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Sistole e diastole
d’una sfera perfetta
che inala ed esala
l’eterno girovagare
di mille galassie.
Nuotare in un abisso d’acqua
è ritornare all’acqua
un corpo animale
il cui elemento
si riconosce tale
dentro e fuori se stesso,
sangue che pulsa dentro sangue,
cuore che partecipa d’un cuore
assai più grande
quando batte
ancora a tempo
nelle rotazioni
di luna e oscurità.
È là, in un cielo devastato
dal suo bagliore
che l’immagine naviga
come goccia gigantesca, e viscosa.
Impeccabile, s’è divincolata
dentro la materia.
Nel turbinío di formazioni intestine,
nell’albume d’un fulgore,
veleggiando dentro al nero,
figure diafane ora si disegnano
sopra al volto suo
per scomparire lentamente;
membra sparse si ricongiungono,
s’allontanano, occhi sorridono
per un istante, finché un fremito
delirante sembra farsi più rapido,
al punto d’apparire
per un attimo suadente.
Ma ecco che le immagini
prendono corpo, si precisano,
e un gioco d’arabeschi
si scioglie nella forma d’un viso,
poi d’un altro, due gemelli,
attaccati per il collo, che tu muovi
mentre tentano, forse,
di baciarsi in un amplesso latteo,
con le fronti che si slargano
a riempire l’intera superficie,
e si perdono nel gioco
e nei contorni di profili nuovi.
Un volto di donna qui ci affiora,
la bella Elena che saluta i Dioscuri,
esseri fatti di vetro, metallo,
superfici lucide,
nel mezzo d’un gran ballo,
presenze non umane,
uno splendore che non è da vivi.
Zeus li benedice, mentre Elena, rapìta,
fa brillare dietro sé
uno stuolo di lance, carri e armature
d’inaudita beltà e violenza.
Le vele e Menelao l’accompagnano a destinazione,
verso l’isola che rimira,
sulle proprie acque, l’ombre della luna:
Mare Crisium, Mare Nibium,
Mare Humorum, Mare Imbrium,
Mare Fecunditatis, Mare Frigoris,
Mare Nectaris, Mare Insularum,
Mare Serenitatis, Mare Tranquillitatis…
Mare e terra qui in simbiosi,
il bianco contro il nero,
prima che le fasi riportino la luce,
e poi di nuovo oscurità,
perché tutto ritorni al suo mistero,
coi volti che s’assottigliano,
e i morti affondano, si fondono,
si rifocalizzano, ritratti nella brutalità
di guerre un tempo desolate
e poi sommerse: Oceanus Procellarum.
Il foglio è alfine impresso.
Il nero è smentito.
L’eternità qui vive della luna
il suo profilo definito.
NELLE SHETLANDS
C’era un’onda che non dormiva;
era ladra e assassina
fino a notte fonda. Del vento
si cibava, e della pioggia,
sotto la luna, e con il ventre gonfio.
Digrignava i denti sulla spiaggia.
L’ascoltavo frantumare detriti
e rottami, ingoiare
quello che non ricordava più
la sua natura: roccia, vegetale,
umore minerale
della terra.
Qui il reale
trasforma le sue parti,
ma tuffando una mano tra le pietre
il sangue balza ancora
dal vortice del tempo.
ALLA LUNA
Luna che t’alzi, luna che torni,
Dammi il tuo volto, un giovane volto,
Benché tu sia morta, e conto i miei giorni.
Amica di sempre, di mille soggiorni,
Cambiami il volto, questa vita che ho colto,
Benché tu sia morta, e conto i miei giorni.
Ho a lungo vagato, sognato ritorni,
Ma i misteri di sempre mai ho risolto,
Luna che t’alzi, luna che torni.
Lo so che c’è poco ormai da propormi
Mi perdo nel tempo ch’è lento e m’è tolto,
Benché tu sia morta, e conto i miei giorni.
Odo frusciare e un richiamo di corni,
M’illumini spero nel bosco ch’è folto,
Luna che t’alzi, luna che torni.
A un finto sognare non voglio più espormi
Ma sono felice quando qui io t’ascolto,
Luna che t’alzi, luna che torni,
Benché tu sia morta, e conto i miei giorni.
Le poesie sono tratte dal libro Poesie scelte / Selected Poems (1990-2020), Edizioni Fili d’Aquilone, 2020.
THE MOON MOVES UP
(Henry David Thoreau)
The moon moves up her smooth and sheeny path
Without impediment; and happily
The brook Glides by lulled by its tinkling;
Meteors drop down the sky without chagrin
And rise again; but my cares never rest.
No charitable laws alas cut me
An easy orbit round the sun, but I
Must make my way through rocks and seas and earth
My steep and devious way Uncertain still.
My current never rounds into a lake
In whose fair heart the heavens come to bathe
Nor does my life drop freely but a rod
By its resistless course
As Meteors do.
LA LUNA SALE IN ALTO
La luna sale su per un sentiero dolce e luminoso
Senza alcun impedimento; e con gioia
Scivola via il ruscello, cullato dal suo tintinnare;
Senza dispiacere le Meteore si mettono a cadere giù dal cielo
E s’impennano di nuovo; e non hanno sosta le premure.
Nessuna legge indulgente dispone per me, ahimè,
Un’orbita facile attorno al sole, pur se devo farmi
Strada tra rocce e mari e terra
Quando è tortuosa e ancora irta l’incerta via.
Il mio ardore mai rigira dentro a un lago
Nel cui cuore delizioso vengono a bagnarsi i cieli
Né la vita mia va giù libera come arbusto
Per l’irresistibile corso
Come fanno le Meteore.
Henry David Thoreau tradotto da Marco Fazzini. Il testo compare in: Heaven Under Our Feet. Poesie e idee su Natura e Ambiente, Second Guess Press, 2022.
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