Nuove carte nautiche di Adalber Salas Hernández non è un viaggio via mare alla ricerca di luoghi nascosti, come avviene in parte della letteratura e, come avremo occasione di constatare, non solo letteratura. Il nuovo libro poetico del giovane – è nato nel 1987 – scrittore venezuelano (che ora vive tra le canarie e Città del Messico) viaggia letteralmente tra gli abissi oceanici e le visioni di un prima in cui le montagne erano isole sottomarine e il sale della superficie era una delle materie assolute di un mondo che solo la fantasia poetica può tentare di far echeggiare nell’animo di chi non poteva esserci.
Libro totale, e non un portolano che aiuti nella navigazione, queste Carte nautiche, che riporta ad un geologico prima e allude a un possibile poi in cui montagna e mare divengono elementi, yin yang di una circolarità mai ferma e conclusa.
Vi alloggiano ricordi ancestrali che erano stati già ripescati, mai parola è più adatta, negli anni venti del Novecento dall’Eliot della Morte per acqua all’interno della Terra desolata, dove domina la presenza del corpo dell’annegato Phlebas il Fenicio, il cui corpo spolpato dalle correnti sottomarine diviene di volta in volta monstrum, nuova creatura marina, ricordo di altre vite, prova materiale e nel contempo mitica dell’antica paura verso la dimensione equorea vinta solamente attraverso il viaggio: componente fortissima in Nuove carte nautiche, che richiama chissà quanto coscientemente i riti di purificazione della statua della divinità gettata nel Nilo e poi ripescata verso il delta. Divorata, corrotta, screpolata, ma rinata dalle acque del fiume sacro a memoria della morte e dello smembramento del dio, ma anche della sua rinascita.
Emerge anche la memoria, stavolta esplicita, dell’esilio di Ovidio, spedito a Tomi, nell’attuale Romania, da Ottaviano senza poter fare più ritorno: neanche Tiberio volle revocare la condanna, dovuta, secondo una poesia dei Tristia, a un error e a un carmen, anche se è molto probabile il precipitare insieme di una serie di coincidenze fatali: una poesia erotica e poco in linea con il clima di restaurazione augusteo, la frequentazione di ambienti familiari di Ottaviano, soprattutto Giulia minore, però assai distanti dalla politica imperiale e talvolta apertamente ostili, forse la sua presenza involontaria durante un evento che gli costò la condanna.
Ma l’Ovidio di Salas Hernández non è quello storico e biografico: è l’uomo che nello sguardo straniato di esule in terre remote coglie l’emersione delle montagne, lo spazio arcaico del mare, e soprattutto una circolarità dell’essere, non solo quello umano, che ritorna spesso nell’opera. Ovidio attraversa tutta la silloge, con una presenza spezzata dai Fenici e dai Greci, dai viaggiatori d’occidente in cerca di nuove terre o semplicemente in una continua azione che non lasci tempo per lo spleen o le domande di senso. È lo stesso viaggiare il senso. Lo hanno detto e scritto in molti, e i sentieri che hanno attraversato quel senso sono stati quelli dell’arte, Gauguin tra i tanti, insieme a Turner, qui presente, della poesia, Rimbaud in testa, e anche quelli percorsi dai giovani di un tempo, con il Corto Maltese di Hugo Pratt che si sente dire che quello che cerca non esiste, e che sarebbe ora di fermarsi. Ma anche lontano dal sazio occidente il viaggiatore non può tradire la sua vocazione.
Il mare del poeta è certo affascinante, e come il fascino è privo di senso: la sua malìa non ha una ratio d’occidente, è portatore di morte senza che il navigante lo meriti, perché è tutto racchiuso in un imprevisto vento, in uno scoglio inatteso, in un vortice non anticipabile dall’esperienza. Ma è anche vittoria, conquista, realizzazione delle nuove carte nautiche del titolo, ed è insieme sotterraneo marino e ligneo dove migliaia di schiavi muoiono immersi nelle deiezioni.
Come ha giustamente notato Alessio Brandolini nella sua prefazione, questo è un libro tentacolare non solo perché abbraccia e lascia andare in un movimento inesausto frammenti di altri riorganizzati e ridisposti, ma perché sembra partecipare con il suo movimento continuo allo stesso senso di una natura proteiforme in cui antiche divinità e moderni strumenti di navigazione sembrano essere una invisibile, eppure parte fondamentale di richiesta di senso, navigazione di un essere che assume di volta in volta forme apparentemente diverse. Come i miraggi all’orizzonte, come ciò che sembra in un modo e si manifesta in altro, contro le nostre aspettative razionali.
Adalber Salas Hernández, Nuove carte nautiche, a cura di Alessio Brandolini, Edizioni Fili d’Aquilone, Roma 2023, pagg. 234, euro 15.
Adalber Salas Hernández È nato a Caracas (Venezuela) nel 1987 ed è poeta, saggista e traduttore. Ha vissuto per anni a New York per un dottorato di ricerca presso la New York University, attualmente vive tra le Isole Canarie e Città del Messico.
Ha pubblicato i libri di poesia: La arena, el vidrio (Venezuela, 2008), Extranjero (Venezuela, 2010; Colombia, 2012), Suturas (Venezuela, 2011), Heredar la tierra (Colombia, 2013), Salvoconducto (come inedito “Premio de Poesía Arcipreste de Hita”, poi Spagna, Pre-Textos, 2015), Río en blanco (Stati Uniti, 2016), mínimos (Spagna, 2016), Materia intacta (Venezuela, 2017), La ciencia de las despedidas (Spagna, Pre-Textos, 2018), [a love supreme] (Venezuela, 2018) e Nuevas cartas náuticas (Spagna, 2022). Nel 2019 è uscita in Messico l’antologia De ningún viaje se vuleve.
Tra i suoi libri di saggi si segnalano: Clarice Lispector: el lugar de la poesía (Cile, 2019), Isolario (Porto Rico, 2019) e Palabras sin dueño. Variaciones sobre la traducción literaria (Messico, 2019). Numerose le sue traduzioni poetiche dal francese, dall’inglese e dal portoghese.
In Italia è uscita l’antologia Ai margini di un mondo sconosciuto (Poesie 2015-2019) e Nuove carte nautiche, entrambi i volumi a cura di Alessio Brandolini (Edizioni Fili d’Aquilone).
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