FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 2 aprile/giugno 2006 Cuore d'Africa |
LA POESIA DI MARY BARBARA TOLUSSO di Alessio Brandolini |
Mary Barbara Tolusso è nata a Pordenone, ma vive tra Milano e Trieste dove si guadagna da vivere come giornalista. Nella prefazione alla sua ultima raccolta poetica, L'inverso ritrovato (2003, LietoColle), Maurizio Cucchi centra il bersaglio quando afferma che quello della Tolusso è un dire "risentito e spoglio, ma sempre carico di energia". La sua creazione in versi risulta un procedere per esperimenti, a piccoli passi, eppure lo sguardo è - al contrario - sempre sicuro, e affilato. C'è un'ostinata perplessità, sì, ma questa è la molla indispensabile per osservare (e ascoltare) tutto con la massima attenzione, in profondità. Nei suoi versi si trova sarcasmo, ironia, un taglio veloce e talvolta duro, anche se è sempre presente una dolcezza di fondo: per questo le poesie della Tolusso - mai scontate, né noiose e dal ritmo incalzante - restano bene impresse nella mente e nel cuore di chi legge.
Una poesia che all'improvviso (basta voltare pagina) sembra girarti le spalle e andarsene per conto suo. Magari alla ricerca del tempo perduto, o di quello presente. Però Proust resta il fedele compagno di viaggio che riconduce l'esplorazione de L'inverso ritrovato nell'ambito d'un percorso tracciato nei minimi dettagli: quello della memoria, dell'amore (e del sesso) e del dubbio esistenziale. Cinque domande a Mary Barbara Tolusso
Proust è il tuo Caronte nella discesa agli inferi?
Sinceramente quando penso a Proust ci penso con grande "leggerezza". È uno dei pochi autori, come Balzac, per esempio, in grado di mostrarmi la vita dentro la scrittura, senza alcuna astrazione. Di Proust mi piacciono i sospiri, le smorfie, l'educazione sentimentale che ha ricevuto, penso anche alle crisi di gelosia per Odette e sempre, a ognuno, capita di incontrare una Odette nel corso della sua esistenza o una "donna senza cuore", per dirla alla Balzac. Non è una discesa all'inferno, trovo ci sia molta umanità in questi classici, una umanità ritratta in tutta la sua debolezza, in tutti i suoi desideri e senza alcun orpello.
La tua poesia ha accenti ironici: talvolta giocosi, vicino a Palazzeschi, altre volte più riflessivi o taglienti, vicino alla Szymborska che in un testo scrive:
Non lo so. Ma una volta Álvaro Mutis, che ho avuto la fortuna di conoscere qui a Trieste cinque anni fa, mi disse una cosa che mi sembrava convincente: "La poesia è sempre un'altra cosa".
Come riesci a conciliare giornalismo (e quindi vita frenetica e mondana) con la poesia, che necessita di silenzio?
Per quanto mi riguarda il giornalismo non è così frenetico e mondano. Forse lo è per chi lavora in grandi testate o si occupa di eventi d'arte più alla moda. Diciamo che una parte di frenesia comunque esiste ed è, rispetto all'altra scrittura, una cosa da cui bisogna difendersi. Si impara piano piano. È necessario riuscire a chiudere la porta, come in tutti i lavori credo, a non portarsi a casa malumori e ansie. Non è facile, ma è necessario. Nel momento in cui il giornalismo dovesse diventare invivibile credo rinuncerei al mestiere. Non per la poesia, ma per la vita.
Trieste: mito o realtà culturale?
È una domanda piuttosto imbarazzante. Amo molto questa città. Mi piace il mare, il Carso, l'architettura del paesaggio. Per quanto concerne il mito culturale, che sempre si riassume in Saba, Svevo, Joyce, Rilke ecc... Trieste mi risulta inattaccabile. Però è una città che si alimenta in continuazione del passato, non solo per l'aspetto letterario. E tutta questa nostalgia, tutto questo rimpianto, tutta questa idealizzazione, rischiano di farne un luogo inevitabilmente morto.
Sono anni che ti occupi di poesia italiana contemporanea: quali sono a tuoi avviso gli autori più significativi e quelli che senti più vicini alla tua poesia?
Ce ne sono diversi, non necessariamente vicini alla mia poesia. Amo molto Giovanni Raboni, Luciano Erba, Giovanni Giudici, Mario Santagostini, Milo De Angelis, Maurizio Cucchi, Anna Maria Carpi. Tra i più giovani invece le voci più significative le trovo nei nomi di Silvia Caratti, Alberto Pellegatta, Massimo Dagnino, Lorenzo Caschetta e Igor De Marchi, tutti autori molto diversi tra loro, ma in grado di ideare un linguaggio personalissimo, versi autonomi insomma. Il problema di molti poeti della nuova generazione credo sia proprio la poca "riconoscibilità", il mantenersi ancorati su stilemi un po' vecchi. Di per sé è un percorso che funziona, almeno all'inizio, ma se aprendo un'antologia faccio il giochino di celarmi il nome dell'autore, per pochissimi riesco a far corrispondere il verso all'ideatore dello stesso.
L'ultima domanda. Hai scritto molte raccolte: ora che hai "ritrovato l'inverso" che accadrà alla tua poesia?
È un momento di passaggio e anche di crisi. Non mi soddisfa quasi nulla, penso sia un po' tipico degli smottamenti, di una consapevolezza, nei confronti della poesia, che richiede sempre più responsabilità. Non so di preciso cosa potrà accadere. Potrei trovare una formula precisa, almeno per un periodo, o forse mai più nulla. Non ci penso.
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Otto inediti di Mary Barbara Tolusso
Quando ti dicevo: piano piano... infilarli sempre dalle dita, poi il pollice, il medio... poi sistemare il polso, la prima volta infilzarli lentamente. Non sono i guanti ma è il gesto che decide. Che fai cadere gli angoli dell'aria per durata e distinzione, che ti porti alla bocca le dita per poi lasciarle andare dimmi, amore, c'è qualcosa di apicale? ***la foglia accartocciata faceva pensare al mal bianco. bisognerebbe eliminare le parti infette, restituire la forma al passaggio dei germogli. lasciare che l'aria li renda bianchissimi. ***dovrei piangere qui, quando accendo l'idromassaggio, sull'ossigeno soffocato dai liquidi. ma vedi, non immagino i morti, solo la sostanza, la secrezione interna, gli elementi del sangue, con imbarazzo, i piedi stretti nella fascia bianca, vestito di tutto punto. "Ma io non c'entro, è troppo tardi per ricominciare, ***Cammino con impurità minime, ferro ed altri elementi. Si effondeva una luce di parole in grado di resistere, ma la porta era già chiusa allo spettro delle stelle. Abbiamo aspettato. Non sono tornati. ***Sarà solo una questione di numeri scissi in elementi più semplici, meno nobili. Separare il corpo conduttore, trattenere solo il plasma, declinarlo al vocativo naturale, chimicamente ridursi all'essenziale. ***Ma quell'inverno di vestaglie piatte chi se lo scorda? E la giacca azzurro mare mica l'avevi data a tuo fratello. Erano minuzie, la qualità rugosa delle cose a catturarti, a dire che una volta, in aeroplano, mi ero vomitata addosso un po' di carne. Per non confondere le cose tornavo sempre, ogni fine settimana, con quella strana voce sulle mani, tornavo per il metro a nastro del vestitino di Natale, per la lucciola morta nel barattolo che avevo scelto come ospite. ***Fuori è la calura del giorno, soprattutto a Ponte rosso, dove la cavalleria non esce da un'armatura di Milano, ageminata, lucidissima sotto la visiera. Una slovena invade una colonna a spirale, ha occhi di bistro e una breccia sfatta sulla gonna. Un grand'uomo va in pezzi, deve venire da molto in alto come un libro che si tenga a galla. ***Meglio liberarsi con grazia, credimi, nella felicità casuale degli atomi. Se ci fosse uno spazio per vincere gli oggetti, la maglietta che ti piaceva tanto, la credenza tutta rotta. Ma che strane dentature ha il tempo nella bocca mezza scema.Vedessi quello che riusciamo a cancellare in queste ore che sembrano tenere, buone. |
MARY BARBARA TOLUSSO
È nata nel 1966, vive tra Trieste e Milano dove lavora come giornalista. Ha pubblicato i volumi di poesia Cattive Maniere (Campanotto, 2000), L'inverso ritrovato (Lietocolle, 2003, finalista al Premio Pasolini 2004). Svolge attività di consulente editoriale e collabora con diverse riviste e quotidiani. Dirige la rivista "Almanacco del ramo d'oro" (Il ramo d'oro, Trieste) e collabora alla nuova edizione dell'"Almanacco dello Specchio" (Mondadori, 2005). Sue poesie sono uscite su varie riviste tra cui "Nuovi Argomenti", "Lo Specchio", "Daemon", "Gradiva". |
Foto di Novella Predonzan |
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