FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 22
aprile/giugno 2011

Miti & Leggende

 

GIUSEPPE CAVARRA
La leggenda di Colapesce

di Nadia Terranova



Tra le leggende che hanno la propria collocazione nello Stretto di Messina quella di Colapesce è una delle più conosciute. I motivi che, attraverso i secoli, hanno concorso ad arricchirla di intenzioni e di richiami appartengono alla “dinamica culturale” che, nel nostro caso, prende l’avvio dai miti preesistenti e fa confluire nell’impianto narrativo atteggiamenti e costumi che sono del popolo siciliano e di quello messinese in particolare. Proprio in ragione di ciò non ci imbatteremo in un solo Colapesce.
Comincia così il bellissimo libro di Giuseppe Cavarra, poeta e studioso nato a Limina (Messina), pubblicato nel 1998 (Intilla Editore), che ripercorre le diverse versioni di una delle storie più multiformi della cultura italiana. Definirla solo “siciliana” sarebbe riduttivo poiché di Cola, il ragazzo che abita e protegge lo Stretto, si sono occupati, fra gli altri, Athanasius Kircher, Friedrich Schiller, Benedetto Croce, Leonardo Sciascia, Ignazio Buttitta, Dario Bellezza: una sequela di nomi che dovrebbero, da soli, bastare a incuriosire.

Tra mito e fiaba, tra letteratura e tradizione orale, dal XII secolo a oggi la storia di Cola si tramanda di generazione in generazione, assumendo forme e caratteri diversi e travalicando i confini della Trinacria, dalla Provenza alla Spagna, da Bologna a Napoli. In diversi testi e racconti di viaggi in Sicilia vengono riportate tracce della meraviglia destata da un personaggio metà pesce e metà essere umano, un personaggio dal carattere ribelle e protettivo, nascosto nei mari profondi e attraversati da gelide correnti che separano l’isola dal resto d’Italia. Non solo: come in ogni tradizione universale che si rispetti (basti pensare al diluvio nei testi sacri), esistono e hanno attecchito da più parti versioni che poi hanno caratterizzato altre storie locali, per esempio la canzone veneta La ballata dell’anello o alcuni dei fatti miracolosi di San Nicola (Cola?) di Bari.

Cavarra propone quindi con questo libro un incantevole lavoro di ricerca e “montaggio” delle versioni letterarie della leggenda, riportate per intero nelle loro versioni originali e corredate, quando necessario, della traduzione in italiano. Questo per quanto riguarda la prima parte del volume; nella seconda, invece, viene trascritto un vero e proprio viaggio nella tradizione orale messinese. Cavarra ha intervistato anziani, poeti e pescatori della Riviera fino a riunire ben diciassette diverse versioni in cui sono rintracciabili alcuni fili conduttori, come la capacità innata di Cola Pesce di respirare sott’acqua grazie ai suoi polmoni-branchie. In queste testimonianze, la musicalità della parola abbandona la pagina scritta per raggiungerci con la melodia di un dialetto dalla potenza arcaica e ammaliante.

Corredano il testo illustrazioni di pittori e disegnatori messinesi e non solo, da un anonimo pittore russo che ritrae un Cola quasi naif ai tratti scarni ed evocativi di Pietro Mantilla, passando per Togo, Alfredo Santoro, Nino Cannistraci e Piero Serboli, che firma la copertina.

A questo punto non resta che rispondere alla domanda principale del libro. Chi è Cola Pesce? Chi è questo ragazzo che osò ribellarsi al re, fu maledetto dalla madre e ancora oggi sorregge la città di Messina e protegge lo Stretto?
Per scoprirne i mille volti non vi resta che procurarvi La leggenda di Colapesce.
Qui posso limitarmi a riportare la mia versione, ovvero la storia che fu raccontata a me, messinese, da mia nonna quando ero bambina. Chiudo quindi con un brano che io stessa ho buttato giù per un libro che sto scrivendo, di tutt’altro genere rispetto a quello qui recensito. Un libro di narrativa in cui ha trovato posto una storia che da sempre sento profondamente nel sangue.

Nicola era un ragazzo che nuotava tutto il giorno, tanto che sulla pelle gli comparvero delle pinne, per questo gli fu affibbiato il soprannome di Colapesce. Ogni giorno sua madre si sgolava: «Cola! Esci dall’acqua… ti ammalerai!». La sua fama raggiunse le orecchie del re, che gli chiese di recuperare il suo prezioso anello, caduto in mare durante una traversata. Durante la lunga immersione Colapesce scoprì che Messina era sorretta da tre colonne, di cui una sana, una pericolante e una rotta: preoccupato, quando risalì in superficie disse al re che bisognava fare qualcosa per evitare un altro terremoto. Ma il re, soddisfatta la propria cupidigia, si riprese l’anello e se ne infischiò. Cola tornò sott’acqua e si mise al posto della colonna mancante e da allora sorregge la città con le sue braccia forti.


Giuseppe Cavarra, La leggenda di Colapesce, Intilla, Messina, 1998, pp.162, euro 11,88.




Giuseppe Cavarra
nato a Lìmina (ME) il 7 agosto 1933, vive tra Messina e Nizza di Sicilia. Autore di numerosi libri, video e testi teatrali, ha fondato e diretto «Il puntale», periodico di cultura liminese, e il premio di poesia dialettale Bizzeffi.
Il suo sito: giuseppecavarra.altervista.org

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