FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 56
settembre-dicembre 2020

Caos

 

UN CAOS DI COSE
Gabriela Halac, Ancora

di Alessio Brandolini



Ancora [Aún] della poetessa Gabriela Halac (1972) è stato pubblicato in Argentina nel 2013 (Alción Editora) ed è un libro in cui la poesia si mescola alla prosa, il disegno alla fotografia, la forte musicalità del testo a uno spartito di Maurice Ravel (“Pavane por un infante défunte”). Creando, alla fine, un vasto spazio poetico diviso in otto parti (dall’autrice definiti “frammenti”), uno zona libera, senza divisioni, un luogo suggestivo nel quale convergono diversi personaggi (una madre, una figlia, una nonna, un fantasma, un gatto…); diversi mondi: all’Argentina si affianca la città di Roma (luogo delle origini materne); un palcoscenico artistico, espressivo che si incunea nello spazio reale e concreto di una casa; la voce inquieta dei vivi che si mescola alla calma dei morti.

I testi hanno una musicalità calda ma sincopata e discontinua dove il silenzio dice parecchie cose e il lettore deve fermarsi per ascoltarle, per intendere le parole che provengono dalla poesia di Gabriela Halac ma anche da quello che qui viene omesso o non si dice in modo esplicito: chi è, per esempio, che alla fine dà fuoco alla casa? E poi ecco l’incendio che avanza sulla città. Questa casa sempre presente, baricentro di ogni pagina. Una musicalità quasi jazzistica ma lenta e in alcuni passaggi persino luttuosa come la Pavana di Ravel, quella eseguita ai funerali di Marcel Proust.

Una casa dai letti disfatti, con crocifissi, coltelli, poster di Roma e cartoline del Colosseo, logore vestaglie e ci si ritrova al centro di un caos di cose. Una abitazione dai rubinetti che perdono, dall’acqua che riempie i lavandini, che crea pozze (macchie) sul pavimento e poi, inserita nel libro, la foto di una donna che nuota in una grande piscina, leggera e fluida: il corpo deve saper fluttuare, mantenersi sospeso in qualsiasi istante.

La vita si contrappone alla devastazione e i defunti perdurano in chi resta. Qui la ribellione consiste nel polverizzare la morte in un istante (così inizia il primo Frammento) che è anche un esplicito richiamo alla poesia di Alejandra Pizarnik per la quale “la ribellione consiste nel guardare una rosa / fino a polverizzarsi gli occhi”. La nostra esistenza passa attraverso la lingua (o le lingue in questo caso: l’italiano delle origini e lo spagnolo) che si fa carne e questo dà un senso al groviglio dei giorni, ai ricordi.

In verticale troviamo dei punti come gocce di pioggia, come un avviso di versi saltati, di frasi nascoste. Punti che si trasformano in una specie di codice per la comunicazione a distanza. Dopo il dolore e la morte ecco, “ancora”, il dialogo che persiste, si espande e le parole, lentamente, entrano nelle ossa. Un dialogo che è anche una lotta, un’onda di paura, un conflitto in una casa da svuotare, dove si parla solo italiano, con le stanze vuote e gli abiti appesi della madre morta e alla fine, nell’ultimo frammento, ecco che si scivola nella “gola secca della casa”: la conversazione è terminata, lo spazio comune inizia a disintegrarsi e arriva il silenzio di piombo, invalicabile. Un silenzio che è un altro tipo di caos.


Il libro Aún [Ancora] di Gabriela Halac verrà pubblicato (a mia cura) nel marzo 2021 da Edizioni Fili d’Aquilone.




POESIE DI GABRIELA HALAC
da Ancora
[Aún, Alción Editora, 2013]


Fragmento 1

Minutos después entendí que estaba muerta
mi rebelión consiste en hacerla polvo en un instante.

Todo lo demás sigue en marcha
las cosas existen
y su canilla gotea
su voz cayendo al resumidero
sin parar

ella
en vez de desvanecerse
va creciendo en tinta

dueña de la muerte

lo que queda
es una casa por vaciar
papeles
su olor que todavía invade
los desechos
vivos
como todo lo que nace

la sigo escuchando

encontrar una palabra que refleje su transparencia
decirla

Es un día para no moverse
hasta inventar otro día que me haga bien

Fui a ver el jardín
y la encontré muerta
o casi

agonizaba mientras esperaba
es un poco morir pensar en la muerte
llevaba mucho tiempo así
debajo del árbol
decidida a dejarme sola
recogí las naranjas caídas
como ella lo hubiera hecho
respiré el aire alrededor de su cuerpo
mientras se abría en nosotras
el silencio
el instante

si hay algo más que un infierno que enfría cada cosa que toco

no puedo irme

ella está presente
las paredes de la habitación
su forma atenta de mirarme y decir algo

Me quedo a oscuras
o cierro los ojos

███████

(…)


FRAMMENTO 1

Pochi minuti dopo ho capito che era morta
la mia ribellione consiste nel polverizzarla in un istante.

Tutto il resto prosegue
le cose esistono
e il suo rubinetto gocciola
la sua voce cade nel lavandino
ininterrottamente

lei
invece di svanire
si allarga in inchiostro

padrona della morte

quel che resta
è una casa da svuotare
carte
il suo odore che ancora invade
gli scarti
vivi
come tutto ciò che nasce

continuo ad ascoltarla

trovare una parola che rifletta la sua trasparenza
dirla

È un giorno da non spostarsi
finché non inventerò un altro giorno che mi faccia bene

Sono andata a vedere il giardino
e l’ho trovata morta
o quasi

agonizzava aspettando
è un po’ morire pensare alla morte
stava da molto tempo così
sotto l’albero
decisa a lasciarmi da sola
ho raccolto le arance cadute
come lo avrebbe fatto lei
ho respirato l’aria intorno al suo corpo
mentre in noi si apriva
il silenzio
l’istante

se c’è qualcosa di più di un inferno che raffredda ogni cosa che tocco

non posso andarmene

lei è presente
le pareti della stanza
il suo modo attento di guardarmi e dire qualcosa

Resto al buio
o chiudo gli occhi

███████

(…)


Fragmento 2

(…)

Cuando está afuera parece que la puerta maullara. Yo lo dejo entrar. Se mete debajo de la mesa y en esa parte del piso ha quedado una mancha. Una mancha con forma de gato. Los portarretratos arriba del aparador han juntado tanto polvo que están horribles, habría que limpiarlos. Habría que podar el gomero del fondo para que no crezca hacia abajo. Darle forma. Me reprochan que no coma las bananas del bananero. Su textura es tan fibrosa que no parecen hechas para comer. Comer para atragantarse. En casa sólo podemos hablar italiano. La lengua sirve para llegar a otra parte. Es la carne con la que están hechos mis padres. Lo mismo que mis piernas, viene de algún lugar y sirve para ir a alguna parte. Con el paso de los años se lastima, envejece, se transforma, se vuelve otra. Me olvido. Siento que las palabras están esperando, son un animal que agoniza. Después de cruzar el marco de la puerta, comienzo a hablar italiano, respira y resucita.

Ella ha muerto y todo se detona. Nada se puede ver salvo una marca doliendo debajo de la lengua. Una gran masa de muerte que avanza. Mucho más grande que mi jardín.

avanza el remolino, el bucle, la lana fría, avanza el agua hasta más allá del cuello.

En la casa de la mujer muerta
en una caja sus cenizas
un caos de cosas
restos de ropa
la canilla que gotea
los vasos del último almuerzo
una caja de cartas

un ventilador pequeño sobre la cómoda
libros
polvo
un cuadro
un póster de Roma
una postal del coliseo
un crucifijo de nácar
un sillón con hueco al medio
una cama destendida
un cepillo
la almohada en el piso
un charco de agua, de orín, de sangre
sobre la mesa una tijera
un adorno de una gallina de pluma en la estantería
una olla al fuego
un deshabillé
una peluca
un repasador
remedios a un lado del teléfono
el secador de pelo
revistas
algunas
recortadas
ajadas
mojadas
viejas
restos
de pan
de fruta
de ropa

restos que olvido

Están las cenizas

la casa vacía de gente
objetos que ella había guardado
hilos sueltos
hilachas

La mujer muerta ha nacido en Roma
a ella le hablo

ʭ


Frammento 2

(…)

Quando sta fuori sembra che la porta miagoli. Io lo lascio entrare. Si mette sotto il tavolo e in quella parte del pavimento è rimasta una macchia. Una macchia a forma di gatto. Le cornici sulla credenza hanno raccolto così tanta polvere da essere orrende, bisognerebbe pulirle. Bisognerebbe potare il ficus giù in fondo in modo che non cresca verso il basso. Dargli una forma. Mi rimproverano di non mangiare banane. La loro consistenza è così fibrosa che non sembrano fatte per essere mangiate. Mangiare per strozzarsi. In casa possiamo parlare soltanto in italiano. La lingua serve per arrivare da un’altra parte. È la carne con la quale sono fatti i miei genitori. Come le mie gambe, viene da qualche parte e seve per arrivare in un altro luogo. Con il passare degli anni si ferisce, invecchia, si trasforma, diventa un’altra cosa. Mi dimentico. Sento che le parole stanno aspettando, sono un animale che muore. Dopo aver attraversato la cornice della porta, inizio a parlare italiano, respira e resuscita.

Lei è morta e tutto esplode. Niente può essere visto se non un marchio che duole sotto la lingua. Una grande massa di morte che avanza. Molto più grande del mio giardino.

avanza il vortice, il ciclo, la lana fredda, spinge l’acqua oltre il collo.

Nella casa della donna morta
le sue ceneri in una cassetta
un caos di cose
resti di vestiti
il rubinetto che perde
i bicchieri dell’ultimo pasto
una cassa piena di carte

un piccolo ventilatore sul comò
libri
polvere
un quadro
un poster di Roma
una cartolina del Colosseo
un crocifisso di madreperla
una poltrona con un buco al centro
un letto disfatto
uno spazzolini
il cuscino sul pavimento
una pozza d’acqua, di urina, di sangue
sul tavolo una forbice
sulla mensola un ornamento di una gallina impiumata
una pentola sul fuoco
una vestaglia
una parrucca
un asciugamano
farmaci accanto al telefono
l’asciugacapelli
riviste
alcune
ritagliate
malridotte
bagnate
vecchie
avanzi
di pane
di frutta
di vestiti

avanzi che dimentico

Ci sono le ceneri

la casa vuota di gente
oggetti che lei aveva salvato
fili sciolti
sfilacciati

La donna morta è nata a Roma
a lei parlo

ʭ


Fragmento 5

(…)

Nunca volvimos a Roma
hicimos existir la ciudad fuera de sí
arde en nuestro horizonte
una estrella que llega tarde a los ojos
pudimos volverla tan otra
como nosotras
aquí

No son ruinas romanas
es el punto inmóvil que desata la danza
que empuja a caer sin orientación
hacia atrás o hacia adelante
hasta salir de las corrientes cerradas que parecían perfectas

¿qué importa?

La rotación se pega a mis ojos
cada vez que vuelvo a mirar
algo se cae hasta un lugar en mí
que no conozco

El fantasma se agacha, toma mis pies
y de un tirón me arrastra violentamente hasta la cocina


Frammento 5

(…)

Non siamo mai tornati a Roma
abbiamo fatto esistere la città fuori di sé
arde nel nostro orizzonte
una stella che agli occhi arriva in ritardo
avremmo potuto renderla un’altra
come noi
qui

Non sono rovine romane
è il punto fermo che scatena la danza
che spinge a cadere senza orientamento
indietro o in avanti
fino a uscire dalle correnti chiuse che sembravano perfette

che importa?

La rotazione si incolla ai miei occhi
ogni volta che guardo di nuovo
qualcosa cade in luogo dentro di me
che non conosco

Il fantasma si abbassa, afferra i miei piedi
e mi trascina brutalmente verso la cucina


Fragmento 8

(…)

horizonte rojo
la casa se imprime
en las palabras que caen
aquí

Preferías que no pase nada
que estemos bien

no estás
casi no estás

no estamos bien

Sostengo la urna en mis manos
veo cómo respira con la boca abierta
mientras caemos por la garganta seca de la casa

estás demasiado callada
como si ya no pudieras ir a ninguna parte

lo que queda es Roma en mi cabeza
cada cosa que veo
una réplica
la repetición enferma

me mirabas buscando otro tiempo en mis ojos

no estoy obligada a recorrer un circuito
como un autómata
que repite sin saber

soy tu copia

una falsificación

tu doble

¿estuviste aquí, estás aquí, estás viniendo?
no te escucho


FRAMMENTO 8

(…)

orizzonte rosso
la casa si imprime
nelle parole che qui
cadono

Preferiresti che non accadesse nulla
che stessimo bene

non stai
quasi non sei

non stiamo bene

Sostengo l’urna con le mie mani
vedo come respira con la bocca aperta
mentre cadiamo nella gola secca della casa

sei troppo silenziosa
come se non potessi più andare da nessuna parte

quel che resta è Roma nella mia testa
qualunque cosa che vedo
una replica
la ripetizione ammalata

mi guardavi cercando nei miei occhi un altro tempo

non sono obbligata a percorrere un circuito
come un automa
che ripete senza sapere

sono la tua copia

una falsificazione

il tuo doppio

stavi qui? sei qui? stai arrivando?
non ti sento


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Gabriela Halac
è nata a Cordoba (Argentina), dove vive, nel 1972. È artista e editrice, specializzata nell’intreccio tra discipline e dei campi di azione artistica. Suoi progetti sono esposti in musei, spazi della memoria e centri di investigazione artistica.
Ha pubblicato libri di poesia e dispositivi editoriali di produzione di opere, tra i quali: Laboratorio de Archivos (Messico, 2020), El Libro agotado (Spagna, 2018-2019), La biblioteca roja mexicana (Messico, 2018), La biblioteca roja. Brevísima relación de la destrucción de los libros (Argentina, 2017), Visitas a la Perla. Ensayo sobre lo que no desaparece (Argentina, 2011 e 2016), Aún (Argentina, 2013), Des-montaje (Messico, 2013), Sangre (Argentina, 2013), Polvo (Argentina, 2010), H31 (con Lucas Di Pascuale, Argentina, 2000), Experimentar Treintaveinticuatro (Argentina, 2008).
Dal 2003 conduce il Laboratorio Editorial Ediciones DocumentA/Escénicas, dove ha pubblicato libri e realizzato incontri. Ha curato il progetto Volumen. Escena Editada, spazio di incontri editoriali e artistici realizzati presso il Teatro Nacional Argentino. Sempre dal 2003 dirige lo spazio di produzione artistica DocumentA/Escénicas.
Per il suo lavoro poetico e artistico ha ricevuto premi sia in Argentina che all’estero.

(Foto di Susana Pérez)


alexbrando@libero.it