Nell’immaginario collettivo il lupo è il cattivo da fuggire, la belva da temere, con cui paventare l’incontro. Creatura singolare comunque, con una sua grandezza per il terrore che incute, con un suo retaggio ben noto, fatto di isolamento, di vita ai margini del bosco, fuori dal consorzio civile ed umano e, soprattutto, con una sua fama per lo sguardo acuto, penetrante, col quale riesce a vedere nella notte e a cogliere la direzione dello sguardo delle sue prede, seguendole con accanimento. È proprio a quest’ultimo topos che si richiama Alessio Brandolini intitolando la sua silloge; è infatti lo sguardo del lupo che egli intende fronteggiare, sostenendolo e assumendolo come proprio, un “occhio proiettile” capace di correre e attraversare zone oscure. E le zone oscure che il poeta esplora sono le ossessioni quotidiane, le ansie, le paure con cui confrontarsi, che formano grovigli difficili da disfare, nei quali l’uomo si ritrova imbrigliato.
Risalire dalle profondità del tempo e dell’esperienza vissuta, diviene l’obiettivo da raggiungere ed è operazione lenta, paziente, nel corso della quale, rivede luoghi ed eventi, cercando sempre di ricostruire una propria identità e di contemplare se stesso, nelle sue disilluse aspirazioni. L’io, in tutto questo, è collocato fuori centro, mentre il poeta si affida ad uno scenario familiare, di una Roma rappresentata in tutta la sua maestà e la sua miseria, città con cui c’è un rapporto di amore ma visto in negativo. Il linguaggio si fa diluviante, cadenzato da parole-chiave come sguardo, diluvio, groviglio, gabbia, disfare, trucchi, varchi, rifare. Si disegnano così dei temi precisi: il desiderio di trovare l’altrove nell’altro, il bisogno di dare l’esatto nome alle cose, l’amore ferito, ritrovato e riperso, l’esigenza di avere un risarcimento per un’infanzia da riscattare, il dover attraversare l’ombra, il doverne affrontare la paura e, ancora, la sofferenza fisica, la certezza che al lupo la conoscenza viene dal buio. La poesia per Brandolini non è salvifica, (la poesia non è la forma che salva), né consolatrice, ma è isolamento, ferita, consapevolezza di essere isolati, davanti al male e quindi, da questo, nasce l’urgenza di fare chiarezza, di sciogliere l’intrico, di ridare significato alle cose.
Nelle sette sezioni che compongono il libro e che vanno lette in sequenza, senza saltare alcun passaggio, perché fanno parte di un itinerario progressivo preciso, il poeta prende via via coscienza di sé, attraverso una meditazione che muove da una poesia siderale, nella prima sezione Costellazioni e si addentra nel bosco Germogli nei grovigli, ove l’autore, divenendo già lupo, entra nel suo corpo, sotto la forte suggestione di quei varchi del silenzio che appaiono in L’altro e l’altrove. Si decentra gradualmente l’io poetante in Chiamo da un altro pianeta, per arrivare alla sezione di Parole suggerite allo specchio, uno specchio che parla; qui alla poesia si accompagna la prosa, senza nesso di continuità, quasi che la parola poetica, insufficiente ad esprimere la smania del poeta di approdare ad una lingua che aspira alla perfezione, ceda al periodo lungo e discorsivo della prosa per spiegarsi meglio. Grovigli, barricate, labirinti, porte blindate, metafore degli infiniti ostacoli dell’esistenza, mai rinunciando a cercare l’amore, che comunque, pur lacerato e minacciato, si ostina a resistere, perché l’amore è lo sparo che sgombra vene, rimuove / i sibili del vento.
C’è in ogni momento in queste poesie la coscienza di un dolore universale che coinvolge tutti, ma anche la convinzione che sia il destino a lanciare i dadi (il destino lancia i dadi, brucia le nostre dita, si legge nella penultima sezione L’ombra dei funghi), tuttavia il poeta continua a scrivere e il foglio è per lui un prato verde in cui avanzare (scrivo prato e il verde prosciuga / la palude e una canoa procede / tra le canne). I versi di questa sezione sono asserzioni taglienti, che scandagliano la realtà e ne dichiarano a chiare lettere la trama insidiosa: rifare il trucco all’infanzia negata, la traccia è quella del lupo / gli vado dietro mentre dorme, la notte è un groviglio di nodi, nulla si cancella ma tutto si dissolve, non voglio l’assoluto.
Dobbiamo prendere queste asserzioni come lampi di luce che illuminano il percorso del lupo, segni che il poeta coglie per tracciare la sua mappa di ricerca, mappa che si completa nell’ultima sezione, Nello sguardo del lupo, che dà il titolo al libro. Qui tornano nomi, persone incontrate, amici, giorni, movimenti del mondo e il lupo non si aggira più nel bosco, ma è uscito allo scoperto dall’ombra, diventando egli stesso luce da proiettare sul cammino. Da figura di morte, il lupo si è trasformato in luce, quasi simbolo di una conoscenza nuova di cui egli è portatore. Poesia e prosa si alternano in un spasmodico inseguimento delle parole più esatte, più idonee a rendere il caos della mente e del cuore, più consoni a cercare la pacificazione con il tutto. Di pacificazione, infatti, bisogna parlare come della corda più consona a Brandolini, che se da un lato riconosce lacerazioni e agguati mortali da parte della vita, dall’altro desidera ricomporre i conflitti, sedare l’animo mai quieto, arrivare ad una pace interiore, in cui la parola poetica abbia finalmente il suo definitivo appagamento.
Non siamo certo di fronte ad una poesia facile, perché quella di Brandolini è non solo poesia colta e raffinata, ma densa di pensiero, stratificata a vari livelli linguistici, in quanto ingloba accanto alla tradizione, uno sperimentalismo moderno, mai sazio di sfide nuove da lanciare, che richiede da parte del lettore attenzione e volontà, non tanto di una decodificazione, ma di una coerenza nel leggere fino alla fine il libro che, lo ripetiamo, non va interrotto, nel suo filo portante, perché si dipana in una sorta di plot da romanzo poematico, con un suo incipit e una sua ineludibile fine, o conclusione.
E la conclusione giunge puntuale con il volteggio dei gabbiani sulla cupola di Sant’ Ivo alla Sapienza (non poteva mancare l’ultima scenografia romana) mentre l’io del poeta, non più decentrato, ora segue lento una nuova traccia, non del lupo, ma del cane che dorme.
Metaforico linguaggio, irto di simbolismi affascinanti, ma soprattutto carico di tensione emotiva e di forza figurale. In definitiva questo è un libro nuovo, diverso e decisamente “altro” rispetto al trionfo dell’attuale, dilagante “poetichese”.
Alessio Brandolini, Nello sguardo del lupo, La Vita Felice, 2014, pagg. 96, euro 13.
CINQUE POESIE DI ALESSIO BRANDOLINI da Nello sguardo del lupo
*
Sfioro la luce scampata al diluvio delle parole
agli atti grotteschi osservati al microscopio.
Scrivi che il sogno è già finito quando invece
doveva ancora iniziare. Avanzo a passi stentati
e non rinnego il tuo aiuto ma non puoi esigere
lo sfavillio, la compostezza che lima il piacere.
Zone siderali maturano nella calma dei millenni
nei gialli che splendono in cosmiche lontananze.
Occorrono decenni per imbattersi in qualcosa
in qualcuno che accolga le nostre intime emozioni.
Lucciole fuoriuscite dall’erba errano tra gli alberi
in giorni asciutti e prendono coraggio scaldandosi
nella stanza, ravvivano il fluido verde che giunge
dal bosco. Per questo l’occhio-proiettile continua
la corsa a braccia spalancate, crocifisse al tempo
che scorre nei granelli stellari incastonati alla notte.
*
Solo un ingombro di schiocchi, un sorriso senza volto.
Accadono fughe nei sogni, cerchi gli occhiali e li vedi
appesi al soffitto, la lingua sotto spirito, in cucina
un braccio sorseggia il caffè. Resta il guasto, brandelli
di gesso. Col tempo ogni cosa s’aggiusta se nel viaggio
non si sfascia del tutto, accadono miracoli e al risveglio
trovi boschi negli armadi, nidi di frasi nei capelli
sguardi tra le dita e l’urgenza dell’evasione. Ma se lei
è fuori bersaglio respiri vetro, non il giallo delle sue rose.
L’amore è lo sparo che sgombra vene, rimuove
i sibili del vento. Dormi da giorni sotto gli ulivi
nella sorpresa delle foglie, delle ore che rullano
tra l’orto e le viti. Prima di essere giustiziati
si prova a compiere l’ultimo slancio ma dal cielo
scende una luce da camera oscura. Tutto procede
nel peggiore dei modi, al cane è caduta la coda
il gatto fa discorsi sconclusionati: ululare non serve
e sfamarsi di radici e scaglie di luna dai riflessi d’acciaio?
*
La vanagloria è il rifugio sicuro
dei dèmoni e l’illusione sfarfalla
nel gioco d’azzardo. Il destino
lancia i dadi, brucia le nostre dita.
Un foglio luminoso da riempire
scrivo prato e il verde prosciuga
la palude e una canoa procede
tra le canne. Tutto è perduto?
Sul tavolo un tre e vinco la partita
sotto i cespugli la scorta di ghiande.
*
Ho bruciato l’abbaglio, c’era
dell’altro: ieri notte l’ho ucciso.
È come a teatro: ora cala
il sipario sulla nostra avventura.
Un giorno tira l’altro, unirsi
agli attori, al soffio delle battute.
Preferisco morire che essere
l’imbecille che sono ai tuoi occhi
zeppi di detriti. L’ombra dei funghi
origina per la semina il solco adatto.
*
I fiori ululano di notte e al volo
afferrano le stelle quei lamenti
e nell’abisso sfrecciano comete.
Rifare il trucco all’infanzia negata?
Fatti da parte che vado di fretta
tardi per dirne, per cambiare strada.
Per l’ira la sedia saltò sul tetto
del mio peso non volle più saperne.
Ora la traccia è quella del lupo
lento gli vado dietro mentre dorme.
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Alessio Brandolini è nato nel 1958 a Frascati e ha trascorso i suoi primi vent’anni a Monte Còmpatri. Vive a Roma, dove si è laureato in Lettere moderne. Ha pubblicato le raccolte poetiche: L’alba a piazza Navona (in 7 poeti del Premio Montale, 1992), Divisori orientali (2002, Premio Alfonso Gatto – Opera prima), Poesie della terra (2004; poi anche in spagnolo Poemas de la tierra, 2004, 2^ edizione 2014), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007; poi anche in versione spagnola Mapas colombianos, Colombia, 2015), Tevere in fiamme (2008, Premio Sandro Penna), Il fiume nel mare (2010, Finalista Premio Camaiore) e Nello sguardo del lupo (2014). Recentemente è uscita la sua prima antologia poetica (1992-2014): Il futuro è un campo incolto (La Vita Felice, 2016).
Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue e pubblicati su riviste italiane e straniere. In Costa Rica sono state pubblicate le antologie poetiche: En el ojo del lobo (2009) e Desde otro planeta (2014) entrambe nella traduzione di Martha Canfield.
Dal 2003 al 2013 ha fatto parte del gruppo I Libri In Testa.
Nel 2013 ha pubblicato il libro di racconti Un bosco nel muro (Empirìa).
Traduce dallo spagnolo e dal 2006 coordina «Fili d’aquilone», rivista web di «immagini, idee e Poesia». Nel 2011 ha fondato la casa editrice Edizioni Fili d’Aquilone.
AVanalesti@libero.it
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