Per anni Umberto Fiori (Sarzana, 1949 ma da decenni trapiantato a Milano) ha pubblicato ottimi, importanti libri di poesia e per lo più esili, levigati ed essenziali: Case (1986), Esempi (1992), Chiarimenti (1995), Parlare al muro (1996), Tutti (1998), La bella vista (2002) e Voi (2009). Nel nuovo libro, Il Conoscente (2019), Fiori inaugura una nuova forma di poesia, inconsueta e sorprendente: quella di un vasto racconto in versi, con molti personaggi e ambientato in diversi luoghi. Qui l’autore riferisce, in forma allegorica, di sé stesso, visto che il protagonista ha il suo stesso nome, in realtà si tratta di un Umberto Fiori preso a simbolo, un uomo però che ha le sue caratteristiche: ovvero è insegnante, musicista, poeta… e più o meno un uomo con le sue stesse idee ma si tratta di un Umberto “esteso”, ovvero che attraversa, abbraccia e si mescola alla Storia.
La narrazione è ambientata negli anni Ottanta però si parla soprattutto del decennio precedente e quindi delle speranze nate con il ’68, delle attese non solo politiche ma anche (e soprattutto) esistenziali, di quello che ne è rimasto (le tracce, la polvere) e anche dei morti, delle tragedie.
Al personaggio fin dall’inizio si affianca un “Conoscente”, un certo Olindo, qualcuno che sa parecchie cose sul conto del protagonista, uno che “conosce” bene, quindi e che proprio per questo pretende di sapere delle verità su tutto, talvolta sembra saperne persino di più sulla vita personale dello stesso protagonista, per quest’ultimo invece “Il Conoscente” è soltanto un lontano amico che non ha mai stimato (forse a suo tempo è stato una spia, un infiltrato) e quindi, per lui, è un semplice “conoscente”, uno dei tanti che via via si trasforma in un avversario.
Tra i due, che si incontrano per caso, inizia e si sviluppa un fitto dialogo che talvolta si fa scontro, emotivo oltre che ideologico, di stili di vita contrapposti perché la voce del Conoscente è una punta di trapano che si insinua nell’orecchio, perfora il cervello. Un dialogo comunque utile al protagonista per scandagliare sé stesso, i propri opachi ricordi o distorti e, insieme, l’animo umano: oscillante, talvolta imprevedibile e inafferrabile. Un dialogo astioso ma utile a sondare le plurime emozioni nate da una lunga e inutile attesa: la speranza svanita di un “uomo nuovo”, gli idali collettivi divenuti sogni evanescenti, tritati dalla dura realtà, la nostalgia per una giovinezza piena di buoni propositi, i ricordi accompagnati da una insoddisfazione di fondo che potrebbe guastare i momenti più belli della vita, della giornata. Si può, si chiede il protagonista, essere felici anche così?
Ci sono passaggi nel libro in cui l’osservazione acuta (presente in tutti i libri di Fiori) riesce a cogliere (e a goderne) i particolari apparentemente poco importanti eppure essenziali: il profilo di una casa che si arrossa durante il tramonto, un panorama che si distende verso il mare, le folli acrobazie di un uccello. Sono i passaggi più intimi, più belli.
Il Conoscente è un libro vasto, corposo (diviso in sei parti, oltre trecento pagine), stupendo e contundente, anomalo nel panorama letterario italiano, una poesia narrativa, un romanzo in versi che coinvolge il lettore anche nei momenti più allucinanti o visionari, nelle digressioni filosofiche, in quelle sull’io e sul noi, sulla Poesia (e sui lettori di poesia). Un libro che occorre rileggere con calma e a distanza di tempo (come è capitato a me), superando – come arrampicandosi su un muro massico e oscuro – la sorpresa iniziale per poi scandagliarne con calma i testi, le “sezioni”.
I riferimenti poetici sono molti, i primi e più evidenti che mi vengono in mente sono Leopardi e Dante (una giovane protagonista, forse non a caso, si chiama Selva) ma costante è la presenza di un’ironia alla Guido Gozzano (penso a un’opera come I colloqui). Ironia dai toni cangianti che rende la pagina mossa, vibrante e musicale, spesso anche comica, clownesca: il protagonista scivola, si tuffa, prova a compiere dei piccoli voli, poi alza lo sguardo e vede, laggiù in mezzo al mare, avvicinarsi la “sua” nave. Non un porto, non un arrivo. Ecco, allora il viaggio può proseguire per ritrovarci, finalmente, dietro le cose.
“Così mi piaci! Adesso
ti riconosco!” sbottava il Conoscente.
“Altro che quei sermoni da prevosto!
Non c’è niente da fare: la bontà
non è roba per te. Per quanto impegno
tu ci metta, se provi a fare il pio
mi sembri un lupo che cinguetta.
Perché dietro i riguardi, dietro gli scrupoli,
tu sei feroce. Lo so bene, io.
Feroce, e freddo. Ridi?
Non dire che non è vero.
Hai ragione, hai ragione: non è l’invidia
il tuo male. Perché, alla fin dei conti,
chi invidia riconosce
nell’altro un avversario, una minaccia.
Accetta di misurarsi
con lui. Lo detesta, ma in questo
lo rispetta, lo onora. Ma il tuo peccato
quello che veramente ti avvelena
l’anima, sai cos’è? È la pietà.
No – nemmeno pietà:
è il disprezzo.
Disprezzo disperato”.
Umberto Fiori, Il conoscente, Marcos y Marcos, 2019, pagg. 309, euro 20.
alexbrando@libero.it
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