NELLE CAVE DOMESTICHE
(INVERNI A BERLINO)
Le cime sono state tagliate,
è giunto il grande freddo.
S’acquatta l’uomo nella tana,
come neve sull’erba.
E il lavorio dei muscoli
si esercita in circuiti brevi,
nelle cave domestiche,
scatole elettriche sempre accese.
S’abbrevia la luce,
guizza e s’estingue
col serrarsi del cielo.
E il silenzio trattiene la steppa,
bolla di vetro.
*
Fa’ che veda
delle cose
i confini netti,
come di sagome
nei campi
alle prime gelate.
E tutto quel
che era taciuto,
si sveli
d’improvviso
trasparente –
alla lama
del ghiaccio.
Ma un’ascia,
– scia d’aria –
mi cala verticale
sugli occhi.
*
Luci d’ambra
nella penombra,
fiammelle
battiamo piedi
dentro perimetri chiusi,
girano le pantofole
pochi metri quadrati
è la vigilia
dei lampioni accesi
e delle giornate strette
– a chiavistello –
DALL’ALTRA PARTE DEL MURO
(INVERNI NELLE FIANDRE)
Finestre illuminate,
sopra un tappeto d’erba
sospese.
Pezzi di luna
riflettono le vetrate ampie.
Notte d’inverno
brumosa nelle Fiandre.
Finestre illuminate,
sulla vita degli altri
sospese, monadi accese
e frantumate.
Ma come si fa a capire
chi sta dall’altra parte del muro?
Finestre illuminate,
che fanno della mia vita
e della tua un mondo
sconosciuto all’altro.
Così, questa parete è
una muraglia che separa
i miei attimi dai tuoi.
PRESAGIO DEL CORVO SU UN RAMO
Soffiava un vento,
antico respiro d’alberi,
per un luogo umido e buio
di alveoli polmonari
e di pollini.
Inspiro –
s’aprono e si chiudono
le mie lunghe ali annodate.
Espiro –
per un soffio
di luce,
esisto.
*
Tutta
l’aria
mi vibra
di cristalli
il cuore.
La tua lama,
lontana,
lo frantuma.
*
Sbattono
ali
sui rami
incrinati
Vola,
tra gli alberi,
colomba d’aria
a legarmi i rami
in un solo ceppo.
Il tuo battito
illumina
il cemento
di questa corte.
La tua ala
m’apre
l’orecchio
al sogno.
*
Un freddo
che ci mastica,
ci raggomitola
a nord
E non c’è neve
lungo i binari,
picchia
la grandine
sulla mia fronte
STOLPERSTEINE - PIETRE DELLA MEMORIA
Tu che arrivi distratto
dalla strada,
proteggi i loro nomi,
chinati a terra,
tocca
i loro nomi.
Placche d’ottone,
sul marciapiede.
Inghirlandale di fiori,
bianche le rose,
rossi i garofani,
sta’ attento,
non calpestarli.
Rischiarali,
che brillino
di luce di
novembre di
fiammelle,
che reclamino i portoni
che varcarono
nel buio.
Rallenti il passo
chi cammina,
e restituisca loro
un soffio-presenza
di dignità-memoria.
Per ogni pietra
un nome.
*
Con le fosche campane nella cella oscillando rintocca anche tu. RAINER MARIA RILKE
Un passo alla luce,
due nei luoghi bui,
la gravità
ti sprofonda,
ti attacca ai fondali,
alle pance
della terra,
dure di correnti
che ti scivolano via.
Eppure,
resto
alla crosta,
ai pavimenti di roccia,
un rigare
di pietre
che trascinano
simboli passaggi
di sangue e di sassi,
a Gerusalemme.
Mi devo coltivare,
nutrire la pianta
tagliarmi i fiori secchi,
linfa che tira
acqua alle radici.
Mi si apre l’occhio
un fascio morbido
entra la pupilla,
pulviscoli di polvere,
raggiere di spilli,
piriti di luce,
resto in ascolto,
e mi rintocca dentro
il bosco e una campana.
*
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, (…) Ca da te, Altissimo, sirano incoronati SAN FRANCESCO
siamo tutti creature –
baciami le spine sulla fronte,
togli aghi dai polpastrelli,
premi sulla fessura,
che non si spacchi,
che più non butti fuoco,
ricaccia dentro il sangue amaro,
soffia dove non batte la parola
siamo tutti creature –
non sezionarmi pezzetti di cuore,
non fare chirurgia di ragionamento
siamo tutti creature –
coi crateri di luna sugli occhi,
sotto le stelle chiare,
incoroniamoci.
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