FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 46
aprile/giugno 2017

D'acqua o di fuoco

 

DIECI PASSI NELL’ACQUA

di Gabriela Fantato



DENTRO I GIORNI

Immergersi, scivolare dentro
i giorni diventare acqua,
fiume e lago che non sa la fine della notte,
scorrere nelle crepe, farsi
– vuoto e pieno,
concave le mani immobile il battito,
senza nome il prima
eppure ecco, il dolore s’incunea,
e corre al delta.

Diventare un urlo che non
smette di bussare, non smette
di scendere dove il buio nasconde la mano
e la violenza è solo un altro giorno
di tempesta,
eppure il nero schiaccia ancora
il silenzio, le nuvole non sanno la pace
del sasso immobile nel verde.

Vita, oh vita schiacciata, vita che
salva non sei, vita dei senzanulla,
vita dei perduti e andati,
dei mai trovati, vieni!

Vieni, vita che sei dentro le pieghe
di un cielo tra le croci,
vita che scappi nel taglio,
vita, sola certezza negata dentro i giorni…

Vieni, vita - sono qui, ti ascolto.


DIECI PASSI NELL’ACQUA

a Teresa M.

I

La città è crollata senza rumore.
Nel centro si staglia
l’acqua imprigionata,
una geometria esatta – ombre e fondali.
Resta una piscina che non dice,
non sa il viaggio dell’acqua sin qui.
Non sa, non ha prove di verità.

Aspetta.

II

Non è cielo, né mare questo azzurro
– solo una piscina.
Il confine ci spinge nel tempo verticale,
origine di un’acqua che battezza.
I contorni chiarissimi,
quasi un cielo perso di ricordi
a fine settembre.

III

Tutto è fermo nel centro,
non ci sono giochi. Non riflessi
– solo l’acqua immobile
e aspetta che il corpo si getti
tra aria e buio.
Il fondale è sabbia, non vedo.
Dove sono le conchiglie?

IV

Dal fondo il blu chiama,
fa eco al nero, lo inventa, invita
il tuo corpo all’incontro,
all’abbraccio che apre desideri
e paure.
Sotto le ciglia, la tua vita bambina
rimasta dentro la gola.
Lascia che sia – accetta il ritorno.

V

Ai bordi foglie di acacia selvatica
come l’infanzia dove giocano
le ombre.
Chi raccoglie le voci?
Verrà il tempo stretto sotto
la corteccia cerebrale
dove sei muschio,
acqua – solo acqua
e un mormorio di cellule
senza nome.

VI

Nessuno viene qui
a spezzare l’incanto, nessuno.
Chi sarà il testimone?
Il gioco dei mesi si allaga.
Immobile tu sei solo – vita,
solo un corpo o tutto il mondo
… prima che fosse vero.

VII

Nella scena non ci sono occhi,
né labbra.
Qualcuno ha rubato i visi,
le parole anche e la città
– hai la certezza che domani è
un altro giorno?
Resta l’acqua sprofondata di echi
in attesa

VIII

Non ci sono testimoni per questo
viaggio a picco
dal chiaro del cielo al tuo nero
al colore dentro la tela.

Ogni forma vivente è sparita
per non dire la verità.

IX

Nel blu dell’acqua i passi
sono in fuga, sono solo echi
dentro la testa
il timore è nato oggi al mondo,
la tua mano lo tiene
senza afferrarlo mai, senza fine.

X

È perduto quel tuo volere – esatta la vita.
Persa la catena che tiene le forme
appese allo scoglio, perso il cuscino,
la casa e tutto il male.
Resta solo l’acqua
così testarda nel prendere
e regalare
la memoria.



La silloge è inedita.



gabrifantato@libero.it