dell’Università dell’Iowa.
La sua poesia ottiene l’attenzione di poeti come Evgenij Evtushenko, Robert Creeley, Lawrence Ferlinghetti e lo sloveno Tomaz Salamun. Il suo terzo libro di poesie, Elegia ao Novo Mundo (Elegia al Nuovo Mondo, 2012), viene tradotto in molte lingue e selezionato come una delle migliori opere poetiche del 2012. Nel 2014 la rivista italiana POESIA gli dedica 13 pagine. Esce, nel 2017, Um alaúde, a península e teus olhos negros (Un liuto, la penisola e i tuoi occhi neri); questo è anche l’anno di nascita di suo figlio “yankee” Yannik, a cui è dedicata la raccolta poetica Canto aos homens de boa vontade (Canto agli uomini di buona volontà, 2018). Seguono Eu e tu, caminheiros dessa vida (Io e te, Viandanti di questa Vita, 2019) e nel 2022, Narciso selvagem (Narciso selvatico, 2022), di cui si occupa nuovamente la rivista POESIA. Nel 2023, ha dato alle stampe Rebanhos de estrelas e outros poemas (Greggi di stelle e altre poesie, Bestiário). Nel 2016 è stata pubblicata in Italia l’antologia poetica La provincia oscura (Edizioni Fili d’Aquilone, a cura di Giorgio Mobili).
manualdo.romano@gmail.com
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