Le più famose scuse della letteratura francese sono quelle dello scrittore André Gide (gennaio 1914) che risalgono a quando quest’ultimo era all’apice del successo. Nelle pagine di una accorata lettera André Gide chiede “perdono” a Marcel Proust, romanziere ancora pressoché sconosciuto, per aver rifiutato il manoscritto di Dalla parte di Swann, il tomo che apre la grande opera di Proust À la recherche du temps perdu.
Il potente scrittore, allora direttore della prestigiosa NRF (Nouvelle Revue Française) di Gallimard si auto-flagella, si cosparge il capo di cenere rendendosi conto, a distanza di tempo, del monumentale errore.
Ma, tornando indietro di qualche anno, quale fu la reazione del giovane Marcel Proust – che aveva una sola ossessione: quella di essere pubblicato da Gallimard – vedendosi rifiutare il manoscritto? Incassò il colpo, non si perse d’animo e lo portò dall’editore Grasset, il quale lo pubblicò il 13 novembre 1913 con un successo di lettori e di critica senza precedenti.
Si festeggia, quindi, il centenario della pubblicazione di questo primo tomo della Recherche e perciò indirettamente anche il centenario della “svista” colossale di André Gide.
All’inizio di novembre Sotheby’s ha messo all’asta un documento d’eccezione: la brutta copia della lettera di scuse di Gide a Marcel Proust. Si tratta di cinque foglietti, le cui numerose cancellature erano totalmente sconosciute agli esegeti. Questo prezioso documento autografo è appartenuto per anni a Roger Froment (1907-1984), un grande cardiologo di Lione e amico dello scrittore Roger Martin du Gard che lo fece rilegare in un esemplare di una plaquette dal titolo Marcel Proust e André Gide (NRF). E le pagine di questo “Je m’accuse” sono state battute da Sotheby’s per 145.000 euro.
Ma che cosa si diceva in questi cinque foglietti?
Gide vi ammette che la principale ragione del suo errore fosse il pregiudizio nel confronti del giovane Proust. Lo aveva infatti incontrato in alcune soirées mondaines, e lo considerava uno snob, un semplice cronista di salotti del Figaro come tanti altri. E quindi, antipatia ormai alle stelle, quando trova sulla scrivania il manoscritto, confida di averlo aperto “con mano distratta”. Tra uno sbadiglio e l’altro, sfogliando fino a pagina 62, gli capitano pagine con frasi inverosimilmente lunghe dove si racconta di una “tazza di camomilla” (in realtà si tratta della mitica scena del tè e del biscotto chiamato madeleine!).
Le pagine della Recherche con il brano della madeleine
Gide, si spinge tuttavia fino a pagina 64 e s’imbatte in: […] “una fronte le cui vertebre traspaiono”, frase che gli sembra incomprensibile. Ma si tratta di una coquille (un refuso): sarebbe stato sufficiente sostituire “vertèbre” con “véritable”, secondo gli esegeti, per ridare tutto il senso alla frase.
Purtroppo, a quel punto, Gide decide di richiudere il manoscritto.
Il seguito della storia della Recherche è nota: finirà col raggiungere le prestigiose edizioni Gallimard tre anni dopo e diventerà una delle opere più importanti della letteratura mondiale.
Gide, in cuor suo, e anche pubblicamente, non si riprenderà mai di quell’errore.
D’altronde, ironica per non dire sarcastica è la risposta di quello che sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori della letteratura del Novecento:
Senza il rifiuto, senza i rifiuti ripetuti della NRF, non avrei mai ricevuto la sua lettera […] e sia certo che la gioia di ricevere questa sua lettera è infinitamente superiore a quella che avrei avuto nell’essere pubblicato dalla NRF.
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