Da un po’ di tempo il mercato degli home video ha scelto la via dell’opulenza. Chi compra un film su DVD o Blu-ray inevitabilmente si ritrova con un bel po’ di roba in più. Contenuti extra che per essere visti integralmente richiederebbero anni sabbatici, interminabili gallery fotografiche, interviste a chiunque abbia avuto a che fare, anche incidentalmente, con la produzione del film. E se l’intervista al regista può interessare anche lo spettatore occasionale, già non si capisce che valore aggiungano i commenti del direttore della fotografia, del montatore o del segretario di produzione (soprattutto se non stiamo parlando di classici della storia del cinema ma di commedie usa e getta). Ormai mi aspetto, quando acquisto un Blu-Ray, di trovare un disco extra con uno speciale sul ragazzo che distribuiva i copioni sul set.
Il mondo della musica leggera si sta adeguando a questa tendenza. Il rock ha sessant’anni e le sue pietre miliari invecchiano. Ogni anno c’è il ventennale, il venticinquennale, il trentennale di qualche classico del genere. Inevitabili le ristampe e – per far crescere il prezzo del prodotto – inevitabili gli extra infilati in mezzo.
Un esempio su tutti: nel 2011 in occasione del quarantennale di Aqualung, capolavoro dei Jethro Tull, venne messa in commercio una 40th Anniversary Collector’s Edition dell’album che constava di ben quattro dischi (tre CD e un vinile). Qual era la differenza tra i contenuti? Beh, in realtà ogni disco conteneva sempre Aqualung solo che missato ogni volta secondo un diverso standard di codifica (l’originale mix del 1971, un nuovo mix stereofonico, il 5.1 DTS mix e il Dolby Digital Surround mix). So bene che là fuori ci sono malati di audiofilia che potrebbero discutere per ore sulle differenze tra le registrazioni, ma al fan del gruppo, a chi ha amato questo disco per le sue canzoni, all’appassionato di rock con un impianto stereo non in grado di cogliere le sfumature tra un mix e l’altro, a cosa servono quattro copie pressoché identiche dello stesso album?
Volendo trovare un senso a tutti i costi, direi questo: dare la possibilità, ai fan, di perpetuare un gesto devozionale. Immagino il fan dei Jethro Tull, ormai attempato come il leader Ian Anderson, che a casa ha già il vinile originale di Aqualung del 1971, la ristampa su CD del 1996, la versione rimasterizzata del 1999 con le tracce bonus, ha applaudito quei brani chissà quante volte dal vivo. Cosa resta? In che modo ravvivare la fiamma? Ecco che esce una nuova edizione da collezione. Il contenuto è del tutto secondario. Quel cofanetto potrebbe essere vuoto. Ciò che conta è che il fan possa celebrare per l’ennesima volta il rito dell’acquisto.
federico.platania@samuelbeckett.it
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