FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 44
ottobre/dicembre 2016

Varchi & Barriere

 

GIOVANNI QUESSEP, L’INCANTATO

di Felipe García Quintero



Nel 2015, in occasione del 25° anniversario della fondazione del Festival Internazionale di Poesia di Medellín (Colombia), la Corporazione di Arte e la rivista di poesia Prometeo hanno dato vita al Premio Mondiale di Poesia «René Char» per premiare la migliore opera pubblicata – in spagnolo o in inglese – nel biennio precedente.
La giuria composta da Guadalupe Grande (Spagna), María Baranda (Messico) e Renato Sandoval (Perù) hanno dichiarato all’unanimità vincitore di questa prima edizione il libro Antología personal di Giovanni Quessep (Colombia), pubblicato dall’Università del Cauca di Popayán nel 2015. [NdR]


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Non sono molti i poeti che, come Giovanni Quessep, possono dire citando John Keats: “Bellezza è verità, e verità è bellezza”. Forse è proprio per questo che nella sua poetica il principio di realtà lo stabilisce la poesia stessa, perché una visione artistica classica sorregge il suo universo fatto di simboli, plasmato con un linguaggio ricco di riferimenti culturali sia orientali che occidentali con il quale traccia la ricerca e la conquista di una sfera letteraria, poi perfezionata con le forme di una propria musica.
A tale visione del mondo corrisponde un atteggiamento di vita collegato in modo esclusivo all’arte, la cui opera in versi – perché Quessep ha compiuto incursioni anche nella saggistica – si articola in dodici raccolte poetiche, numerose antologie e un vasto compendio di tutta la sua opera poetica editato con il titolo Metamorfosi del giardino (Galassia Gutenberg, Barcellona, 2006).

Il nome dato a quel volume si riferisce alle tappe di un percorso letterario iniziato nel 1968 con la pubblicazione di El ser no es una fábula; opera di aperture che intona una musica leggendaria e che da subito si mette in evidenza. Musica che nei libri successivi verrà raffinata con nuovi elementi mitici e umani e farà della sua voce poetica una di quelle che susciteranno maggiore interesse nella lingua spagnola, per la singolarità del suo registro lirico e le molteplici forme che armonizzano la tensione tra modernità letteraria e tradizione.
Dei primi temi ancora palpita quella sua preoccupazione per il tempo visto come una maniera di nominare l’esilio, la coscienza dell’uomo mortale che canta, e la sua musica che prova ad abolire la condizione di straniero del mondo e la realtà, perché la poesia di Quessep è anche un’indagine nel passato mitico per cercare il senso perduto dell’uomo. In uno dei suoi poemi afferma:

La nostalgia è vivere senza ricordare
da quale parola fummo inventati.

Poiché non assomiglia ai suoi contemporanei alcuni lettori hanno osservato che la sua poetica è quella di minore derivazione dalle tendenze della lirica colombiana del secolo XX, quella nata, parallelamente e poi in seguito, al fenomeno della poesia nadaísta (come l’antipoesia, la poesia militante, la poesia dell’immagine e la poesia narrativa o quella colloquiale), benché attualmente l’ascendente del’opera di Quessep, non sempre bene assimilata, arrivi ai più giovani e influenzi i loro scritti come uno dei riferimenti più riconoscibili.
Rispetto a questo carattere lo stesso poeta ha ratificato la sua condizione di straniero in una delle poche dichiarazioni giornalistiche, quando afferma: “mi allontano da ogni stile di epoca e da ogni moda, e non mi interessa descrivere gli oggetti della realtà più tangibile”.

Leggendo la sua opera troviamo un linguaggio proprio unito a uno stile personale frutto di un particolare udito interiore e poi decantato attraverso la meditazione che modella ritmi e cadenze nuove, quelle che provengono dal passato e dalla tradizione. Occorre precisare che si tratta di un linguaggio segreto, libero di qualsiasi artificio. Citato da Fernando Charry Lara il critico Gabriel Rodríguez ha segnalato il suo stupore di fronte allo stile di Quessep: “Che a questo livello un poeta sia capace di ammorbidire la metrica castigliana, dandogli senso e suono, risulta abbastanza sorprendente”.
Nella validità di ciò che è atemporale, in quel tratto anacronistico così speciale, come argomentano altri studiosi, risiede l’autenticità del suo stile. Il valore poetico, valutato come conservativo, potrebbe essere vagliato alla luce di voci che forse risultano simili nella poesia ispano-americana dei nostri giorni, dato che tra i poeti colombiani non esiste uno uguale a lui, senza dimenticare con questo che la tradizione nazionale di Quessep è tessuta da José Asunción Silva, Aurelio Arturo, Eduardo Carranza e Fernando Charry Lara.

Nel contesto latinoamericano la poesia di Giovanni Quessep dialoga con le poetiche di Carlos Germán Belli (Perù, 1926), per via del suo linguaggio arcaicizzato dal siglo de oro barocco e surreale; un legame c’è anche con l’ironia dal gusto classico di Óscar Hahn (Cile, 1938) o con il sogno lusitano di Francisco Cervantes (Messico, 1938-2005), un poeta che ha cantato con fervore genuino anche il passato e recuperato alcuni registri andati perduti della tradizione letteraria.
In ognuno di questi autori contemporanei il linguaggio è personale, si proietta in distinte direzioni e risiede in campi differenti, questo perché la poesia moderna è plurale e supera le frontiere della propria lingua, dove impera, solitario e trionfante, il segno della sconfitta comune, nato dall’ironia romantica di liberare la vita e spezzare i limiti imposti all’esistenza della morte, e di quel tentativo rimane soltanto il potere di morire come unico dono umano.

Se il principio di realtà nell’opera poetica di Giovanni Quessep è la poesia stessa, la ricerca estetica fa della parola conoscenza e salvazione. Benché questo modo di sentire resti occultato e per trovarlo sia necessario indagare tra il tempo nascosto nel tempo stesso, per poi imbattersi in quell’altra voce taciuta che sorge dal mito quando lo si vive in modo incantato.

Giovanni Quessep giunge a Popayán, nella parte sudoccidentale della Colombia, nel 1982 proveniente da Bogotà, e qui lavora come professore di letteratura presso l’Università Javeriana. Però è l’Università del Cauca a concedergli il titolo di Dottore Honoris Causa in Filosofia e Lettere in 1992, come riconoscimento per il suo lavoro creativo e come docente. E la città che l’accolse più di trent’anni fa egli evoca, senza dire il suo nome, in questa poesia:


      SONÁMBULO

      Siempre diré ¿dónde me encuentro,
      qué extraña tierra es ésta
      que no recuerdo el nombre de los pájaros
      para hacerme una palma con sus alas?

      Aquí vine de pronto
      como sonámbulo, como ciego
      golpeando con mi bastón las sillas, la puerta,
      los caballitos del diablo en la ventana.

      Desde hace tiempo estoy entre gentes que amo,
      en una ciudad blanca
      que tiene las calles inclinadas hacia el cielo
      y un alcázar sin bufones ni reinas.

      Es posible que aquí mis huesos sean
      desconocidos, es posible que muera
      soñando un país de dátiles
      y un barco lapislázuli de navegantes fenicios.


      SONNAMBULO

      Dirò sempre: dove sono?
      che strana terra è questa
      di cui non ricordo il nome degli uccelli
      per fare delle loro ali una palma?

      Mi ritrovai qui all’improvviso
      come un sonnambulo, come un cieco
      colpendo col bastone le sedie, la porta,
      le giostre del diavolo (*) alla finestra.

      Da tempo mi trovo tra persone che amo,
      in una bianca città
      che ha le strade inclinate verso il cielo
      e una fortezza senza buffoni né regine.

      È possibile che qui le mie ossa siano
      ignorate, è possibile che muoia
      sognando un paese di datteri
      e una barca lapislazzuli di navigatori fenici.

      (*) Insetti (Zigopteri) dal corpo allungato e sottile, occhi grandi e ben separati.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Giovanni Quessep (San Onofre, Colombia, 1939)
Di origine libanese, nato nella provincia di Sucre, sulla costa caraibica della Colombia, ha fatto i suoi studi superiori a Bogotà dove si è laureato ed è stato docente universitario per lunghi anni. Sposato con Martha María Arboleda, di cui ha avuto due figlie, nel 1985 tutta la famiglia si trasferisce nella città di Popayán, dove Quessep continua a insegnare all’Università, ritirandosi però dalla vita pubblica. Solo eccezionalmente partecipa a eventi culturali nazionali o internazionali, benché continuamente sollecitato da organismi pubblici e privati. Membro dell’Accademia Colombiana della Lingua, vincitore nel 2004 del Premio Internazionale della “Casa de Poesía Silva”, è oggi uno dei poeti più letti e più seguiti dalle giovani generazioni, considerato dalla critica indiscutibile punto di riferimento nella storia della poesia colombiana.
Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: Después del paraíso (1961), ben presto rinnegata come opera giovanile immatura e mai più ripubblicata, El ser no es una fábula (1968), Duración y leyenda (1972), Canto del extranjero (1976), Madrigales de vida y muerte (1977), Libro del encantado (1978), Preludios (1980), Muerte de Merlín (1985), Un jardín y un desierto (1993).
Ha riunito la sua vasta opera nelle antologie: Poesía (1980), Antología poética (1993), pubblicata nella collana di classici colombiani del prestigioso Istituto Caro y Cuervo di Bogotà con una corposa prefazione di Hernán Reyes Peñaranda, Carta imaginaria (1998), El aria sin estrella (2000), Libro del encantado – Antología (2000), Brasa lunar (2004), Las hojas de la sibila (2004-2006). Nel 2006 Galaxia Gutenberg/Círculo de lectores di Barcellona ha pubblicato la vasta antologia Metamorfosis del jardín. Poesía reunida (1968-2006), El artista del silencio (2012). Nel 2015, infine, l’Università del Cauca ha pubblicato Antología personal, che ha ricevuto il Premio Mondiale di Poesia “René Char” del Festival Internazionale di Poesia di Medellín.



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