FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 45
gennaio/marzo 2017

Indizi

 

NELLE NICCHIE DELLA MEMORIA
Alessio Brandolini: Mapas colombianos

di Luz Mary Giraldo



Sulle mie mappe traccio a matita /i vostri occhi /le vostre mani
i vostri volti / le vostre bocche.

Alessio Brandolini, Mappe colombiane


Il culto della coltivazione della memoria è d’obbligo in questo suggestivo libro di poesie dell’italiano Alessio Brandolini (Frascati, 1958), pubblicato nel 2007 nel suo paese e nella sua lingua e in edizione bilingue italiano-spagnolo nel 2015, con traduzione di Martha L. Canfield, con il titolo Mapas colombianos (Caza de Libros, colección Torreones, 170 pagine), in Colombia, il paese che ha reso possibile la sua gestazione. Come dice l’epigrafe, in queste 170 pagine si cerca di tracciare l’esperienza vitale e quella degli altri con i gesti, la musica, la voce propria e altrui che si trova e si scopre davanti al paesaggio e in risonanza con l’esperienza che diventa mappa, rotta, viaggio, percorso per la vita ed i tesori che questa serba. Diario di bordo di paesaggi della memoria che risuonano nell’interiorità. Il vissuto si trascende nella poesia come atto sacro. Da lì risulta un processo d’iniziazione e di rinascimento. p>Così la vita si presenta accesa con le fiamme dell’amore che fluisce e segna il ritmo e invita ad uscire da se stesso – casa solitaria o in rovina –, per apprendere un’altra forma, un’altra ragione di essere e di sentire. E se talvolta torna alle origini particolari e le confronta con quelle delle culture altrui, si resuscitano e confrontano esperienze d’intensità, deliri della fantasia ed evanescenze dei sogni, in modo che passato e presente si incontrino e dialoghino fra loro, nella stessa maniera che il reale e l’immaginato comunicano per complementarsi. È il profondo movimento di un io lirico alle prese, allo stesso tempo, con la realtà e il mistero e in stato di fascinazione ed elevazione.

Riecheggiano i corpi anelati e i territori percorsi: l’esuberanza della vegetazione, la realtà selvatica, il clima, le atmosfere e le emozioni, strade, musei, case, persone, scenari e scene; come chi onora un appuntamento con la vita che al diventare intesa trova analogie delle sue potenzialità nei colori di giugno, il più bello dei mesi, come dice in una delle sue poesie, evoca questa stagione dove la vita comincia e si prepara a fare la sua traversata. E come campanello d’allarme, la necessità della parola di fissare il percorso che interiorizza paesaggi della memoria. Si tratta, sì, di disegnare tutto l’essenziale del visto e del vissuto, di trasformarlo in paesaggio intimo e profondo, dimora interiore, mappa segreta, nuovo corpo per le mappe che definiscono questo io poetante che cesella e incide: “Nella corteccia / più dura del corpo / incido tutti i nomi / delle piante e dei fiori”.

Sebbene siano poesie di viaggi, traversate, sguardi estasiati, il viaggiatore qui è colui che vivendo con fascino ciò che ha osservato e trovato assomiglia all’asceta di fronte alla rivelazione del prodigio e della scoperta. Ma è anche, è da sottolinearlo, la visione del poeta che come un archeologo va alla ricerca di un tesoro nascosto. Mistico e archeologo si uniscono al viaggiatore che esce di casa per vivere, e vi ritorna per rivivere attraverso il cuore – così come definiamo il ricordo –, in modo che la memoria plasmi in parole quello che le nicchie stanno custodendo. Si tratta di stare in e con “lo sguardo del tempo”, più che con quello dello spazio, anche se solo per attimi e come istantanee, si impongano gli oggetti e gli ambiti che le occupano.

La voce del poeta che conosce la terra, che l’ha amata e percorsa in uno dei suoi libri, assume in Mappe colombiane una traversata che inizia in questo mese quando “l’infanzia la trovi per strade” e quando “inizia il viaggio / nell’ansia della luce / nello scavo ostinato / di una mappa segreta”. Mentre avanza di luogo in luogo tra le strade e selve, vegetazione e atmosfere, monumenti ed individui, vola sopra l’oceano “in una notte più lunga / e più oscura del solito”, fa tappe nel sogno e nel delirio dell’amore con “bisogno di un flusso / discreto di carezze”, e converge nella veglia dove può camminare “con gli alberi ai piedi / mentre dai sassi / vien fuori la pioggia”. Il processo poetico mostra un percorso discontinuo che alterna luoghi e momenti, circostanze ed evocazioni, emozioni e sensazioni. Si tratta, come giustamente dice il poeta colombiano Armando Romero nella prefazione, di una poesia “seminata nella terra, e più che albero, cerca d’essere radice”; della gioia del poeta e della sua poesia che si dissolve nel paesaggio.

“L’esilio / può tramutarsi / in sogno”, dice la voce di questo poeta viaggiatore che lascia “alle spalle / il silenzio polveroso / della casa abbandonata” ed entrando in comunione con la terra trova calma e allegria in ogni situazione, in ogni fatto ed in ogni oggetto. E proprio lì convoca l’amore che “spicca il volo”, mentre rapidamente si slacciano “tutti i nodi del corpo” e s’imbatte col desiderio intenso che abbraccia e senza pietà soffoca.

È la voce dello straniero che sentendosi radicato in queste terre si riconosce e si sente indio che sostiene la futura memoria. Da lì la presenza di alcuni archetipi in questi versi, quando nomina il qui ed il là degli antenati: l’America ed i suoi miti e le vestigia della violenza nella distruzione della scoperta, la conquista e la colonizzazione, simili ai tratti del caos della violenza più recente. E se il mare è primordiale, come nella parola sacra della creazione dei Kogui, dopo si farà luce per raccontare nuove storie: siamo di fronte ad abitudini arcane dell’America, avvinghiati come i fossili davanti a sciamani e indios trafitti “da cattoliche croci”, o davanti alle nicchie ancestrali di Roma, “degli alberi e della terra che soffre / di mio padre e del suo duro lavoro”.

Le città, i luoghi, gli scenari, Bogotá, Medellín, Tunja, Villa de Leyva, le strade della Candelaria, i personaggi ed i luoghi emblematici si fermano davanti allo sguardo del poeta che osserva come “Nel cielo di cristallo / s’inseguono gli uccelli / [...] / assottiglia lo sguardo / delle statue di pietra / altissime e possenti / da secoli, da sempre / piantate nella terra”. E come in Poesie della terra (2004), il mondo originario si evoca con le presenze familiari: la patria, il padre, la madre, i mestieri.

Non c’è dubbio che sono poesie tessute con frammenti di ricordi che la memoria scava come archeologa con il cesello della parola: “È il rosso sangue / della vita che si versa / nelle cavità originarie”. Se da un lato si lamentano gli orrori e dolori del presente e del passato, dall’altro si mette in luce e in contrasto la vita che rivive in queste selve e cordigliere, mari e fiumi che sfoggia la geografia colombiana. In loro la vita si scopre e si conosce nella misura in cui si vive fino a contrastarla con la morte rappresentata dagli artisti che omaggia (Obregón e Botero), con le immagini dei musei che conservano scampoli della storia (Museo Nacional, Museo del Oro, Museo de Antioquia), con le strizzate d’occhio e riconoscimenti a diversi autori (Giovanni Quessep, Martha Canfield, Vicky Ospina, Armando Romero, Fernando Rendón…).

In questa delicata e profonda traversata ed escavazione si esce da una casa abbandonata, vuota, in rovina, crollata ed in ombra, dove si “riducono mani e piedi / a gracili, rinsecchite radici”, per entrare in un’altra dove si inasprisce l’insolito in tutte le sue dimensioni. E in riconoscenza del viaggio dove “i voli sono quelli / di chi si è fatto foglia”, come direbbero i più suggestivi miti, la voce poetica commossa annuncia: “Nelle tasche del cuore / vi porterò per sempre”.

Il poeta ci affida Mappe colombiane come un’esperienza vitale, e mostra una nuova ragione d’essere per l’esiliato, il viandante, lo straniero che fa della parola la propria casa. Nelle parole di Armando Romero: “Un cammino che sempre sarà questa casa mischiata con altre nella pagina in bianco, dando appuntamento alla memoria, all’immaginazione, agli dèi e ai demoni.”


Alessio Brandolini, Mapas colombianos, traduzione di Martha Canfield, con una introduzione di Armando Romero, Caza de Libros Editores, Collección Los Torreones, 2015, Colombia

Il testo originale in spagnolo è uscito in Colombia sulla rivista Libros & Letras nel febbraio 2017.

Traduzione dallo spagnolo di Marco Benacci




CINQUE POESIE DI ALESSIO BRANDOLINI
da Mapas colombianos



*

Tra le rovine della casa
ci sono insetti e serpenti
eppure lì, un fringuello
vola e ogni tanto canta.

Nel cielo di fine giugno
un fitto bosco di nuvole
cela il sole alla vista
agli alberi e alla terra.

Il tuo volto a notte inoltrata
mi riconduce alla linea
perfetta delle labbra
ricorda il delirio d’amore
il rosso sonoro dell’alba
intrecciato a fili d’azzurro.

Non è questo l’agognato prodigio?


*

Entre las ruinas de la casa
hay insectos y serpientes
pero también un jilguero
que vuela y cada poco canta.

El cielo de fines de junio
tiene un denso bosque de nubes
que esconde el sol a la mirada
a los árboles y a la tierra.

Tu rostro en la alta noche
me lleva otra vez al contorno
perfecto de tus labios
revive el delirio de amor
la roja sonoridad del alba
mezclada con hilos de azul.

¿No es éste el prodigio anhelado?


*

Metti la lingua
corri più avanti
abbandona alle spalle
il silenzio polveroso
della casa abbandonata
il tormento degli occhi
la sporcizia della strada.
Mordi la noia
al cuore, al collo
i serpenti a sonagli
i mille dubbi
riposti nel cassetto.
Tira fuori la testa
usa le mappe
tallona il sogno
l’inatteso passaggio
tienilo bene a mente
stretto nello sguardo.
Nelle morbide nicchie
più appartate del cuore
conservalo con garbo.


*

Guarda la lengua
adelántate corriendo
déjate atrás
el silencio polvoriento
de la casa abandonada
el suplicio de los ojos
la inmundicia de la calle.
Muérdelo en el corazón
al aburrimiento, en el cuello
a las serpientes de cascabel
y a los millares de dudas
encerradas en un cajón.
Levanta la cabeza
usa los mapas
persigue el sueño
y el paisaje inesperado
consérvalo en la memoria
bien apretado en la mirada.
Consérvalo con donaire
en los blandos nichos
más apartados del corazón.


*

Temo per l’anima dell’uomo
per la nostra ombra invisibile
smarrita o prigioniera
di deboli raggi lunari:
faticano ad arrivare al suolo
scaldare corpi, svagati pensieri.

Difficile ravvisare il futuro
anche se passa a un metro di distanza
se sfilano i popoli divisi da un muro
per via degli ordigni esplosivi
la polvere che s’alza verso il cielo
i morti ammazzati da chi si ammazza.

Restano le pulsioni
il sangue della foresta
che ora scorre veloce
qui, in Sudamerica
e la voglia di conoscenza
che da giorni ci spinge
a seguire le tracce
del sogno, e a fare festa.


*

Temo por el alma del hombre
por nuestra sombra invisible
perdida o prisionera
de débiles rayos lunares:
les cuesta llegar al suelo
calentar cuerpos, distraídos pensamientos.

Es difícil identificar el futuro
aunque pase a un metro de distancia
si los pueblos proceden divididos por un muro
a causa de los artefactos explosivos
el polvo que se levanta hacia el cielo
los muertos eliminados por quien se elimina.

Quedan las pulsiones
la sangre de la selva
que ahora corre veloz
aquí, en Suramérica
y las ganas de conocer
que hace días nos incita
a seguir las huellas
del sueño, y a festejar.


*

Un frutto dolcissimo
sbuccia e assapora
con calma mi divora.

Con un filo di piombo
squadro la vista
mi lancio nella notte
di soppiatto entro
nell’infetta ferita
mi annodo ai tendini
in cerca della traccia
d’arcane abitudini
della calma del popolo
che ordiva il sole
portava via alle stelle
la stoffa trasparente:
d’oro, quella più bella.

Da qualche parte
scaverò una fossa
profonda quel che basta
per sotterrare il diluvio di porte
il pulviscolo dei muri crollati
le finestre sprangate della morte.


*

Una fruta muy dulce
que pela y saborea
con calma me devora.

Con un hilo de plomo
cuadro la vista
me lanzo en la noche
entro a hurtadillas
en la herida infectada
me anudo los tendones
en busca de la huella
de costumbres arcanas
de la calma del pueblo
que disponía el sol
quitaba a las estrellas
la tela transparente:
de oro, la más bella.

En algún sitio
voy a excavar un pozo
profundo que me alcance
para enterrar el diluvio de puertas
el polvillo de muros derrumbados
las ventanas atrancadas de la muerte.


*

La parola disfa le foglie
tesse abilmente
un manto di germogli
nasconde i tetti rossi
li copre di lune, di stelle.

Per il legno sottratto
la foresta oggi ha le doglie
lascia che tronchi e rami
suonino a lungo
come gigantesche grancasse.

Al mattino un raggio filante
irriga le dure cortecce
di alberi sempreverdi
disegna isolati villaggi
impervi sentieri sulle Ande.


*

La palabra deshace las hojas
teje con habilidad
un manto de yemas
esconde los rojos tejados
los cubre de lunas, de estrellas.

Por la madera robada
el bosque tiene hoy grandes dolores
deja que los troncos y las ramas
suenen largamente
como bombos gigantes.

De mañana un rayo volante
riega las cortezas duras
de los árboles de follaje perenne
dibuja aldeas aisladas
senderos peligrosos en los Andes.


Traduzione dall'italiano di Martha Canfield




Alessio Brandolini (1958)
vive a Roma dove si è laureato in Lettere moderne. Ha pubblicato i libri di poesia: L’alba a piazza Navona (1992, «Premio Montale - Inedito»), Divisori orientali (2002, «Premio Alfonso Gatto - Opera Prima»), Poesie della terra (2004; anche in spagnolo: Poemas de la tierra, 2004 e 2014), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007; anche in spagnolo: Mapas colombianos, Colombia, 2015), Tevere in fiamme (2008, «Premio Sandro Penna»), Il fiume nel mare (2010, Finalista «Premio Camaiore») e Nello sguardo del lupo (2014). Nel 2016 è uscita l’antologia poetica: Il futuro è un campo incolto (1992-2014).
Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue e pubblicati su riviste italiane e straniere. In Costa Rica sono uscite le antologie En el ojo del lobo (2009), Desde otro planeta (2014) e in Colombia Llamo desde otro planeta (2016), tutte con la traduzione di Martha Canfield.
Dal 2003 al 2013 ha fatto parte del gruppo letterario “I Libri In Testa”. Nel 2013 ha pubblicato il libro di racconti brevi Un bosco nel muro (Empirìa). Traduce dallo spagnolo e dal 2006 coordina «Fili d’aquilone», rivista web di «immagini, idee e Poesia». Nel 2011 ha fondato la casa editrice Edizioni Fili d’Aquilone.


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