FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 46
aprile/giugno 2017

D'acqua o di fuoco

 

RITUALE DEI DIMENTICATI: TRA ACQUA
E FUOCO IN UNA COMUNITÀ NAHUATL

Poesia nahuatl-spagnolo di Martín Tonalmeyotl

di Lucia Cupertino



La terra dello stato di Guerrero (Messico) è arida, cocente, brulla. Vi giungo una mattina di fine aprile con un bus che da Chilapa mi conduce al piccolo villaggio di Atzacoaloya. Una sequenza mutevole di impressioni mi accompagna ad ogni curva, mescolata all’emozione di poter conoscere Martín, poeta nahuatl, autore di Rituale dei Dimenticati (Ritual de los Olvidados, Tlalkatsajtsilistle, Jaguar ediciones, 2016) con cui ho avuto fino a quel momento qualche scambio virtuale e di cui ho tradotto una poesia inclusa nell’antologia 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, 2016).
La pioggia non bacia quelle montagne da molti, troppi mesi, la terra sembra essere triste, abbandonata. Poi appaiono alcuni cartelli Ayotzinapa vive, Vivos se los llevaron, vivos los queremos e nel cuore risuona la vicinanza coi luoghi di quel massacro e di molti altri che, ahimè, rimarranno seppelliti dal silenzio, dall’omertà, dal terrore, dalla banalità del quotidiano, della memoria claudicante. Quella terra arida mi appare adesso bagnata dalle “asciutte lacrime” del poeta, impregnata del dolore e del sangue della sua gente.



(opera dell'artista mazateco Filogonio Velasco Casimiro)


Tutta questa tristezza m’invade in una maniera molto particolare. Scabra e allo stesso tempo cristallina, proprio come i versi di Martín Tonalmeyotl che restituiscono quadri essenziali di vite accantonate dalla Storia, destinate a restare impresse solo nella storia orale dei dimenticati, dei vinti, dei massacrati, a rasentare l’oblio dei più. Per questo scrivere poesia in nahuatl non risponde solo ad un’esigenza espressiva individuale ma diventa un atto collettivo di denuncia e resistenza.
Quel che sento stride con la festosità che corre lungo le strade di Atzacoaloya, sono le nozze del fratello di Martín e mi ritrovo immersa nel corteo matrimoniale che dalla chiesa conduce alla casa degli sposi. La banda del paese ci accompagna e molti festoni e mezcal ci attendono nel luogo della festa che dura diversi giorni. Pur essendo un villaggio molto umile, avverto chiaramente che si deve onorare l’allegria, quella che nei versi di Rituale dei Dimenticati viene costantemente calpestata da un presente che reitera un passato di terrore e discriminazione.



Significative in questo senso sono due presenze nell’opera poetica: il cane e la casa di mattoni. Il cane rappresenta la minaccia costante della paura così come la perdita di umanità da parte dell’essere umano, assistiamo infatti nel corso della raccolta ad un processo di metamorfosi in cui l’uomo si fa bestia. È tuttavia una bestialità umana, troppo umana, che supera di gran lunga quella che in modo abbastanza approssimativo attribuiamo agli animali, privandoli del loro profondo sentire. È la furia autodistruttiva che inquina la terra, la cultura, il sapere di quelle terre messicane.

Diverse poesie vengono dedicate alla casa in mattoni che simboleggia proprio tutto quello che è in via d’estinzione. Vengono giù da vecchie, / estinti sono i costruttori di mattoni. / Scomparsi sono i fratelli / che cucinavano come pane caldo / le rosse tegole. Il sogno imperante di avere una casa in cemento esemplifica la febbre spasmodica del progresso, il destino unilineare a cui ci obbligano le strutture politico-finanziarie attuali, l’amnesia di un passato millenario di fronte a tecnologie che hanno un secolo di vita e si sono dimostrate non così perfette come si credeva. È un’immagine che poi si estende ad un catalogo di altri elementi, legati alla terra e all’acqua cosi come alle tradizioni culturali di comunità indigene che hanno vissuto nel tempo molteplici processi di sincretismo, che evidenziano la lotta di un’umanità che vorrebbe forgiare altri sogni, meno distruttivi e più comunitari.

La scrittura di Rituali dei Dimenticati è dominata dal contrasto tra la trasparenza della narrazione di vicende minime e la sua costante conflagrazione in scenari di violenza e degradazione. Come se l’acqua potesse incendiarsi. L’etimologia nahuatl di Chilapa, città protagonista di una poesia, è “sul fiume rosso”, mentre il simbolo di Atzacoaloya è una diga preispanica. Sembra proprio che in questa geografia dell’acqua e del fuoco si forgino immagini dense e scarnificate che mescolano irrimediabilmente i due elementi, siano essi fiumi di sangue o asciutte lacrime, che ritraggono la storia di un’intera comunità sospesa tra allegria e sconforto.




POESIE DI MARTÍN TONALMEYOTL
da Rituale dei Dimenticati
(Ritual de los Olvidados, Tlalkatsajtsilistle, Jaguar ediciones, Colima, 2016)




CHICHETLALTIPAK

Notlaltipak tlachijchijtle
ika tlakamej uan xtlachaj,
tlakamej uan xtlakakej
niman tlakamej uan nontsitsintin.

Nichante ipan se tlaltipaktle
kampa siuatsitsintin tlatemikej
maske xkinpiyaj inmauan,
maske xkinpiyaj inmastlakapaluan,
siuatsitsintin uan xaka kinkake
kampa xneme akinon
makintlatlapouile ipan se kalktsintle.

Nichante ipan se tlaltipaktle
kampa kokonej tojtomajkej niman tejteuakej,
kampa siuakokonej ikxitsotsoltikej niman kakyejkej.

Nichante ipan se tlaltipaktle
kampa melauak nemej chichimej,
chichimej uan yekinmakasej tlakamej
kampa melauak yokintempanouijkej,
yokimixtekilijkej intokayo niman intlauan.
Aman tej xok nokuaj chichimej, nokuaj tlakamej,
notejtekej ken itla pitsonakatl.

Uan ache uejueixtokej,
uan sa yejyektin tlakamej,
kikuaj nakatsintle uan amo
yajuamej okinotekitilijkej.


    TIERRA DE PERROS

    Mi mundo está hecho
    de hombres ciegos,
    hombres sordos
    y hombres mudos.

    Vivo en un lugar
    de mujeres con sueños
    pero sin brazos,
    sin alas,
    sin una voz que las escuche,
    sin una puerta
    que las reciba.

    Vivo en un lugar
    de niños gordos y flacos,
    de niñas descalzas y de zapatos.

    Vivo en un lugar
    donde abundan los perros,
    perros que le tienen miedo a los hombres
    porque han sido rebasados,
    les han robado el nombre y hasta los colmillos.
    Ahora son los hombres quienes se muerden,
    se hacen trizas con las manos.

    Los más finos,
    los de raza alta,
    comen de la carne
    que no han ganado.


TERRA DI CANI

Il mio mondo è composto
da uomini ciechi,
uomini sordi
e uomini muti.

Vivo in un luogo
in cui le donne hanno sogni
ma sono senza braccia,
né ali,
senza una voce che le ascolti,
né una porta
che le accolga.

Vivo in un luogo
di bambini grassi e magri,
di bambine scalze e con scarpe.

Vivo in un luogo
in cui abbondano i cani,
cani che hanno paura degli uomini
perché ne sono stati sorpassati,
gli hanno rubato il nome e perfino le zanne.
Adesso sono gli uomini a mordere,
a farsi a pezzi usando le mani.


YE YOUEJ

Sesentemej ye yajtiuej.
Youej uejka kontemoskej chikaualistle.
Chikaualistle kijtosneke,
kualtsin chantiskej ken nochipa ye chantinej.

Inkalijtik tokniuan yokalakiko on koxkuajle,
amo ken okintlajtlajtouilijkej,
amo ken okinemilijkej kitaskej,
kijtouaj tej kampa ipan ojtin
sa titlamakasis tonkisas
kampa mojmostla tsajtsiua, poliuilo.

Ipan ojtin, ye miyak kistinemej tlakamej
inka inteposuan, sa xoxotlatinemej inxijlan.
Telpochkokonej melauak kinekej ijkon kistinemiskej
kuajkon tej seke tajtin, kinkixtsiaj inkoneuan.

Kijtouaj kampa kuak on tepostin chijchaj,
melauak ueye tetlatsiaj inka inkualaktsin.

Se ueuentsin kijtoua kampa on tlitsintle
niman kualaktle amo tlanemiliaj, maske tej,
kintlakuijkuilia uan san telpokakokonej
kampa yajuamej tej ken kojxoxoktin

uan sese ixtlapanej niman uejkauej tlatlaj,
uan tla xuelej tlatlaj, kuajkon melauak pokisaj
niman tla poliuej xuejka komonextsiaj.
Uan ye ueuentsitsintin xoktepaleuijkej,
tla uetsej, kuajnokauiliaj, xok notelketsaj,
xok kinekej nemiskej.
Kuajkon tej kintlakuijkuiliaj uan telpokakokonej,
kokonej uan tlaixnamikiskej,
uan ueliskej melauak kimiktiskej
san akinon kinyakapan tsatsakuilia.

Ye youej kampa xkinekej makimajokuikan,
tla okimajokej, kuajkon tej kineke tlajtlajkuijkuiliskej
tla kuaskej se bala inmixkuatipan noso tla nemiskej,
tla nemej kuajkon tej
kineke temiktiskej oke yajuamej.

Sesentemej ye yajtiuej,
kinkajteuaj ojtsitsintin sa yajuamej,
kinkajteuaj inkaltsitsiuan niman intajtsitsiuan
uan ixtenchojchokaj niman kinemiliaj: ¡amo xuiya
nokonej!
kema oksejpa tlanemiliaj niman kijtouaj: ¡maijke tej
xuiya!


    MIGRANTES

    Se van de uno en uno.
    Los guía la lejanía en busca de vida.
    La vida para ellos es vivir a su modo
    y por eso la buscan.

    A sus casas ha llegado el abismo,
    no como se los han contado
    sino como lo viven sus ojos
    porque, al parecer,
    en las calles sólo camina el miedo
    y los gritos creados de la nada.

    En las calles la moda es andar
    con algo reluciente en la cintura.
    Los más pequeños son muy aficionados a esa moda
    y, por eso, algunos padres sacan a los hijos de sus casas.

    Cuentan que cuando los fierros escupen,
    queman todo con su ácida saliva.

    Un viejo del pueblo dice que el fuego
    y la saliva no piensan, sin embargo,
    siempre acaban reclutando a los más jovencitos
    porque son árboles tiernos
    que fácil se parten y tardan más en quemarse
    y si no, al menos les saldrá mucho humo
    y serán fáciles de localizar.
    Los hombres viejos no sirven
    porque se dejan caer a la primera,
    se niegan a vivir porque da lo mismo.
    Por eso escogen a los más tiernos,
    aquellas valerosas manos
    adiestradas para prenderle fuego
    a quien se les atraviese.

    Los migrantes se van porque si los levantan,
    tendrán que elegir entre una bala o la vida,
    pero no cualquier vida,
    sino aquella que cobrarán con otras más.

    Se van de uno en uno
    dejando las calles solas,
    las casas solas y a los padres solos
    con lágrimas que gotean un “no te vayas
    pero mejor, vete”.


MIGRANTI

Vanno via uno alla volta.
Guidati dalla lontananza in cerca di vita.
La vita per loro è vivere a loro modo
e per questo la cercano.

Nelle loro case è giunto l’abisso,
non come ve l’hanno raccontato
bensì come l’hanno vissuto i loro occhi
perché, a quanto pare,
per strada circolano soltanto la paura
e le grida sorte dal nulla.

Per strada la moda è camminare
con qualcosa di sfavillante ai fianchi.
I più piccoli sono gran patiti di questa moda
e per questo alcuni genitori cacciano i figli di casa.

Si racconta che quando i ferri sputano,
bruciano tutto con la loro saliva acida.

Un vecchio del paese dice che il fuoco
e la saliva non pensano, tuttavia,
sempre finiscono per reclutare i più giovincelli
perché sono alberi teneri
che facilmente si squarciano e ci mettono di più a bruciare
e se no, almeno spargeranno molto fumo
e saranno facilmente localizzati.
Gli anziani invece non servono
perché cascano al primo colpo,
si negano alla vita, tanto nulla cambia.
Per questo scelgono i più teneri,
quelle mani coraggiose
addestrate per appiccare il fuoco
a chi incroci il loro cammino.

I migranti vanno via perché se li beccano,
dovranno scegliere tra un proiettile o la vita,
ma non una vita qualsiasi,
piuttosto quella che pagheranno con molte altre.

Vanno via uno alla volta
lasciando le strade da sole,
le case da sole e i genitori da soli
con lacrime che grondano un “non andar via
però è meglio se te ne vai”.


CHILAPEÑOS

Tajuamej
uan ne tiualeuaj ikxitlan Teskitsin
niman kechka iyeualijkan Chilapan,
kan tsiouej melauak techkuitlapanuia
se chiche tejtex uan ijtoka Nejmojtilistle.
Kamaniantika san ompaka tiyanaj niman xtechita.
Kamaniantika iuan topanouiyaj
niman tikchiuaj kampa xtikitaj.
Yajua, noijke kichiua kentla xtechita,
kentla xtechijnekue.

Kamanian maske melauak tlakpak tipatlanej,
yajua te no ompa yo techtokatij,
san uejkatsin techikxiijnektij.

Notajtsin
se tota uan sa kech ye tajtle,
uajtopone intlakotsin se kech yemankatlajtojle:
“kijtoua kampa on diablito ikonetsin
techkuitlapanuiaj san pampa yotechuelitak”
najua noijke nikijtoua kampa kineke
techixpolos, techyolmaxalos niman kema
techtekitiltis, techtlalis matikimasikan tokniuan
uan uelis tikinkuepaskej ken chiche itlapiyas.

Najua tej melauak nechyolajmana on tlamantle
niman nikualane kuak nikita nempoliue on ueye chikaualistle
uan ijtoka “pakilistle”.
Najua tej kampa nitlakachilapeño,
san nikuajtoloua nokualak
niman amo nikmoya notlajtotsin
kampa tla onikmoyaj,
on nejmotilistle nechinuatojtojkilis itskuiuan
niman kuajton tej,
tlanesis ompa nitlajkaltos san nikojkoyoktik.


    CHILAPEÑOS

    Nosotros
    los nacidos al pie del Teskitsin
    y a las orillas de Chilapa,
    caminamos por donde nos acosa
    un perro que carcome llamado Miedo.
    A veces nos escondemos cerca sin que él lo note.
    Otras veces, nos cruzamos los pasos
    y hacemos tuerta la vista.
    Él también hace tuerto el olfato
    para fingir que no ve.

    Otros días, a pesar de volar muy alto,
    nos damos cuenta que nos sigue.
    Desde lejos olfatea nuestros pasos.

    A mi padre,
    de casi la edad de los huehues,
    se le caen de la boca palabras sensibles como:
    “ese hijo de la chingada
    nos sigue sólo porque le gustamos”
    y concuerdo al darme cuenta
    que lo único que persigue es hacernos
    como él, para cazar más humanos
    y convertirlos en miados de perro.

    A mí me causa coraje y rabia,
    al ver contaminado ese aliento antes llamado
    “alegría”.
    En mi impaciencia de chilapeño,
    trago mi propia saliva
    y trato de no hacer llover la palabra
    porque si no respeto eso,
    el Miedo me mandará a sus perros
    y estoy seguro que amaneceré
    con el cuerpo incrustado de plomo.


DI CHILAPA

Noi
nati ai piedi del Tezquitzin(*)
e ai margini di Chilapa,
camminiamo lì dove ci perseguita
un cane che rode chiamato Paura.

A volte ci nascondiamo vicino senza che lo noti.
Altre volte, incrociamo i nostri passi
e facciamo guercia la vista.
Lui fa guercio l’olfatto
fingendo di non vedere.

Altri giorni, pur volando molto in alto,
ci rendiamo conto che ci segue.
Annusa i nostri passi da lontano.

A mio padre,
che ha quasi l’età degli huehues,(**)
sgorgano dalla bocca parole penose come:
“quel figlio di puttana
ci insegue solo perché gli piacciamo”
e concordo nel rendermi conto
che l’unica cosa a cui aspira è renderci
come lui, cacciare più esseri umani
e trasformarli in piscio di cane.

Risveglia in me collera e rabbia,
nel vedere inquinato quel fiato
un tempo chiamato “allegria”.
Nella mia impazienza di uomo di Chilapa,
ingoio la mia stessa saliva
e cerco di non far piovere la parola
perché se non rispetto questo,
la Paura invierà i suoi cani
e sono sicuro che mi risveglierei
col corpo incrostato di pallottole.

(*) Principale rilievo montagnoso di Chilapa.
(**) Anziani, in lingua nahuatl.


ITLAN TLAYOUISYOTL

Najua tej nitlajtoltsintle uan okitlalmimilo totlakaneluayo,
tlajtoltsintle uan choka ipan ojtin niman xaka kake,
konetsintle uan kineke tsajtsis niman xuele
kampa yokojkotonilijkej itlajtoltsin.

Najua tej on tlakatsintle uan kuikatlalia atsintle,
tlakatsintle uan kitsotsona tamponatsin ipan tepeyo
niman nijtotsia kuak nokuikatsia se kechua,
xochikouatsin uan tlajtotsia ika itlajchayastsin.

Najua tej nitlajtoltsintle uan kine topone ijuiyo,
patlanalistle uan xkita kanon noseuis,
tetsintle tlapalio uan sankan tlakaktok,
uan sankan tlachixtok.

Najua te ixochiponaltsin Nesaualkoyotl,
tlajtoltsintle uan xkaman poliuis.


    BAJO LA NOCHE

    Soy aquella palabra arrastrada por la historia,
    el grito de calles perdido en la intemperie,
    el niño con ansias de gritar y no puede
    porque tiene la lengua semicortada.

    Soy el hombre que le canta al agua,
    toca el tamponatsin sobre las montañas
    y baila al son del kechua,
    serpiente de sonaja delicada.

    Soy la palabra de pequeñas plumas,
    el vuelo desesperado sin una pista visible,
    la piedra pintada de oídos estáticos
    y mirada fija.

    Soy el fruto de Nesaualkoyotl,
    la palabra que nunca se acaba.


SOTTO LA NOTTE

Sono quella parola portata via dalla storia,
l’urlo delle strade perso nelle intemperie,
il bambino con la smania di gridare senza poterlo
perché la sua lingua è semitagliata.

Sono l’uomo che canta all’acqua,
suona il teponaztli(*) in cima alle montagne
e balla al suono del kechua,
delicato serpente a sonagli.

Sono la parola dalle piccole piume,
il volo disperato senza una pista alla vista,
la pietra dipinta di orecchie statiche
e sguardi fissi.

Sono il frutto di Nezahualcoyotl,(**)
la parola che non finisce mai.

(*) Nome nahuatl di un importante strumento musicale mesoamericano, è un tamburo a fessura con un taglio ad H che forma delle linguette che vengono suonate con bacchette.
(**)Regnante di Texcoco (1429-1472), città-stato alleata di Tenochtitlan, capitale dell’impero azteco. Noto come poeta ed erudito. Il suo lungo regno fu caratterizzato da un particolare sviluppo di arte, cultura e architettura.


NIPEUA NIXTENTLAPOUE

Chikuasen xijtin sakayojkej,
chikuasen chitojtin kuakuayejkej,
chikuasen tepanoltin ipan atsintle sa yeklte,
chikuasen tlatlatsinaltin ipan chinankaltin.

Ome nixtololojtsitsiuan uan apismikej,
ome nomatejtejpoluan,
ome nokxitsotsoltsitsiuan.

Se nokaltsotsin uan yokojkoyon,
se nokontontsin uan yoistayak,
se nopetlasombrero,
se notanajtsin ika se tlaxkaltsintle,
se ojtsintle kampa xaka nejneme
niman se tlamachilistle
uan xe yaka kitlakuijkuilia.

Kinaman peua nixtlapoue
niman chachapaka nixayo sa uaktik.
Kinaman peua ninejnemej
niman melauak tekokojkej tlaltetsitsintin.

Nitlatlacha niman niknemilia,
kana kechmej tokniuan nanka yopanokej
niman kana kechmej nanka onokajtikiskej,
konistokej on ikxiojtsintle uan xkaman tlame.


    PRIMEROS PÁRPADOS

    Seis años de pasto,
    seis chivos de largos cuernos,
    seis tepanoles con aguas cristalinas,
    seis relámpagos golpeando a las casas de carrizo.

    Dos ojos con hambre,
    dos brazos mutilados,
    dos pies descalzos.

    Un pantalón con hoyos,
    una camisa descolorida,
    un sombrero de petate,
    un morral con una tortilla,
    un camino no transitado
    y un pensamiento aun,
    no explorado.

    Practico los primeros párpados
    y de mis ojos caen lágrimas secas.
    Hago los primero pasos
    y duele caminar sobre piedras filosas.

    Observo y pienso,
    cuántos hombres han transitado estos caminos
    y cuántos de ellos han quedado solos,
    mirando una vereda que nunca acaba.


LE PRIME PALPEBRE

Sei anni di pascolo,
sei capre dalle lunga corna,
sei tepanoles(*) dalle acque cristalline,
sei fulmini ad abbattersi sulle case di canna.

Due occhi con fame,
due braccia mutilate,
due piedi scalzi.

Un pantolone con buchi,
una maglietta stinta,
un sombrero di petate,(**)
una sacca con una tortilla,
un sentiero non percorso
e un pensiero ancora
non esplorato.

Pratico le prime palpebre
e dai miei occhi cadono asciutte lacrime.
Faccio i primi passi
e fa male camminare su pietre taglienti.

Osservo e penso
a quanti uomini hanno percorso questi sentieri
e quanti di loro sono rimasti soli,
a guardare un cammino senza fine.

(*) In nahuatl indica le pietre collocate sul fondo del fiume per attraversarlo.
(**) Tessuto di palma e canna.


NOTLALTSIN

Itla kokoua ipeyoyotsin notlaltsin.
Kimate kampa yekase totonke.
Kijtoua tej itlaluayouan yeamikej,
kinekej noaseseliskej ika kiyajtle,
noamimiloskej ken se axolotl.

Kechka nojuitsiaj iatentsitsiuan
xok tlajtlajtouaj aueuemej,
xok notilanaj akouatsitsintin,
yamok nokuikatlaliaj temomej.
On mestsintle niman sitlalimej
xok kipiyaj kanon noteskauiskej.

Notlaltsin yenajmana
kampa xok kimatlaouaj oselomej,
xok ipan kochej tekuanej,
yamok ipan tsijtsikuinej masamej nin tochtin.
Ajakatsintle sa konta niman yamok noteltsia
san tleka, sa lomoxixipektik.

Aman tej yechoka notlaltsin.
Choka kampa tlakatsitsintin xok kitlakaitaj,
xok kinojnotsaj ken tokojkoltsitsiuan kinojnotsayaj,
yokelkajkej kitlakentiskej ika tlajtoltsintle,
yokelkajkej kipojpojchiuiskej ika kopaltsintle.


    MI TIERRA

    Algo le duele a la piel de mi tierra.
    Se siente invadida por la fiebre.
    Parece decir que sus venas están sedientas,
    de lluvia quieren refrescarse,
    sumergirse en el agua como ajolotes.

    Por donde caminaban sus ríos
    han enmudecido los ahuehuetes,
    no se arrastran más las serpientes
    y las ranas se niegan a cantar.
    La luna y las estrellas
    no tienen donde peinarse.

    Mi tierra está triste
    porque ya no es acariciada por los ocelotes,
    ya no duermen sobre ella los jaguares,
    no siente más la carrera de los venados
    y el brinco de conejos.
    El viento solo la observa y no se detiene
    todo por tener lastimada la espalda.

    Hoy día llora mi tierra.
    Llora porque los hombres le han perdido el respeto,
    ya no dialogan con ella como lo hacían nuestros abuelos,
    han olvidado vestirla de palabras,
    perfumarla con humo de copal.


LA MIA TERRA

Qualcosa fa male alla pelle della mia terra.
Si sente invasa dalla febbre.
Sembra annunciare che le sue vene sono assetate,
che vogliano rinfrescarsi di pioggia,
immergersi nell’acqua come ajolotes.(*)

Laddove correvano i suoi fiumi
hanno ammutolito gli ahuehuetes,(**)
non strisciano più i serpenti
e le rane sono riluttanti al canto.
La luna e le stelle
non sanno dove pettinarsi.

È triste la mia terra
perché non è più accarezzata dagli ocelotti,
sulla sua superficie non dormono i giaguari,
non ascolta più la corsa dei cervi
e il saltellare dei conigli.
Soltanto il vento la osserva e non si arresta
e questo per via della spalla ferita.

Oggi piange la mia terra.
Piange perché gli uomini non la rispettano più,
non dialogano con lei come facevano i nostri nonni,
hanno dimenticato di vestirla con parole
di cospargerla dell’incenso di copale.

(*) Piccolo rettile del gruppo delle anfisbene, popolava anticamente le acque dei laghi di Tenochtitlan e delle città-stato vicine. Molto particolare è la capacità di rigenerare parti del suo corpo. Il suo ciclo vitale dura 1-2 anni, alcuni esemplari sono ancora presenti in quel che resta della zona lacustre a Città del Messico.
(**) Specie arborea nativa del Messico, di cui è anche il simbolo nazionale. Cresce vicino a fonti di acqua ed impressionante è l’esemplare di Santa Maria del Tule (Oaxaca), si calcola che ha circa duemila anni e una circonferenza di 58 metri.


INTAJTSITSIUAN AYOTSITSINTIN NO UELEJ PATLANEJ

Uelej patlanej inkuatipan sokitlalkontin
inkuatipan miktlalkontin
Uelej patlanej inkuatipan tepossayolimej
Ipan ojtin techichikuitoltikej niman xalyojkej
Uelej kinyekana miyakej ayotsitsintin
Chikauak oyouaj kampa xaka najnauate
Kitekotonaj on tlatsakuajle kampa nemej
on tekapotschichetsopilomej uan kamelauak
texipaltikej

Intajtsitsiuan ayotsitsintin no kimpiyaj
inmastlakapaluan
Inmastlakapaluan uan amo kaman siouej
Inmastlakapaluan uan melauak yolchikajkej
niman tlamachaj ika tonajle niman ika yeuajle

Intajtsitsiuan ayotsitsintin no uelej nejnemej
Nejnemej ixtlapojtiuej
nejnemej ixkualantiuej
maske tej nochojchokaj
ueye kinajmanchiua on uitstsintle
uan tlalaktok tlatlajko inyolo

Intajtsitsiuan ayotsitsintin tlakuiteuaj
Tlakuiteuaj kampa kitlasojtlaj inyesyojtsin
kampa kintlasojtla insiuatsitsiuan
kampa kintlasojtlaj inkoneuan
Amo kinokauiliaj inka manomapojpouakan
intlaluayotsitsiuan

Intajtsitsiuan ayotsitsintin no melauak apismikej
Kinekisiaj kiminextisiaj inkonetsitsiuan
Kinekisiaj kinkitskisiaj, kintenkuasiaj, kinnapalosiaj
Ipal on tlamantle tej amo nokauaj, kintemouaj
niman kintemouaj ipan inauiuilakachuan on ueyeatl
atlanelouaj ipan inayeualuan on tetojtomaktikej
tsopilokotsmatiltin
uan xtla kimatej, uan amo itla kinkokoua

Intajtsitsiuan ayotsitsintin no omesempoaltin iuan
yeimej
ome sempoaltin iuan yeye tlakamej uan nomateketsaj
ome sempoaltin iuan yeye tlakamej uan tsajtsej ika
yekpakilistle
ome sempoajle iuan yeye
ome sempoajle iuan yeye
ome sempoajle iuan yeye...


    LOS PADRES DE LAS TORTUGAS TAMBIÉN SABEN VOLAR

    Volar sobre pantanos
    y fosas clandestinas
    Volar más allá del ruido de las moscas de fierro
    Volar sobre carreteras curvuosas y arenosas
    Dirigir a miles de tortugas
    Romper y burlarse del silencio
    Romper los cercos
    de perros-zopilotes hambrientos

    Los padres de las tortugas también tienen alas
    Alas de aliento incansable
    Alas de fuerza para sobrevivir
    bajo días y noches de espera

    Los padres de las tortugas también saben caminar
    Caminar con la frente en alto
    con la mirada llena de rabia
    aun a pesar de las lágrimas
    aun a pesar de la espina
    clavada en el centro del corazón

    Los padres de las tortugas también saben luchar
    Luchar por su sangre
    por sus esposas
    por sus hijos
    Defender la dignidad humana
    desde sus raíces

    Los padres de las tortugas también tienen hambre
    Hambre de encontrar a sus hijos
    Hambre de poder tocarlos, besarlos, abrazarlos
    Gritar con ellos para crear ecos
    Por eso nadan y nadan
    sobre mares arremolinados
    sobre lagos de pingüinos gordos
    e inhumanos

    Los padres de las tortugas también son cuarenta y tres
    cuarenta y tres puños levantados
    cuarenta y tres gritos de esperanza
    cuarenta y tres
    cuarenta y tres
    cuarenta y tres...


PURE I GENITORI DELLE TARTARUGHE(*) SANNO LOTTARE

Volare sui pantani
e sulle fosse clandestine
Volare oltre il ronzio delle mosche di ferro
Volare sulle strade piene di curve e sabbia
Rivolgersi a migliaia di tartarughe
Infrangere e prendersi burla del silenzio
Infrangere i recinti
di cani-urubù affamati

Pure i genitori delle tartarughe hanno ali
Ali di fiato infaticabile
Ali di forza per sopravvivere
lunghi giorni e notti di attesa

Pure i genitori delle tartarughe sanno camminare
Camminare a fronte alta
con lo sguardo pieno di rabbia
nonostante le lacrime
nonostante la spina
conficcata in mezzo al cuore.

Pure i genitori delle tartarughe sanno lottare
Lottare per il loro sangue
per le loro spose
per i propri figli Difendere la dignità umana
a partire dalle loro radici

Pure i genitori delle tartarughe hanno fame
Fame di trovare i propri figli
Fame di poterli toccare, baciare, accarezzare
Gridare assieme a loro per formare eco
Per questo nuotano senza sosta
in mari tempestosi
in laghi di grassi pinguini
e disumani

Pure i genitori delle tartarughe sono quarantatré
quarantatré pugni levati
quarantatré grida di speranza
quarantatré
quarantatré
quarantatré…

(*) Il riferimento è al nome nahuatl di Ayotzinapa (“Il luogo delle tartarughe”) e alle vicende della drammatica scomparsa di 43 studenti nella notte di Iguala, il 26 settembre 2014.


XANKALTIN

II

Ye yolik xexetontiuej
kampa xok nemej uan xankixtsiaj.
Yopopolijkej tokniuan
uan kimikxitsiaya ken ueye tonakayotl,
tejastsitsintin sa chijchichiltikej.

Aman tokniuan kintemikej impisokaluan.
Tlakamej iuan siuamej kinekej kinpiyaskej
impisojkal,
sekimej te asta tlatemikej inka intepostlat-
sakualil,
inkaltlamauisol.


    CASA DE ADOBE

    II

    De viejas van cayéndose,
    porque extintos están los adoberos.
    Han desaparecido los hermanos
    que cocinaban como pan caliente
    las rojas tejas.

    Los de ahora sueñan con las casas de concreto.
    Los hombres y las mujeres tienen obsesión por
    el cemento
    y hasta sueñan con puertas
    y ventanas de fierro.


CASA DI MATTONI

II

Vengono giù da vecchie,
estinti sono i costruttori di mattoni.
Scomparsi sono i fratelli
che cucinavano come pane caldo
le rosse tegole.

Oggi la gente sogna case di cemento.
Uomini e donne con l’ossessione
del cemento
e perfino sognano porte
e finestre in ferro.


AMO XCHIUA

Amo xkisa,
amo xmotlalo,
amo xtlanemile.
In ikxiojtin kimpiyaj intlapijpixkauan
uan ijtokaj tlakaajakamej,
siuakojkoltsitsintin
niman xochikokonej.

Amo xchoka,
amo xuetska,
amo xmijyote.
Kampa tla timijyotsia poliuis tlaltipaktle,
tlaltipaktle kan chantej toniuan uan tlachistokej,
tlaltipaktle uan ijkatok ipan se miktlaltipak.

Amo xtlanemile,
amo xisteuetska,
yamok xtlajkuilo,
xkinkauile san noyajuamej matlajtokan tonaltsitsintin.


    RECOMENDACIÓN

    No salgas,
    no hables,
    no pienses.
    Las veredas que pisas tienen sus espías
    llamados hombres-viento,
    mujeres-abuelas
    y niños-flores.

    No llores,
    no rías,
    no respires.
    Porque si respiras se perderá el mundo
    que parece de los vivos,
    cimentado sobre una tierra de muertos.

    No pienses,
    no sonrías,
    deja de escribir,
    que el presente hable por sí solo.


CONSIGLIO

Non uscire, non parlare,
non pensare.
Il marciapiede che calpesti ha le sue spie
chiamate uomini-venti,
donne-nonne
e bambini-fiore.

Non piangere,
non ridere,
non respirare.
Perché se respiri scomparirà il mondo
che sembra essere dei vivi,
getta le basi su una terra di morti.

Non pensare,
non sorridere,
smetti di scrivere,
il presente parla da solo.


Traduzione dallo spagnolo di Lucia Cupertino




Martín Tonalmeyotl (Martín Jacinto Meza, 1983)
originario di Atzacoaloya, municipio di Chilapa de Álvarez, Guerrero. Ha studiato Letteratura ispanoamericana presso l’Universidad Autónoma de Guerrero (UAGro) e ha un master in Linguistica indoamericana del Centro de Investigaciones y Estudios Superiores en Antropología Social (CIESAS).
Contadino, professore di nahuatl, narratore, poeta e traduttore. Alcuni dei suoi lavori sono apparsi in: Revista Sinfín, Rojo Siena, Revista Electrónica Luz desde el inframundo, Revista Circe, Revista Colibrí, Poesía Mapuche, La Guarida/ Literatura de España y América Latina, Periódico de poesía de la UNAM, Círculo de Poesía. Revista electrónica de literatura, nei supplementi della Jornada: La Jornada del Campo y Ojarasca. Coordina la serie in lingue indigene Xochitlájtoli ‘La parola fiorita’ in Círculo de Poesía. Revista Electrónica de Literatura.
Suoi contributi sono presenti nelle antologie: Los 43 Poetas por Ayotzinapa (INAH, 2015), Montarlabestia (Nauyaka Producciones y Ediciones, 2016) e Postlom: Cuentos de los pueblos indígenas de México (Álamos, 2016).
Autore di: Tlalkatsajtsilistle ‘Ritual de los olvidados’ (Jaguar Ediciones, 2016), opera bilingue (nahuatl-spagnolo) da cui sono tratte le poesie di questa selezione.


luciacupertino@email.it