FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 37
gennaio/marzo 2015

D'aria e di terra

 

NASCITA DI UN NUOVO CANTAUTORE
Vieni via: album di esordio di Leo Folgori

di Oscar Palamenga



In questi giorni dominati dal successo del nuovo festival di Sanremo, tra solite canzoni e solite polemiche, è passato quasi inosservato l’album di esordio del cantautore Leo Folgori, nato a Tivoli nel 1982 e cresciuto a Roviano (dove tutt’ora vive), un paese vicino Roma dalla forte tradizione contadina. Il giovane artista è una sorpresa sin dal primo ascolto. Tante sono le piacevoli novità che si possono riscontrare con un’attenta lettura, sia dal punto di vista musicale che da quello prettamente testuale.

Anzitutto la musica presenta forti echi morriconiani, che sfociano a volte nel country e nelle più famose voci dei nostri cantautori. I testi, poi, rimandano direttamente ai grandi cantautori: si pensi a De Andrè e alla sua visione degli ultimi, al De Gregori di Buffalo Bill, al grande Rino Gaetano con la sua satira pungente ed amara. Ci sono poi importanti citazioni letterarie su Pier Vittorio Tondelli e sulla sua opera fondamentale Altri Libertini (1980) attraverso la quale lo scrittore di Correggio aveva riattualizzato il messaggio di Pier Paolo Pasolini e dei suoi Ragazzi di vita!

Non è un caso che il video della canzone che dà il titolo all’album, Vieni via, ideato da Vinicio Fagioli ha un’infinità di rimandi al mondo pasoliniano e felliniano: qui ci sono i ragazzi di vita, le prostitute sante di De Andrè, i personaggi circensi tragici e sconfitti tipici di Fellini. Forse, se un limite lo vogliamo trovare, è quello di contenere troppe citazioni, anche se omogenee tra di loro. Certamente il paragone con le “anime salve” di De Andrè è troppo palese per essere celato. Le luci e le ombre del video mostrano ancora meglio la dimensione atemporale della storia; così come i personaggi circensi felliniani segnalano ancora di più il forte senso di estromissione dalla vita. Le visuali sulle periferie sono, infatti, soprattutto una metafora della esclusione dalla vita, come quando nella canzone “Altri libertini” la scena si sposta sugli emarginati, gli extracomunitari inseguiti dalla polizia. Il linguaggio si fa via via più crudo e realistico, si percepisce una forza evocativa delle parole che ben si collega alla voce sabbiosa e aspra del cantante.

Molti hanno scritto che questo è un “concept album”, ovvero un album fatto di canzoni collegate fra loro da un fondante nucleo tematico, un modo di procedere che andava molto di moda negli anni ’70. Più che un collegamento dei testi sembra esserci soprattutto un collegamento musicale: temi e motivi ripetuti e incisivi che segnano tutti i pezzi. Al livello musicale l’esordio di Leo Folgori lo si può definire tranquillamente un “concept album”, basti segnalare, in tal senso, l’uso ossessivo della tromba (alla Morricone?) e le melodie molto ben sviluppate e arrangiate con maestria da una band di musicisti assolutamente all’altezza.


www.leofolgori.it




BREVE INTERVISTA A LEO FOLGORI



(Foto di Vinicio Fagioli)


Cosa rappresenta per te la figura di Tondelli e perché non citi il solito Pasolini?

Un pomeriggio mentre lavoravo alla scrittura dei testi nel mio studiolo, venne a trovarmi il mio amico Luca Manoni con il quale in realtà ho concepito questo album. Si mise a sedere accanto a me e tra le mani aveva un romanzo: Altri Libertini, di Pier Vittorio Tondelli. Aveva appena finito di leggerlo e mi disse che anch’io avrei dovuto dargli un’occhiata. Me lo presi e la sera tornato a casa inizia a leggerlo. Ci entrai subito dentro e mi accorsi che quello che Tondelli raccontava andava a braccetto con quello che io avevo in mente di cantare. Il giorno seguente tornai nello studiolo, presi la chitarra e strimpellando accordi mettevo in fila parole del romanzo. Suonavano bene. Decidemmo allora che quel romanzo doveva essere parte integrante del lavoro che stavamo facendo. Non è stata una scelta quindi, ma qualcosa che è accaduto. Magari chi lo sa… Pasolini al prossimo.

Gli echi western e country rappresentano uno specifico film o tutto fa parte di un concept album? Ma poi, ti chiedo, è questo un concept album tipo Storia di un impiegato di Fabrizio De Andrè?

Vieni Via non è un concept album, ha sicuramente un filo conduttore ma è lontano dallo schema di scrittura e di arrangiamento che si percepisce in album come Storia di un impiegato. Il western fa parte della mia vita, sono cresciuto guardando i film di Sergio Leone e, quindi, ascoltando le musiche di Morricone. In questo lavoro c’è un po’ tutto quello che ho vissuto fin ad ora e ovviamente non potevano mancare riferimenti e anche un omaggio a quei due grandi del ’900. Ho l’impressione che nel prossimo lavoro, questo particolare sound, sarà ancora più presente.

Ho visto in rete il video con De Gregori. Come ha fatto “il principe” a vincere la sua proverbiale ritrosia, lui che non ci concede mai?

Non lo so… forse bisognerebbe chiedere a lui. Comunque è stata una serata abbastanza surreale, molto bella e difficilmente ripetibile. Francesco De Gregori lo seguo da quando avevo forse 7-8 anni. Il primo concerto che ho visto è stato nel 1996, Prendere e Lasciare tour. Credo di averne visti in seguito più di venti, l’ultimo l’anno scorso. Mi ha fatto molto piacere scambiare due chiacchiere, bere un bicchiere e canticchiare qualcosa del suo repertorio con lui. Disponibile, scherzoso, professionale nel suo momento sul palco. Un “principe”, appunto.


o.palamenga@tin.it