FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 9
gennaio/marzo 2008

Luoghi narrati

NEW YORK, NEW YOOOOOOOOORK!
Un luogo più che mai vivo

di Irene Marcarelli



Certo che l'America sorprende sempre. La vedi fin da bambino nei film, predomina nel mondo della politica, del cinema, dell'economia, della musica, ti entra nelle ossa e nemmeno te ne accorgi, poi vai lì e la tocchi.
Allora esiste davvero, l'America!
C'è un modo di dire quando ti capita qualcosa di bello: ho trovato l'America. Forse perché una volta si andava lì a cercar fortuna e quasi sempre ci si riusciva. Ancora oggi, talvolta, succede.

È generosa l'America. E senza che glielo chiedessi mi ha fatto un regalo bellissimo, qualcosa che desideravo tanto e non osavo più chiedere, però lei lo sapeva ed è andata sul sicuro. Io non ho potuto che accettare e gioire. Chi non accetta non merita e io meritavo, eccome se meritavo! Mi ha accolta una casa colorata in un caldo abbraccio al dispetto del freddo esterno e da subito ho visto tutto attraverso un filtro di sorrisi e serenità.
In America c'è sempre qualcuno che ti saluta, ti sorride, ti parla, ti coccola. Continuamente. In America, se compri mezzo centro commerciale in un attimo di follia consumistica e poi, dopo mezza giornata, decidi di riportare una buona parte indietro: loro ti ridanno i soldi. E già. Assecondano la follia. Bello no?

Appena arrivata all'aeroporto mi hanno preso le impronte digitali e fatto la fotografia. Non è tutto. Mi hanno chiesto perché ero lì, chi conoscevo e come, che lavoro facevo in Italia (commentando che son matta perché faccio l'insegnante) e poi finalmente mi hanno detto Merry Christmas e mi hanno lasciata entrare nel loro mondo.
Però, che fatica!

Sì, l'America sorprende ancora.
Pure quando vai ai bagni pubblici e li cerchi per mezzora nell'aeroporto, perché li chiamano restrooms, perché loro devono differenziarsi dal resto del mondo. Restrooms!!!
Ovvio che non li trovassi, i bagni!
Poi li scopri, entri e chiudi ma in realtà resta un centimetro di spazio ai due lati della porta che permette a chi sta fuori di poterti spiare, sì, di vederti mentre fai pipì. No, così non si può!
Ci sarà anche una telecamera nascosta da qualche parte, ne sono sicura. Attenti al flush poi, ti fa il bidet e l'acqua arriva quasi all'orlo della tazza così che temi possa fuoriuscire e allagare la città, come in un film dell'orrore, e farti trovare in una fogna overground.
A me i bagni colpiscono sempre un casino perché sono lo specchio della società. Una società, quella americana, che ti tiene sempre sotto controllo, pulito e coccolato, sì, ma sempre sorvegliato a distanza!
Io lo so che il grande fratello ci osserva. Lo sento.

Poi decidi di entrare in un locale a bere una cosa calda o mangiare un boccone. Alto là! Non ti azzardare a dirigerti verso un tavolo, devi aspettare che qualcuno ti porti al tavolo anche se il locale è vuoto. Dopodiché il gentile cameriere di turno ti inizia a tormentare senza lasciarti un attimo di privacy.
Everything's ok? Need something else?
Are you done?
Do you want the bill?
You can pay me!

E se uno al ristorante volesse passarci un'oretta a fare una chiacchierata magari a lume di candela, quante volte ti spezzerebbero l'atmosfera? Ma agli americani piace. Loro così si sentono coccolati, considerati. E sono ben felici di lasciare il 18% di mancia, guai a non farlo!

In America puoi pagare tutto con la carta di credito, anche un tè. In metro i distributori di biglietti prevedono l'uso della carta, una figata, no cash, inutile prelevare. Spero solo di non aver pagato la commissione per ogni cazzata che ho pagato se no sai le risate.
L'avrò tirata fuori almeno dieci volte al giorno, la carta.
Perché lì tutto costa pochissimo! I vestiti, le grandi marche americane e non, gli accessori, persino i libri.
Poi però il parcheggio a New York costa 14 $ l'ora e se mangi fuori spendi il doppio che a Roma, ma il cibo è buono! La carne, il salmone, le patate cucinate in mille modi, le verdure, i fritti, il thai, il sushi, l'italiano, tutto da leccarsi i baffi specie dopo il dolce al cioccolato di Brenner!

I taxi gialli invece non sono per nulla cari a parte nelle peak hours (quelle che gli inglesi chiamano rush hours) quando il traffico scorre davvero lento e tu paghi a tempo e allora salti giù dal taxi e te la fai a piedi, tanto ci metti di meno. My vagabond shoes are longing to stray...
A New York è impossibile perdersi.
Le strade di Manhattan formano una griglia di vie parallele e perpendicolari tra loro: quelle orizzontali sono le Street e sono numerate (la 34esima, la quarantaduesima, etc etc) in ordine crescente da sud a nord e quelle verticali sono le Avenue, anch'esse numerate in ordine crescente ma da est a ovest, obviously. Man mano che sali si va Uptown e scendendo si va Downtown per cui anche le direzioni in metro sono estremamente semplificate. Tra un incrocio e l'altro c'è un block e la distanza la misurano col numero di blocks: 3 blocks, 5 blocks, calcolando che ogni isolato è bello grande se si considera la misura extra large dei grattacieli di New York.
Così ho imparato subito ad orientarmi, nord-sud-est-ovest qui sono per me una certezza, posto che non ho bisogno nemmeno della mappa perché se devo andare all'Empire State Building, per esempio, alzo la testa, lo vedo e mi ci dirigo!
Idem con gli altri grattacieli, dal Chrysler a quello del Rockfeller center.

Sì, questa città che non dorme mai è molto più malleabile di quanto potessi immaginare.
The city that doesn't sleep, cantava Frank Sinatra. Quanto mi è sempre piaciuta questa canzone! Cantata da Liza Minnelli nel musical "New York New York" di cui ho una videocassetta, mio cult di tanti anni fa perché si poteva cantare coi toni alti che riuscivo ad imitare sentendomi una cantante di Broadway:

    My little town blue I'm melting away,
    I wanna be a part of it New York New York!!!

Ebbene sì, sono stata per un po' parte di questa grande mela, di questo meltin' pot tanto confusionario, di questo grande palcoscenico con le luci sempre puntate, una città sempre accesa 24 ore su 24 senza un attimo di tregua, che ti tiene compagnia senza mai abbandonarti un momento.
L'ho vista talmente spesso nei film che quando salgo in cima all'ottantaseiesimo piano dell'Empire State penso a Meg Ryan e Tom Hanks in "Insonnia d'amore" e mentre consumo le scarpe lungo la quinta strada, la famosa 5th dello shopping di marca, non posso non sentirmi come Carrie in "Sex & the City". Solo che lei è sempre vestita come una figa ed io invece sono imbacuccata come un extraterrestre e continuo a morire di freddo!

Però la sera faccio la figa anch'io. Vado a Broadway, da brava benestante semi-intellettuale e, in quanto tale, resto un po' delusa dagli show di livello medio-basso. Ma forse ho semplicemente scelto i musical sbagliati. I teatri sono tutti intorno al Times Square e alla 42esima strada. Un vortice di luce, colori, schermi giganti su grattacieli senza fine, insegne pubblicitarie, rumori del traffico e una folla incredibile di gente che si muove come in un formicaio.
Scioccante. Bello. Eccitante. Adrenalinico!
Ogni volta che ho potuto ho fatto tappa a Times Square con la subway. E già, perché in America la subway non è un sottopassaggio come in England. Anyway.

Qui è tutto grande.
Loro vanno al supermercato e comprano le cose per un mese.
I rotoli di alluminio son 4 volte i nostri, le buste per la spazzatura, cribbio, le avessi avute durante il trasloco mi avrebbero facilitato il tutto! Ci entro io tutt'intera, lì dentro!
I pacchi di corn flakes sono spropositati e le porzioni al ristorante poi... con un antipasto ci fai pranzo e cena!
Che buone le bucce di patata ripiene: me le sognerò la notte!
Enorme è anche l'albero di Natale più famoso del mondo, al Rockfeller Center.

La notte poi, la quantità di luce è impressionante.
E il Manhattan Skyline sembra una cartolina, una foto, un film e invece no, è semplice realtà. Resto senza parole quando l'autostrada arriva al Lincoln e ti apre il panorama su questo scorcio ancora silenzioso perché lontano. È come se il cielo avesse un milione di finestre illuminate da una vita palpitante e inarrestabile, come se la notte non riuscisse ad addormentare questa città.

Poi c'è l'America del Ground Zero.
Sì, quella delle macerie e della ferita che ancora sanguina.
Quella di un immenso spazio vuoto, del buco enorme nel cuore di Manhattan.
Un vuoto di vite perdute ma pieno di cielo e di forza, perché l'America non si arrende e già ha iniziato a ricostruire sulle rovine.
Perché dal Ground zero nascerà una colossale torre: la Torre della Libertà. Circondata da altri tre grattacieli che formeranno il World Trade Center Memorial.
Per non dimenticare, mai.
Per non darla vinta a chi ha voluto distruggere: non solo un simbolo ma la serenità di un intero popolo.

Ed è qui che ti senti parte dell'America, che i brividi lungo la schiena ti fanno capire che quella ferita è anche la tua e la rabbia è la stessa di chi lì ha perso i propri cari.
Perché la bandiera americana continuerà a sventolare dall'alto dei grattacieli per ricordare al mondo che la testa non si deve mai abbassare davanti agli assassini. Chiunque essi siano. E che New York, nonostante tutto, è un luogo più che mai vivo.  


madnorthwest@hotmail.it