FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 56
settembre-dicembre 2020

Caos

 

IL CAOTICO RUMORE DEL PRESENTE

di Franca Figliolini



CAOS

È come una cascata, un improvviso
scintillante precipizio che tutto trascina
sciabordando e gorgogliando assorda
frantuma la luce in mille sprazzi furenti:
così tutto travolge tutto, e dove sia io,
questo non è dato sapere, finché
la testa non riemerga ansimando

in cerca d’aria.


VAL D’ORCIA

Lascio alle spalle la fragranza gialla
della ginestra, le lunghe file severe
dei cipressi, come frecce protese
al compimento azzurro del cielo,
il disegno dei solchi che ritma le colline
con la perfezione delle spighe,
la grazia imponente delle querce
e l’umile argento degli ulivi, i casali
che si stagliano nitidi tra i verdi, l’erba
che si nasconde nella macchia,
la sapienza unica delle pietre. Lascio
alle spalle tutto ciò che mi commuove
per il non appartenermi, figlia del caos
folgorante di bellezza, del fratricidio
e della guerra.


È SOLO UNA TEORIA

La presenza umana a quest’ora è solo una teoria
di manufatti, un rincorrersi di pietra all’orizzonte
dove un cielo azzurro fino all’ossessione staglia i profili.
Così accade che il silenzio prenda il sopravvento,
la pausa invada l’opera. Sì, adesso tutto tace, amico mio,
l’ecolalia frenetica del giorno è lontana abbastanza
da ascoltarsi. Una riga sottile di bianco nel cielo
rimanda a qualcosa di lontano, un indefinito altrove
che non ricorda nulla, non si piega alla frusta della storia.
Mi lascio andare a un vagheggiare soffice, una sorta
di nebbia incosciente e morbida che avvolge tutto,
sfumando la pressione del reale. Non c’è molto altro da dire
a parte questo: ho visto una nuvola di uccelli disegnare
trame indecifrabili e perfette; erano migliaia, credo, o forse
pretendevano di esserlo. Nel caos, ognuno trovava il suo posto,
la sua direzione. Io stavo quaggiù, sola, osservatore perturbato
dall’osservazione.


TRE MINUTI E MEZZO

Appena un attimo, amore mio,
per dirti che la storia non ha mai concluso
niente, s’è sempre arrotolata su sé stessa,
un uroboro senza la magia dell’alchimia.
Facendo silenzio, talvolta si può sentire
qualche distante fatto o accadimento,
ma più spesso è il caotico rumore del presente
che assorda. Così cosa vuoi che ti racconti
quando tutto ha senso solo nell’attimo
in cui accade, non riverbera, non scuote,
affonda nel flusso. Lo span d’attenzione
è di tre minuti e mezzo: regoliamoci,
amore mio, per questo e i prossimi amori,
che inevitabilmente verranno.


ALBEGGIANDO

Da qui lo sguardo sul mondo
ha una sua tenuità, un’intatta leggerezza
vibratile che accarezza le cose
e le rende dolci, buone persino.
Il gracchiare delle cornacchie, i pigolii degli uccelli
appena nati, ancora nascondono il loro essere
predatori e prede. Così quel loro nero volteggiare
nella vastità azzurra, limpida di bellezza,
appare innocente come un gioco,
un ricamo caotico tra i palazzi e le strade
dove ancora tutto tace.


A VOLTE, IL TEMPO

      io so cos’è il tempo, ma quando
      me lo chiedono non so spiegarlo.

           SANT’AGOSTINO, Confessioni
A volte il tempo ha questi guizzi
che lo fermano o lo rovesciano,
inattese perturbazioni caotiche.
Sono come tutto ciò che è sublime:
complesse ma intrinsecamente rivelate.
Una volta che avvengano
chiunque dirà che non potevano
non accadere, non potevano
che essere così, nondimeno nessuno
le aspettasse o volesse. Ciechi
ribaltamenti che ci aprono gli occhi.


NON ANCORA

Abbiamo questa idea inesorabile del cuore che si spacca,
ancora e ancora, inesorabile e falsa,
come quella che il sole abbia curvato l’orizzonte
col suo peso, il suo gravame di luce.
Tutto converge a un punto, ma non ancora,
non ancora. Avremo altro tempo per intrecciare
le mani, per accarezzarci e sentire i ricami della pelle
sotto la punta delle dita.
Fragili linee caotiche che raccontano una storia come tante,
eppure unica nel suo dipanarsi,
così bella, così lucente, che i bardi piangeranno
per non averla potuta raccontare.


FILI

Io quando penso alle persone penso alle mani
trasformate in lunghi fili sottili,
mani di ragno che li imbozzolano
in una trama di luce
che si espande e illumina
anche gli altri, diventa fonte di gioia o pania,
né i fili si spezzano per la lontananza o il tempo
e quelli dell’uno si intrecciano a quelli dell’altro e
quando vibrano al vento vi dondolano piccoli angeli
incorporei, inesistenti direi, a volte così belli da far male.
Io vedo questo, questo tessuto mirabile
nato dalla mano sapiente del caos.
E non importa se le persone muoiono
o tradiscono o se ne vanno altrove, non importa niente:
il legame è creato e resta, il filo esiste, si fa sottile, così sottile
io non so dirti quanto, ma esiste e resiste.
Questa tela, questo disegno astratto, ci tiene al mondo,
senza di esso non saremmo nulla,
la gravità non ci tratterrebbe al suolo:
scompariremmo nel vuoto siderale, inghiottiti nel buio,
poveri piccoli ossimori condannati all’inesistenza.


francafi@gmail.com