Uscito da qualche mese per le Edizioni Fili d’Aquilone, Ultimo giorno di viaggio di Ígor Barreto è una selezione di poesie che va da Cronache semplici del 1989 a Il muro di Mandel’štam del 2017; anticipata da una bella ed esplicativa introduzione dal titolo «Nel via vai delle stagioni» del curatore del libro Alessio Brandolini, l’antologia offre un chiaro percorso all’interno della poesia del poeta venezuelano.
Il libro è un ricamo composto da fili poetici del colore del vuoto e del silenzio dove spesso è evidente il senso d’impotenza dell’uomo davanti alle malvagità. Con maestria Barreto tesse le linee dell’universo di vita con quelle dell’universo di morte, usando spesso il punto dell’ironia regalandoci così forme intriganti: anche quando sceglie di esaltare il lato negativo dell’esistenza riesce a farci amare le piccole cose, anche se non sempre sono in grado di rompere l’accerchiamento della solitudine e della malinconia.
La nave passa
e il sogno torna a essere il muschio del mio soggiorno:
ascolto di nuovo il ronzio delle api
nell’umidità di alcuni manghi caduti.
Con elementi e paesaggi tipici del Venezuela, la condizione umana viene raccontata attraverso un registro poetico molto profondo in cui le immagini visive e quelle auditive hanno un’intensità unica («il proprietario beve in una bottiglia la luce interiore»), grazie anche a omaggi e a un realismo magico tipico delle arti latinoamericane.
Elemento fondamentale della selezione è la natura, ora crudele ora elemento di pace, in cui il peso delle cose che non vediamo è sempre maggiore di quello che i nostri sensi riescono a percepire. Come avviene al protagonista della raccolta Annapurna, che, seduto davanti a un pc, è testimone dello scontro/incontro tra il civilizzato e il selvaggio: la grandezza della montagna è simbolo di superiorità sia per la meraviglia che crea nell’uomo, che per la spietatezza con cui si prende le vite di coloro hanno tentato di raggiungerne la vetta per riunire il mondo degli uomini con quello della natura.
Ultimo giorno di viaggio è una selezione poetica unica nel suo genere, in cui attraverso l’enigma si arriva alla forma delle emozioni più alte. Alla fine, che il tessuto sia composto da fili che si interrogano sul presente o da fibre che riflettono sul passato poco importa; il risultato è un continuo intreccio tra Storia e storie, tra personaggi famosi e gente comune, in cui le similitudini tra gli opposti formano il disegno principale che richiama la volontà a non arrendersi, l’invito a non essere vittime bensì attori di un incontro armonico. Nella poesia di Barreto si sente in maniera chiara la convinzione ottimistica che dietro ogni cosa ci sia sempre altro, una dimensione sotterranea o lontana, un luogo che ci aspetta e che raggiungeremo, e che ha il sapore buono del mango.
Ígor Barreto, Ultimo giorno di viaggio (Poesie 1989-2017), a cura di Alessio Brandolini, Edizioni Fili d’Aquilone, Roma 2021, pagg. 158, euro 15.
POESIE DI ÍGOR BARRETO da Ultimo giorno di viaggio
PRESENZA
Dove sei?
Controllo i miei stivali al risveglio
e di questo sono sicuro.
Sulla dura tavola della savana
volano due uccelli come amici
l’acqua del Naure
corre sotto l’ombra delle cycas.
Mi siedo lì
lavo le mie mani e i miei piedi
e di questo sono sicuro.
Ma tutta la notte vigilo dentro di me,
tutta la notte
resto immobile
e l’anima appartata.
POTREBBERO PASSARE GLI ANNI
Potrebbero passare gli anni e tenere il conto
delle cose che scendono lungo il fiume:
alberi, vocali di un mondo
che solo immagino
e scrivo.
Delfini e alligatori
in eterna caccia.
Il sapore di altri fiumi
che non conosco
e che un pomeriggio
inclinato ho scoperto.
Le pagine passano
e di tale elenco
fanno parte,
questo corpo
e alcuni fiori di loto viola.
*
Il fiume viene con noi, ma se ne va anche da solo, mi fermo un istante sulla riva e lui si ferma, eppure seguita anche ad andare.
Non importa il nome del luogo. Distrutto mi appoggiai contro la recinzione della casa.
Quando andai a prendere la legna pensai che ci fosse un’altra foresta sotto la terra. Guardai la strada come il segno di un’altra strada. E persino il suono dell’ascia aveva la sua eco nel profondo.
URGENTE
(Un 11 aprile)
Molti corpi chiedono di essere ricomposti: È uno strazio!
Ma dobbiamo proseguire, dobbiamo proseguire, anche se
[il cuore fa scena muta
per via dei suoi ricordi «imprecisi».
I fantasmi si rattristano e si allontanano.
ULTIMO GIORNO DI VIAGGIO
In un’ansa
del fiume
ho trovato il figlio
solitario.
Poi,
sotto alcuni alberi da galleria
scoprimmo
una piccola croce.
Più tardi
si alzò il vento
dell’ovest
e le onde
si riversarono
sulla falca.
Così dovemmo rifugiarci
nella casa di tre tessitori.
Uno di loro
reggeva
un piccolo telaio
a forma di triangolo.
Tra punti
di colore
sul nero,
mi raccontò
che era stato amico
del padre
del figlio sfortunato:
L’altro
era un navigante
e naufragò
non molto lontano.
Voi avrete visto
una croce
nascosta
tra gli alberi.
Il fiume
ha chiuso la sua storia.
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Ígor Barreto è nato a San Fernando de Apure (Venezuela) nel 1952 e vive a Caracas. Ha studiato teoria dell’arte nell’Università di Bucarest, dal 1973 al 1979. Laureatosi nel 1982 per poter partecipare al laboratorio poetico del Centro di Studi Latinoamericani Rómulo Gallegos. Nello stesso anno pubblica la raccolta poetica ¿Y si el amor no llega? e qualche anno dopo vince il premio municipale con Soy el muchacho más hermoso de esta ciudad (1986), seguita da Crónicas llanas (1989). Nel 1993 riceve il Premio dell’Università Centrale del Venezuela per la raccolta poetica Tierranegra. Nel 2001 pubblica Carama, seguita nel 2006 da due nuovi libri di poesia: Soul of Apure e El llano ciego. Nel 2007 è uscita in Spagna una vasta antologia, riprendendo il titolo della raccolta del 1993, Tierranegra (Selección de poemas). Nel 2014 esce Annapurna e nello stesso anno la casa editrice spagnola Pre-Textos pubblica El campo / El ascensor, la sua opera completa fino al 2013. Nel 2017 Barreto dà alle stampe El muro de Mandelshtam (Spagna) seguito da La sombra del apostador (2021, Spagna).
Ha tradotto dal rumeno le poesie di Lucian Blaga e pubblicato libri per bambini. Collabora come giornalista a testate nazionali e a varie riviste letterarie. Suoi testi poetici sono stati inclusi nelle più importanti antologie di poesia contemporanea venezuelana e tradotti in inglese, francese e italiano. Nel 2008 gli è stata assegnata la borsa di studio della fondazione Guggenheim.
In Italia è stato pubblicato Terranera (2010, a cura di Alessio Brandolini, Raffaelli Editore) e l’antologia poetica Ultimo giorno di viaggio (2021, a cura di Alessio Brandolini, Edizioni Fili d’Aquilone).
marco.benacci@live.com
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