Quello che colpisce in questa ultima prova poetica di Alessio Brandolini è l’universalizzazione attraverso il particolare, nel suo caso il luogo, la precisione toponomastica, un significante apparentemente neutro che diviene significato profondo che, attraverso il procedimento simbolico, si rivela radice condivisa: I castelli romani, dove il poeta ha piantato alberi, “costruito una casa e per vedervi/ felici mi sono preso cura di un giardino./ Una piccola casa per restare uniti”.
Questa ricerca delle radici nell’unità e non nel romantico – e postromantico – viaggio solitario lontano dalla città e dalla comune è una delle cifre di Il tuo cuore è una grancassa (La Vita Felice, 2022). Titolo spaesante, che avrebbe fatto felice Brecht, ma che segna una virata della poetica di Brandolini, anche se all’interno di quella visione del mondo che fa della lirica del Nostro una delle più interessanti di questi anni estetizzanti. Rimane infatti l’attenzione verso gli ultimi, i viaggiatori non per diporto ma per fame o guerra, solo che essa si rimodula in senso più profondamente familiare attraverso non solo i simboli ma anche i luoghi, i loro confini, le loro certezze geografiche e il loro essere insieme punto prossemico e fonte di amore.
Il luogo diviene non più solo quello del caso senza senso, ma lo spazio donato in cui trovare il senso profondo che lega gli spazi fisici a un tutto che nel suo movimento incessante chiede partecipazione, accettazione del qui e dell’ora non come proprietà da possedere, difendere e poi passare ad altri, ma come un senso recondito in cui padre e figlio riassumono la circolarità cui tende ogni cosa del cosmo: movimento inclusivo di cui, secondo anche l’affascinante tesi di Marcel Jousse, ninna nanna, abbracci, danza, movimento bilaterale del corpo non sono altro che echi profondi e inconsapevoli.
È così che la potatura a corto degli ulivi della campagna laziale, il vino fermentato in cantina, l’umile e anonimo lavoro agreste divengono vere e proprie epifanie dell’antica comunione perduta:
(…) Qui tutto
è luminoso ma pieno di arcaiche
rovine e il muschio che fascia ogni
sasso è la chiarezza pietrosa del tempo.
(“La vetta inaccessibile”)
L’oltre del cammino poetico di Brandolini è non una radicale negazione del passato, ma semplicemente l’inevitabile essere in continuo cambiamento che crea, fa e disfa, ma che in realtà non è altro che parte della fusione costante di ogni cosa senza che mai nulla, e questo non piacerebbe al cantore di Zarathustra, si ripeta davvero.
È così che in questa – ma sono possibili categorizzazioni di ciò che è impossibile fermare, catalogare, inventariare? – laica concezione del mondo appaiono “le mani degli angeli (che) carezzano l’erba” (in “La cresta dell’upupa”) in un universo geograficamente configurato che proprio per questo manda inquietanti bagliori di altro, se non proprio altrove.
Anche ne “Il braccio spolpato” la poesia deve fare i conti con l’epifania dell’apparentemente inanimato che invece assume il carattere del vivente e sensiente, con gli abeti a essere “sentinelle” in uno sguardo che alla fine deve riconoscere che tutto significa anche l’incomprensibile e ciò che un tempo si sarebbe individuato come allucinazione, superstizione o cedimento alla favolistica delle religioni istituzionali: “Imploro/ la compagnia dell’angelo che si sposta/ sui tetti scarlatti”. E l’angelo torna nella letteratura non solo come elemento religioso istituzionale, ma come segnale di senso oltre l’induzione all’egoismo e alla solitudine spacciati per comunione profonda con un altro virtuale.
Non è un caso che nei frammenti in prosa della seconda parte della raccolta, in quello intitolato “Orologio”, la voce poetica si chiede se sia “troppo tardi per credere a un miracolo” non di fronte a un evento inspiegabile, ma alla rivelazione della altrimenti indicibile bellezza del “gelo del mattino” che “è ruvido, profuma di fragole, uva, albicocche”.
Il senso è nella nuova manifestazione di ciò che abbiamo sotto gli occhi, il Pascoli del Fanciullino – e non solo – aveva perfettamente ragione. Non dobbiamo andare troppo lontano se riusciamo a riconoscere il dono di ciò che abbiamo la fortuna di avere.
Il tuo cuore è una grancassa è anche questo: viaggio di ritorno nella riappropriazione profonda di ciò che è già stato nostro e avremmo proustianamente cercato per altri mille anni, invano.
POESIE DI ALESSIO BRANDOLINI da Il tuo cuore è una grancassa La Vita Felice, 2022 pagg. 1004, euro 15
LA VETTA INACCESSIBILE
L’odio va smantellato. La notte esalta
gli odori, conserva i gesti. Cani
inciampano nelle code e inonda gli occhi
il chiarore stellare. Rapito dalla linea
dei Castelli romani, lì dove ho piantato
alberi, costruito una casa e per vedervi
felici mi sono preso cura di un giardino.
Una piccola casa per restare uniti.
Rincorso dai sogni veloce fuggo
dal covo, ecco la caserma dove
i desideri premevano. Qui tutto
è luminoso ma pieno di arcaiche
rovine e il muschio che fascia ogni
sasso è la carezza pietosa del tempo.
LA CRESTA DELL’UPUPA
L’istinto si fa duro e nella cantina
piena di attrezzi un padre si guarda
intorno e smarrito conta oggetti
ragnatele. Penso al corteo dei morti
al dolore che affonda la città ma
la cresta dell’upupa dona tra le foglie
degli ulivi sorprendenti ponti di gioia.
Le parole accendono il fuoco, il vino
è sangue vitale. Le mani degli angeli
carezzano l’erba e il sole riscalda
la scorza chiara del castagno. Penso
alla pioggia, alla continua lotta
contro i tabù, a quel sentirsi sempre
raggianti e sorpresi lungo il percorso.
IL BRACCIO SPOLPATO
La luna brucia gli occhi, nella notte
la chiarezza e oltre il recinto le scie
lucenti di palazzi e strade. Il fumo
sbuccia l’aria, spolveri il presepe
stellare che rinforza le valvole
di sopportazione. La città scivola via
e il mare è un libro ricoperto di alghe.
Sentinelle i due abeti? Dònati alla luce
placa il lupo chiuso nel corpo. Imploro
la compagnia dell’angelo che si sposta
sui tetti scarlatti. Il troppo desiderio
ammazza l’amore e tiro fuori un braccio
del tutto spolpato. Presto, raggiungiamo
il fiume: da qui dobbiamo subito fuggire!
UN MONDO PIÙ LUMINOSO
Una corda sfilacciata sostiene i corpi
che scalciano nel vuoto. Lo sguardo
sulla corsa, poi sull’arrivo che spezza
in due. Andiamo a bere qualcosa?
Ti consiglio di guardarti le spalle
di legare la lingua a un palo, parliamo
di fatti importanti accaduti decenni fa.
Anch’io tra le nuvole e questo denuda
il sogno. Accantona il passato se vuoi
vivere il presente. Un falò di ricordi?
Istruire l’anima, lasciarla oziare sulla riva
di un lago. Forse il cielo può ospitare altri
buchi neri ma serve un mondo più luminoso
perché la gioia reclama l’intesa cuore/mente.
OROLOGIO
Il congegno s’inceppa e pensi: l’auto ferma con le viti allentate, il serbatoio vuoto, le gomme sgonfie. Che altro manca? Sbandi e precipiti nel vuoto. Le stagioni hanno labbra scorticate che divorano la scrittura ma alla notte non serve altro. Devi nasconderti, farti incorporeo per qualche giorno e smetterla di temere il viaggio. Ci sono recinti divelti e una casa senza tetto, dopo il gelo verrà l’estate e ricostruiremo tutto dalle fondamenta. Scambi di frasi spezzettate: per evitare l’uragano occorre più forza, una nuotata che allontani dalle falsità. Il silenzio deborda e l’orologio scandisce il tempo al contrario, raschia le parole che frullano in testa ma occorre ben altro per restare mentalmente stabili. Il gelo del mattino è ruvido, profuma di fragole, uva, albicocche. Troppo tardi per credere a un miracolo?
GRANCASSA
L’aria qui è buona e sulla montagna c’è un bosco che ti conosce e ti parla, sa che esisti e il sole asciuga la rabbia. La nostalgia è il deserto che annaffi al mattino, nessuno ti rema contro, se non te stesso. Il sogno ricorrente? Scalci nell’acqua e i pesci fuggono dall’amo, dalla morte. Vuoi buttarmi fuori dal letto? Eppure ci conosciamo bene, da bambini giocavamo assieme, per me sei più di un fratello! Ti piazzi sulla soglia e mi blocchi: quanto tempo è passato? Hai scoperto voragini e grotte sotto la casa. Dovremmo rivestirci di luce, sfidare i fantasmi. Seduto davanti a Fontana di Trevi osservi nell’acqua le donne amate e quelle intraviste tra la folla in continua trasformazione. Il tuo cuore è una grancassa che a lungo risuona in alto fra le nuvole come una cannonata, e ami ancor di più chi ti sta accanto: con poche parole vi siete sostenuti lungo il tragitto e assieme a voi sono cresciuti figli, alberi e fiori, cani e gatti.
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Alessio Brandolini è nato a Frascati nel 1958 e vive a Roma dove si è laureato in Lettere. Ha pubblicato i libri di poesia: L’alba a piazza Navona (1992, Premio Montale - Inedito), Divisori orientali (2002, Premio Alfonso Gatto - Opera Prima), Poesie della terra (2004), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007; anche in spagnolo: Mapas colombianos, Colombia 2015), Tevere in fiamme (2008, Premio Sandro Penna), Il fiume nel mare (2010, Finalista Premio Camaiore), Nello sguardo del lupo (2014; anche in spagnolo: En la mirada del lobo, Messico 2018), nel 2017 Il volto e il viaggio (con disegni di Stefano Cardinali) e nel 2022 Il tuo cuore è una grancassa
Nel 2016 è uscita l’antologia Il futuro è un campo incolto (1992-2014) e nel 2021 l’antologia Città in miniatura (2004-2020). In Costa Rica sono state pubblicate le antologie En el ojo del lobo (2009) e Desde otro planeta (2014), in Colombia Llamo desde otro planeta (2016) e in Argentina El camino de regreso (2019). Nel 2013 ha pubblicato il libro di racconti Un bosco nel muro. Traduce dallo spagnolo e dal 2006 coordina Fili d’aquilone, rivista web di «immagini, idee e Poesia». Nel 2011 ha fondato la casa editrice Edizioni Fili d’Aquilone.
testimarco14@gmail.com
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