FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 67
luglio 2024

Primavera

 

CIÒ CHE È IMMOBILE STA DANZANDO
Su Oratorio di María Negroni

di Monica Elisei



Il dettato poetico di María Negroni (Rosario, Argentina, 1951) è pervaso dalla ricerca del significato dell’esistenza umana.{1} Il titolo della raccolta Oratorio (Spagna, 2021) evoca uno spazio che rimanda a una sacralità che converge, in maniera antitetica, verso una dimensione pagana. La parola poetica aspira alla creazione di una preghiera laica che facilita l’incontro con la parte più profonda dell’essere e che rende esplicito il senso di indagine sotteso alla scrittura.

Preliminarmente osserviamo come l’autrice offra una chiave di lettura delle liriche attraverso una citazione in epigrafe del filosofo francese Nicolas de Malebranche: «L’attention est la prière naturelle de l’âme». L’attenzione diviene lo strumento sustanziale che origina una conditio favorevole alla comprensione dell’intimità dell’individuo e al discernimento del valore della parola, la quale, con le sue molteplici accezioni, traduce l’essenza di quell’ interiorità.

      Habla el río un lenguaje
      sin comienzo ni fin

      [...]
      nos toca eso
      escandir las letras
      de lo incomprensible

      y después
      mientras dura el abrazo
      entre el lenguaje y el rio

      escribir un viaje
      de pequeña monada

      una plegaria{2} (2021: 45)
In Oratorio parla un fiume, il cui linguaggio si esprime mediante un flusso incessante di domande che si ripetono. L’intento non è quello di trarre conclusioni definitive né di provocare uno stato di asfissia. L’aporia generata dagli interrogativi è funzionale alla libera scoperta personale,{3} alla formulazione di una geografia di quesiti che sollecitano riflessioni che suscitano stupore: «¿en qué descuido/ se nos dejó a merced/ de lo que somos? [...]» (11), «¿y la felicidad? ¿existe como estatuto/ en algún lado? [...]» (29). La sensazione di stupore, “trisillabo lucente, una parola facile e gentile, posta in bilico fra paura e ascolto” (2013: 111),{4} nella definizione proposta da Giuseppina Brunetti, campeggia altresì nella serie di paradossi che affiorano copiosamente nelle liriche e che fanno da cornice alla raccolta. Ad avvalorare questa lettura, si suggerisce l’analisi dei versi di apertura e di chiusura del libro: «Lo que debiera oírse/ no se oye/ ni poco ni mucho se oye [...]» (9), «[...] la escritura se escribe contra lo escrito [...]» (68). Per avanzare nel territorio della ricerca che compie la parola, la scrittura può solo affrancarsi da ciò che è stato detto ed esplorare nuovi cammini, a volte del tutto sconosciuti, ma capaci di far invertire la rotta. “[...] No hay arte sin ruptura y esa ruptura es casi el sinónimo de la belleza [...]”,{5} afferma María Negroni nell’intervista rilasciata a Héctor Gonzalez, nel marzo del 2021. L’importanza di considerare essenziale l’atto di rottura, di riuscire a intravedere tra le crepe prodotte lo scoccare della scintilla dell’intuizione creativa che traduce la realtà, diviene un principio fondate dell’esercizio poetico che si ravvisa in tutte le raccolte dell’autrice: “[...] la escritura tiene que apostar a sí misma, y que algún día, si tiene que ocurrir, va a encontrar un lugar. Para mí, el descolocar es una elección” (Artal et al., 2019).{6}

In Oratorio il linguaggio favorisce, sin dall’inizio, il delinearsi di una tensione provocata dall’attesa di una rivelazione paradossale, una verità inconfessabile e impronunciabile con palabras de este mundo,{7} per dirla alla maniera di Alejandra Pizarnik, una realtà offuscata da una sequenza di antitesi e contraddizioni, inserite all’interno di un sistema che assume una configurazione quasi circolare: «[...] quien tiene fe/no cree en nada» (48), «[...] nadie dice/acertarás diciendo sí/ acertarás diciendo no [...]» (50), «[...] la ausencia de dios/ es también un dios/ lo que está quieto/ está danzando [...]» (58).

Le liriche, che da un punto di vista formale eludono qualsiasi tipologia di classificazione strutturale, si compongono, con qualche eccezione, di un numero omogeneo di versi asciutti, privi di punteggiatura. Stilisticamente si intravede la ricerca consapevole della parola esatta che induce all’essenziale, una parola che al contempo risulta essere fortemente evocativa e che, talvolta veicolata da un soggetto di prima persona plurale, a designare un universale collettivo, intraprende un viaggio per mezzo della scrittura, transitando nel cuore della preghiera profana.

È la parola stessa quindi a divenire la protagonista di un percorso catartico che consacra la presenza del silenzio, elemento necessario affinché si crei il presupposto che abilita all’ascolto interiore e alla ricezione degli stimoli procurati dall’incalzare delle domande. «[...] peregrinos/ en ropas de silencio [...]» (9), percorrono sovente un tragitto in solitaria, «[...] de pequeña monada [...]» (45), poiché, nella poetica di María Negroni, anche la solitudine rappresenta un motivo cardine che contribuisce all’osservazione intima e che fomenta l’avvio di un processo, all’apparenza immotivato: «queríamos el hábito/de la penitencia/ el don de la estudiosa soledad» (27), «[...] a eso le llamamos/ soledad/espesura/ donde empieza/ la travesía infundada [...]» (16).

Il silenzio, la solitudine e una determinata forma di assenza abitano la parola e le permettono di riacquisire una purezza primigenia, incondizionata, agevolando lo stabilire di un contatto con la dimensione dell’infanzia: «dijeron los sabios/ ha de venir lo que viene/ siempre y cada vez/ ha de estar cada vez/ estando/ girando con la luz abierta/ como una infancia» (17).
L’infanzia, in accordo con alcune considerazioni di María García Zambrano, simboleggia lo stato di innocenza, un Eden paradisiaco in cui poter distinguere il suono della lingua materna, quest’ultima, capace di prevalere su un livello di estraneità e di far recuperare il “sonno agrodolce” (1988: 14){8} dell’infanzia stessa.
Ed è proprio il tentativo di riconoscere il suono della lingua materna, radice dell’esistenza, che descrive l’ennesimo piano di eterogeneità della raccolta poetica, la quale ambisce alla creazione di una condizione di silenzio e di musicalità. Il lemma Oratorio, secondo la RAE, presenta anch’esso una natura polisemica e fa riferimento a una produzione religiosa musicale drammatica.

Infine, a chiusura di questa breve analisi che precede una proposta di traduzione di una selezione di testi appartenenti a Oratorio, è bene soffermarsi sul significato di un verso conclusivo di un componimento dell’opera: «—porque caer es una gracia—» (26). Nella visione di María Negroni la scrittura non avvalora ipotesi né costruisce certezze. Al contrario, incentiva il dubbio, l’immaginazione, il desiderio e, per tale ragione, sovverte i canoni. Il cadere, nell’atto della ricerca, diventa una grazia, poiché implica una reale compromissione con il senso della scoperta continua.



{1}Cfr. Zambrano, M. G. (2021). “A propósito de «Oratorio» de María Negroni”, in Abisiniareview, septiembre 19.

{2}Negroni, M. (2021). Oratorio. España: Vaso Roto Ediciones.

{3}García, C. (2021). “Oratorio” de María Negroni. Diariocordoba, 24 de abril.

{4}Brunetti, G. (2013). Asombro: ‘stupore’. Per La voz a ti debida, LIX, 31. In Ravasini, I., & Tomassetti, I. (eds.), «Pueden alzarse las gentiles palabras». Per Emma Scoles. Roma: Bagatto.

{5}González, H. (2021). ‘Uno tiene que ir contra lo que sabe; no hay arte sin ruptura’: María Negroni. Aristeguinoticias, 21 de marzo.

{6}Artal, R., & Mazzocchi, L. (2019). Una isla en movimiento|entrevista a María Negroni. Evaristocultural, 22 de enero.

{7}Pizarnik, A. (2016). Poesía completa. España: Lumen.

{8}Cfr. Kristeva, J. (1988). Stranieri a se stessi. Milano: Feltrinelli.




POESIE DI MARÍA NEGRONI
Da Oratorio
Vaso Roto Ediciones, Spagna, 2021


*

habla el río un lenguaje
sin comienzo ni fin

y así ilumina
con lámparas flotantes
su plenitud

nosotros no

preferimos el mundo
catalogado

la conciencia
ciega de la orfandad

nos toca eso

escandir las letras
de lo incomprensible

y después
mientras dura el abrazo
entre el lenguaje y el río

escribir un viaje
de pequeña mónada

una plegaria

–que el corazón dé un vuelco
y de pronto sepa
prolijamente
nada–

ahora mismo
atraviesa la noche
tu sequía más dulce

el círculo cerrado
está siempre

abierto


*

parla il fiume una lingua
senza inizio né fine

e illumina così
con lampade fluttuanti
la sua pienezza

noi no

preferiamo il mondo
catalogato

la consapevolezza
cieca dell’abbandono

ci aspetta questo

scandire le lettere
dell’incomprensibile

e poi
nell’abbraccio
tra il linguaggio e il fiume

raccontare un viaggio
di piccola monade

una preghiera

– che il cuore sussulti
e d’improvviso conosca
con minuzia
il nulla –

proprio ora
attraversa la notte
la tua aridità più dolce

il cerchio chiuso
è sempre

aperto


*

¿pueden las aguas
ser la vía láctea?

¿puede andar suelto
un río monosílabo?

siglos habrá
para entender el error

o tal vez no fue error

sino apenas recelo
ante la aguda
sfumatura de las cosas

un terror del cuerpo
a morir de a poco

quién sabe
ahora y en la hora
y en los canteros        y la enojada ley

un malestar
rodeando la partida

la clara intemperancia
de la fruta verbal

y ahora mismo estamos
como hijos perdidos
sin opinión

frente al país que anhelamos
adentrísimamente

donde el vacío es un faro
que ilumina tu ausencia


*

possono le acque
divenire la via lattea?

può scorrere libero
un fiume monosillabo?

ci saranno secoli
per comprendere l’errore

o forse non fu un errore

ma solo un sospetto
dinanzi all’acuta
sfumatura delle cose

un terrore del corpo
di una morte imminente

chi riconosce
ora e nell’ora
e nelle estremità        e nella furiosa legge

un malessere
che aggira la dipartita

la chiara intemperanza
del frutto verbale

e proprio adesso ci sentiamo
figli orfani
privi di pensiero

davanti al paese che bramiamo
nel profondo

dove il vuoto è un faro
che illumina la tua assenza


*

para que no nos seas
tierra inhabitable

mero escollo
en la pasión menesterosa

traemos como ofrenda
un sacrilegio

el todo de nada

la nada que no sabe
qué pasa en el lenguaje
si nieva en el jardín

no desprecies
nuestra pregunta irrespetuosa

el cansancio ante el árbol
de la contingencia

se nace casi nunca
a una patria

se aprende mal
a enumerar lo incierto

no nos recrimines
lo poco que somos

la deserción en ciernes

también las cosas
están en las palabras
por su ausencia

también se borran
para leerte


*

perché non sia per noi
terra inabitabile

mero scoglio
nella passione mendica

offriamo
un sacrilegio

il tutto del nulla

in nulla che ignora
cosa accade nel linguaggio
se nevica nel giardino

non disprezzare
la nostra domanda sfrontata

la stanchezza dinanzi all’albero
della contingenza

quasi mai si nasce
in una patria

si impara con fatica
a catalogare l’incerto

non biasimarci
per il poco che siamo

diserzione imminente

anche le cose
vivono nelle parole
con la loro assenza

si cancellano persino
per leggerti


*

¿y la felicidad?
¿existe como estatuto
en algún lado?

¿tiene el trueno
dos causas?

¿la nieve
seis?

nunca se sabe

en la palabra jardín
crecen manzanas

las manzanas
buscan su sitio
entre las cosas

pero una cosa
nunca es una cosa

ni siquiera
en la prisión gramatical

no hay más que un rey
sin atributos

absorto
en la tarea de ser
contemplado y no visto

después se propagan
los folios del mundo
escarcha azul
invierno
cuerpo que está vivo

alguien lee
el Diván de las Aves

el jardín
da seminarios de Invisible


*

e la felicità?
esiste come statuto
da qualche parte?

il tuono
ha due origini?

la neve
sei?

non si sa mai

nella parola giardino
crescono mele

le mele
cercano il loro spazio
tra le cose

eppure una cosa
non è mai una cosa

nemmeno
nella prigione della grammatica

non c’è che un re
senza onorificenze

assorto nel
compito di essere
contemplato e non visto

poi si diffondono
le pagine del mondo
brina azzurra
inverno
corpo vivente

qualcuno legge
il Canzoniere degli Uccelli

il giardino
tiene seminari di Invisibile


*

y todo
para acabar
contrahechos

todo
para que cante
un autor vacío

para que un alfabeto
y los altos cuervos
que también son letras

ni espesas ni húmedas
ni breves ni largas

tejan la cesura
y que el mundo
no caiga en dispersión

pero asimismo
auroras

y pájaros dotados
de seiscientas alas

y formas que aluden
a la esfera exacta
de lo intraducible

y todo sin descanso

sin avergonzarse
del anhelo y la falta

como una música
más bien minúscula

una proeza
enteramente
humana


*

e tutto
per finire
deformi

tutto
perché canti
un compositore vuoto

affinché un analfabeta
e gli alti corvi
che sono anche lettere

né spesse né umide
né brevi né lunghe

tramino la cesura
e che il mondo
non si disgreghi

ma anche
aurore

e uccelli
con seicento ali

e forme che alludono
alla sfera esatta
dell’intraducibilità

e tutto senza riposo

senza vergognarsi
della brama e della mancanza

come una musica
piuttosto insignificante

una prodezza
interamente
umana


Traduzione dallo spagnolo di Monica Elisei




María Negroni
è nata a Rosario, in Argentina, nel 1951. È poeta, saggista, autrice di romanzi e traduttrice. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Letteratura Latinoamericana alla Columbia University ed è stata docente alla Sarah Lawrence College e visiting professor alla New York University.
Tra gli innumerevoli riconoscimenti ricordiamo la Beca Guggenheim per la poesia e il Premio Internacional de Ensayo Siglo XXI. Nel 2002, il libro di poesia Islandia, nella versione inglese, ha ricevuto il Premio al Mejor Libro de Poesía en Traducción del PEN American Center (New York). Nel 2023, María Negroni è risultata vincitrice della VII edizione del Premio Internacional de Poesía Margarita Hierro – Fundación Centro de Poesía José Hierro. Attualmente è docente della UNTREF.
La sua opera è stata tradotta in diverse lingue. Tra i suoi libri: Arte y Fuga, Cantar la nada, Andanza, Elegía Joseph Cornell, Interludio en Berlín, Exilium, Objeto Satie, Archivo Dickinson e Oratorio (poesia); Ciudad Gótica, Museo Negro, El testigo lúcido, Galería Fantástica, El arte del error e Pequeño Mundo Ilustrado (saggistica); El sueño de Úrsula e La Anunciación, El corazón del daño (narrativa).


monica.elisei1@gmail.com