FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 56
settembre-dicembre 2020

Caos

 

DEL CAOS E DELLA RIVOLUZIONE

di Stefania Di Leo



  L’unica rivoluzione veramente degna di questo nome sarebbe la rivoluzione della pace, quella che trasformerebbe l’uomo addestrato per la guerra in un uomo educato alla pace, perché alla pace l’uomo si dovrebbe educare. Questa sì, sarebbe la grande rivoluzione mentale e quindi culturale dell’Umanità. Questo sarebbe, infine, il cosiddetto nuovo uomo.
JOSÉ SARAMAGO


NELL’OMBRA DELLA SERA
        Parlerò di te senza voce di uomo...
        CLAUDIO RODRÍGUEZ

In qualsiasi luogo, ma non qui
forse nel silenzio dei deserti
dove i sentieri si affidano alla fedeltà
e lottano in lontananza quasi fossero un mucchio di sospiri.
Forse nella pietosa indifferenza della terra
disprezzando l’oblio,
delle orme sul fango.
O in altri giardini, distanti,
dove ho lasciato il mio essere,
con la leggerezza di una promessa
– che solo la rugiada avrà notato –.

Nelle finestre, che illuminano il mondo
dove l’immagine della vita
è un fragile riflesso di incertezza.
È lì che dovrò andare. È lì che dovrò cercarti.
Non in mezzo a questi sereni frutteti,
né nella distanza dell’orizzonte.
Conosco bene i tuoi limiti,
la voce sognata dei canali, il rumore degli istanti.
Oh libertà, cresci come un salice
i tuoi rami toccano la mia anima errante nel silenzio.
Sei il ricordo dei giorni, sei solo poesia.
Ti ho cercata dietro i sogni.
dietro gli angoli invernali
e nelle ombre della sera.
Ti ho guardato tante volte mentre tremavano le nuvole,
e la solitudine si consumava lentamente.
Libertà pura e irraggiungibile, speranza d’amore.
Ti troverò nella voracità del tempo,
Cercandoti fino al mio ultimo respiro.
Sarai un gabbiano libero nella meravigliosa serenità della luce.

Oggi, finalmente ti ho sentita.
Te, oggi, invoco, o mia libertà,
te che sei e sarai eterna.


QUANTI SEGRETI NELLA NOSTRA LINGUA

Con quale delicatezza s’inchinò l’oscurità
nella fronte desiderata per baciare le tue labbra,
per dorarti di motivi infiniti.
Quanti segreti nella nostra lingua?
nelle nostre voci piene di sofferenza.
Siamo naufraghi ignari ai limiti,
ci chiudono i porti. L’umanità si è perduta
si è addormentata, sotto la pioggia che spegne i sogni.
Come ignorare un grido, ritardando la memoria nei limiti.
Che questa parola di conforto ti raggiunga
come un sollievo, o una carezza nel vento.


ΟΥΤΙΣ

          Non in mio nome (Andrea Camilleri)

La terra ci ha seppelliti.
Qualcuno ha detto che partire significa ritornare in quel luogo
dove non esisteva un solo angolo, che non fosse già nostro.
Aprile rimuoverà le foglie morte e la pace
suonerà come pioggia alle finestre. E che serenità,
che penetrante serenità,
ci strapperà le ultime tempeste ...

Adesso, che l’andare è un destino consumato,
i cuori si aprono,
le note si ascoltano nel vento
i raggi si occultano nei cieli,
la spada è arrugginita sulla pelle,
come un rumore che prova il sangue,
non ci sarà più guerra.

Dopo la caduta, arrivammo. La costa non era così vasta
come quando la vedemmo diramarsi all’orizzonte.
Camminammo tra la moltitudine.
senza dimenticare il nostro nome abbandonato,
Non ci sarà più mare. Né ci sarà una stella.
né un porto che oscilli tra le rocce.

Saranno della baia, del sale, della pioggia
i fiori che il vento porta ai morti
quei morti che la soffice sabbia ignora.
Le stesse stelle tronche
gli stessi orizzonti sulla costa.
Le stesse rovine nella stessa pianura. E la calma.
Tanta pace e tanta calma ci sfiorerà le dita


LA MAISON DIEU

      Tard, très tard, je t’ai connue, la Tristesse
      EZRA POUND, Corner LXXX

Ed era tardi.
Quando udì la sua voce in alto, la sua voce distante.
La sua voce, macchiata di bronzo il tempo della cecità.
Scoprimmo il rumore
glorioso ed atroce,
diecimila trombette fervendo fino le ossa.

Fiorendo. Affondando nell’avorio i loro passi lenti
ed i versi conficcati, in una lingua ancestrale.

La luce che bagna i giardini, rivela solo la loro miseria.
E così queste mille cose, scolpite nel sale, saranno vita:
l’urgenza, per consegnare il vento nelle guance,
decifrare i volti, imparare, camminare,
cercare un passo che segua le nostre impronte;
riempire le mani e il cuore con il respiro.
Caddero prostrati docili come foglie,
alle mie orecchie giunse la voce di un uccello.
E vidi nascere ad est, sorvolando l’arco,
la mano trionfante ed il raccolto
di cui le crepe sono radici.

E vidi nascere la vita infinite volte
cento, poi altre mille e poi altre cento
lasciando aperto il porto della mia anima.


IL RITO DEL TRAMONTO, SI RIPETE

Il pomeriggio stende il suo manto rosato sulla terra.
In breve, un flusso di luce armoniosa
si sparge sui cuori.
Il rituale del tramonto si ripete.
Eterni gli occhi che contemplano la bellezza del momento.

Dal teatro della vita si vede una vergine.
È morta, vestita di rosso. Annegata nel fiume:
la pace si deposita nei suoi seni
si ricopre con un velo notturno.
La sua anima si libera e vibra in alto.


SE IL TEMPO FOSSE PIENO DI PACE

Se uno sguardo folle
estinguesse il fuoco dell’universo
oscurando la luce.
Se nel tempo si espandesse la pace
seppellendo la speranza
dentro la terra.
Se uno sguardo un po’ triste
riflettesse la passione del sangue;
saremmo capaci di vedere la realtà,
di realizzare tutti i sogni futuri
Se avessi salvato il tuo amore
l’azzurro non sarebbe una prigione
e nelle sue mani splenderebbe la tenerezza.


IN QUESTO ISTANTE DI LUCE IL SILENZIO SCINTILLA

In questo istante di luce il silenzio scintilla,
la memoria si denuda dentro
piena di fiducia, tra i papaveri del campo.
Il cielo mostra la sua anima attraverso le fessure della vita
i suoi passi rimangono tra le erbe, che la calma nasconde.

Qui nasce la solitudine
e con essa le nuvole dell’oblio.
Offrimi un albero pieno di nidi
e di sogni, finché il sole non rompa la nebbia
e nascano raggi di luce tra i rami.

Spegni la tristezza che alimenta la paura
copri il tempo con foglie secche
in questo giuramento d’autunno vermiglio.
E ascolta la musica degli uccelli
affinché quell’amore fiorisca, fra un canto di fiamme.


LUCE DI ORO, RIFLESSO DI VITA

Sotto la luce intensa, contemplo
i verdi rami ed i rami secchi.
Luce di oro, riflesso di vita,
girasoli che condividono la loro bella nudità.

Colori che sbocciano come domande segrete,
riempiendo il tavolo di simboli.
Solleva il gambo un fiore, le foglie sono verdi
per la chiarezza dei rami crescevano i desideri
coprendo di fantasia i ridenti petali.

Si ode una voce che cresce
fino a consumare l’aria dietro i fiori.
Come irrealtà di pensiero
o qualcosa oltre l’immaginazione,
esiste un riflesso che non ha nome
un riflesso che nasconde i segreti.
Strano è il desiderio di luce
immenso l’eco dei sogni.


QUESTO LUOGO DOVE LA SPERANZA NON ESISTE

La terra nera annega il pensiero.
Esseri umili sono gli uomini perché lavorano
generando gesti senza tempo.
Il suono dell’alba cade.
Ma a chi importa?
Per quale radice della carne si produce la sconfitta?

Interminabile è il linguaggio del silenzio
nascosto nella cavità dell’alba
dove la solitudine continua
lungo il lato fertile della luna.

Attaccati all’idea della vita
nulla si muove, nulla si sente,
diluisci la calma
in questo posto dove
non esiste la speranza.
Si sentono solo i suoni notturni,
la povertà che percorre il cielo.
Vicino la malinconia
vicino il pianto
di fronte al muro dell’esistenza.


GLI UMANI, NOI, UNA COSA SOLTANTO

L’anima morta si risveglia al ritmo del tempo:
perché l’amore colma la solitudine
ci rende piccoli di fronte al cielo
e diventa fragile il nostro cuore.

Gioioso sapere che ci sono mani,
mani amichevoli nonostante la distanza
ad ogni alba, prima di ogni notte.
Siamo condannati a sentire
il rumore delle onde del mare
nel buio senza fare rumore.
Lascia che tutto inizi a settembre
lascia che tutto inizi come era allora.
Gli umani, noi, una cosa soltanto.


stefaniadilei1975@gmail.com