FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 67
luglio 2024

Primavera

 

JORGE ENRIQUE ADOUM, L’AMORE DISINTERRATO

di Giancarlo Cavallo



A distanza di oltre venti anni dalla precedente edizione appare, ampliata e riveduta nelle traduzioni, l’antologia di poesie di uno tra i più grandi poeti sudamericani. Ci troviamo di fronte a un libro di enorme meravigliosa densità e pertanto degno di analisi ben più approfondite di quanto sia possibile in questa occasione. Al solo scorrere l’indice ci si accorge che il volume contiene poesie che abbracciano un arco di tempo che va dal 1968 al 2002. Quindi, per quanto appena detto, mi sembra preferibile fermare la mia attenzione sul poema eponimo, posto non a caso in apertura del volume: L’amore disinterrato, pubblicato nel 1993 con altri straordinari testi (Dopo la polvere, Manuela che ci parla dell’amante del Libertador, Simon Bolivar; lo struggente Cartoline dal Tropico con donne; il raffinato Sull’inutilità della semiologia).

Ben quattro citazioni, poste in esergo al poema preso in considerazione, ci danno alcune chiavi di lettura: le ultime due (la prima di Eduardo Galeano, la seconda tratta dai giornali dell’epoca) ci mostrano il senso e l’importanza della scoperta archeologica che costituisce la scintilla del poema, ossia il ritrovamento in Ecuador (patria dell’autore), all’interno di un cimitero paleoindio risalente a circa 8.000 anni avanti Cristo, dei cosiddetti “amanti di Sumpa”, due scheletri uniti in atteggiamento amoroso. Le altre due citazioni (di Andrew Marvell e Peter Levi) aprono un immenso spiraglio verso le dimensioni dell’amore e dell’anima, così che non per caso le ritroveremo rielaborate dall’autore nel corso del poema. Stabilite queste coordinate l’opera si sviluppa in lunghi versi liberi raggruppati in 12 sezioni. L’apertura con puntini sospensivi sembra volerci collocare nel mezzo di una riflessione in corso, fatta da un io continuo dal Paleolitico ai nostri giorni, che immediatamente evidenzia il contrasto tra l’amore fossilizzato che è sopravvissuto al tempo e l’amore morto di “noi, voyeurs del XX secolo”. Questo io, che si sposta dinamicamente nel tempo e nello spazio, proponendo temi cari e ricorrenti nella vasta produzione dell’autore, edifica, con la sicurezza che proviene dalla profonda conoscenza e consapevolezza del mezzo espressivo, un monumento all’amore e alla tenerezza, che l’autore ritiene rivoluzionari (“o era già sovversiva la tenerezza?”), in opposizione alla sciatteria e alla pornografia del presente. Ma non si tratta, si badi bene, di moralismo o di spiritualismo, che erano lontani dalla sensibilità dell’autore; al contrario è nella fisicità dell’amore, in tutta la sua gamma dalla carezza alla deflorazione, nella “perennità del corpo”, che si esprime la forza di un sentimento potente che abbiamo disimparato col tempo.

Dicevo delle citazioni rielaborate: ecco la prima di Marvell (Ti avrei amato dieci anni prima del diluvio) divenire “oggi è come se l’avessi amata dieci anni prima del diluvio” in un passaggio importante in cui l’enigmatica donna paleoindia e l’io, che si accorge di essere destinato a morire vecchio perché amò ma non fu amato dagli dei, rendono “quotidiano l’impossibile”. E ancora, attraverso riflessioni sulla lingua e sulle parole, considerazioni sulla coppia, rimpianti (“Che voglia di cominciare daccapo, di tornare all’iniziale tenerezza,/ dicendoci che forse da qui a diecimila anni/ saremo forse di nuovo innocenti”) si arriva alla seconda citazione, di Peter Levi (Per parlare dell’anima mi sveglio di buon’ora. Non è facile dormire in estate.) che diventa “Per parlare della morte mi alzo presto” e poi ancora, continuando nella riflessione, “Mi alzo presto per domandare” che conduce ad un ammonimento fondamentale all’interno del poema: “che non venga qui chi mai poté annodarsi dentro con un altro”.

Riuscire a tenere insieme un lirismo acceso e immaginifico con un’analisi socio-antropologica e con inserti tratti da giornali o da studi descrittivi della scoperta costituisce il piccolo miracolo che Adoum compie, facendo reagire l’alto dell’amore-tenerezza con il basso della spazzatura-pornografia, la coppia e la tribù, il passato remoto e il presente quotidiano, la morte e la vita paradossalmente rovesciati sicché i defunti (parola con cui si conclude significativamente il poema) siamo noi “cittadini, contribuenti, pornografici, pragmatici, scettici.” e vivo è invece questo “santuario e preghiera del desiderio” dove i due amanti “continuano a morire fino ad amarsi davvero per sempre”.

Vorrei anche segnalare, all’interno del volume, il poema Che, fugacità della sua morte, scritto in occasione dei trent’anni dalla morte di Ernesto Che Guevara, che manifesta una grande partecipazione umana e politica, raggiungendo l’acme dell’intensità emotiva non disgiunta da una grande lucidità di pensiero e dall’innegabile arte poetica di questo scrittore, la cui vita e la cui produzione meriterebbero tutta l’attenzione dei lettori italiani.

Purtroppo sfugge, in queste brevi note, non solo la complessità della materia, che appena balugina dal breve elenco di titoli sopra riportato, ma anche quella raffinata ricerca della lingua poetica che qui possiamo esemplificare con qualcuno dei frequenti neologismi presenti nel libro (e che cito in traduzione per facilitare la comprensione del lettore non hispanohablante): Elettrocardiomatematica, Supersottosviluppo, neomorto, precadavere, prenostalgia, ancoraunavoltapiù, invaginarsi, morirsi, controcuore, controblio, pinochettate, multicimitero, funebreria, maltravagliato, autentunica, sopramorire (e mi fermo per sfinimento, immaginando le peripezie della traduttrice!). Ma questo è solo il sintomo più superficiale ed evidente della creazione di una lingua che riesce a coniugare una cultura vastissima con l’esigenza di novità e di originalità che sono caratteri essenziali nella poesia di Jorge Enrique Adoum.


Jorge Enrique Adoum, L’amore disinterrato e altre poesie, cura e traduzione di Raffaella Marzano, prefazione di Ángela Vallvey, Multimedia edizioni, Salerno 2024, pagg. 240, euro 20,00.




POESIE DI JORGE ENRIQUE ADOUM
Da L’amore disinterrato e altre poesie


da EL AMOR DESENTERRADO

Echado a perder por los siglos de mi época y los años de mi culpa
¿debo imaginar encuentros de una inocencia clandestina
contra propietarios de mujeres antes que de ganado,
o una conspiración de ángeles jóvenes contra hechiceros, caciques, policías?
o en la geometría de la pasión ¿sólo una lujuria marginal y loca
(porque antes de nosotros la cópula era secreta)
y en lugar de la lenta y torpe carpintería conyugal de apuntalamiento
(cuando uno se desviste y por vez primera se observa
cada noche en la piel la vejez que envejece
para amanecer a la decrepitud del día),
caricias borrascosas para ganarle tiempo al orden?
(y la venganza de esa unión viene durando
más que el orden que los mató y que este otro orden
que nos mata todavía)
¿o era ya subversiva la ternura? ¿era ya ahora,
desde siempre como siempre,
siempre contra el amor la tribu
(y nosotros formando parte de la tribu)
porque siempre la pareja es minoría?


da L’AMORE DISINTERRATO

Fregato dai secoli della mia epoca e dagli anni della mia colpa
devo immaginare incontri di una innocenza clandestina
contro proprietari di donne prima che di bestiame,
o una cospirazione di giovani angeli contro stregoni, cacicchi, poliziotti?
o nella geometria della passione, solo una lussuria marginale e folle
(perché prima di noi la copula era segreta)
e invece della lenta e maldestra carpenteria coniugale di puntellamento
(quando uno si sveste e per la prima volta si osserva
ogni notte nella pelle la vecchiaia che invecchia
per albeggiare alla fatiscenza del giorno),
carezze burrascose per guadagnare tempo all’ordine?
(e la vendetta di questa unione continua a durare
più dell’ordine che li uccise e di quest’altro ordine
che ci uccide ancora)
o era già sovversiva la tenerezza? era già adesso,
da sempre come sempre,
sempre contro l’amore la tribù
(e noi siamo parte della tribù)
perché la coppia è sempre minoranza?


da POSTALES DEL TROPICO CON MUJERES

VII

Cuando estira los pies y no llega a los pedales
se hace mujer de golpe a lado y lado,
se le alargan las piernas antes de tiempo
y se le alza la falda antes de hora.
Las alumnas más pobres la siguen en bandada
corriendo tras la rueda. Ella avanza dejando
la estatua sucesiva de su ausencia, propietaria
de muslos precoces y fugaces y de la única
bicicleta de mujer que hay en el pueblo.
(Cuando se entristece es porque ha crecido, y frena.)

Por turno, las demás niñas trepan al asiento, caen,
son más pequeñas en el suelo y desde allí le envidian
quizás la bicicleta, tal vez las piernas largas.
Vienen las muchachas de las clases fi nales
que ya no llevan trenza y se cubren los pechos
con libros y cuadernos guardándose para alguien.
Y ella, como si fuera una de ellas, las deja montar,
“pero hasta el poste, no más”, no sea que se vuelvan
mujeres al dar vuelta la esquina y ya no vuelvan.


da CARTOLINE DEL TROPICO CON DONNE

VII

Quando tende i piedi e non arriva ai pedali
diventa donna d’un colpo dai due lati,
le si allungano le gambe prima del tempo
e le si solleva la gonna prima dell’ora.
Le alunne più povere la seguono in stormo
correndo dietro la ruota. Lei avanza lasciando
la statua successiva della sua assenza, proprietaria
di cosce precoci e fugaci e dell’unica
bicicletta da donna del villaggio.
(Quando si rattrista è perché è cresciuta, e frena.)

A turno, le altre bimbe si arrampicano sul sellino, cadono,
sono più piccole a terra e da lì le invidiano
forse la bicicletta, chissà le gambe lunghe.
Arrivano le ragazze delle ultime classi
che già non portano più la treccia e si coprono i seni
con libri e quaderni riservandosi per qualcuno.
E lei, come se fosse una di loro, le lascia salire,
“fino al palo, e poi basta” non sia mai che diventino
donne allo svoltare l’angolo e non ritornino più.


PONT ST.-MICHEL

los jóvenes han invadido la tierra por parejas
un pescado abrazado a otro pescado
y en todos los rincones del desierto
el doble animal el montón único
ciegos que se reconocen oliéndose la oreja
o sordos que se oyen con la lengua


en esta fría devoración quién de los dos es ella
quién pondrá entre los dos una guitarra
quién envidioso los separará con una espada
o les dará colérico noticias de la guerra


PONT ST.-MICHEL

i giovani hanno invaso la terra a coppie
un pesce abbracciato a un altro pesce
e in tutti gli angoli del deserto
il doppio animale l’insieme unico
ciechi che si riconoscono annusandosi l’orecchio
o sordi che si sentono con la lingua

in questo freddo divorarsi quale dei due è lei
chi metterà fra i due una chitarra
chi invidioso li separerà con una spada
o gli darà collerico notizie della guerra


Traduzione dallo spagnolo di Raffaella Marzano




Jorge Enrique Adoum (Ambato, Ecuador 1926 – Quito, Ecuador 2009)
Fece buona parte della scuola secondaria nelle aule di un istituto gesuita grazie alle quali diventò ateo ed antifalangista, e la finì in una scuola statale dove “trovare il marxismo e la psicoanalisi fu come avere acquisito le due chiavi che aprivano le porte del mondo.” Studiò Filosofia, Lettere, Giurisprudenza, all’Universidad Central dell’Ecuador prima e poi all’Universidad di Santiago del Cile. Nel 1944 entrò a far parte di «Madrugada», movimento che segna una svolta nella storia della poesia ecuadoriana, accogliendo le innovazioni delle prime e delle seconde avanguardie e proclamandosi politicamente di sinistra. Tra il 1945 e il 1947, durante il suo soggiorno in Cile, lavorò come segretario personale di Pablo Neruda, grazie al quale conobbe, tra gli altri, scrittori come Rafael Alberti, Nicolás Guillén, Miguel Ángel Asturias.
Tornato in Ecuador ricoprì molti incarichi nel settore della cultura, fra cui direttore editoriale della Casa della Cultura Ecuadoriana. Nel 1952 venne insignito col Premio Nazionale di Poesia, e nel 1960 ricevette a Cuba il prestigioso premio Casa de las Américas. Nel 1963 fu inviato dall’UNESCO in India, Giappone, Egitto e Israele nell’ambito del programma “Conocimiento de los valores culturales de Oriente y Occidente”. Fu proprio in Israele che seppe dalla radio che i militari avevano fatto un colpo di stato in Ecuador, e non potendo rimpatriare dovette rimanere in Francia, come professore di spagnolo in un liceo vicino a Le Havre. Il termine del suo contratto in quell’istituto coincise con la necessità di far uscire dal paese la sua famiglia perché la dittatura aveva cominciato a “disturbare” sua moglie e le sue figlie. Ma era difficile la sopravvivenza familiare in Europa ed accettò un lavoro di traduttore dall’inglese in Cina, a Pechino dove visse dal 1964 al 1966. Dal 1969 al 1986 fu funzionario delle Nazioni Unite a Ginevra e dell’Unesco a Parígi.
Nel 1987 tornò in patria. Le sue prime raccolte, Ecuador amargo (1949) e Los cuadernos de la tierra (1952-62), riecheggiano le metafore telluriche di Neruda e il clima del Canto General, ma già in Curriculum mortis (1968) e in Prepoemas en postespañol (1979) si definisce il suo particolare linguaggio e i suoi modi specifici di manipolazione e ricostruzione dei vocaboli. I suoi non sono mai semplici giochi di parole (spesso difficilmente traducibili), ma una forma di ribellione e di contestazione di ciò che chiama «subdemocracias cuarteleras» (sottodemocrazie da caserma). Il suo romanzo Entre Marx y una mujer desnuda (1976), è forse il migliore esempio di romanzo sperimentale in Ispanoamerica dopo Rayuela di Julio Cortázar. Come Rayuela, il romanzo di Adoum si costruisce sotto gli occhi del lettore e con la partecipazione del lettore stesso, ed esibisce ludicamente i processi di costruzione e maturazione della materia narrativa. L’elemento ludico, tuttavia, non è mai separato da una seria ricerca di conoscenza, e il lettore da una parte è coinvolto emotivamente nelle vicende narrate, dall’altra è costretto a un costante esercizio di riflessione. Dal romanzo è stato tratto da Camilo Luzuriaga un bellissimo film dal titolo omonimo.
Adoum è stato anche autore di teatro (El sol bajo las patas de los caballos, 1976), e di una interessante, acuta e talvolta pungente opera critica. È tornato alla poesia con lo straordinario El amor desenterrado, ispirato allo sconvolgente ritrovamento di una coppia di amanti del periodo paleo indio in Ecuador. Le sue opere sono tradotte e pubblicate in molti paesi e inserite in innumerevoli antologie. Agli inizi del nuovo secolo ha pubblicato, prima a Cuba e poi in Ecuador, De cerca y de memoria: Lecturas, autores, lugares, un libro di ricordi di scrittori e artisti dell’America Latina e dell’Europa. Ha tradotto in spagnolo la poesia di T.S. Elliot, Langston Hughes, Jacques Prévert, Yannis Ritsos, Vinícius de Moraes, Nazým Hikmet, Fernando Pessoa, Joseph Brodsky, e Seamus Heaney.


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