FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 63
marzo 2023

Cadute

 

VIAGGIO AL TERMINE DEL MONDO
In Persistenze, silloge poetica di Gualtiero Tonna

di Marco Testi



L’exergo tratto dal Lowry di Sotto il vulcano non è solo una dichiarazione di principi operativi o di preferenze più o meno elitarie (la latitanza dello scrittore inglese dalle letture medie vs la sua importanza nella letteratura del Novecento). Perché Persistenze, la più recente silloge poetica di Gualtiero Tonna, è, come Sotto il vulcano, un viaggio dantesco a rovescio in un di qua reso infero dalle umane dissipazioni, contraddizioni, tappe di un itinerario in cui modernità, magnifiche sorti e progressive, autoconvinzioni antropiche, segnano la (non) consapevolezza di una fine. Anche il viaggio religioso, quello verso una finis terrae reale e insieme onirica, è parte del messaggio apocalittico, da intendersi insieme come rivelazione e come vulgato incubo di catastrofe. Anche perché l’elemento religioso è apertamente dichiarato fin dalla promessa di Isaia del lupo e dell’agnello che vivranno in pace assieme alla radicale conciliazione millenaristica degli opposti, con una conclusione parziale, in fine di poesia: “Ricordo bene la vera promessa/ le sue parole sono radici robuste”.

Lo scetticismo poetico sui destini non solo materiali di una umanità in preda all’auto-illusionismo di Persistenze parte anche da qui, anche se non solo: il grande motivo del giardino perduto – al lettore la decisione di rendere o no maiuscola l’iniziale – attraversa la raccolta, come d’altronde la natura incontaminata, affascinante e feroce del romanzo di Lowry, o come quella del ritorno totale di La morte di Virgilio di Hermann Broch o di diverse altre testimonianze poetiche e narrative non solo novecentesche: “Inesorata, un’altra prova ti aspetta/ il ritorno nel tuo giardino”. Il che vuol dire viaggio al termine – più o meno simbolico – dell’esistenza o fine di un percorso di costruzione. “Più veloce, bambino mio/ prima che la malasorte lo travolga/ dovrai tornare al tuo giardino” è un altro passo poetico in cui simbolo, reale, utopia e disforia si intrecciano in una attesa che ha qualcosa in comune – il che non vuol dire debito – con alcune profezie liriche del Bob Dylan dei Sessanta, specie “All along the watchtower”. Anche perché il presagio e l’attesa sono palpabili sguardi su un mondo che potrebbe essere migliore, visti i progressi delle scienze e della medicina, e che invece corre verso l’estinzione della specie umana, che già negli anni Venti del Novecento un altro scrittore con l’orecchio fine a captare i segni del poi, Italo Svevo, aveva disegnato narrativamente in conclusione della Coscienza di Zeno. L’uomo doppiamente sapiente ha creato da sé la finis terrae, da intendere qui proprio come fine della vita della terra e sulla terra: “lingue di fuoco, rabbiose/ escono dalle finestre e dai tetti/ la città è un torcia/ Ho perduto la mia guida”.

Orrore e desolazione di Cuore di tenebra, desolazione della Terra desolata o dantescamente guasta, e senso di impotenza di una poesia umana che non può e non riesce a frenare la deriva di una apocalisse mascherata da prodotti sempre più raffinati e inutili, di una fede divenuta in molti osservanza rituale, vuoto metafisico: “Dei e santi sono muti fantasmi. Cosa desiderare, quando siamo soli nel tempo degli ultimi desideri?” si chiede e chiede Tonna nella nota finale “In margine”.

Una prospettiva che sembra tutta dentro una disperante negazione di possibili, perché troppo tardivi, interventi nel qui e nell’ora, e che sembra contaminare quanto, soprattutto nei giovani, ma anche nel pontificato di un papa che ha tolto il nome dall’autore del Cantico delle Creature, in alcune organizzazioni, si sta materialmente facendo per aprire gli occhi ad una umanità che sembra vivere nella terra dei ciechi di Wells. Anche se qui, come in Nel giardino dipinto e Solo questo mondo, raccolte precedenti di Tonna, emerge una debole luce dalle rovine – che potrebbero essere nuovo materiale di ricostruzione – di un mondo salvato dal ritorno al senso, ad un divino di condivisione e di abbraccio verso chi sta arrivando da noi perché non ha, non tanto e non solo una casa, ma neanche un’aria da respirare, una terra da coltivare, un pezzo di pane da mangiare.


Gualtiero Tonna, Persistenze, Libreria Editrice ASEQ, 2021, 161 pagine, 14 euro.

testimarco14@gmail.com