Il Loch Morar
… Recarsi all’agenzia immobiliare, riprendere le chiavi della villa con acclusa la signorina McColl e ripartire per Loch Morar fu faccenda rapidissima. Mentre il papà seguiva, sulla vettura noleggiata quel mattino il fuoristrada della McColl con a bordo le donne, chiacchierava con Edoardo e suo padre; Valentina invece taceva con ostinatezza, urtata dalla prospettiva che quel mese di vacanza potesse rivelarsi noioso oltre l’immaginabile. Se a Mallaig gli unici passatempi erano la tintarella e i bagni di mare, che diavolo avrebbero fatto in una casa in mezzo alla brughiera, senza la possibilità di raggiungere a piedi nessun luogo civile e abitato? All’improvviso Valentina si accorse che le vetture si erano fermate e tutti stavano scendendo in silenzio. Sì, il silenzio era davvero l’unico contegno di fronte allo spettacolo che si offriva loro. Le montagne all’orizzonte sembravano voler proteggere in un solido abbraccio la terra, digradando in dolci colline macchiate di alberi e in prati coperti di fiori verso il Loch Morar, con le sue sabbie chiare; si udiva solo lo stridio dei gabbiani e sulla superficie tremula, oltre l’estuario, si scorgevano le isole: Eigg, simile a un leone accovacciato e pronto a spiccare un balzo, e Rhum, come il dorso di una balena sul punto di inabissarsi. Per uno scherzo della rifrazione sembrava che fluttuassero sull’acqua. La facciata della villa candida era orientata verso il Loch Morar e un largo sentiero ghiaioso scendeva dal porticato fino alla spiaggia. La signorina McColl li precedette sulla veranda e spalancò la porta con il grosso battente di ottone, poi si fece da parte, lasciando che tutti entrassero nella penombra odorosa di polvere. Man mano che aprivano le finestre e le persiane, l’interno della villa si rivelava in tutta la propria calda opulenza di gusto retrò. Snelle colonne con capitelli corinzi sorreggevano il soffitto a soppalco del vasto salone e sul parquet erano adagiati splendidi tappeti orientali dalle tinte smorzate; tutti i mobili erano coperti con drappi ingialliti e strappati in più punti, cosicché si potevano intravedere i ricchi intarsi che li adornavano. A sinistra uno scalone di legno conduceva al piano superiore, oltre la cui balaustrata si vedeva il corridoio, pieno di quadri, in corrispondenza del soppalco; dietro lo scalone si intravedeva la biblioteca attraverso i battenti semi aperti dell’uscio. A destra due porte conducevano l’una in cantina e l’altra in una cucina spaziosa e fornita di moderni elettrodomestici.
La signorina McColl si era voltata a parlare con la signora Katrin, che traduceva per tutti.
- Il proprietario della villa, Malcom Turriff, non aveva parenti e in punto di morte ne fece dono all’amministrazione di Mallaig, che copre le spese di manutenzione appigionandola a turisti e a registi cinematografici, vista la bellezza del paesaggio. Per le riprese di “Rob Roy”, il film con Liam Neeson e Jessica Lange, il cottage dell’eroe scozzese è stato ricostruito proprio sulle rive del Loch Morar, a Brancorina. Alla signorina preme farci sapere che qui dentro è tutto autentico, dai ninnoli ai lampadari, dalla mobilia alla cristalleria; ogni oggetto è appartenuto alla famiglia Turriff.
Mentre la signorina McColl continuava ad illustrare i pregi e le comodità della villa, Valentina si avvicinò alla porta della biblioteca e spinse i battenti. L’ampio locale quadrato aveva una parete interamente occupata da un bow-window che si affacciava sul Loch Morar, Valentina lo aveva notato subito dall’esterno, arrivando; le altre pareti erano coperte fino al soffitto da un’unica libreria, i cui scaffali a giorno erano armoniosamente inframmezzati a mensole e a nicchie. Al centro della stanza stava una grande scrivania, rivolta verso il bow-window, e Valentina immaginò il signor Turriff chino sul piano di pelle, intento a scrivere appassionate poesie d’amore o un tenebroso romanzo ricco di colpi di scena. Tornata nel salone, udì la voce della signora Katrin nel corridoio e si affrettò a salire. Quel secondo piano, ricavato dal soppalco, in realtà era più spazioso di quanto avesse potuto vedere dal salone; sul lato più lungo del corridoio si affacciavano cinque porte, e una su ciascuno dei lati più corti, in corrispondenza della biblioteca e della cucina. La signorina McColl apriva le porte a una a una per mostrare le camere da letto, arredate e rifinite in colori diversi. Le prime due erano matrimoniali e le ultime due singole, ma tutte identiche per la disposizione della mobilia; letto e comodino di fronte a un armadio con gli specchi, una cassettiera accanto alla porta e una toeletta di fronte, tra due finestre.
- Lasceremo scegliere più tardi alle signore il colore che preferiscono! - commentò sorridendo il professor Lovati, ma Valentina aveva altro in mente.
- Perché non ha aperto anche quella porta? Glielo domandi, per favore… - sussurrò alla signora Katrin, indicando la stanza centrale che la McColl aveva oltrepassato senza neppure sfiorare con lo sguardo. La signorina parve stupita della domanda, ma con un sorriso ritornò indietro.
- Dice che non riteneva necessario mostrarcela perché non ci sarà di nessuna utilità, tuttavia ecco…
La camera era tappezzata di carta a roselline e tutta la mobilia era rosa, tende e copriletto compresi; il pavimento di legno era ingombro di giocattoli: bambole, cubi e birilli di legno laccato, vagoncini di un trenino di latta. Persino sulla piccola e deliziosa toeletta erano sparpagliati libri illustrati, fogli e pastelli; se la polvere non avesse velato ogni cosa, quel tenero disordine avrebbe suggerito l’idea che la piccola padrona dei balocchi si fosse allontanata all’improvviso, al richiamo della mamma o della bambinaia.
- La signorina McColl si scusa per il disordine e domanda se desideriamo che la camera sia sgombrata dagli arredi scenici evidentemente dimenticati così.
- No, non è necessario… questa camera non ci occorre proprio. Possiamo vedere i servizi igienici, adesso? - domandò la signora Irene e subito la McColl indicò le due porte alle estremità del corridoio, riprendendo a chiacchierare vivacemente.
- Però è strano… quale attrezzista che si rispetti lascerebbe in giro così gli oggetti di scena? E quale regista non direbbe nulla? - si domandò sottovoce Valentina, richiudendo la porta.
Il mormorio di approvazione delle madri per l’aspetto dei bagni la distolse dalla riflessione. Erano molto belli, con le maioliche a fiori, i piccoli sanitari candidi e la panciuta vasca smaltata, con tanto di zampe di leone, in perfetto stile inglese. Edoardo non aveva pronunciato ancora una parola, Valentina se ne accorse all’improvviso e il fatto la stupì molto. Forse taceva perché stava osservando con attenzione i quadri nel corridoio, uno in particolare: raffigurava un soldato scozzese che usciva di prigione e reclinava esausto la testa sulla spalla della moglie, la quale esibiva un foglio alla guardia sospettosa e teneva in braccio un bimbo addormentato.
- It seems to me to recognize this picture, Miss McColl... it’s a Pre-Raphaelite work of art!
Ecco perché Edoardo era rimasto silenzioso! Si stava preparando a fare sfoggio di cultura conversando con l’incaricata dell’agenzia… Valentina sospirò e si avvicinò alla finestra del corridoio vicina alle scale; di lì si vedevano gli altipiani coperti di vegetazione e l’erba sembrava un immenso mare di velluto verde, mosso da un leggero vento che si era levato improvviso a sospingere ciuffi di nubi bianche verso il Loch Morar.
- Well done! Are you fond of painting? This is a early copy by Charles Campton of “The Order of Release, 1746”, an oil canvas painted by John Everett Millais in 1853. Mr. Turriff was a heavy admirer of the Pre-Raphaelite movement. The very majolicas of bathrooms were manufactured by William Morris, another Pre-Raphaelite artist who produced objects of internal fittings, and Mr. Turriff bought them in 1861 at the International Exibithion of London.
- Sbaglio o anche tu dovresti essere in grado di sostenere un’elementare conversazione in inglese? - sussurrò il papà all’orecchio di Valentina, passandole accanto, e lei si voltò con la rapidità di una biscia, sibilando: - Se credi che io voglia star qui a subire rimproveri e confronti con quel baùscia, ti sbagli di grosso!
- Su, venite… la signorina McColl deve tornare all’agenzia e mentre noi provvederemo a rifare le valigie, gli uomini si accorderanno per l’affitto con il signor Hamilton, il quale provvederà a mandare un’impresa di pulizie per sistemare la casa. Se tutto andrà bene, stasera dormiremo a villa Turriff. - annunciò la signora Katrin, che si era addossata il carico dell’organizzazione.
Se proprio si doveva piegare all’altrui volontà, Valentina si sentiva almeno in diritto di movimentare un po’ le vacanze. Innanzitutto avrebbe esplorato meglio la villa da cima a fondo e poi si sarebbe gettata a capofitto nella stesura di una raccapricciante storia di fantasmi e di delitti, ambientata nell’antica magione in mezzo alla brughiera… sì! Aveva già pronto il titolo: “Il mistero dell’altopiano”. Dopotutto la Scozia era terra di spettri e di mostri per eccellenza, e le Highlands in particolare abbondavano di folletti, di goblin, di geni dei campi e di elfi, come insegnava la Grande Enciclopedia dei Folletti di Pierre Dubois, il libro sacro di Valentina in materia di soprannaturale, dal quale non si separava mai e che in quel momento riposava ben nascosto sotto una pila di magliette, nella camera dell’albergo.
Quasi avesse letto nei suoi pensieri, Edoardo si avvicinò e le bisbigliò: - Secondo la mia guida anche nel Loch Morar vivrebbe un parente di Nessie, il mostro di Loch Ness… si chiama Moraig e se ti dai da fare e cerchi di fotografarlo, potrai aggiungere un tocco sensazionale al tuo diario di viaggio!
Non valeva proprio la pena di sprecare fiato ed energia con lui e tanto meno di rivelargli i propri progetti, non li avrebbe compresi.
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