FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 52
maggio/agosto 2019

Sorelle & Fratelli

 

COME SORELLE A ITACA
La poesia di Francisca Aguirre

di Roberta Truscia



Tra gli anni Settanta e Novanta si assiste nella letteratura spagnola alla pubblicazione di raccolte poetiche di autrici che denunciano l’assenza della voce femminile nella sfera pubblica e l’esordio di Francisca Aguirre non rappresenta, in questo senso, un’eccezione. Ítaca (1971) è una personale riscrittura del mito dell’Odissea e, nello specifico, l’attesa di Ulisse da parte di Penelope. Aguirre non rinuncia in quest’opera ad affrontare temi a lei profondamente cari: la solitudine, l’infanzia, la riflessione sull’attività della scrittura, la letteratura. Temi che derivano dalla sua esperienza quotidiana e in particolar modo da traumi che l’hanno segnata, come la perdita del padre a causa della repressione franchista, la fame, la guerra.

La sua poesia si avvicina a quella della generazione degli anni ’50 per il tono colloquiale con cui descrive le esperienze e i fatti di tutti i giorni. D’altro canto l’uso di fonti come la mitologia e la musica per esprimere un mondo interiore tormentato la avvicinano anche alla poetica più recente, quella degli anni ’70. Possiamo quindi dire che nel suo percorso si intrecciano diverse linee contemporanee, tuttavia Francisca Aguirre varca diversi confini e crea un mondo del tutto personale che la porta, nel 2018, a vincere il Premio Nazionale di Poesia in Spagna.

L’opera da cui sono tratte le poesie qui selezionate rappresenta uno stravolgimento del poema omerico in quanto viene espressa la soggettività di Penelope. La nozione di “essere” che viene espressa è di tipo relazionale: lo si fa attraverso due piani, quello della voce poetica e quello contenutistico. Per quanto riguarda la voce poetica l’opera si caratterizza per la polifonia, ovvero per la presenza della voce di Penelope ma anche della stessa autrice. Le vite delle due donne presentano delle analogie, come l’aver vissuto durante una lunga guerra, la dimensione domestica e della quotidianità misera e dolorosa: sulla base di questi aspetti in comune, le due protagoniste dialogano lungo tutto il percorso del libro. L’aspetto della polifonia, che si lega a quello del dialogismo, diviene fondamentale strumento per dare una visione dell’essere umano come essere relazionale poiché dimostra che l’esistenza umana può acquisire un senso solo quando un altro la percepisce e può raccontarla. In questo modo Francisca Aguirre dà al personaggio mitico lo spazio pubblico che è riservato al genere del poema epico, ovvero una voce per potersi raccontare e uno sguardo esterno che possa dare senso alla sua storia.

Per quanto riguarda il piano contenutistico l’autrice affronta temi esistenziali che derivano dalla scoperta dell’assurdo della vita da parte delle due donne: dentro una terra che parla di lei e della sua vita Penelope scopre presto l’estraneità di quel mondo che le era un tempo familiare o che, se familiare, protrae la sofferenza poiché diventa lo specchio del suo dolore. Di fronte a un presente pieno di paure, il rifugio nel passato risulta insostenibile per gli orrori vissuti durante l’infanzia ma, allo stesso tempo, inevitabile per esorcizzare quell’orrore vissuto.
Penelope riflette inoltre sull’inutilità del suo tessere che diventa il parallelo dell’attività dello scrivere della poetessa, inutilità che si palesa di fronte all’irreversibilità del destino umano: la morte. A questo punto si torna a ribadire la necessità di quell’essere relazionale che, dalla lucidità, assorbe il bene ed il male dell’esperienza umana, riconosce che è fondamentale una lotta perpetua contro l’assurdo e che il senso della nostra esistenza risiede nella presenza degli altri.




POESIE DI FRANCISCA AGUIRRE
da Ítaca (1971)


TRISTE FIERA

En la noche fui hasta el mar para pedir socorro,
y el mar me respondió: socorro.
Fui hasta el mar y lo toqué
con cuidado, como se toca a un animal equívoco,
un animal que se come la tierra
y en su límite último intenta confundirse con el cielo.
Fui hasta él con la inerme disposición
con que nos acercamos con lo desconocido
esperando una respuesta mayor que nuestra dolorosa pregunta.
Antes yo había mirado toda mi isla
para llevarla conmigo hasta su sal.
Había agrupado todo mi territorio en la retina
y fui con él al mar: era
tan suyo como mío.
Ítaca y yo fuimos al minotauro acuático
para pedir socorro
y el mar nos respondió: socorro.
Triste fiera: socorro.


TRISTE BESTIA

Nella notte andai verso il mare per chiedere aiuto,
e il mare mi rispose: aiuto.
Andai verso il mare e lo toccai
con riguardo, come si tocca un animale ambiguo,
un animale che mangia la terra
e nel suo limite ultimo prova a confondersi con il cielo.
Andai da lui con la inerme disposizione
con cui ci avviciniamo a ciò ch’è sconosciuto
aspettando una risposta più grande della nostra dolorosa domanda.
Prima io avevo osservato tutta la mia isola
per portarla con me fino al suo sale.
Avevo raggruppato tutto il mio territorio nella retina
e andai con lui nel mare: era
tanto suo quanto mio.
Itaca ed io andammo dal minotauro acquatico
per chiedere aiuto
e il mare ci rispose: aiuto.
Triste bestia: aiuto.


OPERACIÓN

¿Dónde estarán las cosas que me faltan?
¿Dónde se cayó el dos de la alegría?
¿Dónde se extraviaron los detalles?
Y me pongo a buscar los decimales
recordando mis tiempos infantiles
y hago raíz cuadrada de un recuerdo
y no acierto y no sé qué me pasa
y pienso que es mejor trazar la raya
y voy sumando -no sé cómo-
penas con abandonos y alegrías
y voy sumando unas con otros
sólo por ver que crece la columna
y presintiendo que al llegar a un punto
habrá que colocar el viejo cero
aquel que nos sobró cuando multiplicábamos.


OPERAZIONE

Dove saranno le cose che mi mancano?
Dov’è caduto il due dell’allegria?
Dove si sono smarriti i dettagli?
E mi metto a cercare i decimali
ricordando i miei tempi infantili
e faccio la radice quadrata di un ricordo
e non ci azzecco e non so cosa mi succeda
e penso che sia meglio tracciare la riga
e mi metto a sommare – non so come –
pene con abbandoni ed allegrie
e mi metto a sommare le une con le altre
solo per vedere che la colonna cresce
e percependo che giunti a un punto
dovremo collocare il vecchio zero
quello che ci avanzò quando moltiplicavamo.


MONÓLOGO

Penélope: ¿te acuerdas
de aquel esfuerzo siempre desmentido?
¿Te acuerdas de aquel trabajo
puntual y minucioso
y siempre tan inútil?
¿Te acuerdas de la tela sutil y misteriosa
que ni siquiera tú podías nombras
porque indecisamente
hoy era táctil y asequible
y mañana inaudita?
¿Recuerdas esa historia de espanto,
tu paciencia de delincuente,
Penélope, recuerdas?
Era un tejido tan imposible como el tiempo:
lo hiciste para cubrir aquellas tus heridas
y para responder al miserable eco
que golpeaba ya no sabes bien
si sobre ti o dentro de ti misma.
Fue un manto de palabras
inútiles y hermosas como son
los hermosos consuelos que ahora
me prodigas, Ulysses.


MONOLOGO

Penelope: ricordi
quello sforzo sempre smentito?
Ricordi quel lavoro
puntuale e minuzioso
e sempre così inutile?
Ricordi la tela sottile e misteriosa
che nemmeno tu potevi nominare
perché, con esitazione,
oggi era tattile e accessibile
e l’indomani inaudita?
Ricordi quella storia di orrore,
la tua pazienza di delinquente,
Penelope, ricordi?
Era un tessuto così impossibile come il tempo:
lo hai creato per coprire quelle tue ferite
e per rispondere alla miserabile eco
che batteva già non sai bene
se su di te o dentro te stessa.
Fu un manto di parole
inutili e dolci come lo sono
le belle consolazioni con le quali ora
mi rassicuri, Ulisse.


EL MURO

Pensó: qué espantoso vacío,
un desierto es la tierra;
si ahora echara a correr
podría salirme de ella totalmente.
Miraba a su alrededor
y miraba también dentro de sí
y no encontraba nada:
ni el más pequeño promontorio.
Comprendió que iba a ser muy fácil,
se trataba sencillamente de correr,
y en ella había, sin duda,
una necesidad de correr sin descanso.

Meditaba, aturdida:
tal vez llegue a algún sitio
o puede que por fin salga de todos.

Ingenuamente tomó una decisión.
Y de pronto vio el muro.
Se alzaba ante ella a poca distancia;
lo contempló con estupor;
no era muy grande y, sin embargo, parecía rodearla;
más aún: parecía abrazarla.
Giró vertiginosamente la cabeza
mientras algo muy antiguo dentro de ella golpeaba
con un sonido hermoso.
Y muy despacio se sentó en el suelo
y comenzó a llorar con gratitud
aceptando con humildad los pañuelos
y las voces que amorosamente la protegían.


IL MURO

Pensò: che spaventoso vuoto,
un deserto è la terra;
se ora mi mettessi a correre
potrei uscirne del tutto.
Si guardava attorno
e guardava anche dentro di sé
e non trovava nulla:
neanche il più piccolo promontorio.
Capì che sarebbe stato molto facile,
si trattava semplicemente di correre,
e in lei c’era, senza dubbio,
una necessità di correre senza mai fermarsi.

Meditava, confusa:
forse arriverò da qualche parte
o magari finalmente uscirò da ogni luogo.

Ingenuamente prese una decisione.
E d’improvviso vide il muro.
Si ergeva poco distante davanti a lei;
lo contemplò con stupore;
non era molto grande e, tuttavia, sembrava circondarla;
o meglio: sembrava abbracciarla.
Girò vertiginosamente la testa
mentre qualcosa di molto antico dentro di lei bussava
con un bel suono.
E molto lentamente si sedette per terra
ed iniziò a piangere con gratitudine
accettando con umiltà i fazzoletti
e le voci che amorevolmente la proteggevano.


LA ESPERA

Lo mejor que podemos hacer es no asustarnos.
Ya sé que no resulta fácil atenazar el miedo.
Pero también el miedo une. Es cuestión de saberlo
y no menospreciar esa sabiduría.

Calma, mucha calma,
en medio del terror también se puede tener calma;
casi diría que es imprescindible.
Moverse con cuidado, calcular bien los movimientos:
un paso en falso puede significar la destrucción.

Miedo, naturalmente. Mucho miedo:
nadie quiere desintegrarse.
Pero también el miedo integra. No olvidarlo.
Por descontado: esa tarea no resulta alegre,
pero en casos como el presente
lo más seguro es ver los hechos con realismo.
Nada ayuda tanto como la realidad.
Lo mejor que podemos hacer
es mirar con afecto a la consolación;
cuando se tiene miedo los consuelos no se desprecian.
Cualquiera se puede morir,
pero morir a solas es más largo.

Y si el miedo sigue creciendo,
apoyar una espalda contra otra. Alivia.
Infunde cierta seguridad
mientras dura la espera, Telémaco, hijo mío.


L’ATTESA

La cosa migliore che possiamo fare è non andare nel panico.
So già che non è facile soffocare la paura.
Ma anche la paura unisce. È questione di saperlo
e non disprezzare quella consapevolezza.

Calma, molta calma,
anche in mezzo al terrore si può avere calma;
direi quasi che è imprescindibile.
Muoversi con attenzione, calcolare bene i movimenti:
un passo falso può significare la distruzione.

Paura, naturalmente. Molta paura:
nessuno vuole disintegrarsi.
Ma anche la paura integra. Non dimenticarlo.
Ovvio: questo compito non è affatto allegro,
ma in casi come questo
guardare ai fatti con realismo è la cosa più sicura.
Niente aiuta tanto come la realtà.
La cosa migliore che possiamo fare
è guardare con affetto la consolazione;
quando si ha paura le consolazioni non si disprezzano.
Chiunque può morire,
però morire da soli dura di più.

E se la paura continua a crescere,
appoggiare una spalla contro l’altra. Dà sollievo.
Infonde una certa sicurezza
mentre dura l’attesa, Telemaco, figlio mio.


DRAGO

Ahora que estoy tan sola como el mundo
porque la noche llega de pronto
y no podemos saber cuándo acaba,
ahora que el mar hasta mi casa llega
con su clamor de muerte poderosa
y su aroma desatado de vida,
en este viejo instante de fatiga
que desnuda las cosas y las rompe
como me ha roto a mí

voy a soltarme el llanto,
a ocultarme con las manos los ojos,
a decirme que todo importa,
hasta el oscuro clamor que no cesa,
hasta la herida que no se restaña,
hasta el amor, la impotencia y el odio.

Ahora que estoy tan sola
que necesito de todo lo que vive y no responde,
ahora que la vida me llega
como un eco de algo muy importante que no logro entender,
voy a mirarme el corazón,
a consentir su muerte migratoria,
su respeto hacia todo lo que vive,
y a sonreír con él, tal vez sin causa,
ante este hermoso árbol
que misterioso crece
justificando inútilmente al mundo.


DRAGO

Ora che sono così sola come il mondo
perché la notte arriva all’improvviso
e non possiamo sapere quando avrà fine,
ora che il mare arriva fino a casa mia
col suo clamore di potente morte
e il suo aroma scatenato di vita,
in questo vecchio istante di fatica
che spoglia le cose e le rompe
come ha rotto me

penso che inizierò a piangere,
a nascondere con le mani gli occhi,
a dirmi che tutto importa,
perfino l’oscuro clamore senza fine,
perfino la ferita che non si rimargina,
perfino l’amore, l’impotenza e l’odio.

Ora che sono così sola
che ho bisogno di tutto ciò che vive e non risponde,
ora che la vita mi arriva
come una eco di qualcosa di molto importante che non riesco a capire,
penso che guarderò il mio cuore,
per consentire la sua morte migratoria,
il suo rispetto verso tutto ciò che vive,
e sorriderò con lui, forse senza motivo,
davanti a questo albero
che misterioso cresce
giustificando inutilmente il mondo.


TELAR

Francisca, no debes olvidar
que la última recompensa es la muerte.

.

Pero tampoco olvides que la muerte
no es más que un atributo de la vida.
.

¿Quién cuidará de ti cuando el cansancio
ocupe el sitio de tu fortaleza?

.

Piensa en las veces que entraste en tu vida
como el turista irrumpe en la ciudad:
cualificándola por las reliquias del pasado.

.

Tú lloras demasiado, demasiado:
¿no será que sospechas de ti?

.

Déjale a tu tristeza
el sitio que le corresponde,
pero no le permitas que se arrogue
carácter de moral.

.

Penélope, ¿qué hacer con lo constante
en el reinado de la ambigüedad?

.

Piensa en ti misma
como en una insistencia,
pero no intentes consumarla.

.

No te asustes de la voracidad
de los que te aman:
su turno es anterior a los gusanos.

.

Esos que llamas otros son tu historia:
divídete a ti misma y perderás.

.

¿Quién cuidará de ti cuando se te resbale
el nombre que te oculta?

.

Francisca Aguirre, acompáñate.


TELAIO

Francisca, non devi dimenticare
che l’ultima ricompensa è la morte.

.

Ma non dimenticare neanche che la morte
non è nient’altro che un attributo della vita.

.

Chi si prenderà cura di te quando la stanchezza
occuperà il posto della tua forza?

.

Pensa alle volte in cui sei entrata nella tua vita
come un turista irrompe nella città:
qualificandola per le reliquie di un passato.

.

Tu piangi troppo, troppo:
non sarà che sospetti di te?

.

Lascia alla tua tristezza
il posto che le corrisponde,
ma non permetterle di assumere
carattere di morale.

.

Penelope, che fare con la costanza
nel regno dell’ambiguità?

.

Pensa a te stessa
come un’insistenza,
ma non provare a consumarla.

.

Non ti spaventare della voracità
di chi ti ama:
il loro turno è anteriore ai vermi.

.

Quelli che chiami altri sono la tua storia:
dividi te stessa e perderai.

.

Chi si prenderà cura di te quando cadrà
il nome che ti nasconde?

.

Francisca Aguirre, accompagnati.


Traduzione dallo spagnolo di Roberta Truscia





Francisca Aguirre
è nata ad Alicante nel 1930 ed è morta a Madrid il 13 aprile 2019. Inizia a lavorare all’età di 15 anni come segretaria d’impresa. È autodidatta. Nel 1971 riceve il premio di poesia “Leopoldo Panero” per il suo primo libro, Ítaca.
Tra le numerose raccolte di poesia, ricordiamo Los trescientos escalones, premio Ciudad de Irún 1976 (1977); La otra música (1978); Ensayo general, Premio Esquío 1995 (1996); Pavana del desasosiego, Premio María Isabel Fernández Simal 1998 (1999); Historia de una Anatomía, Premio Internacional Miguel Hernández 2010 e Premio Nacional de Poesía 2011 (2010); Los maestros cantores (2011); Conversaciones con mi animal de compañía (2012) e Ensayo general. Poesía reunida 1966 -2017 (2018).
Ha scritto anche opere in prosa, come il libro di ricordi Specchio, Specchio (1995) o il libro di racconti Que planche Rosa Luxemburgo, premio Galiana 1994, (2002).
Nel 2018 le è stato conferito il Premio Nacional de Las Letras.


robertatruscia@gmail.com