FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 35
luglio/settembre 2014

Soste & Percorsi

 

WEHRMACHTsGESPANN

di Michele Varcasia



- Nonno! Che hai ? Aiuto! Qualcuno mi aiuti …. Mario si era accasciato a terra, quasi ripiegandosi sul suo bastone, la coppola che teneva sempre in testa era caduta da una parte e gli occhiali bifocali si erano frantumati sul travertino del marciapiede.

Per puro caso non era andato a terra rovinosamente, cosa che alla sua età, 85 anni suonati, poteva essergli fatale, semplicemente perché il nipote e alcune persone tra la folla e la calca della manifestazione lo avevano sorretto nella caduta.

- Non è niente, non è niente, è solo un malore momentaneo, sto bene, non vi preoccupate. I miei occhiali? Dove sono i miei occhiali?! Marietto …

Il nipote portava il suo nome,

- … trova i miei occhiali per favore…

- Eccoli, nonno, ma si è rotta una lente.

La gente intorno lo aveva aiutato a rialzarsi accompagnandolo ora a sedere sulla panchina più vicina, il nipote lo aiutava a camminare, qualcuno porgeva un bicchiere d’acqua.

- Che hai avuto, nonno? Non ti è mai successo. Forse non dovevamo venire qui in piazza per questa manifestazione. La folla, il rumore, il casino, forse non ti ha fatto bene.

Nonno e nipote erano davanti al comune dove si stava svolgendo un grosso raduno di auto e moto d’epoca, tutte in esposizione nella piazza principale con la fontana, in bella mostra con i proprietari che illustravano i loro mezzi decantando l’originalità, il restauro, la storia, le caratteristiche tecniche, insomma, cercando di dare una motivazione alla fatica ed ai soldi spesi per tenere in funzione quei vecchi mezzi.

Il nonno, del tutto estraneo a quel mondo, era capitato lì per caso all’uscita della messa domenicale accompagnato dal nipote; la giornata era bella, una calda e soleggiata domenica autunnale ed avendo visto passare sul corso quelle belle macchine d’epoca avevano deciso di fare due passi ed arrivare fino alla piazza per vedere di che si trattava.

Mario si stava divertendo a vedere quelle macchine e quelle moto che lo riportavano alla sua giovinezza, quando si era improvvisamente trovato di fronte al momento più doloroso della sua vita e in un attimo tutti i ricordi del suo passato gli erano tornati alla mente.

Seduto sulla panchina, cominciò a raccontare:

- Quella moto… quel sidecar… i tedeschi.

- Quale nonno, quella militare? la Bmw?

- Sì, sì, quella. Di chi è? chi è il padrone?

- Sono io. È una R75 del 1943, della Wehrmacht Tedesca. Tutta originale e conservata.

Il giovanotto che parlava, sui 35 anni, si fece avanti verso la panchina e con lui arrivarono un po’ delle persone che stavano intorno alla moto ad ammirare quella macchina da guerra di sessanta anni prima.

- Dove l’ha trovata, giovanotto? La targa è originale vero?

- Sì, è la sua: WH65898. Era in una cascina di un contadino vicino Borgo Montello. Pensate, è stata 50 anni in una cantina murata, l’avevano nascosta ben bene e io l’ho trovata quando abbiamo demolito per ristrutturare. Ancora funzionava sapete? L’avevano messa via per poterla riusare, forse.

Il vecchio annuiva come se sapesse.

- Tanti anni fa quella moto mi ha salvato la vita, sa? Per quello che quando l’ho vista e ho riconosciuto la targa, mi è tornato alla mente tutto.

Il capannello di gente si era infittito e le persone si erano avvicinate per sentire la storia di quel vecchio appoggiato al bastone.

- Sai Marietto, non l’ho mai raccontata questa storia perché sono vicende che a volte si preferisce rimuovere: era la guerra, non era un bel periodo. Tua nonna ed io a quel tempo eravamo ancora in Veneto, ma le nostre famiglie erano state mandate dal duce nell’agro redento, la bonifica pontina. Poi era scoppiata la guerra ed era arrivato l’otto settembre, e il passaggio del fronte, l’Italia divisa, la confusione totale. Noi eravamo da una parte e tutti i nostri parenti dall’altra. Tua nonna Franca ed io avevamo un bimbo di un anno, tuo papà, e io non mi ero voluto muovere per evitare rischi. Chioggia però era diventata troppo pericolosa ormai e nel nostro casolare arrivavano di continuo gruppi di tedeschi in fuga, disertori che chiedevano aiuto e abiti civili per mettersi in salvo verso il confine austriaco. Una sera arrivarono in due con quella moto, a fari spenti.

- Italien, Bitte, aiuta preco. Eine nacht dormire, Bitte.

- Chiedevano solo da mangiare e da dormire e io non volevo aprire ma tua nonna era buona, sai? Erano inseguiti da qualcuno e avevano paura. Mangiarono quello che c’era, poco in realtà, passarono la notte e la mattina dopo, salutandoci, presero le nostre bici e vestiti civili per cercare di passare inosservati.

- Sie nehmen meine BMW gespann. Tu prende meine BMW e scappare, die Wehrmacht ist nahe . Danke Italiener.

- Ed indicava la loro moto. Poi sparirono per le campagne e io rimasi lì con quel sidecar nel fienile. E mi venne l’idea, anche perché ormai non si poteva più rimanere lì, e con la nonna e il bimbo, da tempo, si pensava di andare giù a Littoria, dove ormai erano arrivati gli americani. Il problema era il viaggio, ma adesso avevamo il mezzo.

- Passammo due giorni a preparare tutto quello che riuscivamo a portare via, e mentre nonna sistemava i panni e organizzava il viaggio, io facevo le prove per guidare il ”gespann”, il sidecar, figurati… fino ad allora ero andato solo in bicicletta.

- E col cambio a mano, la ruota del side in trazione e le strade di allora di terra battuta, doveva fare un bel viaggio, eh? Chioggia-Latina… quanto ci ha messo?

Le persone intorno alla panchina seguivano le parole del nonno come se stessero guardando un film. Mario riprese:

- Ci misi una settimana, perché le vie principali erano impraticabili e passammo l’appennino tosco-romagnolo facendo le mulattiere e sperando di evitare di incontrare le pattuglie di fascisti e tedeschi che erano alla ricerca dei nuclei partigiani. Poi sulle strade aperte c’era il pericolo degli aerei che passavano radenti e mitragliavano ogni mezzo militare che individuavano, e quando era così, potevi solo buttarti fuori strada e infilarti nei cespugli o nella boscaglia, se ce la facevi… se non ti cappottavi con tutta la moto e i bagagli. Tua nonna stava nel side e teneva in braccio Lorenzo, infagottato nelle coperte per proteggerlo dal freddo e dalla polvere. Una settimana in giro su e giù per i monti. È stato difficile… ma alla fine siamo arrivati.

- E come è finita la moto nella cascina, nonno ?

- Non lo so perché quando siamo arrivati a Velletri ci ha bloccato una pattuglia di MP, sai gli americani con casco bianco e la fascia sul braccio; ci hanno requisito la BMW, mi hanno interrogato e chiesto da dove venivo e dove andavo, ma siccome Lorenzo aveva la febbre, ci hanno mandato in un ospedale da campo e lì hanno curato lui e la nonna. Qualche giorno dopo siamo arrivati a casa dai parenti... e siamo rimasti qui. Rivedo questa moto dopo sessant’anni ma è come se fosse ieri.

- Senta, le andrebbe di farci un giro? La porto da qualche parte, con la sua R75. Dove vorrebbe andare ?

Gli occhi di Mario si inumidirono mentre il nipote lo aiutava ad entrare nel carrozzino, si sistemò il bastone da un lato del sedile e si rincalcò il berretto. Poi alzò lo sguardo verso il giovanotto che nel frattempo aveva acceso quel vecchio motore nato per la guerra e pensato per durare in eterno, e gli disse:

- Lo sa dov’è il cimitero? Vorrei andare a trovare la mia Franca…


Il racconto è tratto dal libro di racconti autoprodotto Motoveloce ed altre storie (2007).


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