FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 53
settembre/dicembre 2019

Immersioni

 

IL SILENZIO DEGLI ABISSI
5 frammenti da Canto dell'isola

di Marco Fazzini



*

Discendo ora abissali precipizi,
stregato al bombo di cicale,
brigata ruvida
che nell’aria s’allontana,
onda, amore
e sonda d’oltre i sogni.
Poi m’alzo, e guardo il mare.
Quell’orizzonte metallico
già inchiodato
dalle prime frecce del sole,
la mia tentazione,
la mia trappola, il mio penare.
E penso al mio viaggiare,
ma viaggiare per cosa?
I deserti seguono ai deserti,
le montagne a spazi aperti,
le radure alle radure.
È ora tempo di racchiudere
una speranza lunga
dentro spazi brevi.
Dovunque ci sia sole, e mare
e pesci in abbondanza
da pescare
tanto basterà per inchiodarmi
a quei due pini
come bestie antiche,
a un muro a secco, e a quel molo
dove si confondono
partenze e ritorni,
e dove tutto torna
in discussione, e nulla esiste.


*

Tra barche nelle vigne parcheggiate,
case in affitto, e ritrovi per sub,
vane suonano adesso quelle storie:
una ricerca di miti che permane.
Mutati da vento, sole, pioggia e spine
le polveri dei morti stanno laggiù,
sotterrate, a fluire dentro al mare,
ad alzarsi con le nuvole di Kastelina,
Kampor, Sant’Eufemia.
Imploro perdono per aver taciuto,
per non aver ricordato dopo aver saputo,
per aver immerso il mio corpo nelle acque
d’un battesimo incompiuto,
mentre ancora spero
che il nemico sia finalmente
evaso da me quando la sera,
tornando dalla pesca,
con occhi assai provati
e nelle braccia stanco,
mai fu il vino così rosso
e il pane così bianco.


*

Non si fa che nuotare
negli abissi d’una infanzia eterna.
E mentre si scorre alla deriva
non si può dimenticare nulla,
affondando dentro l’acque del tempo.
Pesci, pesci argentei
come monete medievali
che si spaiano
o s’ammassano a formare
uno scudo dentro l’acqua,
concavo o convesso
a seconda di correnti
e increspature,
un corpo unico,
una sfera che reclama
un grande amplesso,
o assottigliato
come
un
fila-
mento
in
proces-
sione,
dove
ogni
pesce

si mette
a nudo
sopra
quel
fondale
che rulla
col biancore
delle spume,
sfioccato
movimento,
sbattuto da correnti
giù in profondità,
specchio al cielo,
con chiarità a mostrare
l’avvicendarsi delle ere
dentro cui mi perdo,
brano a brano.


*

Il silenzio laggiù
è una porta sopra al cosmo,
l’origine pre-umana
d’un’epoca incolore
quando si sogna tranquilli
davanti ad acque tranquille.
Il silenzio laggiù è una sfera,
rotonda come il mondo,
l’occhio complice delle tenebre,
l’occhio indifeso
del nostro essere conchiuso.
L’udito qui è recluso
per un’esistenza immemore,
sulla terra,
sulla sua profondità vivente;
e se è vero che si sogna
davanti a una sorgente,
l’immaginazione scopre
che l’acqua è il sangue
di quell’essere terreno.
E le maree il suo respiro.


*

Sistole e diastole
d’una sfera perfetta
che inala ed esala
l’eterno girovagare
di mille galassie.
Nuotare in un abisso d’acqua
è ritornare all’acqua
un corpo animale
il cui elemento
si riconosce tale
dentro e fuori se stesso,
sangue che pulsa dentro sangue,
cuore che partecipa d’un cuore
assai più grande
quando batte
ancora a tempo
nelle rotazioni
di luna e oscurità.


Silloge tratta dal libro Canto dell’isola (Un poemetto in 20 movimenti) pubblicato recentemente negli Stati Uniti [Island Canto. A poem in 20 movements] con la traduzione di Douglas Reid Skinner. Il libro è inedito in Italia.


marcofazzini@hotmail.com