FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 23
luglio/settembre 2011

Vulcani

 

ORO

di Luca Baldoni



Le prime settimane
in un appartamento prestatomi da amici
quando ancora la lingua vera era
uno scoglio brutale, così come i numeri
pronunciati all’incontrario, e i quartieri,
le strade, le linee di autobus e metro, i punti
di appoggio cardinali…

La sera dopo una giornata di sforzi
ed insuccessi
cedevo all’atmosfera autunnale
dalla finestra del sesto piano guardavo
i tram lungo la Bornholmerstraße
i casermoni grigi
le corone dei lampioni.

In attesa di tutto
ascoltando le sinfonie di Brahms.


***


La prima volta che volli andare
ad Alexanderplatz mi ci trovai
proprio nel mezzo
e dovetti chiedere a un passante
dove si trovasse il luogo
che cercavo.

Perché piazza propriamente non è,
o non è più:
uno spazio immenso
da due lati bordato da arterie autostradali
in un angolo sistemata ad elle
una cortina di edifici squadrati
spenti che separano l’ambiente
dalla Torre della televisione
e dai giardini retrostanti.

Ma saresti incauto
a definirla vuota schiacciata
dall’architettura comunista
che ha ingoiato i vicoli, i diseredati,
i nuovi arrivati in cerca di fortuna
la folla convulsa di Döblin;
perché ai chioschi alfabeti e nomi di giornali
conducono a est, verso gli Urali,
e in un angolo raccolti dal freddo
uomini forse caucasici
su un improvvisato tavolino
di cartone incantano
gli astanti con l’antico gioco
delle tre carte.

Col tempo ho apprezzato quel grande spazio vuoto
sono arrivato ad amarlo:
sembrava che quasi vi arrivasse
vi potesse prender piede
l’odore delle steppe.


***


Sotto il tendone del Bar Jedervernunft
il giovane istrione crea il suo mondo
canta con voce smaliziata, sussurrata e
seducente nella tradizione di Lotte
e di Marlene, parole e note da star abbattuta
la vita inscenata tra giri
di fumo e di lenzuola
ancora tiepide di uomini.

Sotto la cupola di luci
risalgono gli anni indietro sino ai Venti, lacerazioni
e slittamenti, satira toccante e irriverente,
nel viso liscio dagli occhi grandi
risiedono risorti
i due gemelli,
Klaus e Erika Mann
ancora teneri e sprezzanti.


***


Uomini addosso nel gelo dell’inverno
bruciata la carne come sfregata
dalla neve –
che infatti cadeva
maestosamente quando dopo
le tre di mattina
uscito da Schwuz
camminavo sognante
lungo la Gneisenaustraße.

Felice ritorno a casa
anche in solitudine
in un turbinio di neve
non aspetto altro che
vivere tutto questo sogno
a cui vado incontro.


***


Hitler
odiava Berlino!
L’avrebbe spianata tutta
se avesse potuto
per far costruire al compare Speer
il suo parco giochi
disabitato e colossale.

Ma Berlino anni Venti –
la città di grattacieli
la più americana d’Europa
Babilonia epocale
cacofonia ribelle!


***


In questa città
c’è un Museo di storia gay
- hai capito bene, ripeto (ci vuole pazienza con alcuni):
un Museo sull’o-mo-ses-sua-li-tà,
che preserva e trasmette
storia esperienze sogni
contributi al vasto mondo
di una comunità di uomini e di donne
più volte nel corso della storia
minacciata di estinzione.

Mancano invece madonne
lacrimanti sangue, apparizioni
di Padre Pio, ossa
di santi.

Come si vive lieti
alla faccia di chi ci odia
quando si è distanti.


***


Si chiama Fontana delle Favole
perché intorno all’abbraccio della vasca
si ergono su piedistalli impassibili statue
di personaggi dei fratelli Grimm.

Il calar del sole mutava il ritmo
e lo scenario:
tra edicole e colonne apparivano uomini
cercandosi intenti dietro a un amo
che conducesse oltre il monumento
nel vasto parco animato
da un ardore altro dal giorno.

Non fu facile seguirti
nell’oscurità lungo il sentiero folto:
procedendo incerti tra le frasche
mi pareva che tenessi la sigaretta accesa
per farci luce e coraggio
sino in fondo.


***


Christian mi avevo portato
a passare il fine settimana in riva
a un lago, dove lui e amici possedevano
un terreno con alcune semplici
casette di legno.

Ricordo una sera, noi abbracciati
e altri uomini seduti intorno al fuoco;
quasi mi addormento, il tedesco diventa
imponderabile, guardo in alto le fronde
il vento che le scuote
l’oscurità illuminata dalle stelle.

Forse mi addormento, ma c’è un risveglio
in mezzo ad un racconto:
da uno degli uomini più anziani una crepa nella voce
parole in pause e successione, un gesto:
scoprirsi l’avambraccio, battere la mano
sul tatuaggio.

Un brivido così forte –
un ricciolo rosa sfugge dalle braci,
rovinosamente
precipita in alto.


***


Già poco dopo le dieci di sera
le rotatorie sputavano
i primi giornali del giorno successivo
ancora freschi di colore.

Nel fragore infernale caricavamo
le copie nel borsone
e poi ognuno usciva
sguinzagliato nella propria direzione.

Il lavoro tra tanti migliore:
vendere il Tagespiegel
ogni notte facendo lo strillone su una linea
del metro, in particolare
la 1 e la 7 tra Nollendorfplatz e Yorckstraße
zona ad alta concentrazione gay
uomini ragazzi simpatizzanti vari
che mi guardavano riconoscevano
con un sorriso
mi infilavano nella saccoccia
il doppio o più del prezzo del giornale.


***


Con te a mezza estate sull’Isola
dei Pavoni così detta perché effettivamente
incedono i maestosi uccelli
lungo vialetti, prati, aiuole, tra rovine
di manieri neogotici e altre
stravaganze architettoniche.

Come inquieta è la natura oggi
mentre passeggiamo
cade dal cielo
dalle corone di ontani e platàni
a strappi un vento
che sembra voler qualche fine presagire:
annodandomi la gola tremo di colpo
per la nostra incauta perfezione.


***


                   di quando
a pochi isolati da casa in una sera
calda non riuscimmo a trattenerci
e come fanciulli vergini
entrammo nell’androne di una tipica
casa berlinese per scopare.

Contro il muro
la tua schiena si spande scoperta,
dalla vetrata colorata
filtra la luce che la spezza –
dopo mi dici nella tua lingua che è stato
così figo, che senti ancora,
come io lo vedo, il fiotto d’oro.


***


Christo e Jean-Claude ebbero l’idea geniale
di impacchettare il Reichstag
ancora dalla guerra
disastrato
in un immenso manto d’oro pieghettato
che l’avrebbe reso cascata
storia trasformata
foresta incantata che sfida
il futuro
la potenza dei tramonti d’estate –

e lì sul grande prato seduti ad ammirare lo spettacolo
insieme a una vasta moltitudine
c’eravamo anche
Norbert ed io
stretti e felici, stupefatti
dal nostro stare insieme
convinti che la vita
fosse ancora tutta
oro
un picco chiaro.


La silloge è inedita ed è ambientata a Berlino nel 1994/95.



lukabaldoni@gmail.com