FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 60
marzo 2022

Luna

 

MANUEL VILAS, ROMA

di Alessio Brandolini



Roma è un denso libro di poesia dell’autore spagnolo Manuel Vilas (1962) pubblicato dalla casa editrice madrilena Visor a fine 2020, scritto durante un soggiorno a Roma presso la Real Academia de España, ubicata in San Pietro in Montorio. Un breve soggiorno funestato dall’esplosione della pandemia dovuta al Coronavirus.
Nel settembre 2019 a Roma un volto in più, un uomo qualsiasi arriva con una grande valigia piena di vestiti e libri nel luogo dove probabilmente fu crocefisso, a testa in giù, il primo papa, l’apostolo San Pietro. Nel cortile interno lo stupendo tempietto del Bramante e a due passi il Belvedere del Gianicolo. In questo luogo particolare dove Roma è vista dall’alto Vilas soggiorna diversi mesi e vaga di continuo per la città, ne conosce i musei, le strade, i luoghi: Trastevere, Piazza Navona, via Condotti, i Musei Vaticani, la casa di Rafael Alberti, via Veneto, la Galleria Borgese, il Pantheon, l’Isola Tiberina con i suoi barboni e la chiesa di San Bartolomeo (chiesa secondaria adatta ai cuori ambulanti), il mercato di Porta Portese e, ancora, la Cappella Sistina sotto la quale ci si sente ancora più imperfetti (ma anche più vivi).

La grandezza di Michelangelo e lo splendore del barocco di Bernini e Borromini. Le cupole delle oltre novecento chiese di Roma e Piazza Navona che, scrive l’autore, è la mia patria e a Roma seppelliscono gli angeli quando muoiono. Il Colosseo che, come milioni di essere umani, è più bello fuori che dentro. Qui la vita torna a essere una festa e tutti gli animali sono amici, qui si cerca la bellezza perché senza di essa la vita non ha senso e si prova a rintracciare la dignità della storia anche se tra i ruderi ci sono i gatti che ci spiano con indifferenza.
Il parco di Villa Pamphili e quello di Villa Borghese, la Domus Aurea di Nerone che è una casa per l’anima. L’autore passeggia, va in pellegrinaggio da un punto all’altro della città come un mistico euforico e con bontà e ironia osserva ogni cosa, annusa e assapora: il caffè, il tiramisù, i supplì, i croccanti filetti a due passi da via dei Giubbonari. Buone cose della vita romana di ogni giorno che regalano allegria a un cuore semplice e ogni cosa è una continua scoperta. Vagabondare in questo modo per la Città Eterna ricorda lo Stendhal delle Passeggiate romane (1829).

Da Roma poi si fa una puntata a Firenze, a Bari, a Brindisi dove morì Virgilio nel 19 a. C. e a Lecce che con le sue chiese barocche celebra la morte, converte la bellezza in martirio ma siamo a fine febbraio 2020 e la nuova peste dilaga nel mondo, incute paura e miete vittime: dal Nord Italia si espande al Sud.
Ora l’autore osserva sé stesso, un uomo silenzioso e triste, impaurito e in mezzo all’abisso, come tutti gli europei nel marzo 2020. A questo punto il libro, uno stupendo diario in versi che contiene anche brevi prose, cambia tono in modo brusco e da Fellini (più volte citato) si passa a Visconti e al suo Morte a Venezia (1971): la storia di un uomo che disperato insegue l’ultima bellezza ma la peste arriva e senza pietà cancella il suo sogno. Ora è impossibile camminare per le strade e le piazze di Roma e sentirsi in pace con tutti, ora la morte non è più soltanto una “brezza remota”.

Una primavera maledetta quella del 2020, dalle strade vuote e la pandemia che oscura la vita: i turisti sono scappati, Roma è un deserto: adesso a chi appartiene? Negozi e ristoranti chiusi, persino i gatti sono spariti. Il poeta non si arrende e seguita a girare per le strade vuote, siede da solo davanti alle chiese, siede da solo davanti a Fontana di Trevi e la osserva come se la superba fontana fosse una madre che lo abbraccia, lo consola. Desolazione, tristezza, paura eppure ci sono i dipinti di Raffello Sanzio, c’è la Terrazza del Gianicolo dove l’autore si reca ogni giorno (“muoio se non ti vedo al mattino”). “Poeta a Roma” è una delle poesie finali che riecheggia il “Poeta a New York” di García Lorca, ora l’autore deve andar via, deve rimpatriare e ci riesce passando per Mosca visto che i voli diretti sono stati aboliti.

I versi di Manuel Vilas in Roma illuminano la bellezza della vita e il vuoto del mondo con un linguaggio semplice e diretto che coinvolge profondamente il lettore: lo fa ridere (v. la poesia “La lampada guasta”) e piangere. Un libro che è anche un omaggio alla Città Eterna: sono venuto a Roma per sapere chi sono, in te ho cercato aiuto e speranza. Un profondo innamoramento e quando Vilas torna a casa la ricorderà sempre con nostalgia perché Roma è una città che nasconde il segreto della vita. Una raccolta poetica che è la cronaca dei mesi più duri che l’umanità abbia attraversato nell’ultimo periodo storico, con i morti seppelliti senza il saluto dei propri cari, una carezza. Un lavoro diviso in sei parti, che dalla gioia e l’euforia dell’arrivo conduce alla paura, all’isolamento, al dolore della partenza obbligata, che coincide con il dilagare del Coronavirus, con la preghiera solitaria di papa Francesco sotto la pioggia in una piazza San Pietro deserta, mai vista prima (27 marzo 2020): siamo tutti impauriti e smarriti nel mezzo di una tempesta inaspettata e furiosa.




POESIE DI MANUEL VILAS
da Roma
Visor Libros
Spagna, 2020


LA REINA

El dolor y la pena,
la insuficiencia cardiaca,
las mandarinas en los mercados
en un mes de diciembre radiante,
las cúpulas bajo el sol,
el corazón que se apaga.

Todo los colores de la vida.

Una iglesia en medio de un jardín privado.

Los colores sobre las colinas,
los colores y las aves.

Todos los humildes colores de la vida.

La oración de un ser que termina,
su amor que se marcha,
que renuncia al calor de la piel
y deja las manos sin movimiento.

Y la soledad que durante un segundo
se hace órgano y forma visible
para llevarse a la oscuridad
el cuerpo moribundo.

La muerte no existe.

Existe ella, la soledad,
la reina del mundo,
la soberana de la conciencia,
la más alta dama.

Roma, la soledad.


LA REGINA

Il dolore e la pena,
l’insufficienza cardiaca,
i mandarini nei mercati
in un mese di dicembre radioso,
le cupole sotto il sole,
il cuore che si spegne.

Tutti i colori della vita.

Una chiesa nel mezzo di un giardino privato.

I colori sulle colline,
i colori e gli uccelli.

Tutti gli umili colori della vita.

La preghiera di un essere che sta per lasciarci,
il suo amore che se ne va,
che rinuncia al calore della pelle
e lascia le mani senza movimento.

E la solitudine che per un secondo
si fa organo e forma visibile
per portarsi via l’oscurità
il corpo moribondo.

La morte non esiste.

C’è lei, la solitudine,
la regina del mondo,
la sovrana della coscienza,
la più alta signora.

Roma, la solitudine.


MENDIGOS EN EL TÍBER

Me he sentado en una orilla del río Tíber,
al lado de unos mendigos
que habían hecho una hoguera
y vivían en tiendas de campaña con plásticos
e ingeniosos remiendos
y rodeados de galgos negros y gatos blancos
y me he puesto a pensar en Roma.

Ella también viene de la noche del hambre,
de la intemperie profunda.

Me miran los mendigos, con rostros
oscurecidos por las barbas y los gorros,
ausentes tras sus raídas mantas.

Una caja vacía de pizza,
unas latas,
una estacas con ropa tendida
y sus sonrisas
temerarias y deformes.

Me imagino per un instante
que me quedo a vivir aquí con ellos,
como uno más que solo quiere ver el sol
y tocar el viento
y hablarle a la lluvia.

Roma, eres mi última esperanza
de amar y ser amado.


MENDICANTI NEL TEVERE

Mi sono seduto su una sponda del fiume Tevere,
accanto a dei senzatetto
che avevano fatto un falò
e vivono in tende rivestite dalla plastica
e altri ingegnosi rimedi
e attorniati da neri levrieri e gatti bianchi
e mi sono messo a pensare a Roma.

Anche lei viene dalla notte della fame,
dalle profonde intemperie.

Mi guardano i senzatetto con facce
oscurate da barbe e berretti,
assenti sotto le logore coperte.

Un contenitore vuoto per la pizza,
delle lattine,
dei paletti con i vestiti stesi
e i loro sorrisi
temerari e deformi.

Immagino per un momento
di restare a vivere qui, con loro,
come uno in più che vuole soltanto vedere il sole
e toccare il vento
e parlare alla pioggia.

Roma, sei la mia ultima speranza
di amare e di essere amato.


PIAZZA NAVONA

Sin embargo, en los sitios donde no hay turistas
y solo te encuentras a gente normal
siento miedo porque echo de menos
esa concupiscencia festiva de los seres ociosos,
esa víspera de la ilusión en donde viven,
y me entristecen las calles
en donde no hay nadie,
y al final acabo escogiendo
los bulevares bulliciosos
de los turistas encendidos,
de la muchedumbres contemplativas
porque quieras que no los turistas
a veces también son una buena compañía.

Y esta es la razón
por la que siempre acabo
recluido en la Plaza Navona,
allí estoy a salvo de la vida normal,
porque en esa plaza siempre hay cientos
y cientos de rostros iluminados,
siempre gente de vacaciones,
y así los turistas comparten conmigo
su amor a la vida.

Plaza Navona es mi patria,
allí estoy tranquilo,
allí me protegen todos los ángeles de cielo.
Incluso los ángeles difuntos,
porque también entre los ángeles
la muerte existe.

Los ángeles, cuando mueren,
son enterrados en Roma.


PIAZZA NAVONA

E comunque, nei luoghi dove non ci sono turisti
e incontri solo persone normali
ho paura perché non trovo
quella concupiscenza festiva degli esseri oziosi,
quella vigilia dell’illusione in cui vivono,
e mi addolorano le strade
dove non c’è nessuno,
e alla fine scelgo
i viali affollati
dai turisti elettrizzati,
dalle folle contemplative
perché sai che anche i turisti
talvolta sono una buona compagnia.

E questo è il motivo
per cui finisco sempre
recluso in Piazza Navona,
Lì sono al sicuro dalla vita normale,
perché in quella piazza ci sono sempre centinaia
e centinaia di volti illuminati,
sempre gente in vacanza,
così quei turisti con me condividono
il loro amore per la vita.

Piazza Navona è la mia patria,
lì me ne sto tranquillo,
lì mi proteggono tutti gli angeli del cielo.
Anche quelli defunti,
perché perfino tra gli angeli
la morte esiste.

Gli angeli, quando muoiono,
vengono seppelliti a Roma.


ISLA TIBERINA

Tengo delante la basílica de San Bartolomé all’Isola.

Es un día de lluvia.

La iglesia es un amasijo de edades.

Se construyó en el año ochocientos,
creció y se reformó en el mi doscientos,
fue destruida por una inundación
en el mil quinientos,
fachada actual del mil seiscientos,
y adentro los restos de un hombre
llamado Bartolomé
a quien se venera como santo.

No es una iglesia famosa en Roma.

Tampoco él pertenece al grupo selecto
del santoral más popular y canónico.

Es una iglesia menor, dicen los libros.
Por eso he venido a verte,
pequeña iglesia aterida entre tanta iglesia grande,
pequeña iglesia de mi corazón ambulante.
Eres mi vida.

Vives rodeada de agua.

En una isla.

En una isla diminuta.

Eres como mi esencia.

San Bartolomé, tu iglesia, tu isla y yo,
amada segunda división,
amada y querida gente común,
amada y querida clase media,
que pasamos por la vida
sin demasiada gloria,
pero con muchas penas,
y con mucho silencio.


ISOLA TIBERINA

Ho davanti a me la basilica di San Bartolomeo all’Isola.

È un giorno di pioggia.

La chiesa è un ammasso di epoche.

Fu costruita nell’anno ottocento,
crebbe e fu rinnovata nel milleduecento,
distrutta da un’inondazione
nel millecinquecento,
facciata attuale del milleseicento,
e dentro ci sono i resti di un uomo
chiamato Bartolomeo
venerato come santo.

Non è una chiesa famosa di Roma.

Neppure lui appartiene al gruppo selezionato
del santorale più popolare e canonico.

È una chiesa minore, dicono i libri.
Per questo sono venuto a trovarti,
piccola chiesa intirizzita tra tante chiese grandi,
piccola chiesa del mio cuore ambulante.
Sei la mia vita.

Vivi circondata dall’acqua.

In un’isola.

Su una piccola isola.

Sei come la mia essenza.

San Bartolomeo, la tua chiesa, la tua isola ed io,
amata seconda divisione,
amata e cara gente comune,
amata e cara classe media,
che passiamo attraverso la vita
senza troppa gloria,
ma con molte pene,
e con molto silenzio.


BRAMANTE

¿A quién recordaré
cuando esté a punto
de marcharme?

Es un enigma
que se resuelve tan solo
en el segundo que precede
a la gran oscuridad
en donde ya no hay enmienda
ni remordimiento.

Al fin verás ese rostro.
Y será tarde.

Noche romana
al lado del claustro
del Bramante,
dímelo ahora.

¿A quién amé?,
pregunto por las calles
de Roma,
peregrino de mi pasado
y no de estas santas iglesias.

Y si no hubieras amado a nadie,
contesta El Bramante.


BRAMANTE

Chi ricorderò
quando starò sul punto
di andarmene?

È un enigma
che si risolve da solo
nel secondo che precede
la grande oscurità
dove non vi sono più mutamenti
né rimorso.

Finalmente vedrai quel viso.
E sarà troppo tardi.

Notte romana
accanto al chiostro
del Bramante,
dimmelo ora.

Chi ho amato?
chiedo per le strade
di Roma,
pellegrino del mio passato
e non di queste sante chiese.

E se non avessi amato nessuno,
risponde Bramante.


5 DE MARZO

Con la epidemia gobernando Italia,
Roma se ha vaciado de turistas.

Te has quedado sin nadie, Roma.

Paseo por Campo de’ Fiori,
por Piazza della Quercia, por via dei Pettinari,
y no hay hombres ni mujeres ni gatos,
todos se han marchado.

Te estoy viendo como te vieron los antiguos.

Como fuiste en el mil trescientos.

Como si regresara la Edad Media.

Como te vio Stendhal,
como te vieron los viajeros del siglo diecinueve.

Ahora estás tan solo como yo.

Qué más quisieras tú, Roma.
Jamás, nunca jamás estarás
tan sola como yo.

Esa jerarquía es solo mía.

Tuyos el arte, dios, los ángeles,
la belleza, la espada,
el misterio de la historia.

Mía la soledad suprema.


5 MARZO

Con l’epidemia che domina l’Italia,
Roma si è svuotata di turisti.

Sei rimasta sola, Roma.

Passeggio per Campo de’ Fiori,
per Piazza della Quercia, per via dei Pettinari,
e non ci sono uomini né donne né gatti,
se ne sono andati tutti.

Ti osservo come ti hanno visto gli antichi.

Come sei stata nel milletrecento.

Come se fosse tornato il Medioevo.

Come ti vide Stendhal,
come ti videro i viaggiatori del diciannovesimo secolo.

Ora sei sola, come lo sono io.

Che altro vorresti tu, Roma.
Non starai mai, mai
da sola come lo sono io.

Questa condizione è solo mia.

Tuoi sono l’arte, dio, gli angeli,
la bellezza, la spada,
il mistero della storia.

Mia la suprema solitudine.


POETA EN ROMA

Roma, tú no eres Italia.

Roma, tú no eres Europa.

Roma, tú fuiste Nerón y Jesucristo.

Eso es lo que más amo de ti,
que queras Nerón y Jesucristo.

Roma, llévame contigo.

Roma, dame el miedo.

Roma, yo no quiero ver lo que tú has visto.

Roma, yo quiero ver gente feliz.

Roma, elijo los campos, las montañas,
los ríos y los árboles.

Roma, tengo que marcharme.


POETA A ROMA

Roma, tu non sei l’Italia.

Roma, tu non sei l’Europa.

Roma, tu sei stata Nerone e Gesù Cristo.

È questo ciò che più amo di te,
che sei Nerone e Gesù Cristo.

Roma, portami con te.

Roma, dammi la paura.

Roma, non voglio vedere ciò che tu hai visto.

Roma, io voglio vedere gente felice.

Roma, scelgo i campi, le montagne,
i fiumi e gli alberi.

Roma, devo partire.


DESDE MADRID TE SIGO QUERIENDO

Desde Madrid,
rodeado he hospitales rotos
con miles de enfermos,
con ancianos que se fueron solos
a le extinción y a la consumación,
sin familia, sin hijos
a quienes entregar una mano abierta,
pienso en ti,
Roma, mi Roma.

Pienso en tus ángeles y en tus dioses.
Pienso en que tu soledad y la mía
cayeron profundamente enamoradas
a los pies de las estrellas.

Come un enamorado más
en ti busco auxilio y esperanza,
en el camino de todos los enamorados
hacia la muerte y el olvido.

Te esperaré y tú me esperarás.

Y si yo no volviera,
otro español lo hará,
y te amará como siempre
te hemos amado los poetas.


DA MADRID SEGUITO AD AMARTI

Da Madrid,
circondato da ospedali infranti
con migliaia di ammalati,
con anziani che da soli se ne sono andati
all’estinzione e al compimento,
senza famiglia, senza figli
a cui dare una mano aperta,
penso a te,
Roma, la mia Roma.

Penso ai tuoi angeli e ai tuoi dèi.
Penso alla tua solitudine e alla mia
cadute profondamente innamorate
ai piedi delle stelle.

Come un altro innamorato
in te cerco aiuto e speranza,
sulla strada di tutti gli innamorati
verso la morte e l’oblio.

Ti aspetterò e tu mi aspetterai.

E se non dovessi tornare
lo farà un altro spagnolo,
e ti amerà come sempre
ti abbiamo amato noi poeti.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Manuel Vilas (Barbastro, Spagna, 1962)
è poeta, narratore e giornalista.
Ha pubblicato raccolte di poesie e romanzi, tra cui España (2008). La sua opera è presente nelle principali antologie spagnole di poesia e narrativa.
In tutto c’è stata bellezza (Guanda 2019) è stato il primo libro pubblicato in Italia. Nel 2020 Guanda ha pubblicato anche il romanzo La gioia, all’improvviso seguito dalla raccolta poetica Amor (2021).


alexbrando@libero.it